Nello scorso mese di luglio il Parlamento è stato chiamato “a discutere” e ad esprimersi come vuole il sacro rito democratico su una materia non solo importante ma assolutamente decisiva e vitale per il capitalismo italiano e per la sopravvivenza stessa dello Stato di Roma in quanto organismo unitario: si è trattato di “discutere” e di approvare il rifinanziamento delle missioni italiane all’estero. La cappa di imbarazzato e imbarazzante silenzio imposta sul fatto ritual-istituzionale dice proprio del carattere decisivo e vitale della materia in questione.
Un’incombenza formale dato che il notevole dispiegamento di Forza di cui si tratta (41 missioni per oltre 8.600 militari impegnati) nell’ambito del dispositivo armato dell’imperialismo democratico occidentale non può essere, nel presente frangente di crisi catastrofica, minimamente messo in discussione. La materia è vitale quindi fuori discussione poiché da questo ingente impegno economico/militare imperialista lo Stato di Roma può trarre quelle risorse indispensabili per il suo “intervento sociale” interno. I costi iscritti a bilancio ed approvati per la partecipazione al dispositivo militare imperialista democratico sono perciò investimenti assolutamente necessari, ovviamente dal punto di vista del capitalismo. Costi per i blindati, i cacciabombardieri, il mantenimento delle fanterie, quello per le reti diplomatiche e di intelligence e quant’altro dispiegati fuori dai confini = investimento a garanzia necessaria per il welfare dentro i confini nazionali. Detto ancora in termini crudi e brutali: gli stanziamenti per scuole, ospedali, previdenza, “redditi di cittadinanza” e tutto il resto di “sociale”, possibili e indispensabili per la vita corrente e normale del moderno e civile Stato capitalistico dipendono necessariamente dalla Forza armata dispiegata all’estero: + risorse per sanità, + risorse per scuole, + welfare = + imperialismo, + forza concentrata dispiegata fuori dai confini. Scusate la ripetizione ossessiva del concetto (del reale stato di cose capitalistiche). Ma non ribadire per prima cosa questo punto, nasconderlo o addirittura capovolgerlo (dando ad intendere che sotto un governo borghese sia possibile una politica “sociale e di pace”, che si possa “trasformare” l’imperialismo in qualcosa d’altro) significa fare del populismo cioè ingannare il proletariato. Esiste – eccome se esiste! – anche un volgare e pernicioso populismo di sinistra e di “estrema sinistra”. Ad esempio le chiacchere di qualche tempo addietro sul possibile “governo amico” che dovrebbe e potrebbe “fare piangere i ricchi” svolte dai rifondaroli dei bei tempi andati sono solo un esempio del carattere volgare e pernicioso per la classe lavoratrice di un tale populismo sinistrorso il cui puntuale esito è di lasciare in mutande la classe lavoratrice.
Bisogna invece prendere atto e dare atto A TUTTI gli attuali componenti il Parlamento italiano (compresi i populisti di varia natura che vi pullulano) di avere nella circostanza di cui parliamo dato prova di estremo senso di responsabilità borghese. Certamente ciascuno nel proprio ruolo, ciascuno “recitando la propria parte in commedia” nel miglior modo possibile nel contesto di un equilibrio politico del tutto precario dentro la presente catastrofe capitalistica (per come si debba intendere esattamente la “commedia recitata” vedi la nota nr. 1). L’esito scontato “della discussione” è stato schiacciante: 453 a zero!
E’ un esito che sembra sancire la indiscussa ed indiscutibile (nel presente e nel futuro) vittoria della borghesia e, per converso, il totale e indiscutibile annichilimento (nel presente e nel futuro) del proletariato d’Italia. Mentre neghiamo recisamente che tale registrazione parlamentare rappresenti davvero il reale rapporto di forza CHE SI MISURA A SCALA INTERNAZIONALE (una scala in cui la cui la classe lavoratrice italiana – lo voglia o no, ne sia cosciente o meno – è soltanto una sezione del Proletariato Internazionale il quale è tutt’altro che annichilito), riconosciamo allo stesso tempo e senz’altro che nessuna possibilità di riscossa e di redenzione della classe lavoratrice italiana è possibile tenendo chiusa la sua lotta di classe, e le prospettive della stessa, nell’ambito del recinto nazionale.
Detto ciò in punta di principi cardinali, svolgiamo due brevi considerazioni sull’accaduto.
