IL COMPAGNO SERGIO SCRIVE, IL NUCLEO SOTTOSCRIVE…
Due parole nostre in aggiunta alla sciabolata di Sergio. Le schiette dichiarazioni del commendator Cazzola hanno “reso evidente da che parte stanno coloro che si stanno sollevando…” scrive Sergio. Nutriamo qualche dubbio su tale evidenza, riferito ai figliuoli ossia alla parte maggioritaria dell’attuale “campo antagonista e di classe”. Semmai un motivo di imbarazzo in più per giustificare la posizione di chi non ha nessunissima intenzione di “immischiarsi” con la massa dei “deplorevoli” cioè di agire dentro il movimento reale che manifesta in piazza la sua opposizione al governo. Lo schietto comunicato di certi sciagurati “proletari comunisti” che abbiamo pubblicato nella puntata precedente, a nostro giudizio interpreta appunto senza ipocrisie un diffuso sentimento comune fra i figliuoli. Imbarazzati nel trovarsi oggettivamente dalla stessa parte dei Draghi-Figliuolo-Speranza-Landini-Confindustria e tutto il resto fino a chi invoca un nuovo Bava Beccaris per mettere a tacere il movimento sociale di opposizione.
Inoltre occorre tener presente che i
moderni Bava
Beccaris cioè la spietata guardia pretoriana
dell’Inclusive Capitalism pitturato di
green-pink-rainbow agisce ed agirà in nome della difesa della
“democrazia”, della difesa della
“società aperta e inclusiva”, del
“progressismo” e così via contro
“la reazione”, contro… “i
fascisti” e chi ne ha più ne metta in fatto di
puzzolenti “bestie oscurantiste”. I moderni
pretoriani si presentano in maniera ben diversa dall’ottuso
reazionario macellaio del 1898. Le scene di caccia che si sono viste a
Berlino il 1 agosto (che avranno fatto senz’altro gongolare i
nostrani “proletari comunisti” come certi loro
omologhi tedeschi) sono solo un modesto prologo di ciò di cui
sono capaci i Bava Beccaris del nuovo millennio. Questo
aspetto è senz’altro evidente. Almeno per noi e per
Sergio.
4 settembre 2021
* * * * *
Il 30 agosto scorso il deputato e commendatore Giuliano Cazzola, ex CGIL, ex PSI, ex consigliere di Brunetta, ex berlusconiano (PdL), ex montiano (Scelta Civica con Monti per l’Italia), ex alfaniano (NCD) ora Più Europa, nel corso della trasmissione “Stasera Italia” su rete 4, in una discussione inerente al minacciato blocco dei treni da parte degli oppositori al “green pass” ha affermato testualmente: «Il ministro Lamorgese faccia una cosa: richiami in servizio Bava Beccaris che sa come trattare questa gente. Questi terroristi. Uno che ha paura di farsi il vaccino, perché deve andare a bloccare una stazione? Si fa il vaccino e sta buono. Richiamiamo il “feroce monarchico Bava” che “con il piombo gli affamati sfamò.”»
Bisogna ringraziarlo Cazzola perché in mezzo alla massa di ipocriti che ancora cianciano di democrazia e in faccia ai presunti antagonisti che hanno più terrore dei “no-vax” che del governo, ha messo le cose al loro posto. Primo: ha mostrato dove sta andando il regime e quali sono le sue intenzioni se si prova ad alzare la testa. Secondo: ha reso evidente da che parte stanno coloro che si stanno sollevando contro obbligo vaccinale e “green pass”: li ha equiparati ai proletari in lotta contro il caro-vita dei moti di Milano del 1898. Capito cari “rivoluzionari” da strapazzo! Imparate la lezione! Da chi ha le idee chiare su chi è il nemico del governo – e dei suoi fini ‒ in questo momento. Cazzola non dice le cose tanto per dire, è tutto fuorché uno sprovveduto: è stato consigliere del ministro del lavoro, è stato per trent’anni nel sindacato riformista.
I moti del 1897-98 e le “quattro giornate” di Milano, sono una pagina tanto gloriosa del proletariato insorto quanto ignobile e vergognosa (tra le tante) dei partiti che avrebbero dovuto guidare l’insurrezione e spingerla verso la rivoluzione, a cominciare dal Partito Socialista. Il proletariato si batté con estremo coraggio senza programma e senza guida: lasciato solo da chi avrebbe dovuto sostenerlo, armarlo, guidarlo.
