Pubblichiamo l’appello diffuso dai compagni della zona napoletana per la manifestazione nazionale contro la criminale operazione in atto contro la Libia da parte delle maggiori potenze democratiche occidentali. Si tratta certamente, al momento e passato quasi un mese dall’inizio degli attacchi armati imperialisti, dello sforzo più significativo per mettere in campo un’opposizione alla guerra che vuole ancorarsi ai criteri e agli interessi di classe, in rottura con un imbelle pacifismo di cui a nostro avviso si può parlare di impotenza solo per la sua componente per così dire onesta (alla Gino Strada per intenderci) quanto al resto invece si può e si deve parlare come di movimento complementare all’opera delle cannoniere democratiche.
Punto certamente basilare scritto dai promotori dell’iniziativa: “E’ giunto il momento di affermare che non esistono interessi ’nazionali’ ma solo gli interessi degli sfruttati e dei dominati di tutto il mondo contro quelli dei dominanti e dei regimi di tutto il mondo”. Fuori di dubbio quanto sia arduo, assai arduo, dar conseguente sviluppo all’iniziativa internazionalista di classe a partire da questa base di principio: ad esempio la formula buona per tutti gli usi “al fianco del popolo libico” potrà forse agevolare la riuscita “di massa” di una manifestazione (tenendo insieme un po’ tutti, persino gente, decisamente fuori dal seminato, che arriva a mischiare la Comune di Parigi con ...”la Comune di Bengasi”) ma è un “ecumenismo” col quale non si farà alcun passo in avanti.
Ma, detto con tutta franchezza, sono altri i punti critici del documento su cui non possiamo tacere.
Il primo laddove si dice che “i popoli o si liberano da soli o non si liberano affatto” e che può rimandare a qualcosa di simile alla formula della “non ingerenza negli affari interni” usata, quando è comodo farlo e se ne ha la forza (Gheddafi difatti la reclama ma non ha la forza sufficiente a tener lontano gli avvoltoi), dalle diplomazie e dagli stati borghesi. Noi invece dobbiamo ribadire non il diritto ma il dovere, per i militanti di classe, di “ingerirsi” nei cosiddetti “affari interni” che poi sono gli affari della classe internazionale cui apparteniamo e, in fondo, non è forse questo il giusto spirito per cui è convocata questa manifestazione? “Loro” non si libereranno mai da soli, così come noi non ci libereremo mai “da soli”.
Ben sappiamo che i compagni intendono con quella frase riassumere ed esprimere la necessità di contrastare “l’ingerenza” dell’imperialismo ma, a scanso di ogni equivoco dobbiamo dire che l’affermazione, la formula “ogni popolo si dove liberare da solo” è del tutto sbagliata in via di principio, dei principi del comunismo perlomeno, e falsa in via di fatto.
Il secondo punto critico è a nostro parere la drammatica questione dei migranti che non pensiamo proprio possa essere presentata e ridotta come “emergenza umanitaria creata strumentalmente” dal Governo o da qualche sua forza componente e a cui soprattutto i comunisti non possono per noi pensare di rispondere con la rivendicazione, buona per gli spiriti umanitaristi e dei buoni cristiani, del Diritto alla “libera circolazione” che è poi, come abbiamo svolto in altro intervento, “UNA SCHIAVA CIRCOLAZIONE e la nostra lotta non è per conservare una “libera” schiavitù che liberamente possa circolare e concorrere con altri schiavi salariati locali” (vedi su queste pagine “ La questione dell’immigrazione è un problema di classe ”).
Che Napoli sia un
momento per l’affermarsi di una coerente opposizione di classe ed internazionalista
contro l’imperialismo democratico, quello di casa nostra in primo luogo!
14 aprile 2011
L’Italia che a parole ripudia la guerra si è lanciata in una
nuova aggressione militare a senso unico, come le precedenti, questa volta contro la Libia che
rappresenta la “nostra” quarta sponda. La quinta in vent’anni, la terza nel giro
di un decennio in cui si è persa ogni remora nei confronti dell’intervento bellico.
Ma a
differenza delle altre occasioni pochi sembrano indignarsi, pochi alzano la voce per gridare che
questa, come già altre guerre, ha dei motivi ben precisi: le immense ricchezze del sottosuolo libico, il
gas, il petrolio, gli affari delle grandi aziende e della grande finanza. Motivi che stanno causando già
centinaia di morti fra i libici, e che ne causeranno ancora di più, appena l’uranio impoverito,
sganciato in quantità, comincerà a fare effetto. Motivi che potrebbero portare, come già successo nei
Balcani, in Afghanistan o in Iraq, alla devastazione della Libia, alla fine della sua sovranità,
all’occupazione militare di un territorio-chiave per controllare e addomesticare tutte le
rivolte che stanno agitando il Nord Africa e il mondo arabo.
