nucleo comunista internazionalista
riceviamo e pubblichiamo/segnalazioni



RICEVIAMO E PUBBLICHIAMO/SEGNALAZIONI

FRANCIA: DUE DOCUMENTI
DALLA LOTTA DI CLASSE IN CORSO

greve_sauvage

Presentiamo due documenti che ci giungono dalla Francia, entrambi fatti dai compagni del “Groupe International de la Gauche Communiste”. La borghesia francese sta affrontando con estrema decisione lo scontro sociale in atto, ben preparata e decisa a sconfiggere il movimento di lotta puntando sull’esaurimento degli scioperi e sul non coinvolgimento nella lotta dei lavoratori del settore privato dove, come scrivono i compagni, entrare in sciopero “è diventato particolarmente difficile e i primi che vi si lanciano rischiano grosso, minacce, sanzioni, perdita di premi e avanzamenti fino al licenziamento, dati i metodi totalitari e repressivi del moderno management”. Soprattutto, essa borghesia, può contare sul “senso di responsabilità nazionale” delle direzioni sindacali che pur hanno convocato (hanno dovuto convocare) la lotta partita il 5 dicembre e che faranno di tutto, faranno cioè il loro mestiere, per evitare il débordement del movimento. Che però è necessario per piegare e battere i piani del governo. Nella contraddizione in cui operano i vertici sindacali di dover al tempo stesso promuovere e castrare la lotta di classe deve inserirsi l’intervento e l’azione dei rivoluzionari che ne contestano la direzione disfattista delle lotte fra la massa della classe lavoratrice laddove essa si trova, ossia ancora organizzata e diretta da quei matricolati organizzatori di sconfitte.

Il primo documento è un efficace volantino inteso appunto a spingere verso il vitale allargamento del fronte di lotta al settore privato e per la radicalizzazione della lotta fuori dal controllo degli apparati statali uno dei quali sono le strutture sindacali. Come ha insegnato il movimento dei gilet: fuori dal controllo dei guardiani dell’ordine costituito “per fare un minimo paura alla borghesia e obbligare il governo a cedere”.

Il secondo è una informativa sul quadro sociale generale dentro cui si è sviluppata la presente lotta di classe. Sono illustrati in breve i passaggi salienti delle lotte sociali a partire dalla elezione di Macron nel 2017 e l’opera svolta dai guardiani dell’ordine costituito interni alla classe lavoratrice, costretti a promuovere le lotte badando bene a tenerne le briglie. La descrizione svolta dai compagni non ci convince per la rappresentazione troppo unilaterale delle cose, nel senso di vedere la spinta della spontaneità di massa bloccata sistematicamente dagli apparati sindacali impegnati a chiudere tutti i varchi per evitare alla marea di debordare. Sicché basterebbe togliere di mezzo questi apparati di controllo, questi tappi, per permettere alla spontaneità di massa proletaria di dilagare e sommergere la società borghese. L’idea che si potrebbe trarre dallo “schema interpretativo” proposto dai compagni è di un proletariato sempre pronto ad imporre le sue istanze ma sistematicamente beffato ed impedito dal gioco delle parti svolto dagli apparati dello Stato di cui certamente il sindacato nell’epoca imperialista è organo assai importante.

Scrivono i compagni: “ci sembra importante condividere la nostra esperienza e di permettere ai gruppi comunisti e ai militanti rivoluzionari di tutti i continenti, non solo di Francia o europei, di riflettere sulle condizioni concrete di un intervento comunista nella mobilitazione proletaria protese a svolgere un effettivo ruolo di direzione politica”.

Sottoscriviamo questa esigenza espressa dai compagni del GIGC e cediamo loro qui di seguito la parola.

18 dicembre 2019




[Pubblichiamo i documenti originali in francese, seguiti dalla traduzione in italiano]


Tout faire pour aider le privé à s'engager dans la grève !

Tout faire pour élargir la lutte !

Tout faire pour étendre la grève à tous les secteurs !

Entraîner, encourager, aider, les travailleurs du privé à s'engager dans la lutte et la grève est la priorité de l'heure si on veut faire reculer le gouvernement ! Le blocage des transports n'y suffira pas. La grève par procuration qui fait reposer tout le poids du combat en grande partie sur les seuls cheminots et les travailleurs de la RATP ne peut mener qu'à l'impasse et à l'épuisement des grévistes. La fenêtre de tir, l'opportunité, l'occasion, d'entraîner et d'étendre la grève aux prolétaires du privé est encore là. Au moins d'ici au prochain mardi 17 et aux manifestations de ce jour. Après, il est fort possible que la grève, réduite aux seuls cheminots et travailleurs de la RATP pour l'essentiel, se réduise à une lutte "bras-de-fer" sans autre but que durer le plus longtemps. À ce jeu, la bourgeoisie et tout l'appareil d'État seront les plus forts. Ils contrôleront, ne serait-ce qu'au moyen des syndicats, la situation et pourront attendre que la lutte s'épuise d'elle-même. Comme pour les cheminots en 2018.

Il est déjà extraordinaire de voir ces derniers repartir une nouvelle fois au combat et être au cœur de la mobilisation un an et demi après l'amère défaite qu'ils avaient subi du fait de la tactique syndicale des journées d'action et des grèves perlées. Mais si on les laisse seuls avec les prolétaires de la RATP (et de quelques autres secteurs), et même s'ils sont rejoints à l'occasion de "journées d'action" – comme mardi prochain 17 décembre – par des travailleurs de la fonction publique, l'enseignement en particulier, ou encore par les étudiants et les jeunes, le pouvoir ne reculera pas. Pour s'en convaincre, il suffit de lire le discours d'aujourd'hui (mercredi 11 décembre) du premier ministre E. Philippe. Au bout d'une semaine de grève et de manifestations bloquant les transports, il ne lâche rien !

L'attaque est d'ampleur. Aucune nouveauté, tout le monde le savait déjà. Mais pire encore, il annonce d'ores et déjà le monde que le capitalisme nous impose et veut imposer encore plus : précarité et misère généralisée ! Voilà comment il justifie son plan sur les retraites.

« On peut à juste titre vouloir changer tout cela : revenir au plein emploi, limiter la précarité... Mais c’est le monde dans lequel nous vivons et il est sage de voir le monde tel qu’il est. Nous devons construire la protection sociale du XXIème siècle en prenant mieux en compte les nouveaux visages de la précarité ».

