La coraggiosa denuncia di alcuni operai bengalesi e albanesi ha costretto la magistratura e la guardia di finanza di Venezia ad aprire un’inchiesta sulla Fincantieri di Marghera, e a scoprire quello che noi denunciamo da anni.
1)Schiavismo e supersfruttamento: operai e operaie pagati anche 3-4 euro l’ora; orari di lavoro di 10, 12, 14 ore al giorno; niente ferie, niente malattia, straordinari non pagati, poche misure di sicurezza sul lavoro.
2)Razzismo: la gran parte di questi operai e operaie sono immigrati da tutto il mondo, costretti ad accettare queste infami condizioni per ottenere o conservare il permesso di soggiorno, o sono immigrati dal Sud Italia per sfuggire alla disoccupazione. Fincantieri ne approfitta.
3)Mafia: diversi titolari delle ditte di appalto e sub-appalto appartengono a giri mafiosi, e sono mafiosi i metodi con cui vengono ricattati gli operai per costringerli ad accettare buste paga false, e a lavorare tanto e velocemente – per questo alcuni di loro assumono anche droghe.
4)Tangenti e corruzione – 12 tra i massimi dirigenti dello stabilimento e del gruppo (Quintano, De Marco, Reatti, Cardella, etc.) sono accusati di avere imposto ai padroni delle ditte di appalto e sub-appalto un sistema di tangenti in denaro (fino al 10% del valore delle commesse) e in regali (orologi con brillanti, smartphone, champagne, penne Montblanc, tablet).
La Fincantieri, a cominciare dal superboss Bono, fa finta di niente. Con i mezzi finanziari che ha, è sicura di insabbiare l’inchiesta. Intanto, tutti gli accusati restano ai loro posti.
Fim e Uilm, più servili che mai, restano mute. La Fiom chiede a Fincantieri di rispettare gli “accordi di legalità” che per Bono&Co. sono solo carta straccia – la cosa non serve a nulla.
È grave, però, anche il silenzio e la passività degli operai italiani dipendenti diretti di Fincantieri. Se credono di difendere in questo modo la propria condizione, si sbagliano di grosso. Certo, qualcuno diventerà capo-reparto, ma un passo dopo l’altro super-sfruttamento e metodi mafiosi toccheranno anche a loro!
Una sola è la via da battere: organizzarsi,
auto-organizzarsi, lottare uniti contro questo sistema, operai degli
appalti e operai Fincantieri, prendendo esempio dalle lotte dei
facchini e dei driver immigrati e italiani della logistica, organizzati
intorno al SI Cobas e altri sindacati di base, che con il loro coraggio
e i loro scioperi hanno migliorato molto la loro condizione.
26 novembre 2019
Comitato di sostegno ai lavoratori Fincantieri –
piazzale Radaelli 3, Maghera
comitatopermanente@gmail.com
Persino i grandi produttori di pomodoro si lamentano delle ridicole misure messe in atto dalla Regione Puglia contro ‘il caporalato’. Pochi giorni fa è stato annunciato lo stanziamento di 50.000 euro l’anno, per tre anni, per… l’acquisto di biciclette, di cui 20.000 per la provincia di Foggia, il tutto ovviamente gestito da associazioni.
Dovrebbe essere questo a sottrarre potere ai caporali, secondo gli illuminati e fantasiosissimi politici regionali. In una piana di circa 4.000 chilometri quadrati, andassero in bicicletta, gli stagionali;– che, non ci stancheremo mai di ribadire, hanno diritto per contratto al trasporto pagato dal datore di lavoro e che certamente non hanno bisogno dei soldi della regione per acquistare biciclette, di cui la maggior parte è già munito. Ma questo in Regione non lo sanno, o fingono di non saperlo, come fingono di ignorare il pericolo di morte a cui sono esposti i lavoratori in bicicletta, vista l’estrema pericolosità delle strade del foggiano ampiamente dimostrata dalle stragi di braccianti che si ripetono ogni anno. D’altra parte, sono anni che le associazioni del territorio foggiano, e in particolare il campo di volontariato ‘Io ci Sto’, promuove ciclofficine nei ghetti contro i caporali, con risultati che sono sotto gli occhi di tutti.
