nucleo comunista internazionalista
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appendice n. 2

RISPOSTA A “RINASCITA”

Il giornale di nuova destra Rinascita ha preso nota di quel che in merito ad esso ed alla relativa formazione politica abbiamo scritto nel precedente numero del Che fare in margine al “caso Haider”. E considerando i nostri “scritti antagonisti” come “in larga parte condivisibili”, salvo la proposta alternativa nostra, non precisamente simile, ci lancia addirittura un doppio invito formale.

Il primo: a non considerare la sua posizione – socialista nazional-europea – come “interclassista”, ma come una posizione volta a “un superamento delle classi”. Il secondo: a “cogliere l’occasione di una certa provata comunicabilità, di una certa comprensione” tra le analisi di Rinascita e quelle del Che fare sullo stato attuale del mondo, “per immaginare percorsi contingentemente unitari”. Ad esempio: “Se gli angloamericani e i loro fantocci attaccano il popolo serbo (...), una manifestazione contro la Nato si può ben ideare insieme”.

Cerchiamo di rispondere in modo pacato e chiaro ai problemi posti da questo invito andando al di là del caso specifico in oggetto, perché le questioni sono davvero di più ampia portata.

È fuori discussione, per noi, che con formazioni politiche come quelle che fanno capo a Rinascita non c’è niente che un’organizzazione comunista come la nostra possa “ideare insieme”, o fare insieme, neppure contingentemente. Come prospettive generali il comunismo internazionale e internazionalista e il “socialismo nazionale”, il nazionalismo europeo (poiché la loro nazione di riferimento è l’Europa), si negano a vicenda, sono totalmente “incomunicabili” perché alternativi.

Il programma di Rinascita, infatti, è volto a indicare all’Europa, e anzitutto alla borghesia europea, la sola via praticabile per sottrarsi alla sudditanza nei confronti dell’imperialismo a stelle e strisce: unirsi come “popoli” europei in un’unica nazione sulla base di un largo e attivo coinvolgimento di tutte le classi cementate in un solo blocco “anti-imperialista” (anti-USA), per rilanciare il declinante ruolo dell’Europa sulla scena economica e politica mondiale. La rinascita di cui si tratta, quindi, è la rinascita del ruolo imperialistico in proprio dell’Europa, che dovrebbe risultare appetibile a tutte le classi sociali, proletariato incluso, per il fatto di assicurare a questa “nuova” Europa, con la guida del fronte “anti-imperialistico” mondiale, un più ampio spazio vitale per il suo sviluppo e una nuova egemonia sui continenti di colore in termini di “civiltà”. Il cosiddetto “superamento delle classi” significherebbe in concreto il completo annullamento del proletariato nel “blocco” imperialista anti-USA, che dovrebbe però assicurare in modo “equanime” anche un maggior disciplinamento di tutte le frazioni borghesi al fine supremo unificante.

Programmi di questo tipo possono oggi trovare un qualche spazio per la straripante aggressività statunitense chiaramente connotata in senso anche anti-europeo nonché per la fragilità della risposta che ad essa dà l’Europa di Bruxelles (della “moneta unica”, ma dalle mille dissonanze, come prova proprio il “caso Haider”); e possono trovarlo, in parte già lo stanno trovando, anche in strati popolari abbandonati a sé stessi dalla bancarotta del riformismo e curati, invece, con una certa attenzione da questa nuova destra. Agli occhi di questi strati delusi e materialmente colpiti dal connubio tra “sinistra” e grande capitale, e dalla totale prosternazione della “sinistra” dinanzi a quel super-imperialismo per decenni additato come nemico n. 1, le tematiche di Rinascita possono apparire perfino accattivanti ed eversive.

Già, perché questa (relativamente) nuova razza di destra che si vuole nazional-rivoluzionaria, che agita contro il liberalismo la questione di una qualche “giustizia sociale”, che odia realmente dal profondo l’oppressione USA con tutti i suoi realmente pestiferi valori, non pesca i suoi militanti negli ambienti borghesi, ma prevalentemente in strati popolari sottratti all’influenza delle sinistre. E la sua ideologia, pur interamente borghese perché interna all’orizzonte ideale e pratico del capitalismo, esprime (e deforma, deviandolo) quello che per certi versi è un bisogno reale di ribellione, di speranza rivoluzionaria di questi strati. E proprio questa iniziale adesione popolare alla propria prospettiva alimenta le ambizioni di Rinascita e simili di poter far breccia “a sinistra”.

