Riceviamo e pubblichiamo con piacere una raccolta di
componimenti, che un compagno ha voluto dedicare al ricordo di Paolo.
27 dicembre 2017
Dicembre 2017
Perché mai
la goccia è stata lasciata cadere
minacciando di far traboccare il vaso
proprio ora?
Perché mai
sono state suscitate le forze infernali,
sono state sciolte, nelle loro caverne, le catene ai Titani
liberi di placare la loro tremenda sete di vendetta
proprio ora?
Si è raccontato
della rabbia collerica di Joseph Goebbels
una volta che, al principio del 1939,
ebbe veduto i libri contabili del Reich
le cui falle non erano più prorogabili,
per quanto geniale fosse
la magia nera di Hjalmar Schacht
e degli altri esperti di banca e di finanza.
Non si saranno forse accorti,
gli altissimi esperti di banca e di finanza
riuniti insieme ad altri drogati e lupi mannari
nel loro sinedrio, in qualche posto sulla Fifth Avenue,
che le riserve d’oro custodite a Fort Knox
si sono dileguate,
proprio ora?
Non avranno forse in quel sinedrio stabilito,
che per salvare almeno le apparenze,
che per garantire almeno la parvenza di un qualche valore monetario,
alle tonnellate e tonnellate
di cambiali in bianco e di altri titoli di debito
o di credito,
stampate dai torchi della Federal Reserve
sia necessaria, per l’incasso,
una firma di girata scritta in inchiostro rosso
estratto dal sangue umano,
proprio ora?
Il suo trionfo non poteva essere più totale,
schiacciante.
E’ passato fra ali di folla
in visibilio.
Tale era il dato di fatto
inconfutabile
che persino gli scettici – scorie residuali –
non osavano adombrare
che obiezioni secondarie del tutto irrilevanti.
Non gli restava ora che compiere l’ultimo gesto
a sancire l’apoteosi:
scandire a pieni polmoni,
dall’alto del palco, di fronte alla folla assiepata
e a beneficio del nugolo di telecamere appostate,
scandire a pieni polmoni, dicevamo,
il suo nome.
Un nome breve, secco, diretto e definitivo
come un colpo di pugnale.
Un nome la cui sola pronuncia
mette i brividi:
PIRRO!
Deciso che ebbe di sfuggire ad un millenario cliché,
di uscire dai ranghi,
Sisifo infine lasciò rotolare a valle l’ennesimo masso
e si eclissò dietro uno dei tornanti della sua eterna salita.
Si diede allora alla macchia
beffando le guardie che gli davano la caccia.
Dalle fessure di un pollaio di legno dove trovò rifugio
accendendosi una sigaretta potette osservare,
pervaso da una immensa gioia infantile,
il luccicare al sole delle baionette
infilzate dai gendarmi
nella paglia dei carri che entravano e uscivano dal villaggio.
L’avessero snidato
fra un giorno, fra un mese, fra un anno
e ricondotto al suo destino scritto e sancito per sempre,
l’inaudito si era comunque oramai verificato.
La frittata, come si dice, era oramai fatta.
Un mito millenario era andato in frantumi.
Sino a simili disastri
è potuto arrivare il Capitalismo
nella sua fase terminale,
nella sua putrefazione.
Che si faccia piena luce perdio!
E tanto fu abbagliante la sua irradiazione
che più di qualcuno ne ebbe serie lesioni alla vista.
Oltretutto si sarebbe rischiato il cortocircuito:
“girate l’interruttore e spengete, per l’amor del cielo!”.
Che il Ragno sia cavato dal buco:
“Ragno esci dal buco. Subito!”.
Ci fu l’intesa per varare una Commissione d’Inchiesta.
Ci vuole una Commissione Parlamentare d’Inchiesta.
Ancora!? Sì, ancora.
La Commissione Parlamentare d’Inchiesta ha solennemente aperto i lavori.
La Commissione Parlamentare d’Inchiesta ha chiuso i suoi lavori.
Il Ragno era ed è al suo posto
cioè nel buco.
Mica è fesso il Ragno.
Il leader sindacale è in stato di agitazione,
arringa, mulina i pugni
gliele suona agli Industriali e a quelli del Governo:
“ci vogliono gli Investimenti, ci vuole puntare sulla Ricerca
e che tutti paghino le Tasse…”
Evasori pagate le Tasse. Subito!
Si minacciano fuochi e fiamme
e un referendum per abrogare qualcosa.
Ancora!? Sì, ancora.
I salariati presenti in sala applaudono.
La crisi li ha sfibranti, li ha stravolti.
Hanno la faccia verde, sono trasfigurati,
si sentono abbandonati dallo Stato.
Lo Stato li ha abbandonati,
li ha – con rispetto parlando – mandati a cagare.
Non vi è dubbio
che ci vorranno alcuni decenni
perlomeno
di severa disintossicazione
sotto il ferreo controllo
della dittatura proletaria
alla scala dei più evoluti paesi
perlomeno.
Si comincerà allora ad intravvedere all’orizzonte,
in capo a questa lunga ed aspra marcia
verso la Gemeinwesen-Comunità umana,
lo stagliarsi della skyline
della Città del Sole.
Forse la stessa
intravista nelle visioni di Tommaso Campanella.
Forse la stessa
il cui carattere essenziale
la penna di Cervantes aveva potuto solo delineare
sulla carta:
“…quelli che in essa vivevano
ignoravano queste due parole:
tuo e mio”.