La prima riguarda l’esito della votazione alla Camera (non dissimile da quella del Senato): un risultato plebiscitario a favore del mantenimento complessivo degli impegni, con 453 sì, 0 (ZERO!) voti contrari e 9 astenuti. Destra e sinistra, tutti assieme appassionatamente! La borghesia italiana nei momenti cruciali dimostra, ancora una volta, di avere a disposizione una “piattaforma politica” estremamente mobile ed elastica con la quale imporre le sue vitali priorità mantenendo il controllo politico e sociale sulla società.
Va ricordato – en passant – che proprio su questa materia, prima di andare al Governo, i signori dei 5 Stelle votarono contro e i signori della Lega si astennero. Di tutto ciò non ci stupiamo affatto: sono tutti quanti, ciascuno a modo suo, degli autentici patrioti. Il guaio grosso semmai è che fuori dal ménage parlamentare vi sono degli oppositori al cosiddetto “partito unico della Nato” che pretendono di contrastarlo in nome degli interessi di classe uniti ad un presunto “vero “interesse nazionale” che secondo costoro sarebbe tradito da chi in parlamento rappresenta “il popolo”.
Anche in questo caso il manovrismo parlamentare ha dimostrato la sua capacità di adattamento alla situazione che vedeva l’”opposizione intransigente” (!?) di una piccola frazione di “buoni samaritani” dell’attuale maggioranza al rifinanziamento della partecipazione italiana in Libia per il noto motivo del trattamento riservato ai migranti in quel paese. Nessun problema: è stato sufficiente stralciare la missione in Libia, con voto a parte, e ai buoni samaritani è stata data la possibilità di salvarsi l’anima votando contro o astenendosi. Conclusione: 401 voti a favore, 23 contrari e 1 astenuto, mentre Italia Viva non ha partecipato al voto.
Questo settore di dissidenti-buoni samaritani di “sinistra” ma non solo, dato che tra i 23 voti rientrano anche quelli di Più Europa della Bonino – che comprende i deputati LeU e sette elementi del Pd, doveva salvarsi la faccia, scindendo le proprie responsabilità dal sostegno concreto dato alla Guardia costiera libica e dalla gestione dei migranti reclusi in Libia. Per questo non si poteva e non si doveva dare una mano ai carcerieri. E la manfrina svolta del rappresentante dei Giovani Turchi, Matteo Orfini, mette bene in chiaro i termini della questione: “Io sono d’accordo, nessuno dice di andare via dalla Libia. Dobbiamo rimanere in Libia per risolvere i problemi e non per armare e addestrare chi quei problemi li crea: per difendere i più deboli e non per addestrare chi li tortura”. L’Italia deve mettere al centro della politica estera la difesa dei diritti umani, mentre “oggi ci si sta chiedendo di chiudere gli occhi di fronte alla barbarie, alla sistematica violazione di quei diritti”. Non riesce quindi, il poverello “giovane turco” Orfini, a comprendere il “voltafaccia” del suo partito favorevole al rifinanziamento, contrariamente a quanto era stato deciso negli organi dirigenti. Se dovessimo prenderlo sul serio – lui come tutta l’altra schiera di buoni samaritani – di fronte a questo “incredibile voltafaccia”, dovrebbe semplicemente e coerentemente dimettersi dagli incarichi e uscire dal Pd! Ma lasciamo stare le sceneggiate e l’immonda ipocrisia. Andiamo al sodo.
Se rimuoviamo le infiorettature umanitarie, quello che risulta di basilare importanza è la necessaria permanenza in Libia, per proteggere gli affari della nazione ossia il suo vitale interesse capitalistico (una sconfitta o una perdita di potere di Roma nel suo spazio vitale libico significa, come abbiamo più volte affermato, l’incontrollabile precipizio interno in tempi molto ravvicinati se non immediati: sconfitta in Libia = Stato di Roma Kaputt! E tutti i servi politici della borghesia italiana ne sono pienamente consci). Su questo l’unanimità è totale, fattore che sovrasta le differenze e le diversità dei ruoli.
Non si deve intendere, però, che ci sia una divisione di compiti prestabilita tra le varie forze borghesi, che si tratti di una semplice commedia in cui ognuno recita la sua parte sotto la supervisione di un “puparo” che assegna i ruoli e gestisce la regia, per poi accordarsi a tavolino. No. Tutte le formazioni in campo, dall’estrema sinistra all’estrema destra, rappresentano gli interessi – pur contrastanti – del loro strato sociale o della loro frazione, ma basano la propria visione e azione politica sulla difesa assoluta dell'interesse generale della nazione, del popolo. Ciascuna di esse, alla sua maniera, svolge la sua parte in maniera veramente responsabile.