Non è dunque per una sorta di pantomima o per un piano machiavellico studiato a tavolino, che da questo versante arrivano appelli di lotta “anti-imperialisti” e perfino inviti, il che è quanto dire, ai marxisti notoriamente ortodossi del Che fare. Né è la prima volta che una destra che si dice “rivoluzionaria” tenta di esprimere bisogni popolari di massa contro un aspetto dell’oppressione borghese, e lo fa attraverso un dato tipo di mobilitazione delle masse stesse e in vista di un dato assetto sociale in grado di mettere anche la museruola agli interessi particolari, gretti, di questo o quel settore borghese (salvo poi, e per, cauzionare quelli generali dell’intera nazione borghese): è questo il “socialismo nazionale” europeo di cui parlano costoro.

Se il tema del “socialismo”, sia pure storpiato, ricompare nelle mani della destra; se si sentono dei militanti di destra rivendicarsi sinceramente “socialisti nazional-europei”; questa doppia anomalìa si deve, secondo noi, alla rinuncia da parte della “sinistra” vigente ad agitare in un qualunque modo la prospettiva del socialismo, sostituita da quella di un fantomatico “capitalismo controllato” con un pizzico di residuo welfare affidato agli stessi che del capitalismo reale tirano i fili. L’istanza del socialismo, del superamento del capitalismo, è un’istanza obiettiva, inscritta nelle cose, negli antagonismi di questo sistema sociale, e deve quindi emergere in un qualche modo, foss’anche il più confuso e contorto (ed in tempi di atrofìa politico-ideologica del proletariato come sono questi, non può emergere davvero visibilmente in altra forma; quale fine poi abbiano fatto queste velleità “socialistiche” nelle mani della destra, e quale destino sia stato riservato alle tendenze politiche e ai settori sociali che più vi avevano creduto, stanno a testimoniarlo eloquentemente le vicende storiche del fascismo e del nazismo).

La stessa cosa vale per l’anti-imperialismo. Se una certa “sinistra” europea, dopo aver martoriato di bombe europee “di sinistra” Iraq e Jugoslavia, si lancia in una campagna anti-Haider che è in realtà una campagna pro-USA e pro-Israele e in sostegno dei loro reggicoda europei, e poi rilancia senza posa la sua azione “anti-Milosevic” nella stessa direzione, e poi ancora affila le armi per futuri affondi anti-Russia e anti-Cina, prendendo a pretesto la Cecenia o il Tibet e dichiarando senza vergogna il proprio appoggio ai secessionismi teleguidati jugoslavi e alla reazione cecena o “buddista”, ecco che questo incondizionato schieramento pro-imperialista della “sinistra” apre un immenso spazio oggettivo per una ripresa (deviata) della prospettiva anti-imperialista da parte della destra. E se poi succede, come in realtà succede, che questa stessa degenerata “sinistra” si appelli alle forze repressive dello stato perché stanghino con durezza le iniziative dei gruppi di nuova destra, c’è forse da meravigliarsi che questi giovani di borgata “socialisti-nazionali” e “anti-imperialisti” si sentano con orgoglio, con “onore”, dei ribelli perseguitati dall’ordine costituito “di sinistra”? che essi accreditino la “sinistra” di essere prona al capitalismo e all’imperialismo, pronta a tutto per un miserabile scranno a Montecitorio?

Non sono tanto i meriti della nuova destra quanto i demeriti della vecchia “sinistra” che ha dismesso ogni autentico spirito di lotta anche solo a determinati effetti del capitalismo imperialista e tutta si è accucciata entro gli esclusivi giochi di palazzo elettoral-parlamentari, a spiegare un certo successo di formazioni come quelle che danno vita a Rinascita tra settori della massa sfruttata. Anche a costo di scandalizzare qualche lettore troppo emotivo o sprovveduto, noi affermiamo che questi settori e le loro confuse istanze di rivolta ci appartengono come elemento di interlocuzione, di chiarificazione e di lotta per strapparli al suicidio al quale altrimenti sarebbero condannate. Nessun fronte con le forze borghesi ed imperialiste “anti-fasciste” che dominano il mondo e schiacciano da più di mezzo secolo il proletariato sotto una dittatura di classe ancora più efficiente di quella nazi-fascista; ogni sforzo, invece, per la riunificazione del fronte di classe, per raggiungere – sul terreno della lotta – i lavoratori e gli sfruttati dovunque essi siano al momento collocati, e favorirne la ricomposizione. Un impegno che è possibile portare avanti, naturalmente, solo sulla base di una coerente affermazione della prospettiva e della strategia d’azione comunista.

