nucleo comunista internazionalista
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UN DIBATTITO SUL VENEZUELA

Abbiamo partecipato martedì 12 settembre all’incontro organizzato alla “villetta” di Garbatella da Rete dei Comunisti, Associazione La Villetta e rivista Nuestra America con la presenza di rappresentanti del corpo diplomatico del Venezuela e di Cuba. Titolo dell’incontro: “Contro il blocco economico a Cuba e in Venezuela, per l’autodeterminazione dei popoli”. Il professore e compagno Luciano Vasapollo, alla presidenza insieme ai rappresentanti diplomatici dei due paesi, ha denunciato tutte le falsità rilanciate dai media occidentali sullo scontro che in Venezuela vede opposte al governo Maduro le opposizioni coalizzate nella MUD. Noi, che condividiamo pienamente la denuncia dell’aggressione imperialista, che contro di essa siamo incondizionatamente schierati dalla parte del proletariato e delle masse sfruttate del Venezuela, e che ancora abbiamo da obbiettare poco o nulla sui fatti esposti da Vasapollo, non condividiamo invece la chiave di lettura politica di Vasapollo e della rappresentante venezuelana. Costoro hanno inteso dimostrare agli astanti che l’accusa di “dittatura” lanciata contro il governo Maduro è infondata. Sarebbero piuttosto le opposizioni a violare ogni regola di democrazia, avendo causato decine e decine di morti nel tentativo di scalzare un presidente legittimamente eletto dal “popolo”. Maduro risponderebbe agli assalti delle destre nel pieno rispetto della costituzione bolivariana, costituzione che sancisce peraltro le regole della più avanzata democrazia. Queste sarebbero le credenziali e i titoli del governo Maduro, in forza dei quali i compagni italiani e i rappresentanti bolivariani e castristi propagandano la solidarietà verso il Venezuela sotto attacco dell’imperialismo. Beninteso: non intendiamo dire che sia vero il contrario, ma contrastare la chiave di lettura che omette la sostanza e i protagonisti di classe di uno scontro cruento e drammatico per le classi sfruttate cui noi ci riferiamo, attestandosi sul piano formale della contesa e difesa del governo chavista accusato di “dittatura” dai suoi oppositori e invece rivendicato pienamente democratico da chi lo sostiene. E’chiaro questo?>

Una posizione, quella della Rete e associati, che, beninteso, ha l’indubbio pregio di schierarsi contro la criminale aggressione dell’imperialismo nord-americano ed europeo, e di questi tempi ciò non è affatto poco. Che sconta però il limite, a nostro giudizio, di concepire questo schieramento -doveroso, ripetiamo, per quanti si richiamano al comunismo- solo schiacciando e identificando la propria posizione su quella dello Stato e del governo del Venezuela (e di Cuba) e sulle relative politiche, declinate indiscutibilmente da questi compagni come socialismo, l’unico possibile e dato “al giorno d’oggi”… Declinazione generica e sufficientemente ambigua, se, accennando a sostanziarne almeno un po’ i contenuti, l’accento torna sempre e soltanto sulle forme di una rivendicata “democrazia partecipativa”, stiracchiata nei passaggi più arditi come presunta “democrazia socialista”. L’enfasi del compagno Vasapollo su questi tasti non convince: da un lato si spertica, dichiarando che accetterebbe finanche la solidarietà di un Berlusconi e “si alleerebbe pure con il diavolo” a sostegno di Venezuela e Cuba come prova capitale di completa dedizione alla causa di questi paesi amici (quindi aggressore sarebbe solo l’imperialismo a stelle e strisce, se dall’Europa imperialista potrebbe arrivare una solidarietà compensativa… ); dall’altro, sull’opposto fronte, si rivolge con veemenza contro i “settari di sinistra” che negano la qualifica di socialismo alla repubblica bolivariana. Una veemenza che, attenzione!, non si limita a colpire quegli istrionici “ultrasinistri” che dalla negazione del “socialismo bolivariano” -che ci può stare e ci sta- saltano il fosso nel pantano dell’indifferenza/equidistanza verso l’aggressione imperialista in atto, quando non nel suo oggettivo fiancheggiamento. In tal caso la veemenza non solo è giustificata, ma è dovuta! Vasapollo e compagni accoglierebbero bensì a braccia aperte la solidarietà di Berlusconi, ma fanno muro contro chiunque a sinistra non sottoscrive le politiche bolivariane e castriste come supposto programma e prospettiva socialiste, ovvero contro chi nello scontro dato si richiama e sostiene la prospettiva di classe.

