nucleo comunista internazionalista
note



Appunti sulla crisi politico-istituzionale italiana, il tempo stringe

DIETRO IL TEATRO DELLE MARIONETTE “REAZIONARIE” E “PROGRESSISTE”.

GLI APPARATI “SUPER PARTES” DELLO STATO DI ROMA SI INSTALLANO ALLA GESTIONE DEL POTERE E DEL CONTROLLO SULLA SOCIETA’.

I CARRI ARMATI NELLE PIAZZE NON SERVONO, BASTA LA DEMOCRAZIA BLINDATA. PER IL MOMENTO.

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Questi appunti nient’altro sono che qualche martellata su un paio di picchetti piantati sulla parete assai scoscesa, prima della bufera che sentiamo arrivare. Il precipitare degli eventi è legato ad un intreccio di fattori interni ed internazionali di cui qui non si tratta. Ma il corso della crisi verso le due sole possibili “stazioni” di cui diciamo è a nostro giudizio segnato e, in ogni caso, la regia borghese ha già piantato le basi del comando autoritario-democratico sulla società. Ne diamo semplicemente conto elencando e commentando una serie di fatti, passati per lo più o del tutto sotto silenzio.

Di fronte al processo in corso “la risposta della classe lavoratrice non si può ridurre a una difensiva dietro baluardi che sono quelli stessi della conservazione delle forme borghesi: democrazia e pacifismo” è detto in una delle ampie citazioni che riportiamo con metodo ritenuto, forse dai più, senz’altro pedante e pedestre. Ce ne scusiamo con i lettori ma dietro e dentro quelle righe c’è la nostra storia, c’è il senso della battaglia di ieri e di sempre a cui siamo tenuti ad attenerci.



Andiamo subito al sodo. Dove portano i binari sopra cui come un treno si muove il corso della crisi politico-istituzionale che ha investito il capitalismo italiano innescata o, per dire più esattamente, registrata e solamente accelerata dall’esito elettorale del 4 marzo 2018 e di cui l’attuale governo cornuto “di cambiamento” è stazione provvisoria, utile e necessaria per far guadagnare tempo alla borghesia?

Sotto l’accorta regia dello staff del Quirinale, autentico terminale di sintesi e di indirizzo politico della borghesia italiana, il governo legastellato dei due corni – con un generale dei carabinieri nei suoi ranghi, e non è dettaglio insignificante – si è configurato come una piattaforma politica estremamente elastica attraverso cui la borghesia si è garantita il pieno controllo sulla società in una delicatissima fase segnata dall’imprevisto collasso dei suoi due principali e più affidati pilastri politici, PD e Forza Italia. Collasso che è il riflesso sul piano sovrastrutturale di una profonda ed incipiente crisi sociale che per la borghesia si tratta di arginare e dominare per tempo, prevenendo una sua eruzione incontrollata.

Governo cornuto, tempo scaduto

Governo legastellato, elastica piattaforma politica borghese. Dal corno Lega nazionale: canali aperti di contatto, drenaggio e controllo tanto sul settore sociale e politico destro-moderato quanto sull’area dell’estrema destra; altrettanto controllo sulle correnti “catalaniste” forti al Nord (dentro e fuori la Lega) in particolare nel Veneto. Dal corno 5 stelle: canali di comunicazione aperti sul settore sinistro, fino a certe sue estreme. Emblematico il caso della gestione della tremenda condizione a cui sono sottoposti i braccianti della piana di Rosarno realizzata col concorso del sindacato di base Usb di cui a più riprese abbiamo detto; controllo sulle correnti politiche “sudiste” e neoborboniche presenti in ogni regione del meridione.

Si è così realizzato nei fatti una sorta di governo di emergenza e di salvezza nazionale in cui ciascuna delle forze politiche, cornuti di governo e di opposizione, ha svolto la sua parte dentro il teatro della politica borghese. La regia dello spettacolo, tenuta a corrispondere all’interesse generale ed impersonale del capitalismo italiano, è curata da ben altre Forze che non le marionette politiche sul proscenio (senz’altro incoscienti del loro stato di marionette) per quanto talune gonfie di “consenso popolare”, come nel caso del gran babau e spauracchio Salvini. Il governo cornuto ha svolto egregiamente l’essenziale del suo compito: iniezione delle dosi di metadone sociale (quota cento e reddito di cittadinanza) necessarie per sedare le masse e intanto guadagnare tempo; varo della legislazione necessaria (decreti sicurezza) con cui rivestire il bastone che sarà necessario mulinare alla grande di fronte alle masse e non più solo contro piccole minoranze di proletari già ora in prima linea nella lotta di classe. Il tutto mentre i competenti apparati dello Stato (democratico e costituzionale) accentuano l’opera di stretta vigilanza e di monitoraggio su ogni cosa si muova (ben poco al presente) fuori dal teatro delle marionette e che stia fuori dal controllo diretto o indiretto del potere borghese. Come chiunque svolga attività politica fuori dal guinzaglio avrà senz’altro riscontrato, persino i più poveri e scalzi che mai sottoscritti del Nucleo. Il che è tutto dire.

Svolto lo sporco lavoro necessario per la borghesia, il tempo è scaduto per il governo cornuto “di cambiamento”. Un vuoto pericoloso rischia di crearsi fra quell’elastica piattaforma politica varata il primo di giugno 2018 e la società, con particolare evidenza nel Sud d’Italia. Così che il corno 5 stelle o quello che ne rimane deve essere richiamato in panchina da dove continuare ad ululare “onestà-onestà” ed a svolgere, insieme ad altri utili idioti e servi “di sinistra”, una indispensabile funzione di “opposizione”. Ma anche per la Lega nazionale di Salvini il futuro si prospetta assai incerto ad onta dei travolgenti successi elettorali. In ogni caso non si tratta qui di strologare sul processo di scomposizione/ricomposizione che attraversa tutte le forze del teatro politico borghese, né sulla residua durata del governo cornuto legastellato appeso ad un intreccio di fattori interni ed internazionali. Si tratta invece di individuare la linea di tensione che scorre sui binari di cui sopra e che muove le cose verso una destinazione obbligata per la borghesia, e non farsi trarre in inganno dalla rappresentazione che di questo movimento obbligato viene data nel teatro delle marionette.