È evidente, perciò, che nessun filo “comunicativo” intercorre, né potrà mai intercorrere tra questa nostra prospettiva e quella di formazioni come Rinascita.

Esse intendono condurre la lotta per “rovesciare le attuali regole (di mercato, di profitto, di usura) che determinano il destino del mondo, e rovesciare, con esse, le centrali atlantiche del pensiero unico liberaldemocratico” (Haider compreso, si noti!), attraverso “una sacra alleanza quadricontinentale” in funzione anti-USA. Insomma: un’alleanza di fatto tra stati (per quanto si sprechino i termini di popoli e nazioni), e sia pure ripuliti dell’attuale rappresentanza “succube” all’egemonia USA, col pretesto, davvero incredibile, che l’Europa, in particolare, per la sua cultura, il suo sangue, la sua terra, possa riuscire immune dai virus del mercato, del profitto, dell’usura (tre sinonimi per significare la stessa cosa). Noi, al contrario, reputiamo che questi virus facciano parte della cultura, del sangue (spremuto agli sfruttati) e della terra (il globo intero, come campo di battaglia) non solo del capitalismo europeo ma del capitalismo tutto come sistema generalizzato a scala universale, salvo i diversi coefficienti di concorrenzialità – non di barbari appetiti. Reputiamo, pertanto, che “il nemico principale sta in casa nostra”, proprio qui in Italia, in Europa, e qui dobbiamo lavorare a batterlo attraverso l’unica vera leva antagonista, quella del proletariato internazionale. Noi non diciamo: “gli USA” sono il nemico. Diciamo che lo è il capitalismo USA; quello contro il quale (il proprio nemico principale) stanno cominciando a battersi forze anticapitaliste pluriculturali e plurirazziali alle quali noi sentiamo il dovere di rivolgerci come parte del nostro schieramento internazionalista ed internazionale di guerra di classe.

Il caso più palmare per dimostrare l’abissale distanza che c’è tra noi e Rinascita, o consimili, è rappresentato dal problema dell’immigrazione.

Rinascita inveisce contro la “politica del meticciato”, come se l’ingresso di immigrati nel nostro paese si dovesse a una simile “politica”, mentre è del tutto evidente che qui si importano nuovi schiavi per il comando del mercato, e non di questo o quel governo di “sinistra”, e a profitto del capitale in quanto assolutamente in regola con le sue esigenze (compresa quella di un ulteriore schiacciamento delle condizioni del “nostro” proletariato locale). Altro che “meticciato culturale”! Lo Stato, e in esso sinistra e destra borghese di concerto, fa di tutto per tenere i lavoratori immigrati lontani da qualsiasi “mescolanza culturale”, da qualsiasi forma di unità, con noi. Il “meticciato” sta solo nella condizione “comune” con tutte le differenze del caso! – di sfruttati per un profitto senza limiti. Rinascita vorrebbe rimandarli indietro nei paesi di origine, da cui sono stati strappati proprio da “noi”, con la scusa, magari, di preservarne l’identità “culturale”; salvo poi stringere sante alleanze “anti-imperialiste” con i loro stati e le loro sotto-borghesie (“meticciate”, alla stregua dello Zio Tom, col capitalismo metropolitano egemone).

Noi, invece, consideriamo i lavoratori immigrati fratelli del nostro esercito internazionale che siamo tenuti ad aiutare nella loro opera di auto-organizzazione e che chiamiamo nella nostra, conseguente, azione di organizzazione di classe comune. Noi siamo contro le loro sotto-borghesie schiave dell’imperialismo, contro le nostre borghesie europee e contro il colosso primo della dominazione imperialista, gli USA, perché di questa triplice catena di sfruttamento essi soffrono e senza spezzarla, assieme a loro, neppure noi potremo mai essere liberi.