Bref, après des décennies de recul incessant de nos conditions de vie et de travail, de sacrifices de tout ordre, le gouvernement et tout l'appareil d'État – et c'est vrai dans tous les pays – vont redoubler leurs attaques une fois leur "réforme" passée. Pour le capitalisme français, pour la bourgeoisie, l'enjeu est tel qu'ils sont prêts à "endurer" des grèves longues dans les transports du moment qu'ils en gardent le contrôle, en particulier grâce aux syndicats. Souvenons-nous de leur désarroi face aux gilets jaunes qui étaient "incontrôlés". Incontrôlés par l'État au travers de ses forces syndicales et politiques, y compris de gauche. Voilà aussi pourquoi il faut étendre la lutte, pourquoi il faut que les travailleurs du privé (et tous ceux qui ne sont pas encore en grève) s'y mettent si on veut imposer un rapport de forces hors de leur contrôle qui fasse un minimum peur à la bourgeoisie et oblige le gouvernement à reculer.

Faire grève dans le privé, et souvent aussi dans le public (La Poste par exemple), est devenu particulièrement difficile et les premiers à s'y lancer risquent gros, menaces, sanctions, retrait des primes et des avancements, et licenciement, du fait des méthodes totalitaires et répressives du management moderne. Il faut donc aider les travailleurs du privé, et tous ceux qui ne sont pas encore en grève, à rejoindre le combat. Aucune illusion, les syndicats n'organiseront pas cette extension et même il la freineront, voire s'y opposeront. Il faut donc que les grévistes et tous ceux qui les soutiennent l'organisent et la prennent en charge dans les villes, les quartiers, les régions.

Extension de la grève au secteur privé!
Mobilisons-nous pour l'extension et la généralisation du combat!
Partout des comités de travailleurs ou des AG pour organiser la généralisation! Délégations massives aux usines et entreprises du privé!
Tous en grève!

11 décembre 2019

Groupe International de la Gauche Communiste (Révolution ou Guerre)


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Fare tutto il possibile

per aiutare i lavoratori del settore privato a scioperare! 

Fare tutto il possibile per estendere lo sciopero a tutti i settori!

Incitare, incoraggiare, aiutare, i lavoratori del settore privato ​​a impegnarsi nella lotta e nello sciopero è la priorità del momento se vogliamo far arretrare il governo! Il blocco del trasporto non sarà sufficiente. Lo sciopero per procura che lascia tutto il peso della lotta in gran parte sui ferrovieri e sui lavoratori della RATP (metrò e trasporti pubblici parigini, ndr) può solo condurre ad un vicolo cieco e all'esaurimento degli scioperanti. La finestra temporale, l'opportunità, l'occasione per estendere lo sciopero ai proletari del settore privato è ancora presente. Almeno fino a martedì prossimo 17 e alle dimostrazioni di quel giorno. Successivamente, è del tutto possibile che lo sciopero, limitato principalmente ai ferrovieri e ai lavoratori della RATP, si riduca ad un "braccio di ferro" senza altro scopo che durare il più a lungo possibile. In questo gioco, la borghesia e l'intero apparato dello Stato saranno più forti. Controlleranno, anche solo attraverso i sindacati, la situazione e aspetteranno fino a quando la lotta si esaurirà da sola. Come è accaduto per la lotta dei ferrovieri nel 2018.

È già straordinario vederli tornare a combattere ed essere al centro della mobilitazione un anno e mezzo dopo l'amara sconfitta subita a causa delle tattiche sindacali dei “giorni di azione “e scioperi a singhiozzo. Ma se li lasciamo soli con i proletari della RATP (e di qualche altro settore ), e anche se si uniscono durante i "giorni di azione" – come martedì prossimo 17 dicembre – altri lavoratori del servizio pubblico, istruzione in particolare, o ancora una volta studenti e giovani, il potere non retrocederà. Per convincersene, basta leggere il discorso odierno (mercoledì 11 dicembre) del Primo Ministro E. Philippe. Dopo una settimana di scioperi e manifestazioni che hanno bloccato i trasporti, egli non ha fatto alcuna concessione!

L'attacco è esteso. Niente di nuovo, lo sapevano già tutti. Ma ancora peggio, egli annuncia fin d'ora il mondo che il capitalismo ci impone e vuole imporre ancora di più: precarietà e miseria diffusa! Ecco come egli giustifica la sua riforma pensionistica.

"Possiamo giustamente voler cambiare tutto ciò: tornare alla piena occupazione, limitare la precarietà ... Ma questo è il mondo in cui viviamo ed è saggio vedere il mondo così com'è. Dobbiamo costruire una protezione sociale per il 21° secolo prendendo in maggiore considerazione i nuovi volti della precarietà ”.

In breve, dopo decenni di incessante declino delle nostre condizioni di vita e di lavoro, di sacrifici di ogni genere, il governo e l'intero apparato statale – e questo vale in tutti i paesi – raddoppieranno i loro attacchi una volta che la loro "riforma" sarà passata. Per il capitalismo francese, per la borghesia, la posta in gioco è tale che sono pronti a far fronte a lunghi scioperi nei trasporti dal momento che li mantengono sotto controllo, soprattutto attraverso i sindacati. Ricordiamoci il loro sgomento di fronte ai Gilets Gialli che erano "fuori controllo". Fuori controllo dello Stato attraverso le sue articolazioni sindacali e politiche, comprese le forze di sinistra. Questo è anche il motivo per cui dobbiamo diffondere la lotta, perché abbiamo bisogno che i lavoratori del settore privato ​​(e tutti coloro che ancora non scioperano) scendano in campo se vogliamo imporre un rapporto di forza fuori dal controllo del potere che faccia un minimo paura alla borghesia e costringa il governo a cedere.

Scioperare nel settore privato, e spesso anche in quello pubblico (ad esempio alle Poste), è diventato particolarmente difficile ed i lavoratori che per primi scendono in lotta rischiano molto: minacce, sanzioni, ritiro di bonus e promozioni, fino al licenziamento, a causa di metodi totalitari e repressivi del moderno management. Dobbiamo quindi aiutare i lavoratori del settore privato e tutti coloro che non sono ancora in sciopero, ad unirsi alla lotta. Nessuna illusione, i sindacati non organizzeranno l'estensione delle lotte ed anzi le freneranno o addirittura vi si opporranno. È quindi necessario che gli scioperanti e tutti coloro che sostengono la lotta ne organizzino l’allargamento nelle città, nei quartieri, nelle regioni.

