scrive Franco Juri
TV via cavo, internet e telefonia. La società T–2 sta sbaragliando la
concorrenza. Anche grazie all’offerta di canali dal contenuto pornografico.
Niente di strano, se non che proprietaria della T–2 è la chiesa cattolica
slovena
Mentre la Slovenia,
in qualità di presidente di turno dell’UE, inaugura alla grande il suo
semestre ospitando a Lubiana la Commissione europea e tanti accademici europei
per parlare di «Dialogo interculturale», dietro alle quinte della
composita realtà slovena e dei suoi poteri forti, quelli che in questo momento
di più condizionano le scelte a lunga gittata del governo in carica, si
consuma una paradossale storia di ipocrisia e “doppia morale”.
Protagonista è questa
volta il vertice stesso della Chiesa cattolico–romana slovena, in particolare
la Conferenza episcopale di Maribor.
Lo scandalo si chiama
T–2, attualmente forse la più popolare società di servizi di telecomunicazione
(TV via cavo, internet e telefonia) in Slovenia. La popolarità di T–2, che da
più di due anni sta facendo incetta di utenti anche per i suoi prezzi
concorrenziali e sin dal 2005 per un’offerta innovativa in internet (sistema
VDSL) , è dovuta anche alle sue proposte particolarmente «liberali» dei suoi
pacchetti TV.
Tra i programmi cui
hanno accesso i clienti di T–2 ce ne sono vari di contenuto decisamente
pornografico. Pornografia? Niente di strano, niente di particolare; un
optional, messo a disposizione dei telespettatori da vari servizi di
telecomunicazione. T–2 è semplicemente quello che in Slovenia offre più
pornografia. E allora?
Non ci sarebbe nulla
da obiettare se la triple play T–2 non fosse di proprietà della Conferenza
episcopale di Maribor. Proprio così; con una quota di azioni di maggioranza
assoluta che la Chiesa cattolica detiene mediante la società finanziaria Zvon
Ena, fondatrice e proprietaria di T–2.
L’holding Zvon Ena,
che ha importanti quote di capitale in diverse e importanti imprese slovene (
Sava Kranj, Helios, Lesnina, Hoteli Bernardin, la Banca di Celje, l’holding
Inford, la Krekova družba, l’industria di zinco di Celje ecc.) è per il 52%,
con azioni acquistate alla fine del 2005 per un valore di 50 milioni di euro,
ma oggi notevolmente lievitate, di proprietà della società «Gospodarstvo Rast»
fondata direttamente dalla Conferenza episcopale di Maribor e affidata a Mirko
Krašovec, un influente uomo d’affari al servizio del vertice ecclesiastico per
promuovere gli interessi economici e finanziari della potente chiesa slovena.
Prima dell’ offerta
di Krašovec la Zvon Ena era di proprietà della Krekova Banka, un’istituzione
originariamente legata anch’essa alla chiesa cattolica di Maribor (Krašovec
ne è stato il principale ispiratore). Più tardi la Krekova Banka è stata
acquistata dall’austriaca Raiffeisen Zentralbank, ma Mirko Krašovec ha
mantenuto il posto di membro del comitato di controllo nella nuova Raiffeisen
Krekova, gestendo con particolare destrezza gli interessi della Conferenza
episcopale che rappresenta.
Dopo due anni di
ottimi affari la T–2 e la Zvon Ena sono ora al centro dello scandalo forse
piùdolente per i vertici della chiesa slovena. L’opinione pubblica è venuta
pian piano a sapere che il servizio di telecomunicazioni più popolare e
«pornografico» della Slovenia è in mano alla Chiesa cattolica, quella stessa
Chiesa che nel paese rimane il principale baluardo della morale cristiana e
della famiglia; un baluardo che dai suoi pulpiti lancia strali e anatemi
contro decadenza, immoralità e costumi lascivi. Una chiesa decisamente
schierata con il conservatorismo di Papa Ratzinger.