Giunta così alle sue porte
seguendo il sentiero tracciato
“del movimento reale che abolisce e supera il presente stato di cose”,
la carovana potrà finalmente deporre le armi.
Gli scettici contemporanei
o più esattamente gli uomini pratici
quelli del qui-e-ora,
quelli che muovono i loro passi con sano e sacrosanto realismo,
chiedono di poter toccare con mano.
E, in tutta franchezza,
ne hanno ben donde:
dove mai si trova Questo Luogo?
Dove poterlo vedere con i propri occhi,
materialmente
e non nel racconto di qualche visionario?
Ebbene
a tutti gli scettici o più esattamente a tutti gli uomini pratici
possono essere fornite
piuttosto agevolmente
le coordinate geografiche che con sufficiente approssimazione,
qui-e-ora,
permettono di individuare Questo Luogo
il quale peraltro non ha nulla di magico, né di misterioso.
Esso si trova all’incirca a metà strada,
una volta oltrepassate le prime colline,
fra il Lago dei Cigni ed il Giardino dei Ciliegi!
Cervantes: don Chisciotte
della Mancha, Libro
I° cap.
XI
“Felice età e secoli felici quelli a cui
gli antichi
diedero il nome di età dell’oro, e non
perché in essi l’oro, di cui si fa tanta stima in
questa nostra età di ferro, si ottenesse in
quell’epoca fortunata senza alcuna fatica, ma perché
allora quelli che in essa vivevano ignoravano queste due parole: tuo e
mio. In quell’età benedetta tutte le cose erano
comuni: a nessuno era necessario, per ottenere il suo quotidiano
alimento, fare altro lavoro che alzare la mano e prenderselo dalle
robuste querce, che l’invitavano con generosità a
cogliere i loro frutti maturi e gustosi…”
Non è esatto dire
che i capi e le strutture di vertice
del movimento operaio ufficiale,
siano puramente e semplicemente dei venduti
iscritti a libro paga del Capitale.
Fosse davvero così lineare la questione
sarebbe, tutto sommato, relativamente facile venirne a capo.
Si potrebbe pensare, ad esempio,
di lanciare una colletta fra la massa dei proletari
in modo da rastrellare
40, 50 e persino 60 Danari
da offrire al Giuda per accaparrarsene i servigi
in luogo dei canonici 30
che, storicamente parlando,
è la tariffa sindacale pattuita fra le parti sociali
per darsi in affitto.
Ma, se così non è,
cos’altro allora?
Questione forse di vermi
e di relative mele marce nel cesto?
Suvvia, non banalizziamo!
Di vermi e di relative mele marce
ne troverete, a grumi, nei cesti di tutti gli ambiti.
Fosse per quello, persino nel cesto del Vaticano, tanto per dire.
Piuttosto si può opinare,
con un certo qualche fondamento,
che le strutture di vertice e che i capi
del movimento operaio ufficiale
“non svolgano a dovere la loro funzione”,
non tutelino come potrebbero i loro assistiti…
Come un avvocato che
perda una causa dietro l’altra
toppando, sistematicamente, nell’arringa.
O meglio,
come un sensale mediocre
il quale ricavi soltanto 30 misere ghinee
dalle pellicce di castoro portate al mercato,
quando invece un buon sensale
ne avrebbe portato a casa
40, 50 e persino 60
di ghinee d’oro,
per le stesse pellicce di castoro.
E se invece…
…e se al contrario fosse
che strutture di vertice e i capi,
non solo sappiano perfettamente fare il loro lavoro
ma, nonostante tutto, a dovere lo svolgano
adempiendo egregiamente,
in questi tempi di vacche magre e nelle attuali generali circostanze perigliose,
al loro compito istituzionale?
La faccenda è,
come si vede, e storicamente parlando,
alquanto controversa.
E’ inutile aggiungere che
una volta preso nel sacco Il Leviatano
occorra riempirlo di legnate.
Legnate su legnate, senza misericordia.
Fino a fracassarne le ossa
e le altre articolazioni,
fino a mandarne fuori uso
i cosiddetti gangli vitali.
Perché se per ventura – che Iddio non voglia –
l’immondo animale dovesse riuscire a divincolarsi
e a uscire dal sacco
vivo e sulle sue zampe…
Sarà allora Lui, l’immondo animale, Lui il Mostro
a farci un mazzo così
per cent’anni almeno.
Cento anni dentro una pietraia
a spaccare massi dal mattino alla sera
e con la palla di piombo al piede,
e con l’incombenza, una volta rientrati alle baracche,
di dover imparare a memoria,
articolo dopo articolo,
la più bella Costituzione del mondo.
Ora,
è vero che, a misurare il consumo del Tempo,
sul Contatore della Storia,
le tacche scattano in salti di secoli e millenni.
Ma è altrettanto vero
che dopo altri cento anni così,
dopo un salasso del genere,
l’addetto alla lettura del Contatore
passando nelle baracche per rilevare i dati del consumo,
troverebbe l’Umanità sopravvissuta
in uno stato così pietoso, così debilitato, così prostrato,
da non poterne che constatare l’assoluta impossibilità
e indisponibilità evidente
al pagamento delle relative bollette.
Una Umanità così conciata,
per giunta morosa ed insolvente,
andrebbe, fra l’altro, a sommare
i suoi debiti inesigibili
al fardello dei debiti pregressi.
Una ulteriore complicazione dell’annoso problema del debito pubblico,
un rompicapo in più
per i funzionari del Ministero del Tesoro e delle Finanze.