Quanto accaduto conferisce un’importanza molto significativa all’esito della votazione, anche perché l’Italia svolge una funzione notevole all’interno del dispositivo imperialista occidentale. Se lo sviluppo degli eventi dipendesse unicamente dalle diatribe parlamentari, la sostanziale unanimità raggiunta in aula, fatta la tara della “fronda umanitaria”, garantirebbe alla borghesia di dormire sonni tranquilli. Ma così non è affatto data la formidabile magnitudo del cataclisma in atto che sta scaricando solamente le prime scosse.
La seconda considerazione concerne le critiche svolte da Giorgio Cremaschi su questa vicenda, una delle pochissime voci levatesi a denunciare la schifezza rappresentata in parlamento. Il punto centrale dirimente è il seguente: qual è il motivo politico sostanziale su cui Cremaschi basa la sua contestazione nei confronti dello “spettacolo indegno” messo in scena? Esso si riassume nel fatto che si è ancora una volta votata un’ingente massa di spese volte alla guerra e alle missioni all’estero piuttosto che utilizzare questi fondi a scopi sociali: "... intanto alla sanità e alla scuola pubblica mancano i soldi necessari e i partiti unanimi nel finanziare armi, si dividono tra chi vuole procurarli dal Mes e chi vuole toglierli al reddito di cittadinanza… Quando affermo che in Parlamento c'è un Partito Unico della Nato e del Mercato che nei momenti buoni si manifesta sempre non facciamo ipotesi ma cronaca dei fatti".
Cioè la contestazione politica portata da Cremaschi svolge il più classico motivo che noi, da comunisti, denunciamo essere volgarmente e perniciosamente populista, ossia: + welfare, – imperialismo, il tutto possibile senza alcuna lotta di classe che metta in discussione il potere della borghesia e dello Stato imperialista di Roma. Questo tipo di contestazione da sinistra-populisa ricalca fra l’altro e più o meno esattamente gli stessi temi sostenuti dai 5 stelle quando erano all’opposizione. Idem per la “subordinazione dell’Italia” rispetto allo Zio Sam o al “neocolonialismo” francese che spiazza e “frega” gli interessi italiani (questo tasto battuto a suo tempo in buona compagnia con i populisti patrioti di destra alla Fratelli d’Italia e altri destrorsi).
Giorgio Cremaschi (persona degna ed onesta ma qui non si tratta affatto di giudizi etici-morali sulle persone) afferma che si è manifestato in questa occasione “il Partito Unico della Nato e del mercato”. No caro Giorgio: si è manifestata in questo delicatissimo frangente l’Unione Sacra patriottica (in altri tempi serviva la dichiarazione di guerra vera e propria perché si manifestasse, serviva il 4 agosto 1914) il che è cosa alquanto diversa da un presunto “partito unico della Nato”. Poiché si può e si potrà “essere utili alla Nazione” cioè servire gli interessi generali del capitalismo italiano anche stando “contro la Nato” cioè contro la guerrafondaia America. Oggi, in questo frangente, si è manifestato il fatto che la borghesia italiana è costretta (provvisoriamente) ad affidarsi al gioco combinato delle diverse e opposte parti politiche le quali però potranno tornare e torneranno ben presto a scindersi nel più sano e fisiologico per la vita del sistema borghese gioco governo-opposizione.