Siamo giunti ad un punto molto più drammatico rispetto al passaggio del novembre/dicembre 2011 quando la manovra borghese scalzò l’allora babau-Berlusconi fra i balli ed i canti di Bella ciao del popolo rincoglionito “progressista” e della stragrande maggioranza degli stessi “antagonisti”, per far posto alla scure anti-proletaria del sig. Monti nominato d’urgenza in quei giorni senatore a vita.

Le marionette Forza Italia e PD, usurate ed in stato comatoso; quelle di riserva 5 stelle installate al governo, in caduta libera. Se la Lega nazionale di Salvini salta sulla mina rappresentata proprio dalla sua ragione sociale, dalla sua ex-ragione sociale cioè la cosiddetta “questione settentrionale”, come è nelle cose, si capisce in mezzo a che polveriera ci troviamo. Lo Stato di Roma come rappresentante e tutore dell’interesse generale della borghesia deve quindi intervenire e colmare il pauroso vuoto di controllo politico che si è generato. E attraverso l’azione e il dispiegamento di tutti i suoi apparati (l’elencazione dei fatti di cui diamo conto in questo scritto ce ne dà una prova solo parziale ed una pallida idea) esso sta già intervenendo servendosi di tutte le marionette per arrivare dove si deve arrivare secondo la necessità della borghesia: certamente la marionetta e babau-Salvini è un utile vettore d’ordine autoritario ma all’instaurazione di un potere di comando autoritario-democratico necessario al capitalismo italiano si arriva grazie alla combinazione delle richieste d’ordine, ossia utilizzando anche quella che monterà nel campo “progressista” per “sventare la minaccia alla democrazia”, per “ripristinare le regole della convivenza civile” violate dal babau.

Due sole soluzioni di fondo

Dato il nostro congenito schematismo, ne facciamo uso estremo così che un difetto almeno sia utile per chiarire il senso del discorso e per definire la nostra postazione di battaglia politica. I binari su cui stiamo ruotando conducono, a nostro giudizio, verso due sole possibili destinazioni. Il treno borghese ha due sole possibili destinazioni: stazione A o stazione B. Esso può andare più veloce oppure frenare; i macchinisti e capitreno possono alternarsi ma certamente non possono invertire il senso di marcia né portare il convoglio dove pare e piace a loro o a chicchessia.

Non sosteniamo niente di particolarmente originale come si vedrà, ma nemmeno niente di pirandelliano uno-nessuno-centomila: due sole soluzioni di fondo, stazione A o stazione B. Uno, il compito politico fondamentale che siamo tenuti a svolgere e su cui chiamiamo a raccolta tutte le forze ed i compagni che stanno per il rovesciamento dello stato presente delle cose, per la Rivoluzione proletaria, per il Socialismo internazionale.

Stazione A: Stato borghese forte, esecutivo in grado di gestire il potere in maniera autorevole e se ci vuole, come ci vorrà, autoritaria. Definizione di un centro di potere borghese capace di disciplinare la ridda dei molteplici interessi locali/territoriali, di tagliare le faux frais e le nidiate di parassiti che allignano sul corpo del capitalismo italiano, di mettere in riga le schiere di potentati corporativi e ras locali che altrettanto infestano (per alcuni, la maggioranza, ritenuti invece fattori “di democrazia diffusa”) la società italiana. Si tratta insomma di portare a compimento ed anzi di rendere più deciso e profondo, in tempi stretti e ritmi accelerati, quanto prefigurato dalla riforma costituzionale di Renzi sciaguratamente (per noi) cassata nel referendum del dicembre 2016. Ah!, dimenticavamo: Stato ed esecutivo borghesi forti, autorevoli e autoritari, definiti e costituiti nel pieno rispetto dei valori della Democrazia e della Carta costituzionale. Lo abbiamo detto appena dopo l’avvento del governo cornuto “di cambiamento”: la definizione e la costituzione di un centro di potere borghese autorevole e autoritario non avverrà “contro la Democrazia e in spregio alla Costituzione” bensì al contrario, in difesa ed in nome di quegli Idoli Sacri allo spirito legulèio di ogni buon e rispettabile cittadino in specie se “progressista” imbevuto di statolatria e costituzionalismo. Come illustreremo più innanzi un tale processo è già in atto, con modalità soft e senza reazioni di sorta. (Segnaliamo con grande piacere che questo carattere del processo in corso è stato colto e descritto acutamente da alcuni compagni, cfr. “Il lato cattivo”: “Il demos, il duce e la crisi. Ovvero: del pericolo fascista come diversivo per un golpe annunciato”. Non saremo gli unici fessi a non stupirci affatto di un pronunciamento politico-militare o “golpe” plaudito e persino invocato dal campo delle mammolette liberal-“progressiste”). Il “cervello complessivo”, per così dire, della borghesia troverà modo per incartare e giustificare l’operazione “al popolo” nel dovuto rispetto di tutti i crismi legali. Le cose, i cervelli, anche in questo senso sono già in azione. Lo notiamo, ad esempio, nelle esternazioni di un giornalista d’assalto del calibro di Gianpaolo Pansa ad invocare senza alcun infingimento il colpo, il pronunciamento contro la “minaccia autoritaria dei populisti” al governo (e su questo terreno costui potrà riappacificarsi con i suoi contestatori e acerrimi nemici dell’Anpi!). Oppure ancora, nei raffinatissimi ragionamenti svolti da un giurista come Sabino Cassese, cervello notevole, intorno all’interesse generale dello Stato che non necessariamente deve essere vincolato al “consenso maggioritario del popolo” e che in sostanza ripetono e ripropongono il concetto (la necessità per la borghesia) espresso nel 1849 da un Odilon Barrot, ministro di Luigi Bonaparte: “La legalité nous tue”, la legalità ci uccide. Ossia per difendere e preservare l’interesse borghese generale, “la legalità generale” occorre, in dati svolti critici, saper “forzare” ed anche strappare il sistema delle regole, “la legalità” corrente. (Chi ci segue sa che non per caso abbiamo di recente ripubblicato il “Filo del Tempo” del 1953 dallo stesso titolo. Ri-rimandiamo assolutamente a quel testo, semmai fosse sfuggito) Sono solo due esempi presi a caso per dire del “cervello complessivo”, diremo poi di altri organi dello Stato di Roma in azione.