Ostentando sorpresa –
dopo che la prorietà di T–2 era ormai un segreto di Pulcinella – è corso a
Maribor persino il cardinale Franc Rode, l’uomo del Papa, il primo cardinale
sloveno nella storia, vicinissimo all’Opus Dei, e protagonista tempo fa di una
storia di raccomandazioni a favore della società italiana di costruzioni
Grassetto in un contenzioso di questa con lo stato sloveno. Il favore glielo
chiese allora il cardinale Tarcisio Bertone, oggi Segretario di Stato del
Vaticano.
Rode è volato a
Maribor per raccomandare ai suoi vescovi una soluzione che tolga la chiesa dal
pasticcio, magari salvando capra e cavoli. Evidente l’ imbarazzo dei prelati
sloveni che in due anni «non si erano accorti» che il proprio servizio di
telecomunicazioni offriva ai fedeli sei programmi pornografici. E Rode esige
che i vescovi si tirino fuori dall’affare e ripuliscano l’immagine della
chiesa immacolata. La curia prende qualche giorno di tempo e poi decide di
uscire da T–2, ma cercando di salvare per vie traverse i suoi affari, magari
pensando a prestanomi e società by–pass che riducano la visibilità del legame
tra il vertice cattolico e i programmi pornografici della famosa «triple
play». Insomma, niente più benedizioni dirette al sesso sfrenato in TV.
http://www.osservatoriobalcani.org/article/articleview/8793/1/51
scrive Franco Juri
Il neocardinale sloveno Franc Rode intercede su richiesta di un collega
per un’impresa di costruzione italiana. Ma non è abbastanza discreto, e la
notizia trapela suscitando interrogativi imbarazzanti. Quali sono i legami
tra governo, chiesa e imprese in Slovenia?
Erano passati solo
cinque giorni dalla nomina cardinalizia di Franc Rode, il primo prelato
sloveno a guadagnarsi la berretta scarlatta e a poter finalmente partecipare
a pieno titolo ai concistori. Per la Slovenia, secondo la sua chiesa ed il
governo, si trattava di un evento storico: Franc Rode avrebbe finalmente
affermato, dal prestigioso pulpito cardinalizio in Vaticano, “gli interessi
sloveni” anche lì, a Roma, aveva sottolineato nell’occasione con particolare
enfasi il premier Janez Janša.
La Chiesa slovena
sta diventando, giorno dopo giorno, un protagonista particolarmente attivo e
presente nelle diverse sfere sociali del paese. Il suo pieno appoggio alle
riforme neoliberali del governo Janša ne fa uno degli alleati strategici più
importanti della coalizione attualmente alla guida del paese. Scuole
private, denazionalizzazione
, banche e istituzioni finanziarie,
organizzazioni umanitarie, una forte presenza nei media, sempre più
controllati dal governo, e due forti “reti” paraecclesiastiche presenti sul
territorio: l’Ordine dei Cavalieri di Malta, con influenti adepti tra i
ministri e nella diplomazia, e l’Opus Dei, coadiuvato dal nunzio apostolico
a Lubiana, lo spagnolo Santos Abril y Castillo, in cerca anch’essa di un suo
ruolo attivo nell’opera di sistematica desecolarizzazione in corso nella
Slovenia membro dell’ Unione Europea.
Ma cinque giorni
dopo la sua “storica” promozione Rode viene abbordato dal ben navigato
cardinale genovese Tarcisio Bertone che di punto in bianco gli chiede un
favore né sacro, né liturgico, bensì molto profano e legato agli appalti
italiani in Slovenia. E così lo convince ad intervenire presso il governo di
Lubiana per sbloccare l’impasse venutasi a creare nel contenzioso tra
l’impresa di costruzione italiana Grassetto e la DARS, l’agenzia statale
slovena per le autostrade.