I 5 stelle o una loro parte che responsabilmente e compatti oggi hanno svolto il loro compito patriottico (abbandonando per un momento il caratteristico loro populismo) votando “i crediti di guerra” torneranno ben presto a svolgere la più utile e indispensabile loro funzione di opposizione. Ritorneranno ben presto a ululare a vuoto “contro la Nato”, contro “la posizione di subordinazione dell’Italia” rispetto all’America o alla “burocrazia europea” o contro le mene dell’imperialismo francese. E da questa postazione di opposizione svolgeranno il ruolo di controllo politico e sociale di servi della borghesia e dello Stato imperialista democratico italiano ed ancora da questa postazione di opposizione potranno benissimo andare d’accordo con la corrente politica orgogliosamente difesa oggi pressoché in solitaria dal buon Cremaschi. Tanto sul piano estero che sul piano della “politica sociale” interna. Potrà benissimo esserci, e sarà c’è da giurarlo, di nuovo insomma il “facciamo piangere i ricchi!”. Insieme e appassionatamente, Cremaschi e tutto il movimentismo grillino più code estremo-sinistre varie. Altro che “partito unico della Nato”. L’importante e il fondamentale è che già da oggi una parte anche minoritaria del movimento di classe e dei lavoratori più avanzati siano in grado di rompere fino in fondo, di dissociarsi politicamente dal micidiale populismo “di sinistra” e, nel farlo, certamente non dissociandosi dalle reali lotte di classe che lo stesso radical-populismo vorrà promuovere e promuoverà su obiettivi immediati su cui certamente occorre dare battaglia: tanto contro la guerra, contro la Nato ed ogni altra alleanza di guerra fra gli Stati così come contro i sacrifici richiesti alle tasche e alle condizioni di vita dei proletari “per uscire dalla crisi”.
Qualcuno potrebbe obiettare: “Ma come, di fronte a bestie politiche patentate come lo sono gli Orfini e gli altri samaritani alla sua sinistra (per non parlare dei falchi della destra borghese) che sguazzano nella più spudorata ipocrisia tanto più lurida in quanto ricoperta di spirito umanitario e crocerossino, voi vi scagliate contro una persona, un compagno, degno e combattivo come senza dubbio lo è Giorgio Cremaschi?”. Il fatto è che anche attraverso la corrente politica di cui egli è autorevole voce passa l’asservimento e la soggezione politica della sezione italiana del Proletariato Internazionale allo Stato capitalista collettivo, alla forza impersonale del capitale (forza impersonale che può benissimo imporre la museruola, in determinati svolti critici, agli interessi specifici di singoli borghesi, come potrà benissimo smarcarsi dalla politica dell’imperialismo Usa. Può benissimo “mettere in riga i padroni” per far passare e trionfare l’interesse generale del capitale e per fregare la classe. La storia del raffinatissimo sistema di controllo politico borghese italiano è lì a dare il senso concreto della cosa. Dalla politica “progressista” capace di “far pagare la crisi ai padroni” di un tandem del calibro di Giolitti-Nitti nel biennio infuocato 1919/20, alla stangata anti-proletaria del secondo dopoguerra preparata dalla manovra borghese capace di far sortire dal cappello addirittura un governo Badoglio-Togliatti. Operazione controrivoluzionaria che gli fa un baffo al Conte uno che si trasforma in Conte bis!: il criminale fascista riciclato anti-fascista Badoglio insieme al nazional-comunista Togliatti!!! Ci si rifletta sopra e si capisca che guardando alla storia di ieri parliamo di quello che ci aspetta, cioè delle trappole politiche che la borghesia non cessa di piazzare davanti alla classe lavoratrice per eludere le quali non basta la semplice “volontà di lotta”).
Il nostro attacco all’opposizione movimentista e “populista di sinistra” che liscia il pelo al sentimento immediato e spontaneo dei proletari cercando costantemente di seguire la via che appare più facile “per mobilitare le masse” non vuol dire in alcun modo spargere disfattismo verso le lotte e le rivendicazioni di carattere immediato e concreto. E’ vero il contrario: disfattista verso gli interessi storici e immediati della classe proletaria è la politica social-riformista e populista, magari mascherata da frasi roboanti tipo “far piangere i ricchi” o altre simili sparate “estremiste”. (Per chi vuole e ha fegato, rimandiamo alle fondamentali Tesi di Roma del 1922 elaborate dal PCd’I diretto dalla sinistra comunista. Attualissimo e chiarissimo esempio di indirizzo comunista da tenere verso le lotte immediate quand’anche promosse, come di norma avviene, da quel riformismo che il movimento di massa deve superare e seppellire).
