nucleo comunista internazionalista
note



Palle di neve che possono diventare valanghe…

FRAZIONI BORGHESI DEL NORD – FRAZIONI BORGHESI DEL SUD:
PARLANO, IN ITALIANO, DUE LINGUE DIVERSE MA ESPRIMONO IL MEDESIMO CONTENUTO ANTI-PROLETARIO.


scippo nord-sud




articolo di Libero



spesa iniqua




secessione sud




boicottaggio del sud





QUESTO INVECE E’ IL LINGUAGGIO DEL COMUNISMO DI SEMPRE, IL LINGUAGGIO COMUNE E UNITARIO DELLA SEZIONE ITALIANA DEL PROLETARIATO INTERNAZIONALE:

«…Un primo fatto che occorre lumeggiare è l’assoluta insufficienza politica e intellettuale delle classi dirigenti, lo scarso livello della loro cultura, il loro misoneismo e la loro pigrizia accidiosa di fronte ai gravi problemi sociali. La media intellettuale della nostra borghesia è assai bassa, ed essa non farà mai avanzare verso la soluzione il problema meridionale.

La sua rappresentanza politica è in generale incolore e incosciente, costituisce la zavorra di tutte le maggioranze ministeriali come è in Italia ben noto, non si preoccupa di premere sul Governo perché si occupi del Mezzogiorno se non per le solite concessioni a scopi meramente elettorali. Non è dalla borghesia meridionale che il Mezzogiorno può attendere il suo rinnovamento. Non è tampoco dall’intervento dello Stato che maneggiato dalla oligarchia del Nord non vorrà mai consacrare le sue energie a una colonizzazione grandiosa, nel senso materiale e morale, dell’Italia del Sud.

E le ragioni sono chiare. Lo sviluppo economico-agricolo-industriale del Mezzogiorno non potrà che nuocere agli attuali gruppi monopolistici delle grandi industrie protette che hanno nel Mezzogiorno il mercato naturale di consumo; lo sviluppo corrispondente, sul terreno politico, delle masse lavoratrici, toglierebbe vari dei più solidi puntelli attuali alla borghesia conservatrice italiana. (…)

Non dalla borghesia dunque verrà la soluzione, ma solo dalla pressione rivoluzionaria delle masse lavoratrici. (…) Le conseguenze degli errori sono ormai fatali. (si riferisce alla degenerazione “localistica” del partito socialista invalsa soprattutto al Sud, ndr) I socialisti non fanno che andare a caccia di scandali, o peggio calunniarsi a vicenda. I nostri giornali non hanno articoli di sana propaganda elementare ma tirate velenose e triviali, minaccia, ingiurie.

Non si chiede agli avversari il loro programma quale che sia, per combatterlo alla luce dell’ideale proletario, ma si sfidano ad esibire la fedina penale. (…) Vi è una sola via di salvezza. Ricominciamo da capo. Piantiamo lì le “questioni morali” e diamoci alla propaganda di principio. Ladri ed onesti i borghesi per noi si equivalgono. Non travisiamo più il concetto della lotta di classe in una dubbia crociata per il rispetto ai codici dello Stato borghese. …» (“Il socialismo meridionale e le ‘questioni morali’” da Avanti del 1 novembre 1912. Firmato Amadeo Bordiga)



«…Il problema del Mezzogiorno è un problema di classe, un problema di abbattimento dello Stato Italiano, un problema di inquadramento di tutte le forze lavoratrici in Italia sul piano anticostituzionale, di fronte e contro la repubblica, fondata il 2 giugno 1946 dagli inviati speciali della borghesia occidentale e del tradimento proletario orientale, salvando la continuità dello Sato borghese subalpino 1861.

Napoli non deve essere liberata da Milano. Napoli e Milano devono liberarsi da Roma, agglomerato parassitario di locali notturni per il Jazz e di locali diurni per lo spaccio di Cristo, di ministeri cellulari e anchilosati e di botteghe oscure – nuovissimi ed antichi barbari, da Chambery o da Stalingrado, da Gerusalemme o da Hollywood». (“Il rancido problema del Sud italiano” da Prometeo II serie n. 1, novembre 1950)



«…Non solo i depositi in banca di borghesi meridionali, proprietari, intraprenditori e speculatori, hanno alimentata sempre con forti correnti la finanza privata nazionale, ma alle risorse del Sud ha largamente attinto il fisco, che raggiunge assai più facilmente la ricchezza immobiliare ed ogni movimento economico legato alla terra che non i profitti e sovraprofitti industriali commerciali ed affaristici. L’economia capitalistica italiana sta dunque a cavallo di questi rapporti di carattere del tutto moderno, e che è semplicemente risibile paragonare ad una situazione feudale, e presentare, anziché come una solida alleanza, sotto la maschera di un conflitto inesistente tra una borghesia evoluta e cosciente,avida tuttora di perfezionate e rinnovate rivoluzioni liberali o meridionali, e i leggendari “ceti retrivi” e “strati reazionari” della sporca demagogia alla moda.

In rapporto a questa chiara inquadratura di legami economici sta la spregevole funzione della classe dirigente del Sud. I resti della storica aristocrazia depauperata vivacchiano in qualche palazzo semicrollante delle città maggiori; in tutta la regione spadroneggiano non signori feudali ma borghesi arricchiti, proprietari, mercanti, banchieri, affaristi, di taglio più cafonesco che signorile. Al margine del movimento della costoro ricchezza, la cosiddetta “intelligenza” è discesa al rango d’intermediaria mezzana del potere centrale dello Stato borghese di Roma, cui offre il meglio del suo pletorico personale, succhione delle forze produttive di tutte le provincie, dal commissario di pubblica sicurezza al giudice togato, dal deputato sostenuto da tutti i prefetti e che vota per tutti i governi, all’uomo di stato pronto a servire monarchie e repubbliche capitalistiche». (“Il preteso feudalesimo dell’Italia meridionale” da Prometeo n. 12/1949 – Nota a “Proprietà e Capitale”)