Ora a escludere la qualifica di socialismo sono gli stessi rappresentanti venezuelani che mai hanno inteso e intendono presentarsi in tal modo (standard di presentazione perfettamente rispettato nel dibattito della Villetta), mentre le decantate costituzioni si tengono le mille miglia lontane non solo dalla sostanza (su questo i bolivariani nostrani potranno opinare in base ai loro parametri), ma finanche dalla lettera del socialismo. Si converrà in proposito che la rivendicazione di un socialismo mai dichiarato e affermato dai suoi presunti protagonisti assomiglia più che altro a un gioco di prestigio. Potete scorrere in lungo e in largo la costituzione bolivariana del 1999 e non leggerete una sola volta la parola socialismo. Beninteso non facciamo spallucce su una serie di statuizioni effettivamente “avanzate”, e anzi siamo i primi a riconoscerne la valenza, soprattutto se riferita a un paese come il Venezuela (si pensi, tanto per fare un esempio, alla costituzionalizzazione del “diritto all’abitazione per ogni singola persona”, posto a fondamento del programmi di Misiones Viviendas che hanno inteso materialmente provvedervi). Ma compirebbe e compie un’operazione di mistificazione della realtà e del Socialismo chi volesse negare che tali “punte avanzate” lo sono in un contesto generale che giammai allude al socialismo perché giammai travalica l’orizzonte del capitalismo, costituzionalizzando innanzitutto, pur con tutti i noti formali preservativi del caso, la proprietà privata e la libera iniziativa economica.

Vasapollo ne è fin troppo consapevole e supera lo scoglio con argomenti non di grande valore quando arringa: “fatelo allora voi il socialismo”. Insomma il “socialismo” del Venezuela, al pari di quello cubano, sarebbe l’unico dato e possibile. Non riconoscere e non difendere il Venezuela in quanto tale (come socialismo realizzato o in transizione) sarebbe un imperdonabile errore. Non la pensiamo così. Annotiamo in proposito un passaggio dell’ Introduzione di Engels (1895) a Le Lotte sociali in Francia dal 1848 al 1850, raccolta degli articoli apparsi sulla Nuova Gazzetta Renana dal 1850 in poi, nei quali Marx fa un bilancio della rivoluzione del 1848 e della controrivoluzione restauratrice. Scrive Engels: “… Dopo la sconfitta del 1849 non condividemmo in nessun modo le illusioni della democrazia volgare raccolta attorno ai governi provvisori futuri ‘in partibus’ (i vari governi all’estero che gli esuli democratici dei paesi europei costituirono a Londra a partire dal 1851, n.n.). Questa contava su una vittoria rapida, decisiva una volta per tutte, del ‘popolo’ sugli ‘oppressori’; noi su una lotta lunga, dopo l’eliminazione degli ‘oppressori’, tra gli elementi contraddittori che si celavano precisamente in questo ‘popolo’ “. Aggiungiamo che Marx/Engels, pur dopo la svolta restauratrice del 1852, ritennero pur sempre matura e prossima la rivoluzione proletaria in Gran Bretagna, che avrebbe trascinato nella rivoluzione l’intero continente. Anche su questo, però, dovettero successivamente ricredersi, prendendo atto ancora una volta di aver valutato fin troppo ottimisticamente le tempistiche della rivoluzione di classe. Giammai però, in alcuno degli svolti in cui la realtà mise a nudo le errate aspettative sui tempi, essi ne inferirono la necessità di arretrare dal programma politico dichiarato nel Manifesto del Partito Comunista (1848). Tutt’al contrario, contro le ubbie in voga della democrazia, essi tesero a separare vieppiù i campi e a demarcare la prospettiva di classe. Preso atto che la vitalità del capitale allontanava i tempi della rivoluzione, in nessun caso si disposero per questo ad accreditare come “unico socialismo possibile e dato” quello iscritto putacaso nelle petizioni democratiche dell’intrigante Mazzini, così arretrando dalla visione del Manifesto. Tutt’al contrario radicalizzarono la battaglia contro il capitale e contro l’illusione democratica tutta interna al suo orizzonte, in vista della rivoluzione proletaria a venire. Chiaro?