Estendiamo lo sciopero al settore privato!

Mobilitiamoci per l'estensione e la generalizzazione della lotta!

Creiamo ovunque dei Comitati di lavoratori o Assemblee Generali per organizzare la generalizzazione delle lotte!

Inviamo delegazioni di massa nelle le fabbriche e nelle aziende del settore privato!

Scioperiamo tutti!

11 dicembre 2019

Groupe International de la Gauche Communiste



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Communiqué sur les grèves en France
(8 décembre 2019)

Il est fait très peu mention dans la presse internationale du mouvement de grève et des manifestations massives qui touchent la France et paralysent en particulier les transports, trains, bus, métros, avions, depuis jeudi 5 décembre. Les grèves touchent aussi de nombreux secteurs de la fonction publique tout comme certaines entreprises du privé où il est beaucoup plus difficile aujourd’hui de se mettre en grève. Ce communiqué vise donc à la fois à une information "internationale" (très certainement incomplète) d’une part et, d’autre part à tirer un premier bilan et dresser des orientations politiques immédiates pour cette mobilisation et à les partager avec le plus grand nombre.

1) Des révoltes sociales et des luttes prolétariennes sur tous les continents, la France n’est pas une exception

Cette mobilisation prolétarienne se déroule dans un contexte international de révoltes populaires – dont la plupart s’oppose directement à la misère et la pauvreté [1]  – qui touchent tous les continents (et dont nous pouvons pas faire la liste ici). Partout, les bourgeoisies nationales répondent de plus en plus, voire uniquement, par la répression massive, violente et sanglante, y compris dans des pays "démocratique" comme le Chili et la France. Cette dynamique de révoltes et luttes internationales ne peut que renforcer les consciences et la détermination pour lutter contre le capitalisme – aussi vagues et confuses soient ces consciences – dans chaque pays. Nul doute qu’elle favorise la lutte actuelle en France.

2) Un an de luttes sociales en France

Depuis l’élection de Macron, 2017, le gouvernement français a fait passer à la hussarde des "Ordonnances" aggravant les conditions de précarité des contrats de travail (septembre 2017), puis s’est attaqué aux cheminots de la SNCF et à leur statut (printemps 2018) avec succès grâce au sabotage des syndicats et à leur tactique de journées d’action étalées et dispersées dans le temps. Six mois à peine après la fin du mouvement des cheminots, l’éclatement du mouvement "interclassiste" des gilets jaunes a surpris tout le monde et il ne fait guère de doute qu’il a aussi constitué une tentative de réponse à l’impuissance des luttes antérieures pour sa composante "salariée" ou prolétarienne. Le fait que, suite aux manifestations violentes de décembre 2018, sans aucun contrôle syndical ou politique, un gouvernement soit contraint de céder sur une partie des revendications des gilets jaunes, premier recul (même si très relatif) depuis 1995, a marqué les esprits – en particulier d’une partie des cheminots encore sous le coup de leur échec douloureux.

Depuis lors, et jusqu’à aujourd’hui, quelques milliers de gilets jaunes continuent à manifester un peu partout en France tous les samedis malgré la répression systématique et violente. Par ailleurs, outre différents conflits locaux et limités, les hôpitaux et tout spécialement les services d’urgence sont en "grève" – même s’ils continuent à assurer les soins – depuis plusieurs mois et les travailleurs hospitaliers ont manifesté à plusieurs reprises. Les deux mouvements, y compris le premier, restent populaires et reçoivent le soutien de la majorité de la population selon les sondages encore aujourd’hui.

3) De septembre à la fin octobre : de la grève massive à la RATP aux grèves sauvages à la SNCF

C’est dans ce climat latent de lutte et de colère que le gouvernement a annoncé une nouvelle attaque sur les retraites pour cet hiver. En septembre, une première grève de 24 heures eut lieu dans les transports parisiens, métro, bus et trains de banlieue (RATP) contre la remise en cause de leur propre système de retraite. La mobilisation fut massive (85% de grévistes) paralysant la région parisienne. Face à cette nouvelle expression de combativité, et dans ce climat général, les syndicats fixèrent une journée d’action pour... le 5 décembre, soit trois mois plus tard ! Sans doute dans l’espoir que cela ferait retomber la fièvre. Mais surtout, que cela fournirait suffisamment de temps à l’ensemble de l’appareil d’État, gouvernement et syndicats bien sûr, mais aussi forces politiques surtout de gauche, média pour s’organiser, pour fixer le timing et le terrain, les revendications en particulier, qu’il leur convenait le mieux, et assurer ainsi la maîtrise des événements par les syndicats.

C’est cette planification, ce timing et terrain, que les grèves sauvages qui ont éclaté à la SNCF courant octobre ont essayé de disputer à la bourgeoisie. Le trafic national des trains fut alors paralysé une première fois deux à trois jours suite à un accident le 16 octobre, puis les TGV du réseau ouest furent bloqués suite à une grève sauvage d’une semaine du centre de maintenance de Châtillon. Dans ce climat "social tendu", les cheminots ont essayé d’ouvrir une brèche dans le dispositif que l’ensemble de l’appareil d’État, syndicat en tête, mettait en place en vue de contrôler la journée de grève du 5 décembre et des jours suivants. Non seulement, il y avait alors la possibilité de prendre la tactique syndicale de vitesse mais surtout il y avait la possibilité d’entraîner d’autres secteurs dans un mouvement "incontrôlé" et "incontrôlable" par la bourgeoisie.

Voilà pourquoi il nous semblait alors nécessaire et même indispensable d’appuyer et d’appeler autant que nous le pouvions, les cheminots de Châtillon à étendre leur grève et les autres secteurs à les rejoindre. Voilà pourquoi nous avons alors reproduit le tract du PCI-Le Prolétaire du 1er novembre qui défendait la même orientation et publié notre communiqué l’accompagnant.