Stazione B: quella più disgraziata e orripilante. La borghesia italiana risulta impotente a definire ed a darsi in tempo utile un centro di potere politico all’altezza dei tempi, passabilmente autorevole ed autoritario. Invece: continua guerriglia e mediazione fra bande e frazioni borghesi, impantanamento generale del paese. Qualcuno, nel campo dei sovversivi, potrebbe scambiare tale impotenza e caos politici come la situazione “più auspicabile” se non ideale per il farsi strada della soluzione rivoluzionaria, per la nostra soluzione proletaria di classe al marasma sociale e politico nel quale siamo piombati. Non è così nella presente condizione di bassa marea della lotta di classe e di assenza dell’organizzazione politica rivoluzionaria di classe. Nella presente condizione, la “stazione B” è uno stadio della crisi che può seriamente preludere alla disgregazione dello Stato di Roma. Quelle che oggi ancora sono tendenze centrifughe marginali e tutto sommato fenomeni controllabili tanto al Nord quanto al Sud (si veda “lo spaccato” di cui diamo conto in allegato), quelle che oggi sono ancora palle di neve possono diventare valanghe. “Italia-stazione B” come preludio ad una situazione “alla Jugoslava”. Chi di spada ferisce di spada perisce, si potrebbe dire pensando al contributo italiano alla disgregazione della Jugoslavia e, certo, non saremo noi, non saranno i comunisti internazionalisti a trepidare per i destini incerti della baracca dello Stato di Roma e per la Patria minacciata di sfasciamento. Uno Stato di Roma ed una Patria sorti e stabilizzatisi tanto sulle feroci repressioni contro le masse al Sud quanto sul piombo e sulle cannonate distribuite in abbondanza dai Crispi, dai Pelloux, dai Bava Beccaris al proletariato dell’Italia intera, insieme alle imprese e alle stragi colonialiste. Per restare all’epoca liberale e lasciamo stare guerre, fascismo e tutto il resto venuto dopo che sta non in opposizione e rottura ma in dialettica continuità del regime di dominazione di classe borghese. Lasciamo quindi ai patrioti Fratelli d’Italia di destra e di sinistra, gonfiare il petto e montare la guardia ai “sacri e inviolabili confini”. Magari al Brennero, come fu per il Duce, qualora i cittadini sudtirolesi di ceppo tedesco e ladino decidessero, vista la mal parata delle cose nella penisola, di volgere decisamente lo sguardo (e il portafoglio) verso Innsbruck e Vienna. La disgrazia per noi è la possibile disgregazione di quello che in altri interventi abbiamo definito sezione italiana del Proletariato Internazionale. Non la spaccatura dello Stato di Roma ma la spaccatura della Classe. La “situazione-stazione B” è perciò quella più fetida, perché predispone le cose a scivolare sul terreno più dannatamente accidentato per la Rivoluzione proletaria.

Niente da “scegliere”, niente da “preferire”, niente da conservare solo…
“la Forza di Distruzione”

Vogliamo sperare che non si intenda dallo schema tracciato una nostra “preferenza” per una soluzione borghese rispetto all’altra. Non “preferiamo” un tubo di niente, e le “condizioni migliori” per la risposta proletaria al corso oggettivamente determinato della crisi si danno (ovviamente e banalmente) con la ripresa in grande stile della lotta di classe che nessuno può “scatenare” e nemmeno “provocare” e che (assai meno ovviamente e banalmente) si tratta di torcere ed indirizzare verso l’alveo dell’indipendenza e dell’autonomia da qualsiasi frazione borghese, un corso niente affatto scontato e spontaneo. A questo proposito, la nota in calce a questo scritto, dice di una lotta di una storica e gloriosa categoria proletaria che abbiamo sotto gli occhi e ci avverte di come una lotta di classe possa rimanere soggiogata nelle maglie della rete politica borghese, nel caso in questione andando (involontariamente, ma poco importa) a gonfiare le vele delle correnti borghesi autonomiste-centrifughe germinanti in Italia ovunque ci si giri.

Dunque non si tratta di “preferire” o “scegliere” alcunché fra le soluzioni borghesi. Così come “il Partito della Rivoluzione-Marx” non “preferiva” o “sceglieva” la soluzione autoritaria-bonapartista rispetto a quella democratica quando, nella prima pagina de “Le lotte di classe in Francia 1948-1950” scrivendo della disfatta della Rivoluzione spiega che essa Rivoluzione si apre la strada e prepara la sua rivincita “facendo sorgere una controrivoluzione serrata, potente, facendo sorgere un avversario combattendo il quale soltanto il partito dell’insurrezione raggiunse la maturità di un vero partito rivoluzionario”. Nella prima pagina!