Oltre al danno, l’ennesima beffa.
Che si aggiunge ad una serie di altre ‘novità’: l’apertura di una Camera del Lavoro della CGIL a Borgo Mezzanone, con tanto di passerella di Landini (dopo che i rappresentanti del sindacato sono stati ripetutamente cacciati dal ghetto adiacente il CARA, i cui abitanti sono esasperati dalle vessazioni economiche a cui lo sportello immigrazione della CGIL li ha abituati). Ma anche lo stanziamento di altri 40.000 euro per la ONG Medici con l’Africa CUAMM ‘Fondazione Opera San Francesco Saverio’ per le attività di ‘accoglienza temporanea e assistenza dei migranti’ le quali, spiega la solita Regione, beneficeranno indirettamente ‘gli abitanti della provincia di Foggia che, giorno dopo giorno, sono a contatto con queste popolazioni con il rischio epidemico conseguente’. Parole che si commentano da sole. E mentre si aspetta con trepidazione che la Regione annunci anche l’installazione dei magnifici container per braccia africane, tornano a farsi sentire anche le sirene dello sgombero per coloro che vivono nell’unico edificio in muratura (che ovviamente, non sia mai, presenta diversi problemi infrastrutturali) mai messa a disposizione. L’Arena di San Severo, secondo i piani di iper-militarizzazione del ‘difficile’ territorio foggiano, deve essere trasformata in caserma per i finanzieri. Ovviamente gli attuali abitanti dell’Arena dovranno adattarsi a vivere nei container già disposti a Casa Sankara. Entrambe le strutture sono gestite da un’associazione la cui dirigente, sempre solerte nel minacciare chi negli anni ha cercato di ribellarsi e protestare contro gli abusi, è recentemente finita agli arresti domiciliari per un caso di corruzione e assenteismo nella sanità locale.
Infine, ciliegina sulla torta, una tanto sbandierata operazione delle forze dell’ordine contro un’azienda agricola del territorio, con tanto di arresti, sequestro e commissariamento, lo scorso 29 giugno. Alle decine di lavoratori africani trovati in azienda, albergati in container fatiscenti, è stata promessa una regolare assunzione presso la stessa azienda, ma ad oggi languono in un albergo diffuso gestito dalla Comunità Emmaus senza sapere che sarà di loro. Senza contare tutti coloro che, pur lavorando per la stessa azienda, dormono al Gran Ghetto e non hanno quindi ricevuto nemmeno promesse. D’altra parte, si intensificano in tutta Italia azioni di contrasto repressive, che in alcuni casi sperimentano tecnologie militari di ultima generazione come i droni annunciati dalla Regione Sicilia in partenariato, ovviamente, con il Ministero dell’Interno.
Le macabre e perverse fantasie spacciate dalle istituzioni
hanno purtroppo risvolti maledettamente concreti per chi le subisce. Ma
non resteremo in silenzio, e le smonteremo pezzo per pezzo, con la
lotta.
9 luglio 2019
La giornata di ieri, 2 settembre, ha rappresentato un grande e importante momento di lotta, segnato dal protagonismo assoluto e dalla determinazione degli abitanti dei diversi insediamenti della Capitanata che lavorano in campagna e che ha visto anche il sostegno di persone solidali da tutta Italia.