Débordé au centre de Châtillon depuis le lancement de la grève le lundi, le syndicat radical SUD réussit à maintenir son contrôle sur les deux autres centres de maintenance de la région parisienne – évitant ainsi le blocage national des TGV – en organisant des débrayages momentanés et des délégations aux directions locales durant la semaine de grève de Châtillon. Et cela jusqu’au lundi suivant. En lieu et place d’un appel ferme à la grève et l’envoi de délégations massives aux autres secteurs pour les encourager à rejoindre la grève immédiatement. De son côté, la direction céda sur les revendications spécifiques du centre de Châtillon. Le moment (la possibilité concrète) de l’extension passé, isolés de manière immédiate, les ouvriers de ce centre reprirent le travail en ayant malgré tout "gagné quelque chose". Mais l’épisode, le moment, l’occasion étaient passés.

4) La journée du 5 décembre

Cette tentative avortée, signe des forces et faiblesses du prolétariat en France, de ses capacités et limites du moment, l’ensemble de l’appareil d’État put alors reprendre la main et focaliser toute l’attention sur la préparation de la journée de grève du 5 décembre. Plus la date se rapprochait, et plus improbable apparaissait une réelle contestation de la main-mise des syndicats sur le timing  – attendre passivement le 5 – et le terrain – discussions gouvernement-syndicats, talk show incessants dans les médias sur l’impossibilité de maintenir les systèmes de retraite actuels, etc... – de la mobilisation. Chaque jour passant, la barre devenait trop haute pour le prolétariat en France, même pour un secteur, ou ses secteurs les plus combatifs pour contrer la mobilisation de tout l’appareil étatique bourgeois. Tout le champs des positionnements possibles était occupé : des syndicats dits "réformistes" voulant bien discuter d’un nouveau système de retraite jusqu’aux plus radicaux "exigeant" le retrait du projet ; des appels à une grève de 24h seulement pour le 5 pour les uns jusqu’à la grève illimitée pour les autres.

La palette des possibilités se réduisant, l’enjeu le plus évident devint la participation massive à la grève et aux manifestations du 5 et... la reconduction de la grève le lendemain. Mais là aussi, le terrain était occupé par l’ensemble de l’appareil syndical jusqu’aux gauchistes.

Ce resserrement de l’espace prolétarien de lutte, s’est illustré encore plus lors de la manifestation parisienne elle-même (nous ne pouvons aborder les nombreuses manifestations massives, entre 1 million et 1 million et demi de manifestants, dans les autres villes qui ont vu aussi, pour certaines d’entre elles, des affrontements avec la police). Dès le départ, la manifestation parisienne fut bloquée par la police. Les affrontements ont vite éclaté en tête de cortège. Black blocs et gilets jaunes étaient présents. Mais, une fois de plus, de nombreux manifestants se sont regroupés en tête de cortège, devant les cortèges syndicaux malgré les gaz, les grenades de désencerclement et le risque de flash ball. Il n’en reste pas moins que cette "tête de cortège" qui refuse de défiler derrière les syndicats n’offre pas, ou n’offre plus si tant est qu’elle ait pu le faire dans d’autres mobilisations du passé – 2016 en particulier – de perspective pour les mobilisations. Nous l’avions clairement constaté en 2018 lorsque, répondant aux provocations de la police, elle avait de fait participé de bloquer la manifestation des cheminots du 22 mars 2018 [3] qui aurait dû rejoindre la manifestation, certes organisée par les syndicats, de la Fonction Publique. En focalisant sur les affrontements physiques avec la police – le fait que de plus en plus de manifestants refusent de céder à la répression est en soi un fait positif – , la possibilité de transformer ces rassemblements massifs que sont ces manifestations de rue en moment de l’organisation de l’extension ou de l’unité est asphyxiée par la fumée des gaz et assourdie par l’éclatement des grenades. Et, ce 5 décembre, par la sono mise en place au sein même du cortège de tête, hors cortège syndical, par, de toute évidence, des militants SUD radicalisés et sans doute en grande partie trotskystes du NPA.

5) L’intervention des révolutionnaires pour le 5 décembre

Dans ces conditions et avant le 5, il nous a semblé inutile – nous nous sommes interrogés – de faire une intervention particulière sur l’appel à la grève et à sa reconduction qui serait venu s’ajouter à tous les autres venant des syndicats, de sections locales, de groupes politiques de gauche et gauchistes et même de forces révolutionnaires.

Parmi celles-ci, le PCI-Le Prolétaire et le CCI ont publié chacun un tract, Pour la lutte de classe ouverte contre les attaques capitalistes ! et Unifions nos luttes contre les attaques de nos exploiteurs ! qui avançaient de manière correcte les orientations générales de luttes et des mots d’ordre à mettre en avant visant au développement, l’unification générale de la lutte et dans lesquelles nous nous retrouvions. Nous avons décidé de distribuer l’un des deux tracts lors de notre participation – et la diffusion de notre revue – à la manifestation du 5 décembre à Paris. Nous hésitions entre les deux. Nous avons finalement choisi le premier, celui du PCI pour la raison suivante : outre qu’il était nettement plus court et correspondait plus à un tract d’agitation, il appelait « les travailleurs à prendre leur lutte en main » pour la « grève illimitée et sans préavis, [l’] organisation indépendante de la lutte, des comités de grève élus et révocables, piquets de grève ou occupation des locaux pour arrêter effectivement l’activité, extension du mouvement aux autres entreprise, etc. ». Alors que le tract du CCI insistait sur le fait que « seul le rassemblement au sein d’assemblées générales ouvertes et massives, autonomes, décidant réellement de la conduite du mouvement, peut constituer la base d’une lutte unie » (nous soulignons). La différence peut sembler minime, voire insignifiante aux yeux de beaucoup et n’avoir pas de réelle incidence pour l’intervention dans cette lutte. Pour autant, l’une donne un contenu concret et politique à l’organisation de la lutte : l’organisation des travailleurs, ici les assemblées générales (AG), doit se mettre au service de la lutte. En ce sens, elle ne peut pas être un préalable à la lutte elle-même. L’autre position, celle du CCI, ouvre la porte au fétichisme de l’auto-organisation en situant les AG comme une condition sine qua non, un prérequis, de la lutte, en faisant de l’auto-organisation en soi la recette à suivre.

L’autre élément qui nous a semblé favoriser le choix du tract du PCI était sa volonté de présenter des revendications permettant à l’ensemble des prolétaires en France de s’engager et de s’unifier autour d’elles dans la bataille actuelle : « pour l’augmentation générale des salaires, des pensions et de tous les minimas sociaux ! Pour la diminution de l’âge de départ à la retraite ! ». Là où le tract du CCI appelait à « des AG qui mettent en avant des revendications nous concernant tous : la lutte contre la précarité, contre la baisse des effectifs, contre la hausse des cadences, contre la paupérisation », c’est-à-dire des revendications sans lien direct avec la mobilisation, donc abstraite et sans utilité pour la généralisation réelle de celle-ci .