Si potrà dire che da allora sono passati altri 150 anni e passa, ma ciò non giustifica le schiere di rinnegati che del socialismo hanno preteso conservare il nome derubricandone i contenuti alla stregua di un illusorio capitalismo dal volto umano, regolato, democratico, solidale, “partecipativo” e quant’altro belletto si voglia aggiungere. Brucia a noi per primi che intere generazioni di comunisti abbiano chiuso gli occhi senza avere visto rilanciata la battaglia di classe per il Comunismo, avendone trasmesso il compito alle generazioni successive e a quelle che verranno, ma i comunisti non sono quelli cui, in difetto di tribune e dividendi immediati, sia dato sopperire con il rimaneggiamento del programma di classe. In secondo luogo 150 e anche più, alla stregua dei tempi storici, sono appena un soffio, e lo dimostra la stringente attualità delle parole di Marx/Engels che fustigano le illusioni della democrazia volgare e la sua vuota enfasi sul “popolo”, rilanciando la “lotta tra gli elementi contraddittori che si celano precisamente in questo ‘popolo’ ". L’aggressione in corso in Venezuela non è uno scontro che veda contrapposti “quell’imbecille di Trump” e “il governo Maduro sostenuto dal popolo” (?), secondo l’enfasi ambigua spesa a piene mani dai relatori della Villetta, bensì lo scontro tra gli interessi antagonistici delle multinazionali e della borghesia venezuelana da un lato e del proletariato e delle masse sfruttate del Venezuela (e dell’intera area) dall’altro. L’aggressione in corso punta a schiacciare il proletariato per riconquistare il pieno controllo della macchina statale e dei proventi del petrolio, che non vadano sprecati in programmi sociali a vantaggio delle classi disagiate ma totalmente canalizzati a sostegno dell’accumulazione e dei profitti. Questa aggressione nei disegni della borghesia interna e internazionale passa oggi per la defenestrazione di Maduro, ma l’unica efficace linea di risposta non sta nel rilancio del compromesso interclassista che il chavismo si candida a gestire, bensì nell’offensiva di classe (non circoscritta al Venezuela) che, contro il tentativo di serrare ancor più strettamente le catene ai polsi del proletariato, ne dispieghi la lotta per affermare i propri interessi e la propria prospettiva.

Detto questo, raccogliamo la denuncia del compagno Vasapollo in ordine a Geraldina Collotti, che fino al luglio scorso ha firmato sul manifesto moltissimi articoli sul Venezuela, e che ora sarebbe stata emarginata. Non leggendo più i suoi articoli pensavamo si fosse concessa una vacanza, e invece veniamo a sapere che la redazione prende le distanze dalla posizione della Collotti perché troppo sbilanciata a favore del governo Maduro. In effetti gli articoli apparsi successivamente con altre firme, e innanzitutto l’editoriale di Luciana Castellina del 2/08/17, hanno sterzato nel senso di dare più spazio alla cosiddetta “sinistra anti-chavista” e/o “critica” verso il chavismo. Senza nulla sapere dei retroscena in corso, abbiamo già avuto modo di regolare i conti con siffatta pseudo-sinistra (e innanzitutto con l’editoriale castelliniano) in altro articolo che può leggersi sul nostro sito. Saremmo dunque alle solite. Anche all’epoca della caccia alla volpe imperialista contro Gheddafi, il manifesto non seppe trattenersi dal dare indecente spazio a posizioni di oggettivo sostegno dell’aggressione degli imperialisti, con i quali si veniva a conti fatti a condividere l’odio e la canea contro il “tiranno” braccato (chi ha dimenticato che il quotidiano comunista, che va famoso per i suoi titoli, non si vergognò di titolare “Benedetta Nato” quando i bombardieri occidentali devastavano la Libia?). Anche allora furono le grandi firme (la Rossanda per intenderci) a firmare i testi della degringolade di oggettivo sostegno all’aggressione imperialista in corso. Si disse allora di voler garantire il pluralismo, dando spazio alle diverse posizioni. Allora e oggi non è questione se Maduro sia un’icona della democrazia partecipativa o un tiranno, se il Venezuela sia in transizione verso il socialismo o meno. Non occorre e non rileva questo per sapere da che parte devono stare i comunisti di fronte all’aggressione dell’Occidente capitalista contro un paese dominato dall’imperialismo che ha osato a suo modo e come che sia alzare la testa per allentarsene il giogo. Allora e oggi non solo è legittima ma è e necessaria -proprio per dispiegare la più efficace risposta proletaria di massa contro l’aggressione imperialista- la battaglia di classe contro leadership pienamente borghesi (siano esse Gheddafi, Assad o Maduro), ma deragliare verso critiche che nulla hanno a che vedere con la posizione e lo spirito di classe, accreditare le opposizioni interne e i presunti “rivoluzionari” locali per quello che non sono, orecchiare le ubbie della propaganda imperialista invece di combatterla, peggio ancora se il tutto viene condito appellandosi falsamente al marxismo, significa assumere una posizione di indifferenza ed equidistanza rispetto all’aggressione, quando non di accodamento dichiarato od oggettivo al coro internazionale con direttori d’orchestra imperialisti che in un modo o nell’altro chiedono di regolare i conti al “tiranno” per poter conciare a fondo la pelle alle masse proletarie. Se e quando diretta contro queste posizioni, la veemenza di Vasapollo è finanche troppo contenuta e insufficiente, e su questo noi, che non consideriamo il Venezuela in cammino verso il socialismo, abbiamo sempre fatto e faremo fino in fondo la parte che ci compete.

22 settembre 2017