Certo non stiamo facendo il paragone di quei moti con questi (sarebbe follia), ma l’analogia per quanto riguarda il governo e chi gli sta mettendo i bastoni fra le ruote c’è, eccome. Ed anche la ferocia (anche se gli obnubilati non sanno vederla) è la stessa. Ecco perché Cazzola ha fatto centro.
Ma diranno i “rivoluzionari” che quello di oggi non è proletariato. E noi rispondiamo che non solo non è vero, ma che se non ce n’è abbastanza;– e non affianca, o, ancora meglio, guida, come dovrebbe, i piccolo borghesi in rovina e in via di proletarizzazione o sottoproletarizzazione ‒ è anche per merito di chi si è messo con il governo invece che contro di esso. Di chi non ha capito nulla di questa gigantesca montatura e dei suoi agghiaccianti obbiettivi. Ma di questo parleremo altrove.
«Il Gen. Bava Beccaris ha posto il quartier generale del Corpo d’Armata in una tenda a Piazza del Duomo ed ha disposto i suoi ventimila uomini a difesa della città: dislocati in ogni strada, arroccati in ogni quadrivio, disposti in ordine di battaglia, con le armi cariche, essi hanno l’ordine di sparare a zero. […]
Lo scontro tra la colonna dei manifestanti e l’esercito che spara a zero sulla folla dà inizio alla carneficina, che farà passare l’8 maggio come “la domenica di sangue”» (Renzo del Carria “Proletari senza rivoluzione”, 1° vol. , ed. Oriente, p. 328)
«La situazione oggettiva è apertamente rivoluzionaria, ma coloro che avrebbero dovuto essere i dirigenti delle masse collaborano con l’autorità nel mantenimento dell’ordine pubblico borghese. […] Salvemini […] al Placci il 27 maggio 1898: “… nel Natale passato parlando a Milano col Turati, gli dicevo che in primavera il prezzo del pane avrebbe prodotto gravi tumulti e che noi avremmo dovuto prepararci per intervenire in essi e trasformarli in rivoluzione, ma Turati mi mise in burletta… dicendo che non c’era da pensarci neppure lontanamente alla possibilità di uno scoppio. La sera del 1° maggio quando lessi sui giornali le prime notizie dei moti di Molfetta e di Piacenza, scrissi al Turati… perché il partito si ponesse a capo dell’agitazione… Ma Turati, il 4 maggio, alla vigilia dei tumulti di Milano, mi rispondeva… che a Milano nessuno pensava neanche a una possibilità di una rivolta: che quelli erano moti istintivi della plebe affamata, a cui Milano non si sarebbe associata, perché Milano si muove solo per un concetto e non per un istinto… la massa che aveva quell’istinto rivoluzionario, che mancava a noi, sentì che il momento buono era venuto e si precipitò nella lotta. E il nostro partito, invece di precipitarsi anch’esso nella lotta e di dirigerla ad uno scopo, pretese di fermarla… e, quando non poté fermarla, si astenne.”» (Idem, p. 319).
«Le conclusioni da parte borghese sono state brillantemente tratte da Benedetto Croce: “in nessun luogo e neppure a Milano i tumulti ebbero preparazione politica insurrezionale con direzione politica da parte di socialisti o repubblicani; ed essi furono veri e propri moti incomposti… senz’armi: come del resto dimostrato dal fatto che la forza pubblica ebbe a Milano in quelle tre giornate, due soli morti: una Guardia di Pubblica Sicurezza, colpita, per non essersi ritratta in tempo, da una scarica della truppa e un soldato del quale neppure fu chiaro che fosse ucciso dai tumultuanti.”» (Idem, p. 330)
Inno del sangue
(di Anonimo)
Alle grida strazianti e dolenti
di una folla che pan domandava,
il feroce monarchico Bava
gli affamati col piombo sfamò.
Furon mille i caduti innocenti
sotto al fuoco degli armati caini
e al furor dei soldati assassini
"morte ai vili!" la plebe gridò.
Deh non rider sabauda marmaglia
se il fucile ha domato i ribelli,
se i fratelli hanno ucciso i fratelli,
sul tuo capo quel sangue cadrà!
La panciuta caterva dei ladri,
dopo avervi ogni bene usurpato,
la lor sete ha di sangue saziato
in quel giorno nefasto e feral
Su piangete mestissime madri
quando oscura discende la sera
per i figli gettati in galera,
per gli uccisi dal piombo fatal.