6) Et maintenant, dimanche 8 ?

Les grèves ont été reconduites massivement dans les transports, particulièrement à la RATP et à la SNCF dès le vendredi 6. La reconduite de la grève a été inégale dans les autres secteurs (dans l’éducation par exemple). Dès le 5 au soir, les syndicats ont appelé à une autre... journée d’action et de manifestation pour ce mardi. Le gouvernement devrait présenter son projet ce mercredi. Le fait que les syndicats se soient sentis obligés de fixer aussi tôt une autre journée montre que la volonté de se battre aujourd’hui, ouvertement et sans attendre, est forte dans de nombreuses couches du prolétariat en France et que les syndicats ne veulent surtout pas être débordés. On peut donc penser que la grève va continuer, de manière inégale selon les secteurs, au minimum jusqu’à mercredi et les annonces du gouvernement. De même, hier samedi, de nombreuses manifestations "gilet jaunes", souvent composées de prolétaires ayant fait grève le 5, voire toujours en grève, ont eu lieu dans de nombreuses villes de France malgré, une fois de plus, la répression. La presse bourgeoise mentionne de 10 à 15 000 manifestants.

Certes, la bourgeoisie et ses syndicats contrôlent la situation ; en particulier et très certainement, il en ira ainsi d’ici à mardi-mercredi. Il n’en reste pas moins que la volonté de lutte est forte et qu’une sorte de bras-de-fer s’est engagé avec le gouvernement. Et c’est là-aussi où le prolétariat peut s’engager dans une impasse. Le risque pour l’ensemble des prolétaires est d’attendre simplement et passivement dans l’espoir que le blocage des transports fasse céder le gouvernement au lieu d’entrer ouvertement dans la lutte. La participation aux manifestations est importante mais ne suffit pas. S’il n’y a pas de réelle extension de la grève à d’autres secteurs que les transports, les syndicats qui maîtrisent déjà le timing et le terrain vont pouvoir "jouer" avec l’usure et la fatigue des cheminots et des travailleurs de la RATP, voire avec les camionneurs, pour pouvoir enfermer définitivement cette mobilisation sur leur terrain et "leur revendication" et ainsi la mener à l’échec et en finir avec elle.

Seule une entrée en lutte et grève reconductible dans d’autres secteurs peut permettre de dépasser une grève dont l’unique objectif deviendrait le "blocage de la production", terrain sur lequel les syndicats assoiront encore plus leur contrôle et main-mise sur le mouvement. S’il est une leçon "positive" que l’on peut tirer des gilets jaunes, c’est certainement le fait qu’un mouvement "incontrôlé", "hors-contrôle" – "incontrôlé" pour l’appareil d’État et "hors-contrôle" des syndicats – peut faire peur à la bourgeoisie et la faire réellement reculer. Pour cela, ce mouvement doit être contrôlé par les travailleurs eux-mêmes, c’est-à-dire qu’ils doivent prendre en main la lutte et de son extension-unification. Pour cela, ils ne peuvent faire l’économie de disputer aux syndicats la direction du combat, des décisions d’action et des revendications, et même des tâches de négociations avec le gouvernement si elles doivent avoir lieu.

Voilà donc l’enjeu des deux prochains jours, sans doute jusqu’à mercredi et les annonces du gouvernement. Les cartes de cette mobilisation seront alors sans doute redistribuées en faveur de l’une ou l’autre classe en fonction du déroulement des grèves et des manifestations d’ici là et de la dynamique d’évolution du rapport de forces immédiat.

7) Quels orientations et mots d’ordre d’ici à mardi ?

Pour faire que ce rapport de forces se renforce pour le prolétariat d’ici là, nous présentons quelques orientations que nous soumettons à la réflexion et à la discussion. Même si celles-ci auront certainement lieu post-festum, après cette période très courte, il nous semble important de partager notre expérience et de permettre aux groupes communistes et aux militants révolutionnaires sur tous les continents, pas seulement en France ou en Europe, de réfléchir aux conditions concrètes et mouvantes d’une intervention communiste directe dans une mobilisation prolétarienne massive aspirant, à juste titre, à jouer un véritable rôle de direction politique . Bien évidemment, ne pas se limiter à des orientations générales et souvent abstraites, et essayer de fournir des réponses immédiates selon les lieux et les moments, présentent un risque beaucoup plus grand d’erreurs d’analyse et d’orientation. Mais c’est précisément en partageant ces expériences et en les soumettant à l’examen et à la critique que l’ensemble des forces communistes, nous compris bien sûr, pourront développer notre capacité de direction politique d’avant-garde, c’est-à-dire de parti.

- droit à la retraite à 60 ans minimum, 37,5 annuités de cotisation pour le taux plein, suppression de toute décote !

- augmentation générale des salaires, des pensions et revenus dits "sociaux" ;

- grève reconductible partout où c’est possible ;

- délégations massives des secteurs en grève ouverte vers des secteurs non grévistes (en particulier du privé où c’est plus difficile de se mettre en grève) ou partiellement grévistes et tenue d’assemblées générales collectives ;

- regroupement en comités de lutte des prolétaires combatifs et isolés sur la base de l’appel à la grève et à l’envoi de délégations massives pour l’étendre et des revendications unitaires.

Le GIGC, le 8 décembre 2019.

[1] Toutes n’ont pas la même signification. En particulier, les manifestations indépendantistes en Catalogne et démocratiques à Honk Kong ne présentent aucun caractère, ni perspective de lutte contre le capitalisme. même si elles sont aussi, à leur manière, des expressions de l’éclatement des contradictions capitalistes dû, en dernière instance, à la crise et à l’impasse économique du capitalisme.


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COMUNICATO SUGLI SCIOPERI IN FRANCIA
(8 dicembre 2019)

La stampa internazionale ha parlato pochissimo del movimento di sciopero e delle massicce manifestazioni che interessano la Francia e paralizzano in particolare trasporti, treni, autobus, metropolitane, aerei, da giovedì 5 dicembre. Gli scioperi coinvolgono molti settori del servizio pubblico così come alcune aziende private, dove oggi è molto più difficile scioperare. Il presente comunicato stampa mira dunque da un lato all'informazione "internazionale" (certamente incompleta), dall'altro a elaborare una valutazione iniziale e un orientamento politico immediato per questa mobilitazione e a condividerlo nella maniera più larga possibile.