Dagli insediamenti di Borgo Tretitoli (Cerignola), San Severo, Foggia e Borgo Mezzanone i lavoratori sono entrati in sciopero e alle 6:30 di mattina è partito un corteo spontaneo fino all’ingresso del CARA, il Centro di Accoglienza per Richiedenti Asilo di Borgo Mezzanone, un obiettivo di grande importanza in quanto sede della Commissione Territoriale che decide l’esito delle richieste d’asilo e che risponde a queste con un’altissima percentuale di dinieghi. Oltre ad essere lo stesso CARA luogo di segregazione e abuso, presentato da più parti come alternativa al ghetto mentre non è altro che uno dei tasselli fondamentali del circuito che produce la precarietà e lo sfruttamento, che portano le persone a vivere proprio nei ghetti.
I lavoratori hanno chiesto un incontro immediato con Prefettura, Questura e organizzazioni datoriali (Confagricoltura, Coldiretti e CIA), inchiodando anche il padronato agricolo alle sue responsabilità nel sistema di sfruttamento delle campagne foggiane: contratti mai rispettati quando non del tutto assenti, nessuna garanzia di trasporto o alloggio a carico dei datori e una serie di inadempienze che impediscono il rinnovo del permesso di soggiorno costringendo le persone a comprare documenti falsi. Davanti al loro ostinato silenzio e al rifiuto di presentarsi presso la sede della commissione per incontrare chi stava scioperando da ore in strada, mentre una parte delle persone è rimasta in presidio davanti al CARA bloccandone l’accesso per mezza giornata, l’altra parte dei manifestati ha deciso di spostarsi e bloccare la statale 544 che attraversa Borgo Mezzanone, con l’obiettivo di fare pressione sulle istituzioni ed ottenere ascolto. Il blocco è durato 10 ore, e ha dovuto fronteggiare le esplicite minacce, i ricatti e le violenze da parte della polizia, oltre che gli insulti a sfondo razzista degli abitanti del luogo.
Al suono di “SENZA NERI, SENZA POMODORO!” i lavoratori hanno bloccato il passaggio di numerosi camion carichi di pomodori, diretti alle aziende di trasformazione, ribadendo il loro ruolo, indispensabile all’interno dell’intera filiera agroalimentare nazionale, ed esigendo documenti per tutti come condizione fondamentale per superare la situazione di violento sfruttamento.
Solo la forza, la determinazione e il grande coraggio dei manifestanti hanno permesso, dopo ore di insistenza, di ottenere un incontro in Prefettura con Questore, Prefetto, dirigente Ufficio Immigrazione e alcuni esponenti di Confagricoltura. Dopo ore di contrattazione, il blocco a oltranza da parte dei manifestanti ha permesso di ottenere alcune importanti vittorie: l’accesso alla residenza agli abitanti di alcuni insediamenti, come l’Arena e Borgo Tre Titoli, fino ad allora negata, ma indispensabile per accedere ai servizi e rinnovare i documenti. La possibilità, per chi non ha il permesso di soggiorno, di effettuare una nuova domanda d’asilo e ottenere la regolarizzazione per condizioni di gravi sfruttamento.
Continueremo a vegliare, e a batterci, finché l’ultima persona senza documenti ottenga il permesso di soggiorno! Malgrado queste vittorie, le istituzioni non hanno ceduto rispetto alla volontà di sgomberare i ghetti. Ma lo sgombero non è mai una soluzione: se non vogliono i ghetti, devono dare le case!
In un periodo storico in cui la violenza istituzionale e la
repressione verso chi lotta per un mondo più libero sono
sempre più feroci e generalizzate e in cui si è
sempre più spinti a stare chiusi in casa, impauriti e isolati,
il coraggio, la determinazione e la rabbia dei lavoratori delle
campagne deve essere stimolo ed esempio per chi in tutta Italia subisce
condizioni di sfruttamento e precarietà.
E’ l’inizio di una nuova stagione di lotta, i
lavoratori delle campagne continueranno a spingere per ottenere
documenti per tutti, migliori condizioni di lavoro e di vita, senza
farsi intimidire.
Ancora una volta e sempre più la loro lotta è la
lotta di tutti noi.
3 settembre 2019
(dal sito “campagneinlotta.org/”)