Così come la Sinistra Comunista in Italia non “preferiva” o “sceglieva” fra la soluzione democratica-Giolitti o quella fascista-Mussolini ma ne vedeva e spiegava il passaggio complementare nella continuità del regime di dominazione borghese. E mentre – unica forza – organizzava in maniera seria e disciplinata il combattimento contro le squadre fasciste (mentre altri, in primo luogo i campioni del riformismo socialista, era dispostissimo ai “patti di pacificazione” mandati a monte dal …“settarismo bordighista” del PCd’I che, secondo la vulgata comune e la menzogna ufficiale, avrebbe “sottovalutato la minaccia fascista” o addirittura l’avrebbe favorita) mentre affrontava a mano armata le squadre fasciste dicevamo, nella maniera più netta e recisa senz’altro rigettava il pestilenziale blocco comune “antifascista” inteso alla difesa dei valori conculcati della “libertà” e della Democrazia.

Attenendoci allo stesso criterio rivoluzionario dobbiamo accogliere ed affrontare l’inesorabile processo autoritario in corso. Usando le espressioni di Marx nel “18 brumaio di Luigi Bonaparte” diciamo: venga pure “il perfezionamento del potere esecutivo, la sua riduzione all’espressione più pura, in quanto lo isola, lo pone di fronte come l’unico ostacolo, e concentra contro di esso tutta la forza di distruzione della rivoluzione”. Il potere autoritario che viene concentra La Forza di Distruzione. Testuale! Non lotta per la difesa delle regole e degli assetti democratici e costituzionali borghesi, non lotta per una loro “vera e reale applicazione in favore del popolo” o per un loro “progressivo allargamento” ma organizzazione della Forza di Distruzione, rottura rivoluzionaria dell’ordinamento borghese.

Pietre d’angolo poggiate da Carlo Marx alle quali, da forza microbica, siamo tenuti ad attenerci. Costi quello che costi in termini di “zero successo” secondo il metro ed il criterio immediatistico e movimentista. Scontando l’isolamento politico e la scarsa o nulla udienza presso l’attuale “movimento di opposizione sociale” il quale, prevedibilmente, è destinato a confluire, nel momento critico, dietro gli striscioni dell’Anpi (per dire dietro la conservazione leguleia-costituzionalista borghese) e dietro un Di Battista qualsiasi (per dire di una “opposizione” appena-appena rinfrancata e non amebica). In tutti i casi coda “arrabbiata” ed estrema della Democrazia.

Si vedrà dove stanno i cadaveri politici e dove sta il futuro che, nella maniera più assoluta, non appartiene alle forze della conservazione e della contro-rivoluzione borghese ma appartiene alla incontenibile Forza dei senza-riserve, alla Rivoluzione del Proletariato Internazionale di cui siamo infinitesima cellula e che dobbiamo saper vedere e sentire già Forza viva e pulsante, anche nel livido tempo presente dei bestioni trionfanti alla Trump, per fare un nome di super-marionetta.

Lezione dell’altro ieri…

Il futuro della Rivoluzione si difende e si prepara serrando le fila attorno ad una postazione politica di assoluta ed intransigente indipendenza di classe. Un compagno, legittimamente, può dire: cosa valgono, cosa significano “concretamente” queste altisonanti e fiammeggianti petizioni?

Un esempio terra-terra dell’altro ieri a cui rimandiamo. Come ci si è posizionati, come si è affrontata la lotta politica attorno alla questione del referendum sulla riforma costituzionale indetto dall’ex-babau Renzi nel dicembre 2016? (si noti che la borghesia, di norma, ci presenta sempre una marionetta-“minaccia per la libertà e la democrazia”, un babau, uno spauracchio di turno. Prima lo era Berlusconi, poi Renzi oggi Salvini… e che dalla lotta contro questa serie di babau ne usciamo puntualmente scornati, come mai?) Che lezione si è tratto da quella vicenda e dallo strepitoso successo del NO/strepitosa sconfitta dell’ex babau Renzi che ha contribuito a condurre le cose nell’attuale fetida palude politica?

Allora, 2016, ci siamo ritrovati in pochissime forze, da contarsi quasi sulle dita di una mano, a spiegare e denunciare il carattere controrivoluzionario della manovra, della richiesta di crocetta sulla scheda del SI quanto del NO. A combattere in particolare lo spirito democratico-costituzionale di conservazione borghese che trasudava anche dal cosiddetto “NO sociale” per il quale fasullo obiettivo si sono mobilitate e sprecate energie di fior fiore di compagni che, con le migliori e giuste intenzioni di “spingere in avanti il movimento” e di non “staccarsi dal sentimento delle masse”, hanno contribuito invece a ribadire nelle masse le superstizioni democratiche e costituzionali che le svirilizzano e le rendono impotenti. L’esatto opposto del senso di quella “Forza di Distruzione” di cui sopra tramandatoci da Marx, Red Terror Doctor che nessuno riuscirà a castrare e a trasformare in icona inoffensiva.

…e lezioni antiche per la battaglia alle porte

Prima di illustrare come nel processo della crisi politico-istituzionale in atto i carri armati si stiano già posizionando ai crocicchi delle piazze italiane – tranquilli! è una metafora, poiché il moderno tipo di pronunciamento autoritario borghese può anche fare a meno dell’occupazione militare nelle sue forme aperte e ce lo spiega proprio un generale dell’esercito italiano che sa di quello che parla (Fabio Mini, altro notevole cervello, di parte “sinceramente democratica”, dell’”intelligenza complessiva” della borghesia. Cfr. in particolare: “I guardiani del potere. Eunuchi, templari, carabinieri ed altri corpi scelti” Ed. Il Mulino) – dobbiamo fermarci su di un punto, su di una questione. Che è poi, in verità, il cuore della nostra postazione politica smarrendo il quale davvero tutto è perduto, a cominciare dalla testa. Non è una questione contingente o nuova, al contrario essa si è posta da subito e da sempre sul cammino storico del movimento proletario e socialista. Quale punto, quale storica questione che puntualmente si ripropone?