1) Vi sono rivolte sociali e lotte proletarie in tutti i continenti: la Francia non fa eccezione 

Questa mobilitazione proletaria si svolge in un contesto internazionale di rivolte popolari – la maggior parte delle quali si oppone direttamente alla miseria e alla povertà [1] – che colpiscono tutti i continenti (e che non possiamo elencare qui). Ovunque, le borghesie nazionali stanno rispondendo sempre di più, se non unicamente, con la repressione massiccia, violenta e sanguinosa, anche in paesi "democratici" come il Cile e la Francia. Questa dinamica di rivolte e lotte internazionali non può che rafforzare in ogni paese le coscienze, per quanto vaghe e confuse, e la determinazione a combattere il capitalismo. Senza dubbio promuove l'attuale lotta in Francia.

2) Un anno di lotte sociali in Francia 

Dall'elezione di Macron, 2017, il governo francese ha varato brutalmente una serie di “Disposizioni “che peggioravano la precarietà dei contratti di lavoro (settembre 2017), quindi ha attaccato con successo i lavoratori delle ferrovie della SNCF e il loro statuto (primavera 2018) grazie al sabotaggio dei sindacati e alla loro tattica di “ giorni di azione “scaglionati nel tempo e nello spazio. Appena sei mesi dopo la fine del movimento dei lavoratori delle ferrovie, lo scoppio improvviso del movimento "interclassista" dei Gilet Gialli ha colto tutti di sorpresa e non vi è dubbio che abbia anche costituito un tentativo di risposta all'impotenza delle lotte precedenti nella loro componente "di salariati" o proletaria. Il fatto che, in seguito alle violente manifestazioni di dicembre 2018, senza alcun controllo sindacale o politico, il governo sia stato costretto a cedere ad una parte delle rivendicazioni dei Gilet Gialli, primo passo indietro (anche se molto relativo) dal 1995, ha segnato gli animi, in particolare di una parte dei lavoratori delle ferrovie ancora colpita dalla loro dolorosa sconfitta. 

Da allora, e fino ad oggi, alcune migliaia di Gilet Gialli continuano a manifestare ovunque in Francia ogni sabato nonostante la repressione sistematica e violenta. Inoltre, oltre a vari conflitti locali e limitati, gli ospedali e in particolare i servizi di urgenza sono “in sciopero “ – anche se continuano a fornire assistenza – da diversi mesi e gli operatori ospedalieri hanno fatto manifestazioni in diverse occasioni. Entrambi i movimenti, incluso il primo, rimangono popolari e ricevono il sostegno della maggioranza della popolazione secondo gli odierni sondaggi.

3) Da settembre a fine ottobre: ​​dallo sciopero di massa alla RATP agli scioperi selvaggi alla SNCF 

È in questo clima latente di lotta e rabbia che il governo ha annunciato un nuovo attacco alle pensioni per questo inverno. A settembre, un primo sciopero di 24 ore ha avuto luogo nei trasporti parigini, metro, autobus e treni pendolari (RATP) contro la riforma del proprio sistema pensionistico. La mobilitazione è stata massiccia (l'85% degli scioperanti) ed ha paralizzato la regione di Parigi. Di fronte a questa nuova espressione di combattività e in questo clima generale, i sindacati hanno fissato una “giornata di azione” per ... il 5 dicembre, tre mesi dopo! Non c'è dubbio nella speranza che ciò avrebbe fatto scendere ” la febbre” sociale. Ma soprattutto, nell’intento di far guadagnare tempo all'intero apparato statale, al governo e ai sindacati, ma anche alle forze politiche, in particolare della sinistra, ai media per organizzarsi, per fissare la tempistica ed il terreno, in particolare, le rivendicazioni che loro sarebbero state più convenienti, ed assicurare così il controllo degli eventi da parte dei sindacati. 

È questa pianificazione, questa tempistica e terreno che lo sciopero a gatto selvaggio scoppiato alla SNCF in ottobre ha cercato di contestare alla borghesia. Il traffico ferroviario nazionale è stato quindi paralizzato per la prima volta da due a tre giorni dopo un incidente avvenuto il 16 ottobre, quindi i TGV della rete occidentale sono stati bloccati a seguito di uno sciopero selvaggio di una settimana del centro di manutenzione di Châtillon. In questo clima di tensione sociale, i ferrovieri hanno cercato di aprire una breccia nel dispositivo che l'intero apparato statale, sindacato in testa, attuava per controllare lo sciopero del 5 dicembre e dei giorni seguenti. Non solo, c'era allora la possibilità di “superare in velocità” la tattica sindacale , ma soprattutto c'era la possibilità di trascinare altri settori in un movimento "non controllato" e "non controllabile" da parte della borghesia. 

Questo è il motivo per cui ci è sembrato allora necessario e persino essenziale sostenere e chiamare il più possibile, i ferrovieri di Châtillon ad estendere il loro sciopero e gli altri settori ad unirsi a loro. Questo è il motivo per cui abbiamo quindi riprodotto il volantino del PCInt.-Le Prolétaire del 1 ° novembre che ha difeso lo stesso orientamento e pubblicato il nostro comunicato stampa che lo accompagna. 

Sopraffatto nel centro di Châtillon dall'indizione dello sciopero il lunedì, il sindacato radicale SUD è riuscito a mantenere il suo controllo sugli altri due centri di manutenzione nella regione di Parigi – evitando così il blocco nazionale dei TGV – organizzando arresti temporanei e inviando delle delegazioni alla direzione locale durante la settimana di sciopero di Châtillon. E questo fino al lunedì successivo. E ciò invece di lanciare un forte appello allo sciopero e inviare delegazioni di massa in altri settori per incoraggiarli a unirsi immediatamente allo sciopero. Da parte sua, la direzione ha ceduto alle rivendicazioni specifiche del centro di Châtillon. Terminato il momento (la possibilità concreta) dell'estensione dello sciopero, immediatamente isolati, i lavoratori di questo centro hanno ripreso il lavoro avendo comunque "guadagnato qualcosa". Ma l'episodio, il momento, l'occasione erano ormai persi.

