Riceviamo e pubblichiamo dalla news letter di n+1 numero 137del 20 ottobre 2008.
29 ottobre 2008
In un modo di produzione basato sul credito è chiaro che le crisi si manifestano in primo luogo come monetarie, azionarie e creditizie. A prima vista, infatti, non si tratta che della convertibilità delle cambiali (leggi: strumenti finanziari, derivati, ecc.) in denaro. Ma queste cambiali rappresentano in origine scambi di merci reali. E quando l’estensione della carta va molto al di là del fabbisogno sociale, quando incominciano a rappresentare ogni genere di attività finanziaria, legale o truffaldina, la crisi è inevitabile. Una legislazione bancaria insensata può peggiorare una crisi creditizia, ma nessuna legislazione bancaria può eliminare le crisi. A causa del credito, le imprese del Capitale autonomizzato sono sempre più imprese sociali in contrasto con quelle private. E’ la soppressione del Capitale come proprietà privata nell’ambito stesso del capitalismo (Marx, Il Capitale, III, capp. 27 e 30).
“Questa crisi è magnifica”, si scrivevano Federico e Carlo. Avessero avuto sotto gli occhi quella di questi giorni avrebbero fatto salti di gioia: nella storia del capitalismo non si era mai verificato il crollo simultaneo del credito, del valore degli immobili, dei mutui, delle azioni, delle obbligazioni, dei fondi di investimento aperti e chiusi, con relativo fallimento di banche e l’esplosione dei prezzi delle materie prime. Tutto nella prospettiva di una recessione. Per non parlare dei tentativi di porvi rimedio: dopo il ’29, i fascismi si erano limitati a controllare il livello dei profitti, ridistribuire il reddito e rilevare le industrie in crisi per riassestarle e rimetterle sul mercato; oggi le nazioni più potenti emanano simultaneamente, a tappeto, decreti per un controllo dell’intera economia, attuando vere e proprie nazionalizzazioni dirette o indirette del credito. Hanno ragione i fondamentalisti dell’ideologia liberista: si tratta di una stalinizzazione dell’economia mondiale. Essa richiederà di stakanovizzare brutalmente i proletari per decenni, in uno sfruttamento inaudito. E la misura non è ancora colma. Negli Stati Uniti iniziano a far capolino le carte di credito insolvibili, dietro le quali non ci sono case a far da copertura ipotecaria. Uno “scoperto” totale. In un’economia dove il debito privato eguaglia l’intero PIL americano (13.000 miliardollari) sembrerebbero capitalisticamente ragionevoli coloro che predicano un indirizzo dei capitali finanziari verso la cosiddetta economia reale. Stolti e pazzi! A parte il fatto che non esistono due economie, una reale e una irreale, mentre esiste capitale reale e capitale fittizio, questa è una crisi di sovrapproduzione di capitali come il mondo non ha mai visto. E pletora di capitali vuol sempre dire pletora di merci. I disgraziati che non possono pagare i mutui e quelli che accumulano debiti sulle carte... di credito sono precipitati nella miseria perché si produce troppo, non troppo poco. Se anche solo la millesima parte del capitale fittizio (esclusivamente circolante) si convertisse per miracolo in capitale reale (produttivo di valore), il mondo esploderebbe, ricoperto di merci invendute. Al momento non si vede alcuna reazione di classe, ma la situazione materiale è davvero magnifica.