Come al solito, la prima vittima
della guerra è stata la verità: per giustificare l’uso della forza abbiamo visto squadernarsi
tutte le retoriche guerrafondaie, nelle varianti di destra e di “sinistra”. Da un ritrovato e
sfacciato spirito colonialista (“dobbiamo intervenire perché la Libia è casa nostra”) al
ritornello della guerra umanitaria (“dobbiamo proteggere la popolazione contro il
tiranno”), passando ovviamente per i cliché razzisti (“dobbiamo intervenire per portare
la democrazia ai popoli sottosviluppati”). Soprattutto si è cercato di neutralizzare
l’impatto emotivo di una nuova guerra, di farla sparire dalla nostra percezione, di inserirla nel
tessuto della quotidianità, parlando di “no-fly zone”, “pattugliamento
umanitario”, “sostegno ai ribelli”.
Dovremmo sapere bene cosa si
nasconde dietro questi eufemismi: il profitto delle multinazionali dell’energia, il desiderio
delle potenze occidentali di accaparrarsi, anche dopo il disastro nucleare giapponese, risorse
preziose in tempo di crisi, la voglia di controllare un pezzo di mondo che si è risvegliato e cerca da
sé la sua libertà. Si interviene in Libia proprio come si sono sostenuti fino alla fine i regimi di Ben Alì
o Mubarack, o come si appoggia la repressione dei movimenti popolari in Bahrein o nello Yemen...
Ancora una volta il “diritto internazionale” si rivela nei fatti solo la legge del più
forte.
Giusto otto anni fa, contro analoghe menzogne, eravamo in milioni a scendere in
piazza. Oggi il silenzio dei pacifisti e dei movimenti è assordante, mentre la sinistra istituzionale si
nasconde dietro ad una risoluzione ONU scritta, come già altre volte, ad uso e consumo di USA,
Gran Bretagna e Francia, mentre a spingere per l’intervento ci sono in prima fila il PD ed il
Presidente Napolitano... Ad “opporsi” alla guerra c’è solo la destra estrema
della Lega, che parla di “invasione dei clandestini”, lascia marcire i profughi a
Lampedusa, crea strumentalmente un’emergenza umanitaria, esaspera l’odio contro i
più deboli e i “dannati della terra” per rastrellare voti sotto elezioni.
Forse è
giunto il momento di riscattare questa vergognosa Italia, che dal baciamano a Gheddafi, il
“nostro miglior alleato”, è passata alle bombe, per paura di perdere i propri affari in
Libia.
È giunto il momento di dire la nostra, mentre riscrivono la storia del Mediterraneo
attraverso le bombe, la violazione dei diritti dei migranti e la continua militarizzazione del nostro e del
loro territorio.
È giunto il momento di affermare che non esistono interessi
“nazionali”, ma solo gli interessi degli sfruttati e dei dominati di tutto il mondo contro
quelli dei dominanti e dei regimi di tutto il mondo.
È giunto il momento di proclamare che i
popoli, e lo hanno scritto in questi giorni proprio i tunisini e gli egiziani in rivolta, o si liberano da soli
o non si liberano affatto.
Tutto questo lo vogliamo dire chiaro e forte proprio a Napoli, dove è
appena passato il comando dell’operazione ora a guida NATO. Ed è per questo che facciamo
appello ai movimenti, alle associazioni, ai comitati, alle forze politiche e sindacali, a tutti i pacifisti
coerenti ed a tutti i cittadini a far crescere in tutta Italia la mobilitazione contro la guerra e costruire
insieme una grande manifestazione nazionale proprio a Napoli, sabato 16 aprile.
Una
manifestazione che, schierandosi a fianco del popolo libico e di tutte le popolazioni in rivolta
dell’area, chieda:
Chiediamo a tutte e tutti di diffondere e sottoscrivere
quest’appello, per cercare nelle due settimane che abbiamo davanti di costruire insieme una
grande e determinata manifestazione contro la guerra!
Nel caso questo appello dovesse
incontrare come speriamo, il sostegno delle più significative realtà impegnate nella lotta contro la
guerra proponiamo di tenere il giorno successivo alla manifestazione, domenica 17 aprile, una
Assemblea nazionale del movimento contro la guerra per discutere insieme come proseguire la lotta
contro questa infame politica che va a seminare in nome dell’umanità e della democrazia
morte e distruzione presso altri popoli, con la vigliacca consapevolezza che questi paesi non hanno
nemmeno le armi per potersi difendere adeguatamente di fronte alle micidiali armi di distruzione di
massa utilizzate.