storia sx comunistaE’ il seguente: «come deve agire il partito proletario quando due politiche della borghesia sono possibili, e la “scelta” può dipendere dal gettare o meno il proprio peso sul piatto di sinistra della bilancia?». Sono parole che traiamo dalla “Storia della Sinistra Comunista” (scritta da Bordiga nel 1963) e che si riferiscono al “dilemma” che si pose nel congresso socialista del 1900. (1900?! Centodiciannove anni fa?! E’ probabile che giunti a questo punto molti dei compagni lettori, anche fra i più ben disposti, vengano colti dall’orticaria: ma come, il mondo nel frattempo è cambiato e ricambiato un mucchio di volte e tirate fuori la storia dell’anno 1900? Sì! Non abbiamo nulla da inventare o di originale da dire ma, in fondo, ripetiamo sempre the same old story, the same old solfa se volete. Lo abbiamo detto sopra: costi quello che costi…)

Ci scusiamo comunque per le lunghe citazioni. Si veniva, anno 1900, da un periodo di durissime repressioni condotte da governi di destra borghese reazionaria (nei cui ranghi agivano famosi generali alla Pelloux, alla Bava Beccaris) contro le masse popolari e proletarie. Piombo, stati d’assedio, carcere per le masse e per i militanti politici proletari (Filippo Turati, che di lì a poco evolve per divenire capo storico del riformismo socialista, condannato a 12 anni!) da Palermo a Napoli a Milano. Da questo punto di vista l’Italia è stata davvero unita! Allo stesso tempo, si stava affacciando la necessità per la borghesia di darsi un’altra politica, progressista, democratica di adescamento della sinistra ed apertura alle istanze sociali delle masse. Era utile e necessario brandire la carota (intendiamoci: carota vera, concessioni in solido, riformismo reale) oltreché il bastone. E trovando, questa politica democratica e di “apertura a sinistra”, una corresponsione politica all’interno del partito del proletariato italiano, il PSI in cui appunto comincia nettamente a stagliarsi la corrente riformista.

«Nel 1898 le masse avevano lottato in piazza e assai valorosamente, sfidando non soli i fucili ma i cannoni messi in postazione a tutti i crocicchi di Napoli e Milano. Anche allora la destra borghese più reazionaria (che non va confusa con la destra liberale classica, conservatrice socialmente ma ortodossa nel suo egalitarismo statutario) minacciò di sospendere le garanzie costituzionali, anzi le tolse senz’altro – ma non giunse, come doveva fare più tardi il fascismo, fino a porsi contro il responso parlamentare ed elettorale. (…) L’argomento dei socialisti di destra è ben noto: interessa la classe operaia che il potere esecutivo non usi la maniera forte, ed è utile ottenerlo col mezzo pacifico di un voto degli elettori e dei deputati: ridotta la questione a un problema di conta, sarebbe logico non rovinare un così utile (o almeno comodo e facile) risultato, per l’ubbia di non sommare i voti nostri con quelli dei borghesi benpensanti, affini, come si dice, alla sinistra… In questi casi, il partito proletario difende la libertà, lo statuto, la costituzione, perché la loro violazione fa comodo alla classe nemica.

Da allora e da sempre, noi della Sinistra rispondiamo: questa linea tattica sarebbe convincente se fossimo certi che i postulati della nostra classe potranno un giorno passare senza rompere la “libertà di tutti”, l’ordine legale, e la struttura costituzionale. Se questa possibilità è esclusa, sarà un errore aver preparato le masse a salvare (che cosa? quali pretese conquiste già fatte? conquiste fatte insieme alla borghesia contro forme più antiche, o conquiste già fatte contro la borghesia?), diciamo a salvare sé stesse dalla aggressione del nemico di classe, rifugiandosi dietro i medesimi baluardi storici che sarà necessario abbattere come sola via per liberare il proletariato dall’oppressione capitalista.

E’ possibile che la borghesia e il suo Stato prendano l’offensiva, e la storia ce ne dà esempi continui. Ma la risposta della classe lavoratrice non si può ridurre a una difensiva dietro baluardi che sono quelli stessi della conservazione delle forme borghesi: democrazia e pacifismo. La risposta storica per la quale il nostro partito è sorto, è una futura controffensiva che non leverà, come nelle vergogne di oggi, le bandiere storiche cadute di mano al nemico di classe, ma spezzerà i principi e gli istituti che stanno da secoli dietro quelle bandiere.» (Storia della Sinistra Comunista 1912-1919 Ed. Il Programma Comunista)

Ancora una, per dire la stessa cosa:

«La crisi economica degli ultimi anni del secolo aveva sboccato in rivolte per fame dal Nord al Sud: i piccoli borghesi piativano regionalmente; le masse del lavoro insorgevano già nazionalmente, e contro il governo di Roma. Venne non certo la prima volta, la repressione, e colpì organizzatori operai e propagandisti socialisti, come colpì radicali e repubblicani, e perfino qualche sacerdote cattolico.

Reagì tutta l’opinione di sinistra contro lo Stato di assedio del generale Pelloux, contro le fucilate in piazza, gli arresti, i processi, le condanne a domicilio coatto. Gridarono questi bravi signori allo “Stato di polizia”! Ma quando lo Stato borghese non ha la forma di Stato di polizia? Era lo Stato feudale che ne mancava, fondamentalmente! (…) La polizia è una porcheria? Forse. Ma il fatto è che lo Stato è una porcheria, che deterministicamente le classi devono commettere.