Una vecchia storia
di soldi che si trascina dal 1999, da quando cioè la Grassetto ottenne
l’appalto per il traforo della galleria di Trojane, tra Lubiana e Celje,
esibendo al bando di concorso un preventivo estremamente competitivo, un
“prezzo stracciato” pari a 14 miliardi di talleri sloveni (circa 60 milioni
di euro) che gli altri concorrenti giudicarono, a ragione, irreale, in
quanto non considerava la difficile struttura geomorfologica del monte da
perforare.
La Grassetto
ottenne l’appalto, ma poi, nel corso dei lavori che procedettero tra mille
intoppi, aumentò i costi fino a raggiungere e a ottenere un prezzo molto più
elevato di quello preventivato. Ma le spese per l’impresa italiana
continuarono ulteriormente a lievitare, e – saldato il conto pattuito – la
Grassetto richiese altri 54 milioni di euro “per danni”, il che avrebbe
praticamente raddoppiato la spesa iniziale. Visto il categorico rifiuto
della DARS, l’impresa Grassetto si rivolse al tribunale dove la causa si è
impantanata, non essendoci gli estremi per un’interpretazione plausibile
delle clausule del contratto.
Ma ecco che
l’occasione di smuovere il tutto si presenta con l’apparizione di un
cardinale sloveno a Roma. Che i cardinali fossero importanti mediatori e
lobbisti di grossi interessi economici e finanziari in Italia e altrove, è
cosa più che risaputa. Il dettaglio trascurato da Rode è stato però che il
lobbing cardinalizio si fa seguendo regole precise; prima di tutto quella di
non lasciare tracce dei propri “favori”. Franc Rode invece, seguendo
un’etica un tantino teutonica, le cose le fa in regola, rispettoso dell’
ufficialità e nella piena fiducia nel destinatario del suo intervento. E il
3 aprile scrive a Janez Janša su lettera intestata, con tanto di firma
orgogliosamente completa: Franc Kard. Rode, C.M. prefekt.
Nella missiva si
richiama alla richiesta del cardinale Bertone che propone, in nome della
Grassetto, un patteggiamento che eviti ulteriori lungaggini giudiziarie.
Rode sposa la causa di Bertone e della Grassetto e consiglia al premier di
far accettare alla DARS il pagamento di un risarcimento pari alla metà della
somma richiesta.
Passa un mese e la
lettera viene integralmente pubblicata sulle pagine di Mladina. Chi l’ha
spedita alla redazione del settimanale sloveno più “disobbediente”?
Una talpa? Qualche imbronciato funzionario della DARS? C’ è chi sostiene che
una lettera di questo calibro possa uscire dall’ ufficio di Janša solo con
il consenso dello stesso. Che l’astuto Janša sia interessato a
ridimensionare nella coalizione il peso ingombrante dei clericali? Troppo
complicato. E così il mistero s’infittisce e l’imbarazzo monta. Un cardinale
che porta la zucchetta color porpora da soli cinque giorni fa già il
lobbista? E per giunta senza rispettare le sacre regole della discrezione?
La TV di stato e il
quotidiano Delo, controllati ormai dal governo e dalla chiesa, censurano o
“ignorano” la notizia. A scriverne sono solo le due testate slovene ancora
indipendenti: Mladina e Dnevnik. L’inviato a Roma di quest’ultimo cerca
inutilmente di strappare a monsignor Tarcisio Bertone una risposta, un
commento. È stato veramente lui a chiedere a Rode il favore per la
Grassetto? Bertone non si espone e il suo ufficio risponde laconico; il
cardinale non ha scritto o firmato alcun documento. L’ingenuo novizio
sloveno si arrangi. Nel frattempo però le cose si sono mosse e dal gabinetto
di Janša è già partita una lettera che induce gli organi competenti a
risolvere il caso, informando in merito sia il premier che il cardinal Rode.
http://www.osservatoriobalcani.org/article/view/5726
13 gennaio 2008