(30 gennaio 2008)
7 ANNI!!!!!!! di condanna a testa per tutti e tredici gli imputati del movimento fiorentino nel processo per le cariche della polizia sotto il Consolato degli Stati Uniti, in occasione dello sciopero generale del sindacalismo di base del 13.05.99 contro la guerra della NATO e di D’Alema in Jugoslavia. Ben oltre le stesse pesantissime richieste del PM (dai 4 ai 5 anni).
Quel giorno il corteo fu caricato duramente sotto il Consolato, con 5 feriti, e ne seguì una giornata di mobilitazione con l’occupazione della sede dei DS.
A distanza di 9 anni con l’unica accusa di RESISTENZA AGGRAVATA a pubblico ufficiale, vengono condannati a 7 anni tutti i compagni. L’unica AGGRAVANTE è, con lampante evidenza, quella POLITICA; avere manifestato e continuare a manifestare oggi come ieri contro la guerra, la repressione, a fianco dei lavoratori, per l’ambiente, per la giustizia sociale.
E la PUNIZIONE è infatti COLLETTIVA, rivolta a chi continua a praticare politica, conflitto e partecipazione. Verso un movimento che a Firenze non si può ricondurre alle solite compatibilità e che ha saputo esprimere nelle sue varie forme e componenti una radicalità ed un’autonomia che evidentemente fanno paura.
Si parla tanto dei vari allarmi sicurezza, del pericolo immigrati, ma la vera EMERGENZA oggi è quella DEMOCRATICA. L’emergenza di chi si ritrova sotto inchiesta e condannato per avere fatto politica, per essersi opposto alla guerra. La vera emergenza è la nostra sicurezza: la sicurezza di non morire sul posto di lavoro, di avere un lavoro vero ed una casa dignitosa. Ma a questa emergenza si può rispondere solo con tribunali e condanne esemplari.
Questa sentenza, sia chiaro, parla a tutti e tutte noi che da anni ci battiamo per un sistema migliore. Non ci sono spazi per un’opposizione sociale e politica in questo paese. E non si creda che sono/siamo i soliti cattivi ad essere condannati. Ad essere condannata è la nostra politica, ed in questo senso oggi più che mai siamo tutti coinvolti.
Passando dalle condanne di Genova a quelle degli antifascisti di Milano, da Firenze a Cosenza, dalle 9.000 persone coinvolte in procedimenti giudiziari dal 2000 ad oggi, alle decine di inchieste per associazione, di fronte a questa EMERGENZA non ci sono spazi di ambiguità: bisogna schierarsi e chiaramente a fianco di tutti i compagni coinvolti in inchieste e processi. Se la repressione vuole dividere la solidarietà deve unire.
Come realtà fiorentine esprimiamo la massima solidarietà ad i 13 compagni con la sicurezza che mai verranno lasciati soli e rilanciamo con forza una mobilitazione cittadina e nazionale contro queste vergognose sentenze e per tutti gli altri processi.
Sabato 2 febbraio manifestazione a Cosenza
Sabato 9 febbraio manifestazione a Bologna
GENOVA–COSENZA–FIRENZE
GUERRE, TRIBUNALI E CONDANNE NON FERMERANNO LE NOSTRE LOTTE CONTRO LA REPRESSIONE NON UN PASSO INDIETRO
Cantiere sociale K100fuegos, Cpa Firenze Sud, , Voci dalla Macchia, Rete Collettivi Studenti medi fiorentini, Collettivo Politico di Scienze Politiche, Collettivo FuoriLOGO di Economia
fonte: cpa@ecn.org
(30 gennaio 2008)
In questi giorni sta per concludersi a Cosenza un processo molto simile a quello appena terminato a Genova. Anche in questo caso un gruppo di persone, appartenenti al "Sud Ribelle", si trova di fronte ad accuse gravissime: "sovvertire violentemente l'ordine economico costituito nello stato" per aver partecipato alle grandi manifestazioni in occasione del vertice OCSE di Napoli e del G8 di Genova nel 2001.
Non che sovvertire con qualsiasi mezzo necessario l'ordine economico costituito nello stato sia di per sé un fatto gravissimo, anzi ci sembra essere l'unico obiettivo sensato per ogni sfruttato. Il problema è che gravissime sono le pene previste. Infatti il pubblico ministero ha chiesto una cinquantina di anni carcere ed altri di libertà vigilata
Chi detiene il potere vuole continuare a tenerselo e per questo vorrebbe "regalare" anni ed anni di carcere a chi ha lottato, si è ribellato, ha manifestato irriducibile dignità. Per questo una serie di fatti specifici, avvenuti ad esempio durante le manifestazioni, sono stati gonfiati, inventati, estesi ad altri, trasformati in reati associativi, aggravati da termini che possano ricondurre ad un immaginario di guerra (quali la devastazione ed il saccheggio) in modo da moltiplicare la pena. Così, mentre l'unica guerra evidente, con bombardamenti o meno, è quella scatenata dal capitale per continuare ad opprimere, si prospetta un altro scenario di condanne per chi a questa guerra resiste.