(…) Discutevano due buoni e leali liberalradicali borghesi. Alla Camera avevano attaccato Pelloux per aver violato, colle misure eccezionali, lo Statuto albertino e le garanzie costituzionali. La minoranza di estrema aveva attaccata una maggioranza clerico-moderata per avere votate le leggi eccezionali, compiendo un abuso di potere. Dai banchi della destra si era risposto che dato il principio democratico la maggioranza del Parlamento può anche violare lo Statuto, la costituzione dello Stato. La frase di uno dei valentuomini, il meno avanzato di idee ma tuttavia contrario a Pelloux, fu questa: l’estrema sinistra le ha chiamate eresie! le ha chiamate eresie!

Da che parte stavano i rivoluzionari? E’ lo stesso caso delle polemiche in Germania di Marx contro Lassalle ed altri sulla politica di Bismarck. I RIVOLUZIONARI ERANO QUELLI DI PELLOUX. (maiuscolo nostro, ndr. noti il compagno lettore: c’è scritto che Pelloux era il rivoluzionario!!! Ossia fra parte borghese reazionaria-autoritaria e parte democratica, i rivoluzionari sono i primi. Il senso è il medesimo di Marx per il quale “il terreno della controrivoluzione è rivoluzionario”. Quale bestemmia, quale eresia, quale provocatoria enormità per il senso comune stramaggioritario nell’attuale campo degli “antagonisti”!)

(…) Signori della borghesia! grida il proletario per bocca di costoro (i “progressisti” democratici difesisti del quadro costituzionale garante “della libertà per tutti”, ndr) fregateci ed affamateci pure quanto volete e magari più di oggi. Ma fatelo nel religioso rispetto della vostra costituzione, della carta fondamentale dello Stato (oggi si vomita: del paese). Noi staremo buoni e zitti. Se la costituzione voi violaste, ohibò! sorgeremmo in piedi e vi vedreste levare davanti quello spettro,che vi era così lieve non evocare. Sua schifezza costituzionale, la rivoluzione conservatrice.» (Filo del Tempo: “Meridionalismo e moralismo. Antiche e nuove paralisi del movimento proletario in Italia”, Programma Comunista nn. 20/21 1954)

I rivoluzionari marxisti hanno combattuto le forze della destra reazionaria borghese (i Crispi, i Pelloux, poi i Mussolini) rigettando il fronte comune con la sinistra progressista borghese (i Giolitti, i Nitti poi i Turati) poiché altrettanto anti-rivoluzionaria e, al momento della verità, altrettanto senza scrupoli feroce contro “l’assalto al cielo” del proletariato. La storia degli assassini “socialisti” di Rosa Luxemburg e di Carlo Liebknecht sta lì a ricordarcelo. E a ricordare cosa si cela dietro le bandiere e gli ideali borghesi della “libertà", della Democrazia e del Diritto Costituzionale pretesi valori comuni a tutte le classi.

Perciò niente da inventare, niente da innovare. Tutto da ripetere e mandare a memoria. Antichi cardini a cui tenersi per bene ancorati. Ora possiamo passare …ai carri armati in arrivo.

Guardie pretoriane democratiche e “super partes”

Per illustrare il corso autoritario-democratico già in atto sul cui tracciato si dispongono e si agitano le marionette del teatro politico borghese, utilizziamo lo scritto sopracitato del Gen. Fabio Mini che, lo ripetiamo, è una intelligenza borghese di parte “sinceramente democratica”. Nel suo libro si indaga sulla storia di diversi corpi pretoriani (fra cui le SS e …i carabinieri i quali, nota il generale, “sono alla fine del secondo secolo di vita e nel pieno della potenza e dell’efficienza”. Preghiamo il funzionario di Stato che tiene sott’occhio queste povere pagine di non sobbalzare sulla sedia: l’elenco delle forze guardiane è del generale Mini mica fatto da noi del Nucleo) costituiti, in tempi e luoghi diversi, a montare la guardia del potere e sulla fine che è loro toccata. La preoccupazione evidente del Gen. Mini è che una tale forza pretoriana (così come tutti gli altri corpi dello Stato) rimanga al servizio dell’interesse generale e complessivo – supremo potremmo dire – del sistema democratico (i marxisti leggono: sistema e potere di classe borghese) quale forza “super partes (i marxisti leggono: sopra i particolari interessi delle varie frazioni borghesi da ricondurre e disciplinare sotto l’interesse generale del Capitale) e, per così dire, “non cada in tentazione” di mettere la sua spada sulla bilancia di questo o quel centro di potere, di questa o quella parte politica.

Ci sentiamo di rassicurare in questo senso il gen. Mini e con lui tutti i “sinceri democratici”: la forza armata “super partes” dello Stato è stata uno dei fattori determinanti che ha portato ad installare il rinnegato socialista Mussolini alla gestione del potere come la medesima forza “super partes” ha provveduto a trarre in arresto lo stesso Mussolini il 25 di luglio1943. Insomma, i gestori  – si credano pure “duci” – passano, lo Stato borghese e i carabinieri con esso restano, baluardi e servitori dell’”interesse generale” (per il marxismo: interesse generale della borghesia).

Ma arriviamo al punto. Il gen. Mini nota quanto sia difficile mantenere la “necessaria indipendenza dei super partes” (egli tratta dell’Arma, ma per estensione dobbiamo intendere l’insieme degli apparati dello Stato quindi non solo le sue forze armate e di intelligence ma gli alti funzionari che stanno dietro ai ministeri, la ragioneria dello Stato, il corpo diplomatico, la Magistratura ecc.): “La maggior difficoltà sta nell’individuare il livello istituzionale a cui fare riferimento e nel trovare la forza di rispettarlo a prescindere dalle pressioni esterne, dalle insidie interne e dalle lusinghe dei vari poteri ai quali si è collegati. Il livello istituzionale di riferimento non è più il Re, la casata, la dinastia, il dittatore o l’imbonitore. Può essere il capo dello Stato ma anche lui è sottoposto a limiti costituzionali, può essere il governo, ma in democrazia non sempre fa quello che dovrebbe o come dovrebbe (fischiano le orecchie a qualcuna delle marionette? ndr), può essere il parlamento, se funzionasse nella logica dell’interesse collettivo invece che dei gruppi parlamentari, può essere la legge, ma anch’essa può ignorare il senso comune e asservirsi a interessi personali”.