4) Il giorno del 5 dicembre 

Abortito questo tentativo , espressione dei punti di forza e di debolezza del proletariato in Francia, delle sue capacità e dei suoi limiti del momento, l'intero apparato statale ha potuto riguadagnare il controllo e focalizzare tutta l'attenzione sulla preparazione del giorno di sciopero del 5 dicembre. Più si avvicinava la data, più improbabile appariva una vera sfida al controllo dei sindacati sulla tempistica della mobilitazione- attendere passivamente il 5 – e sul terreno – discussioni tra governo e sindacato, incessanti talk show sui media circa l'impossibilità di mantenere i sistemi pensionistici attuali, ecc. Ogni giorno che passava, l'asticella diventava troppo alta per il proletariato in Francia, anche per un settore, o per i suoi settori più combattivi, per contrastare la mobilitazione dell'intero apparato statale borghese. È stato occupato l'intero campo del possibile posizionamento: dai sindacati noti come "riformisti" disposti a discutere un nuovo sistema pensionistico, ai più "radicali" che esigevano il ritiro del progetto; dagli appelli di alcuni per uno sciopero di 24 ore solo per il 5 fino allo sciopero illimitato per gli altri. 

Mentre la gamma di possibilità si restringeva, la posta in gioco più ovvia diventava la partecipazione massiccia allo sciopero e alle dimostrazioni del 5 e ... la continuazione dello sciopero il giorno successivo. Ma anche lì, il terreno era occupato da tutto l'apparato sindacale fino alla sinistra. 

Questo restringimento dello spazio proletario di lotta è venuto ulteriormente alla luce durante la stessa manifestazione parigina (non possiamo dar conto delle numerose manifestazioni di massa, tra 1 milione e 1,5 milioni di manifestanti, nelle altre città: alcune di esse hanno registrato scontri con la polizia). Sin dall'inizio, la manifestazione di Parigi è stata bloccata dalla polizia. Gli scontri sono scoppiati rapidamente alla testa del corteo. Erano presenti Black bloc e Gilets Gialli. Ma, ancora una volta, molti manifestanti si sono radunati in testa al corteo, davanti ai cortei sindacali, nonostante i lacrimogeni, le granate e il rischio delle flash ball sparate dalla polizia. Resta il fatto che questa forma di lotta (i “cortège de tête”, forma di lotta sperimentata a partire dalle mobilitazioni del 2016 contro la Loi travail per radicalizzarle rompendo il cliché dei cortei tradizionali: invece di stare alla coda, le parti ribelli e contestatrici si sono poste alla testa dei cortei, ingaggiando battaglia con la sbirraglia, ndr) che rifiuta di sfilare dietro i sindacati non offre affatto, non offre più una prospettiva per le mobilitazioni, ammesso che lo abbia potuto fare in altre manifestazioni del passato, in particolare nel 2016. Lo abbiamo constatato chiaramente nel 2018 quando, in risposta alle provocazioni della polizia, questa forma di lotta aveva contribuito a bloccare la manifestazione dei ferrovieri del 22 marzo 2018 che avrebbe dovuto unirsi alla manifestazione, dichiaratamente organizzata dai sindacati del Servizio pubblico. Concentrandosi sugli scontri fisici con la polizia – e il fatto che sempre più manifestanti si rifiutino di arrendersi alla repressione è di per sé un fatto positivo – la possibilità di trasformare questi raduni di massa rappresentati da queste manifestazioni di strada in un momento dell’organizzazione, dell'estensione o dell'unità è soffocata dal fumo dei gas e stordita dallo scoppio delle granate. E, questo 5 dicembre, dalla musica sparata all’interno stesso del “cortège de tête”, fuori dal corteo ufficiale sindacale ad opera dei militanti SUD (organismo tipo i nostri Cobas, ndr) radicalizzati e senza dubbio in gran parte trotzkisti del NPA.

5) L'intervento dei rivoluzionari per il 5 dicembre 

In queste condizioni e prima del 5, ci è sembrato inutile – ci siamo chiesti – fare un particolare intervento sulla chiamata allo sciopero ed alla sua continuazione che sarebbe venuto ad aggiungersi a tutti gli altri provenienti dai sindacati, sezioni locali, gruppi politici di sinistra e sinistra e dalle stesse altre forze rivoluzionarie. 

Tra queste, il PCI-Le Prolétaire e la CCI hanno diffuso ciascuno un volantino: “Per la lotta di classe aperta contro gli attacchi capitalisti! “ E “Uniamo le nostre lotte contro gli attacchi dei nostri sfruttatori! “che hanno proposto correttamente gli orientamenti generali delle lotte e gli slogan per proporre lo sviluppo, l'unificazione generale della lotta e che abbiamo condiviso. Abbiamo deciso di distribuire uno dei due volantini e diffondere la nostra rivista durante la nostra partecipazione alla manifestazione del 5 dicembre a Parigi. Abbiamo esitato tra i due. Alla fine abbiamo scelto il primo, quello del PCInt. per il seguente motivo: oltre al fatto di essere più corto, e corrispondere più a un volantino di agitazione, chiamava "gli operai a prendere in mano la loro lotta" per lo "sciopero illimitato e senza preavviso, l'organizzazione indipendente della lotta, i comitati di sciopero eletti e revocabili, i picchetti o l'occupazione di locali per fermare efficacemente l'attività, l'estensione del movimento ad altre imprese, ecc. ". Mentre il volantino della CCI insisteva sul fatto che "solo il raduno in assemblee generali aperte e di massa, autonomo, che decidano realmente la condotta del movimento, può costituire la base di una lotta unita".(Sottolineiamo questo). La differenza può sembrare minima, anche insignificante agli occhi di molti, e non avere alcun impatto reale per l'intervento in questa lotta. Tuttavia, l'uno dà contenuti concreti e politici all'organizzazione della lotta: l'organizzazione dei lavoratori, qui le assemblee generali (AG), deve mettersi al servizio della lotta. In questo senso, essa non può essere affatto un prerequisito alla lotta stessa. L'altra posizione, quella della CCI, apre la porta al feticismo dell'auto-organizzazione ponendo le AG come una condizione sine qua non, un prerequisito, della lotta, facendo dell'auto-organizzazione in sé la ricetta da seguire. 