453 a zero! In parlamento certo,
“in Italia” forse il rapporto
di Forza sta in questi termini. Più o meno, in pratica zero
assoluto da parte proletaria. Ma le cose stanno ben diversamente sul
piano internazionale dove si misura e si travasa la
Forza di classe. Anche sulla questione con la quale il capitalismo
affonda più crudelmente il coltello sul corpo del Proletariato
Internazionale e quotidianamente ci infligge una umiliazione umana e di
classe vale a dire sulla questione dell’immigrazione
(giacché, per noi, umiliazione è tanto nel ricevere
che nel fare la carità) le cose vanno cambiando. Il tempo
della massa nera disperata e col cappello in mano sta volgendo al
termine (vedi nota nr. 2). La trasmissione e il travaso di
Forza è in atto (dall’America
dei rabbiosi ed orgogliosi proletari neri in rivolta all’Africa
nera, all’Africa del futuro moto rivoluzionario
delle masse nere che non dovranno più scappare dalla loro
terra ma far scappare via il capitalismo bianco e i
suoi manutengoli, samaritani compresi) se captiamo bene i messaggi che
la rivolta proletaria nera sta trasmettendo. Tanto più i conti
reali di forza saranno sanciti (e la immonda ipocrisia dei buoni
samaritani andrà, finalmente, a farsi benedire) qualora
l’imperialismo italiano come parte dello schieramento
imperialista democratico occidentale decidesse davvero cioè
fosse costretto a sfidare sul campo e apertamente le masse, da Tripoli
a Beirut, scarponi per terra e nel combattimento a terra.
7 agosto 2020
I due piccoli e banali siparietti che presentiamo vogliono cercare di illustrare il senso di quello che abbiamo detto essere una “commedia recitata dalle parti” sul teatrino istituzionale-parlamentare ove ogni soggetto, rappresentando effettivamente diverse e persino opposte frazioni sociali e politiche, svolge la sua propria funzione di servo non di “un padrone” o di una cordata “di padroni” ma dell’impersonale padrone che domina la società: Sua Maestà il Capitale. Solo per puro caso diamo qui un paio di flash riguardanti quelli di LeU cioè “l’estrema sinistra” parlamentare. Ce ne sarebbero altri mille di “siparietti” del genere più o meno illuminanti, da sinistra a destra ovviamente. Non solo, ma ce ne sarebbero tanti altri che riguardano anche forze sociali e politiche che stanno fuori dal ménage parlamentare come, solo per fare un esempio, “la commedia” recitata dalla dirigenza del sindacato di base USB in occasione della cordiale accoglienza riservata all’On. Fico, “terza carica dello Stato”, sul teatro insanguinato di Rosarno (vedi il nostro articolo “L’U.S.B. RINGRAZIA IL PRESIDENTE DELLA CAMERA PER L’ATTENZIONE DIMOSTRATA”). Fummo i primi (per quel che vale cioè poco più di niente) “a svelare” il senso di quella commedia messa in scena appena instaurato il “governo di cambiamento”, il governo cornuto Lega/5 stelle. E vogliamo ricordarlo di nuovo quell’”episodio” altamente emblematico della capacità della borghesia di mantenere il controllo politico della società, utilizzando tutti gli strumenti e i canali possibili dentro e fuori le istituzioni ufficiali.
Dunque il primo siparietto che riguarda tale Erasmo Palazzotto, deputato di punta di LeU e vero prototipo esemplare di “buon samaritano”. Copiamo da quanto riportato dal sito “L’uovo di colombo” curato da Ettore Maria Colombo (cfr. “Il comma 22 sulla Libia fa tremare il governo”) e che descrive molto bene “l’atmosfera” e il ménage parlamentare nei giorni della “discussione” sul rifinanziamento delle “missioni di pace all’estero”, nella nostra lingua: dei crediti di guerra.
«Ma Palazzotto – un tipo tosto che si è inventato la nave Ong “Mediterranea” che tanto faceva infuriare Salvini quando questi era ministro dell’Interno, ma che ieri dialogava in modo forbito ed educato con un leghista del calibro di Raffaele Volpi, presidente del Copasir, discettando di politica esterna e di “quadrante mediorientale” – è anche l’inventore, l’anno scorso, del voto per “parti separate” sulle missioni militari all’estero. E proprio il voto dell’anno scorso ha creato un precedente, assai pericoloso per la maggioranza. Sulle missioni militari all’estero è stato ammesso, alla Camera, il voto “per parti separate”: puoi dire “sì” a tutte le missioni e dire “no” a una sola, guarda caso quella libica».
A parte il dialogo “forbito ed educato” si noti come la proposta elaborata dal “buon samaritano” feroce contestatore di Salvini sia stata preziosissima per risolvere il rebus istituzionale-parlamentare (continuando a fare in Libia quello che si è sempre fatto, ovviamente). Cioè il ménage del potere borghese riesce a cavare fuori utili soluzioni da ogni parte, dal salviniano di ferro al suo contrario “buon samaritano”. Riesce prodigiosamente a cavare sangue dal muro, per così dire.
