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L’altra verità su Aleppo e la guerra in Siria

Segnaliamo un interessantissimo intervento dinanzi alla Commissione Esteri del Senato, da parte dell’arcivescovo cattolico maronita di Aleppo, Joseph Tobji, sulla situazione in Siria e in particolare nella parte ovest della sua città (http://www.maurizioblondet.it/?s=arcivescovo+di+aleppo), che ci fornisce lo spunto per alcune più ampie considerazioni.

Negli ultimi tempi siamo letteralmente subissati dalle notizie (Tv e quotidiani) circa i massacri che le forze armate del piccolo Satana al Assad compirebbero nella parte orientale di Aleppo con il supporto del grande Satana russo: un vero e proprio genocidio per il quale democratici ed umanitari paesi occidentali dalle mani “pulite”, come ad es. la Francia (ricordate il colonialismo europeo?) hanno chiesto l’espulsione della Russia dal Consiglio di Sicurezza dell’ONU.

Quella dell’arcivescovo è una versione molto diversa e scomoda per tutti costoro: «Siamo assediati dai terroristi, noi vittime dei ribelli». «I terroristi tirano ai civili. I bambini morti o mutilati sono migliaia. Aleppo è la città più distrutta dopo Hiroshima. Non ci sono più chiese. Da 5 anni abbiamo la corrente elettrica solo per due ore al giorno. I generatori privati per un’energia minimale di 3 ampere costano l’equivalente di un terzo di uno stipendio mensile. I terroristi hanno tagliato l’acqua alla parte ovest. Io stesso, per la doccia, uso 4 litri di acqua che vengono poi riciclati grazie ad un catino sottostante. Coloro che erano ricchi vivono ora sulla soglia della povertà, gli altri sono drammaticamente sotto. Quando Aleppo è assediata, manca tutto: anche pane e medicinali».

Il regime di Damasco, dunque, si sta soltanto difendendo, con l’aiuto degli alleati russi, dall’attacco che gli è stato scagliato contro da paesi arabi infeudati agli USA via “ribelli rivoluzionari”.

Da sempre le guerre si combattono non solo con le armi e con lo spionaggio ma anche, e questo soprattutto nei tempi moderni, con la propaganda. Questa negli ultimi anni è supportata anche dalle ONG che spesso, dietro la facciata umanitaria, sono dei veri cavalli di Troia al servizio dell’imperialismo (al riguardo rimandiamo alla nostra nota – “Appendice Trident” – circa il sostegno dato da queste alla manovra NATO dello scorso anno).

Utilissimo quindi questo intervento di controinformazione. Certo dovrebbe destare sospetto il fatto che quotidianamente venga distrutto un ospedale nella parte est di Aleppo (evidentemente il malfamato regime di al Assad si preoccupava della assistenza sanitaria alla popolazione), mentre ad Aleppo ovest non ci sarebbero problemi, edifici od ospedali distrutti, carenza provocata ai rifornimenti idrici e quant’altro.

Ma la tragedia siriana ha radici lontane.

La propaganda contro il tirannico regime non data certo da questi ultimi mesi ed ha molteplici fini. Innanzitutto la demonizzazione dell’avversario, ingigantendo problemi reali (che certo c’erano) ed inventandone altri. Questa la testimonianza del vescovo, che premette di essere un uomo di chiesa e non un politico: «Non vedo Assad come il diavolo. In Siria prima stavamo bene, era un mosaico vivibile, con un Islam moderato e aperto. Adesso viviamo in compagnia della morte. Aleppo, con 10 mila anni di storia, era la città siriana più importante per l’industria e la cultura. Aveva 4 milioni di abitanti, oggi sono circa un terzo». E ancora: «Le relazioni con il Governo sono buone da sempre. Assad è il Presidente eletto. Noi le processioni le facevamo con la scorta della polizia. Qualcuno ci accusa di essere venduti al Governo, ma perché mi devono imporre l’idea che Assad sia il diavolo? I ribelli sono seguiti convintamente da pochissime persone. I terroristi hanno buoni rapporti con i turchi. Ho visto terroristi dell’ISIS parlare amichevolmente con militari turchi. In più ci sono gli stranieri wahabiti sauditi che strumentalizzano l’Islam per scatenare la guerra».