Decisamente, dunque, Rinascita ha sbagliato indirizzo per il suo invito. Assai più appropriato sarebbe stato il rivolgerlo ai settori più “impegnati” dell’ultra-sinistra che si stanno mettendo, per l’essenziale, sulla stessa linea d’onda di Rinascita quanto a sante alleanze tra stati borghesi.

Di recente, un dibattito in Rifondazione ha dato modo allo stalinista doc Sorini di proporre, in termini solo formalmente nuovi, la stessa minestra santo-alleanzista tra “nazionalismi buoni” contro gli USA parlando dei relativi stati e mai dei relativi proletari (chiamati, semmai, all’”appoggio” alle proprie borghesie “liberatrici”). E i più “volonterosi” dell’ultrasinistra vi si sono gettati a capofitto, raccomandando ai propri seguaci di non andare troppo per il sottile, di non essere vanamente “settari” (cioè comunisti) o, addirittura, come certi inguaribili deficienti stalinisti, di opporsi alle “chiacchiere rivoluzionarie” di Trotzkij (quasi che l’attuale strapotere USA non discendesse in linea diretta dal collaborazionismo di classe in armi tra lo stalinismo e le democrazie imperialiste nel corso del secondo conflitto mondiale). Questa sarebbe l’ultima parola “scientifica” cui costoro sono capaci di arrivare, e non si accorgono, i poveretti, di ripetere maldestramente la formula mussoliniana ed hitleriana della lotta dei “popoli proletari contro la plutocrazia angloamericana”! Ecco in che direzione Rinascita potrebbe utilmente rivolgere i propri inviti, magari rammentando i patti “anti-plutocratici”, di tipo... “contingente”, Molotov-von Ribbentrop e altre porcherie criminali del genere.

Invece, la nostra lotta contro gli USA, la Nato, l’Onu (e l’Europa capitalista e imperialista) non ha niente di “contingente” su cui poter trovare accordi.

Diverso è il caso di manifestazioni in cui, a stretto toccarsi di gomito, possano trovarsi fisicamente assieme individui e militanti anche diametralmente opposti tra loro per ideologia ed indirizzi. In questo caso, noi non ci opponiamo al fatto della mescolanza, ma lavoriamo a dar battaglia, ad operare chiarezza sulla base di questo presupposto di partenza che va sfruttato sino in fondo. Noi siamo entrati nelle manifestazioni anti-Nato (ed anti-governo nazionale, giova ricordarlo) della Lega in tutta chiarezza agendo esattamente in questa direzione. E in manifestazioni anti-Nato in cui lavoratori leghisti erano presenti, ci siamo opposti alle manovre di determinati settori (sostanzialmente filo-governativi e più della Lega beceramente autonomisti e localisti) di portare in esse la rissa contro quei lavoratori con la scusa dell’opposizione alla Lega. Ciò, beninteso, non certo per cauzionare l’organizzazione-Lega, ma al contrario per batterla sul campo. Una giusta e sana rabbia, per quanto parziale, deformata o deformabile, contro un concreto simbolo fisico dell’ oppressione – e ad Aviano, l’abbiamo visto con i nostri occhi, la rabbia anti-Nato manifestata da dati settori popolari e proletari della Lega era molto più viva e accesa che in certe smidollate aree della “sinistra” – vale sempre, per noi, come punto di partenza.

Vale come tale sia per i lontanissimi, “contingentemente”, da noi, sia per i presunti “più vicini” che, se lasciati andare per la loro strada con la scusa del “fronte unico” (pardon: “popolare”), egualmente ci porterebbero lontanissimi dalla nostra strada. Dove, come e quando ci è dato di svolgere la nostra azione, noi non siamo interessati a dividere le energie di lotta in campo, ma a catalizzarle al programma ed all’organizzazione comunista. Senza di che, tutto il resto rimane chiacchiera.

Qui, e solo qui, sta la nostra “comunicabilità”, aperta a tutti coloro che sentono di lottare contro i nostri nemici, rigorosa con tutti coloro che di questa battaglia non sono disposti a tirare le debite conseguenze.

Come si vede, rispondiamo sempre ad ogni invito.


(da “che fare” n. 53 dell’ottobre 2000)



QUESTIONE NAZIONALE: MARXISMO E ANTI-MARXISMO, RIVOLUZIONE E CONTRO-RIVOLUZIONE


appendice n. 1

BREVE VADEMECUM SULLA QUESTIONE NAZIONALE