Secondo piccolo siparietto tratto dal Corriere della Sera del 7/6/2020 e che riporta del “cavalleresco” rapporto fra Berlusconi (il feroce Babau di un tempo) e il ministro della Sanità Speranza che come tutti hanno notato era sparito dai radar nel periodo più delicato del Covid:
«Con Speranza ha stabilito un rapporto nei giorni più drammatici dell’epidemia, e ha avuto verso di lui parole di conforto quando ha saputo che il ministro della Salute stava accusando il contraccolpo dello stress: “Non attaccatelo – ha detto ai dirigenti di Forza Italia – perché è una persona seria e ha una buona scuola politica”. Siano “comunisti” o “grillini” per il Cavaliere poco cambia, visto che ha legato anche con il ministro Spadafora durante la vertenza sul calcio».
Ha ben fiutato il Cavaliere, e tramite lui la borghesia, la “buona scuola politica” di “comunisti” del calibro di Speranza/Bersani: una “scuola politica” di fedeli servitori dello Stato che viene da molto lontano. Non certamente da Livorno ’21 ma dagli affossatori di Livorno ’21.
Lo ripetiamo: non vogliamo dire che Speranza/Berlusconi/Palazzotto/Salvini ecc. sono “la stessa cosa”. Rappresentano invece istanze e interessi diversi. Come per i ripetuti incontri “segreti” fra gli opposti Giorgio Almirante ed Enrico Berlinguer avvenuti nel mezzo degli anni caldi ’70: ogni parte era, a suo modo, effettivamente patriota. Svolgeva, a suo modo, il compito di servitore dell’”interesse comune e generale” della nazione. Noi affermiamo “solo” e al contrario che l’interesse della Nazione, della Patria cozzano con quelli della classe proletaria considerata per quello che effettivamente è ossia classe internazionale. Se si smarrisce o non si ha proprio il riferimento alla classe internazionale ogni dialogo/incontro fra “gli opposti” rientra nella normale, più che legittima e per niente “scandalosa” dialettica fra le parti.
A proposito di missioni all’estero e del mutato “clima” fra la massa degli oppressi di colore. Riportiamo questi passaggi dal libro “La sconfitta dell’Occidente” scritto da Domenico Quirico e Laura Secci (di cui raccomandiamo caldamente la lettura con i nostri occhiali marxisti):
«…E’ stata oltrepassata la soglia e si combatte una guerra anche se noi preferiamo chiamarla con un altro nome, terrorismo. Non possiamo più andare lì come una volta, distribuire un po’ di soldi, firmare contratti in cui alla fine saremo sempre noi a guadagnarci, sorridere educatamente alle battute e ai salamelecchi dei nostri servi indigeni, con i loro boubous colorati…. Neppure per venire qui a fare carità e aiutare potremo essere gli stessi: la misericordia che rende, uno stipendio, un’indennità di trasferta in luoghi disagiati, il narcisismo del buono in mezzo ai disperati, le mie afriche dei cooperanti e dei dottori, insopportabili e false come quelle dei colonialisti. Non vi sopportano più, samaritani puzzolenti, vi tagliano la gola, vi cacciano a pedate. Non sanno che farsene del vostro ambulatorio da quattro soldi, della vostra pesa per stabilire quanto sono denutriti i bambini secondo le statistiche dell’Oms. I vostri pozzi scavati con le elemosine dei bravi pensionati del Varesotto o della Baviera… ci butteranno dentro le bestie morte, li avveleneranno perché soldati che voi pagate per dar loro la caccia non possano bere».
No comment. Invece è tutta da commentare (e da respingere) la tesi del Quirico che cioè l’Occidente abbia perso la guerra in quanto “ha tradito” le aspettative delle masse nere e arabe, non ha appoggiato fino in fondo cioè fino alla guerra contro “i tiranni” (il siriano Assad in primo luogo) il moto “delle primavere arabe” come invece avrebbe dovuto fare (tesi comune questa in larga parte della estrema sinistra occidentale). Ha invece vilmente ceduto l’Occidente persino nella sua versione migliore cioè quella di Obama, allo “spirito di Monaco ‘38” cioè all’accordo, più che con “i tiranni” locali, con il super-tiranno Putin, con il “totalitarismo russo” che è poi quello che sta effettivamente sul gozzo al Quirico e a tanti altri crociati-democratici d’Occidente.