La demonizzazione dell’avversario è un vero e proprio anestetico viene riversato con larghezza in patria mirando a narcotizzare il proletariato, peraltro già alle prese con la difficile crisi e con il problema degli immigrati che oggettivamente gli vengono scagliati contro, creando una depressione della sua forza contrattuale, già indebolita da decenni di frammentazione delle lotte.

La propaganda serve poi a creare, quando la situazione è matura , il casus belli (ricordate il costruito massacro di Rakac che diede inizio alla aggressione alla Jugoslavia, la strage di Srebrenica ed innumerevoli altri casi?). Chiaramente i massacri sono solo a senso unico: quelli compiuti dall’imperialismo occidentale in prima persona o per interposti sudditi o non esistono oppure su di essi cala la sordina (in effetti la guerra in Yemen non ha la stessa copertura mediatica di quella siriana).

Da anni la strategia dell’imperialismo segue più o meno sempre lo stesso schema: sulla base di problemi reali (che pure ci sono) o costruiti ad arte si innestano le rivoluzioni colorate ampiamente foraggiate dall’Occidente (Serbia, Ucraina, Georgia...) oppure vengono finanziati dei “ribelli” (notate al riguardo quanto dice l’arcivescovo nel video): questo in Siria come in Libia, ma anche in altri paesi (si pensi alle rivolte degli Uiguri nella Cina occidentale, che possono certo nascere da problemi reali ma che alla fine sono eterodirette dall’Occidente). Ribelli che vengono spacciati dall’Occidente come combattenti per la libertà contro regimi tirannici e che vengono salutati come avanguardie della rivoluzione da sinistri, anche estremi, in preda ad allucinazioni (certo, il fatto che dei ribelli invochino l’aiuto della Nato dovrebbe far sorgere qualche dubbio, come, altrove, il fatto che i curdi del Rojava siano sostenuti dagli USA dovrebbe far rizzare le antenne... altro che nuovo faro del socialismo... autogestito!!).

Altro escamotage occidentale è la richiesta di elezioni “democratiche” (ma ad es. in Siria al Assad non era stato eletto democraticamente? E l’ex presidente dell’Ucraina, Janukovyč?), che eventualmente vanno ripetute fino alla elezione di un candidato gradito all’Occidente oppure tutto si risolve con un bel colpo di stato, chiamato elegantemente regime change: vedi negli anni 90 in Algeria le elezioni che avevano dato la vittoria al FIS, vedi i regime changes più recenti in alcuni paesi dell’America centro meridionale...). Alla fine all’Occidente non dispiacciono i dittatori “figli di puttana” (ma purché “siano i nostri figli di puttana”) o quisling insediati con l’aperto supporto dell’imperialismo (vedi il caso al Serraji in Libia).

Si tratta di esportare la democrazia di tipo occidentale. Su questo punto la posizione del vescovo è tranciante: «Penso che gli USA sbaglino a voler imporre il loro modello di democrazia. Venire con arroganza a dire che il Presidente eletto non va bene, mi suona come dittatura».

Afganistan, Yugoslavia, Iraq, Libia, Siria, tutti esempi si democrazia esportata sulla punta delle baionette (anzi, a volte, neppure in questo modo ma con “asettici” bombardamenti aerei, lasciando a mercenari il lavoro sporco sul terreno).

Ma non dobbiamo tacere su un altro aspetto, che è pure una arma di distruzione di massa impiegata dall’imperialismo occidentale: le sanzioni. Si tratta di un vero e proprio assedio che riduce alla fame le popolazioni e le falcidia con malattie, eppure da qui non si leva più nessuna voce contro questo vero e proprio genocidio. Il vescovo dice: «Le sanzioni economiche sono peggiori delle bombe, perché fanno male a semplici cittadini. Sono immorali ed ingiuste.» E dice ancora: «Con la guerra ci si guadagna due volte. Si vendono armi e poi c’è la ricostruzione».