L'altro elemento che ci è sembrato favorire la scelta del volantino del PCInt. era la sua volontà di presentare delle rivendicazioni che consentissero a tutti i proletari in Francia di impegnarsi e unirsi attorno ad esse nella battaglia attuale: “Per l'aumento generale dei salari, delle pensioni e di tutti i minimi sociali! Per la riduzione dell'età pensionabile! ". Laddove il volantino della CCI chiamava a delle "AG che presentino rivendicazioni che ci riguardano tutti: la lotta contro la precarietà, contro la riduzione del personale, contro l'aumento dei ritmi di lavoro, contro l'impoverimento", vale a dire rivendicazioni senza collegamento diretto con la mobilitazione, quindi astratte e senza utilità per la generalizzazione reale della stessa.

6) E ora, domenica 8? 

Gli scioperi sono continuati in massa nei trasporti, in particolare nella RATP e nella SNCF fin da venerdì 6. La continuazione dello sciopero è stata irregolare in altri settori (ad esempio nel settore dell'insegnamento). Dalla sera del 5, i sindacati hanno indetto un altro ...” giorno di azione” e di manifestazione per questo martedì. Il governo dovrebbe presentare il suo progetto mercoledì. Il fatto che i sindacati si siano sentiti obbligati a convocare un altro giorno di manifestazioni così presto dimostra che la volontà di combattere oggi, apertamente e senza aspettare, è forte in molti strati del proletariato in Francia e soprattutto che i sindacati non vogliono essere scavalcati. Possiamo quindi pensare che lo sciopero continuerà, in modo diseguale a seconda del settore, almeno fino a mercoledì e alle dichiarazioni del governo. Allo stesso modo, ieri sabato, numerose manifestazioni di Gilets Gialli, spesso composte da proletari che avevano scioperato il 5, o addirittura ancora in sciopero, hanno avuto luogo in molte città della Francia nonostante, ancora una volta, la repressione. La stampa borghese menziona da 10 a 15.000 manifestanti. 

Certamente, la borghesia e i suoi sindacati controllano la situazione e la cosa continuerà in questo modo da ora fino a martedì-mercoledì. Resta il fatto che la volontà di lotta è forte e che si è ingaggiato una sorta di braccio di ferro con il governo. Ed è anche qui che il proletariato può entrare in un vicolo cieco. Il rischio per tutti i proletari è di aspettare semplicemente e passivamente nella speranza che il solo blocco dei trasporti faccia arretrare il governo, invece di entrare apertamente nella lotta. La partecipazione alle manifestazioni è importante ma non è sufficiente. Se non vi è alcuna reale estensione dello sciopero ad altri settori oltre ai trasporti, i sindacati che già controllano la tempistica e il terreno saranno in grado di "giocare" con l'usura e la fatica dei lavoratori delle ferrovie e dei lavoratori del RATP, anche con i camionisti, al fine di poter rinchiudere definitivamente questa mobilitazione sulla terreno parziale della loro categoria o settore e quindi condurla al fallimento e alla fine. 

Solo un'entrata in lotta e ad uno sciopero che continui in altri settori può consentire di andare oltre uno sciopero, il cui unico obiettivo diventerebbe il "blocco della produzione", un campo in cui i sindacati avranno ancora più il controllo pieno sul movimento . Se c'è una lezione "positiva" che può essere appresa dai Gilet Gialli, è certamente il fatto che un movimento "non controllato", "fuori controllo" – "non controllato" dall'apparato statale e "fuori controllo" dai sindacati – può spaventare la borghesia e farla arretrare davvero. Per questo, il movimento deve essere controllato dagli stessi lavoratori, vale a dire che essi devono assumere il controllo della lotta e della sua estensione-unificazione. Per questo, non possono fare a meno di contendere ai sindacati la direzione della lotta, le decisioni sulle azioni e le rivendicazioni, e persino il compito di negoziare con il governo se la situazione lo impone. 

Quindi questa è la posta in gioco per i prossimi due giorni, senza dubbio fino a mercoledì e alle dichiarazioni del governo. Le carte di questa mobilitazione saranno quindi indubbiamente ridistribuite a favore dell'una o dell'altra classe a seconda del corso degli scioperi e delle manifestazioni da qui in poi e delle dinamiche dell'evoluzione dell'immediato rapporto di forze.

7) Quali indicazioni e parole d'ordine entro martedì? 

Al fine di rafforzare questo equilibrio di forze a favore del proletariato, presentiamo alcune linee guida che sottoponiamo alla riflessione e alla discussione. Anche se queste avranno certamente luogo post-festum ( a lotte terminate), dopo questo breve periodo, ci sembra importante condividere la nostra esperienza e consentire ai gruppi comunisti e ai militanti rivoluzionari in tutti i continenti, non solo in Francia o in Europa, di riflettere sulle condizioni concrete e mutevoli dell'intervento comunista diretto in una mobilitazione proletaria di massa che aspira, giustamente, a svolgere un vero ruolo di leadership politica. Ovviamente, non limitandosi agli orientamenti generali e spesso astratti e cercando di fornire risposte immediate in base a luoghi e tempi, esse presentano un rischio molto maggiore di errori di analisi e orientamento. Ma è proprio condividendo queste esperienze e sottoponendole all'esame e alle critiche che tutte le forze comuniste, noi ovviamente inclusi, possono sviluppare la nostra capacità di leadership politica d'avanguardia cioè di partito. 

– diritto alla pensione almeno a 60 anni, con 37.5 anni contributivi per ottenere l'intero importo, eliminazione di qualsiasi riduzione! 

– aumento generale dei salari, delle pensioni e dei cosiddetti redditi "sociali";  

– sciopero rinnovabile ove possibile; 

– delegazioni di massa di settori in sciopero aperto verso settori non scioperanti (in particolare verso il settore privato in cui è più difficile scioperare) o parzialmente scioperanti e effettuazione di assemblee generali collettive;  

– raggruppamento in comitati di lotta dei proletari combattivi e isolati sulla base della chiamata allo sciopero e all'invio di delegazioni di massa per estenderlo con rivendicazioni unitarie.

GIGC, 8 dicembre 2019.

[1]. Non tutti hanno lo stesso significato. In particolare, le manifestazioni indipendentiste in Catalogna e quelle democratiche a Hong Kong non presentano alcun carattere o prospettiva di lotta contro il capitalismo. anche se sono, a modo loro, espressioni dell'esplosione delle contraddizioni capitaliste dovute, in definitiva, alla crisi e allo stallo economico del capitalismo.