Detto che il mistero del “livello istituzionale” cui riferirsi lo risolviamo col nostro metodo: è l’interesse impersonale del Capitale, in queste righe è riassunta la “giustificazione” proprio del pronunciamento autoritario-democratico prossimo venturo anzi, pardon, già in atto! Se infatti il governo pur democraticamente eletto “non fa quello che dovrebbe e come dovrebbe”, se il parlamento non funziona “nella logica dell’interesse collettivo”, se la legge stessa “ignora il senso comune ed è asservita a interessi particolari”, (e sono tutti “se” registrabili nella attuale situazione politica italiana) allora qualche forza “super partes” (cioè asservita senza condizionamenti di parte e nella maniera “più pura” al Capitale capace di mettere in riga e castigare anche il singolo/particolare interesse borghese) deve provvedere. E provvederà, sta già nei fatti (e in sordina) provvedendo.

Il senso della manovra borghese in atto

Collassati i due pilastri principali e affidati del sistema politico, PD e Forza Italia, la forza politica più organizzata del teatro borghese è la Lega salviniana, con il vento dei consensi popolari in poppa. Sembrerebbe il cavallo buono su cui la borghesia possa montare in mancanza di meglio, e la marionetta Salvini nuovo “duce” cui affidare la gestione del potere. Difatti l’opinione generale “progressista” questo vede e inorridisce (e si appresta a plaudire se non invocare il colpo d’ordine democratico).

Ma la stessa Lega nazionale col vento in poppa è essa stessa attraversata da linee di frattura che per esplodere non aspettano altro che una battuta d’arresto della marcia trionfale di Salvini. Sono in molti nella Lega ad attenderlo al varco: l’area rappresentata dal pragmatico e subdolo ex segretario Maroni, quella dei circoli attorno al vecchio Bossi i quali svolgono nella Lega nazionale una specie di lavoro “entrista”, un po’ come i trotzkisti dentro i “grossi partiti operai”. Lo sfondamento e il radicamento effettivo della Lega al Sud, cosa altamente improbabile, certamente tapperebbe la bocca al sotterraneo mugugno interno dei nostalgici padanisti, ma presterebbe il fianco alle forze catalaniste-autonomiste già organizzate fuori dalla Lega e che la punzecchiano nella sua culla originaria, in Veneto soprattutto. (Bisogna prendere nota e la Lega salviniana deve tenerne conto, di questa presenza organizzata al Nord che, per esempio, è riuscita a celebrare il 25 aprile – che non è “la festa della liberazione” ma per i Serenissimi è la ”sacra data” di San Marco –  in piazza San Marco appunto a Venezia eludendo il divieto della questura)

La figura-Salvini non si avvia affatto a vestire i panni di “nuovo duce” per dire del braccio politico autorevole ed autoritario necessario alla borghesia italiana. L’opera di spargimento di veleno nella società cui quotidianamente è dedita questa tronfia figura dalla posizione di Ministro dell’Interno (fatto inaudito dal punto di vista istituzionale), predispone a far maturare nella stessa la richiesta d’un intervento chirurgico “liberatorio” da parte di chi di dovere, che da “super partes” interverrà obbedendo al criterio d’ordine e di “interesse generale” proprio secondo l’enunciato del Generale “sinceramente democratico”. Questo è il senso generale, a nostro giudizio, della manovra in atto sotto la regia dei poteri borghesi.

Certo è che gli apparati dello Stato borghese di Roma sono sempre più spesso chiamati a svolgere funzioni di gestione diretta del potere che in situazioni normali spetterebbero al personale politico, supplendo alla sua inadeguatezza e alle sue deficienze. Riempiendo un vuoto di credibilità fra il teatro delle marionette e la società. Perciò diciamo di pronunciamento autoritario-democratico già in corso nei fatti. Ne elenchiamo alcune manifestazioni avvenute nella più completa indifferenza, detto all’inizio della presenza nel governo cornuto “di cambiamento” di un generale dei carabinieri cosa che non è, lo ripetiamo, di poco conto (e lo scritto del generale Fabio Mini ce lo conferma pienamente):

- Nell’aprile 2018 è stato il Capo di stato maggiore della Difesa a confermare la continuazione della “missione di pace” italiana in Niger il cui pieno dispiegamento è ostacolato dagli “alleati” francesi (oltreché avversato dal popolo del Niger, naturalmente) solo dopo le marionette politiche sono intervenute a ribadire la prosecuzione dell’operazione imperialista. Il comando militare che dovrebbe stare sotto la direzione politica del governo è stato costretto a supplire alla deficienza della guida politica centrale. Fatto inaudito passato letteralmente sotto silenzio!

- Nel settembre 2018 la direzione dell’Ispettorato nazionale del lavoro è stata affidata, su indicazione 5 stelle, ad un generale dei carabinieri. Attenzione alla dichiarazione di Di Maio: “E’ la prima volta nella storia che la direzione di un ispettorato va ad un carabiniere. Ne siamo orgogliosi perché con questa nomina abbiamo voluto dare un importante segnale contro il lavoro nero e il caporalato. Così finalmente finirà il tempo delle vessazioni delle imprese per fare numeri e ci si dedicherà alle cose serie”. Altro che la “lotta di classe” invocata dai poveri fessi contro il bestiale sfruttamento necessario al profitto delle imprese agricole capitalistiche: carabinieri! Niente male per un governo “di cambiamento” e, per giunta, dal suo corno cosiddetto “progressista”.