E’ vero: il capitalismo ha sempre un duplice guadagno, con la guerra (vendita di armi, union sacreé in patria, razzie, sottomissione di popolazioni, distruzione di merci e di quella particolare merce che è la forza lavoro) e con la ricostruzione.

E’ dunque possibile poter porre fine alla guerra? La soluzione – molto ingenua! – prospettata dal vescovo consiste nello «stop alla vendita di armi», come se questa pia illusione fosse possibile in regime capitalistico... Quanto poi all’intervento degli USA, parla di «sbaglio», ma subito dopo si corregge e si chiede: «agiscono con volontà?».

Sì, gli USA agiscono “con volontà” ma in effetti sono costretti a comportarsi in questo modo. La potenza degli USA, ancora notevole, ha comunque imboccato la via del declino, (l’economia statunitense sta andando in recessione, anche lo status del dollaro come valuta mondiale di riserva è a rischio, infatti le riserve mondiali si orientano verso lo yuan, il rublo e l’oro), davanti al rafforzarsi di altre potenze emergenti (ricordate quando la Russia veniva considerata spacciata? E la Cina?). E la grande Bestia, l’imperialismo USA, inizia a sentire l’acqua alla gola. Cerca di domare avversari ed alleati. In Europa ha brutalmente richiamato all’ordine la riottosa Germania (caso Volkswagen, attacchi speculativi e multa stratosferica alla Deutsche Bank, poi ridotta appena il governo tedesco è ritornato a più miti consigli) mentre l’Italia, buon vassallo, cerca, come da tradizione, di tenere sempre pronta qualche “alternativa”.

Nello scacchiere mondiale le frizioni con la Russia sono sempre più acute, a livello di quelle verificatesi con la crisi dei missili degli anni 60, dopo anni di progressivo accerchiamento (logico che questo paese cerchi di difendersi, ma ormai lo si legge solo sul “Corrierone”, sul “Giornale”, su “Libero” o su qualche rara intervista –  come quella concessa al sito Linkiesta.it dall’ex ambasciatore Sergio Romano dal titolo significativo: «Nuova guerra fredda con la Russia? È colpa nostra. Di Putin non abbiamo capito nulla»  –, mentre sul “Manifesto” si continua a parlare dello zar Putin...). E al tempo stesso si preparano quelle con la Cina. Minacce al sistema USA ormai sono ricorrenti. Saddam aveva cercato di muoversi in proprio: liquidato; Gheddafi voleva creare una moneta africana e sganciarsi dalla tutela dell’FMI: liquidato; ora le Filppine lasciano l’area USA e si avvicinano a Cina e Russia... (“Libero” del 21 ottobre 2016).Ormai anche le dichiarazioni dei massimi responsabili militari USA sono da guerra fredda (cfr discorso del capo di Stato maggiore dell’Esercito degli Stati Uniti): «Voglio essere chiaro con coloro che in tutto il mondo vogliono distruggere il nostro stile di vita e quello dei nostri alleati ad amici: noi vi fermeremo e vi colpiremo più duramente di quanto siate mai stati colpiti. Non c’è alcun dubbio al riguardo». «Siamo in grado e continueremo ad esserlo di dispiegarci rapidamente e distruggeremo qualsiasi nemico, ovunque ed in qualsiasi momento», citando nel suo discorso Russia, Cina, Iran e Corea del Nord (cit da http:/megachip.globalist.it).

Gli USA restano comunque per ora l’imperialismo n°1, la grande bestia da abbattere. Ci sono poi i “subimperialismi” e tra questi ricordiamo innanzitutto il nostro, che cerca nonostante tutto di agire per i propri interessi. Il proletariato non ha nulla da guadagnare ponendosi in lotta contro l’imperialismo USA qualora sia al rimorchio di quello europeo o di quello di una “Europa mediterranea” antitedesca o “semplicemente” a rimorchio della propria borghesia. Vale sempre la parola d’ordine : “Il nemico principale è a casa propria”! Può tutto guadagnare uscendo dallo stato di paralisi in cui si trova ed unendo la ripresa sua lotta con quella delle masse del terzo mondo.

26 ottobre 2016