Le risposte che si vorrebbero dare ai continui attacchi repressivi languono. Non è bastato l'esito del processo di Genova per sgombrare il campo dagli appelli grondanti di lezioni di democrazia, di sdegno per accuse risalenti al codice del periodo fascista, di richiami alla Costituzione, di paragoni con le avvenute promozioni dei torturatori in divisa: un'altra manifestazione con una lista chilometrica di adesioni, zeppa di partiti e di rappresentanti delle istituzioni, pesa come un macigno sul futuro di coloro che con partiti ed istituzioni non hanno nulla a che spartire, quelli che, ancora una volta, potrebbero essere i "cattivi" che pagano per tutti perché rivendicano in toto la radicalità delle azioni avvenute.
L'appello lanciato per indire la manifestazione di sabato 2 febbraio a Cosenza sottolinea che, per i fatti del vertice OCSE di Napoli e del G8 di Genova, furono arrestate venti persone che erano state fra gli organizzatori del Forum Sociale Europeo di Firenze, "una delle più importanti esperienze di partecipazione democratica realizzate nel nostro paese". Per definizione, dunque, queste persone dovrebbero rientrare fra i buoni. Se qualcuno non avesse contribuito all'organizzazione di importanti esperienze democratiche, al contrario, rientrerebbe per definizione tra i cattivi.
A noi non importa un fico di qualsiasi cosa abbiano organizzato nello specifico queste persone. Ci importa, caso mai, che durante la lunghissima storia che ha portato al processo contro il "Sud Ribelle" molti fra gli accusati abbiano già preso le distanze dai coimputati e che alcuni abbiano fatto carriera all'interno di partiti ed istituzioni. La discrepanza fra imputati eccellenti ed imputati "qualunque" si rivela, quindi, ancora più rilevante che nel processo di Genova.
Ci importa che ancora una volta non riesca il gioco che ha indicato Carlo come primo cattivo e dopo lo ha riabilitato perché le forze dell'ordine erano state più cattive, quello stesso gioco che ha poi additato i processati di Genova come "blocco nero" per poi scagionare la metà. Non è affatto una consolazione che Carlo ora sia un simbolo, che molti il 17 novembre pensassero di essere in piazza a Genova per manifestare solidarietà a tutti gli imputati, che un tribunale abbia riconosciuto le menzogne di qualche poliziotto o carabiniere. Il fatto è che Carlo è morto, che 10 persone dovranno affrontare un processo di appello per devastazione e saccheggio con una tremenda condanna alle spalle, che ancora nel napoletano o a Cagliari persone che non vogliono morire avvelenate siano state selvaggiamente picchiate da altri poliziotti o carabinieri.
In questa fase di involuzione di molte coscienze (sollecitate solo dalla salvaguardia degli interessi clericali) e di allarmismo sicuritario, tendente ad un'oggettiva fascistizzazione, che complicano l'esistenza di tutti coloro che vogliono continuare a lottare, stanno però intervenendo altrettanto oggettivi disastri economici ed ambientali che sempre più spesso determinano reazioni non solo rabbiose, ma organizzate e raccordate fra loro. Basti pensare alla TAV, agli inceneritori e le basi militari, ai posti di lavoro segnati da continue morti, a quanti supportano le rivolte e le fughe dai CPT dove vengono deportati gli immigrati che cercano scampo alla guerra e alla fame. Questo va letto in una possibile prospettiva di cambiamento dei rapporti di forza e deve essere pratica per una crescita comune che eviti i particolarismi e le alleanze puramente tattiche.
Ricominciamo quindi a gestire collettivamente e in un ottica di classe la storia di questi anni, non cediamo alle lusinghe di chi vorrebbe vederci imploranti a chiedere giustizia ai responsabili dell'ingiustizia: ci chiederebbero ben presto di implorare perdono.
Costruiamo ovunque momenti di informazione e solidarietà attiva con gli imputati del processo di Cosenza per dimostrare in modo palese la nostra determinazione nel continuare la lotta e per rivendicare i percorsi di ribellione allo stato di cose presenti: del resto che le masse scese nelle piazze di Napoli e Di Genova fossero storicamente nel giusto è dimostrato dalla realtà devastata che è sotto gli occhi di tutti nonché dalle squallide disavventure di un ceto politico dirigenziale, di qualsiasi colore o sfumatura, che chiede l'impunità per sé stesso comminando anni di galera a chi si ribella.
Spazio di documentazione il grimaldello Genova
fonte: olivavittoria@virgilio.it