- Alla Agenzia delle Entrate è installato un generale della Guardia di Finanza. “In ogni caso si tratta di una scelta senza precedenti perché finora la macchina fiscale non era mai stata guidata da un militare” è scritto sul Corriere della Sera del 8 agosto 2018

- Nel gennaio 2019 un generale dei carabinieri è nominato commissario ad acta per la sanità in Calabria. E nella sua opera di pulizia della stalla/mangiatoia è ben presto venuto in urto coi potentati politici locali. Lo rileviamo perché l’intervento della forza “super partes” nella gestione del potere può riscuotere l’approvazione ed il sostegno dei cittadini esasperati dalle porcherie di un personale politico privo di ogni credibilità.

Il comando autoritario sulla società necessario alla borghesia comincia così a prendere forma installandosi nella stessa in punta di piedi, con discrezione. La forza “super partes”-interesse generale del capitale si installa alla gestione del potere e del controllo sulla società senza alcuno strappo alla legalità che solo nella fase successiva si sarà costretti a violare, ben inteso sempre in nome della ragione di Stato e per “il bene dello Stato”.

Sempreché ovviamente gli schiavi salariati, la classe dei moderni sanculotti (che i pantaloni ce li hanno in proprietà e più di un paio ma da pagare a rate e con gli interessi) attorno ai quali si fortificano le mura di questa prigione non si dimostri effettivamente larva come appare allo stato attuale. Ma la borghesia sa bene, meglio di noi, che non è così, nonostante il fiume impressionante di sostanze tossiche fatto scorrere nelle vene delle masse per stordirle e renderle impotenti. Le larve e le pecore possono improvvisamente trasformarsi in lupi, come ha dimostrato il 17 di novembre 2018 in Francia. Segnale che la borghesia ha raccolto ed interpretato più e meglio di noi. Tutto ciò, fra l’altro, senza avere a disposizione cani pastore possenti quale era, nei bei tempi andati, il partitone operaio-borghese i cui ultimissimi eredi rottamati trionfano …ai Parioli di Roma e in via Montenapoleone a Milano. Soprattutto sapendo che la cassetta delle carote da mettere davanti all’asino proletario va esaurendosi al contrario della scorta di bastoni di cui si è dotati a volontà. Altro che “abolizione della povertà” di cui cianciava quel tal ciarlatano e marionetta del governo cornuto “di cambiamento” nel mentre che, insieme all’altro suo socio di governo, iniettava nella società il metadone sociale contenuto nella cosiddetta “manovra del popolo” necessario per sedare le masse e far guadagnare tempo alla borghesia.

Al nostro posto!

Assoluta ed intransigente indipendenza di classe da ogni frazione borghese, “reazionaria” o “progressista” che dir si voglia!

Contro lo Stato di Roma, per l’unità della sezione italiana del Proletariato Internazionale!


7 agosto 2019




DALLE LOTTE ALL’INDIPENDENZA DI CLASSE, UN CORSO NIENTE AFFATTO SCONTATO E SPONTANEO

LA LOTTA DEI PORTUALI TRIESTINI:
SEPARATI (DAL RESTO DELLA CLASSE OPERAIA) SI VINCE?

USB e rinascita triestina

Parliamo della recente lotta dei portuali triestini. Questi proletari attraverso il cui duro lavoro si movimenta una enorme quantità di business dato il regime speciale accordato (dal 1947) alla zona portuale giuliana, esigono e lottano perché alcuni spiccioli di tale enorme giro d’affari, che verrà ancora di più incrementato con gli accordi della “via della seta” cinese, finiscano nelle loro tasche. Una sacrosanta lotta, ma tale lotta sindacale “per il pane” è condotta tutta nell’ambito e per approfittare della “propria specificità”, delle “condizioni speciali” della zona portuale triestina, in separazione dal resto della categoria e della classe. Non a caso il movimento autonomista locale (Cfr. “Rinascita Triestina” che si batte per una “città cosmopolita” orientata verso la mitteleuropa. Lo zenit di questa frazione borghese “cosmopolita” non è Roma e nemmeno Milano, ma l’area di attrazione del fu impero asburgico, da Vienna a Budapest a Monaco a Cracovia) esalta la lotta dei portuali come “lotta per la città di Trieste” in comunione con gli interessi delle imprese del porto.

Piccolo particolare: la lotta di classe condotta dentro queste coordinate è diretta dal sindacato di base Usb, largamente maggioritario fra i lavoratori dello scalo triestino! Altro piccolo particolare: tre anni addietro, nel 2016, i portuali del vicino scalo sloveno di Koper-Capodistria furono protagonisti di uno sciopero duro che in cinque giorni mise in ginocchio il piccolo paese slavo. Le rappresentanze sindacali italiane invece di chiamare i portuali triestini ad incrociare le braccia in solidarietà con la lotta dei compagni di classe sloveni, si sono date da fare per approfittare del blocco nel vicino porto “concorrente”, con tanto di riconoscimento da parte dell’autorità portuale triestina “per la professionalità e rapidità delle maestranze”. Naturalmente non mancò la lettera “di solidarietà” spedita ai “colleghi” sloveni, una autentica pernacchia in faccia “ai colleghi” in lotta.

Si potrebbe dire alle rappresentanze sindacali italiane che nell’occasione si sono pulite il culo con i principi e con i doveri della solidarietà di classe e dell’internazionalismo, e che certo hanno svolto irreprensibilmente il loro mestiere dal punto di vista strettamente sindacale: attenti però, chi di spada ferisce di spada perisce!






ALLEGATO

Palle di neve che possono diventare valanghe…

FRAZIONI BORGHESI DEL NORD – FRAZIONI BORGHESI DEL SUD:
PARLANO, IN ITALIANO, DUE LINGUE DIVERSE MA ESPRIMONO IL MEDESIMO CONTENUTO ANTI-PROLETARIO.