nucleo comunista internazionalista
note




VELTRONEIDE


Trattando del “nuovo” che emerge (seducentemente) “dal basso” abbiamo accennato a quest’altro “nuovo” prefabbricato dall’alto, ma che il “basso” sarebbe chiamato a compartecipare di suo, e cioè il veltronismo.

Il personaggio–leader sembra costituire un’esigenza assoluta, oggi, per tutte le forze borghesi e lo è, in quanto esprime la necessità di un potere istituzionalmente forte, libero da intoppi paralizzanti di traverso, tipo la “forza d’interdizione” dei partitini marginali (ma anche, e soprattutto, di più o meno autonome organizzazioni di classe, a cominciare da quelle sindacali per finire con lo spettro di un autentico partito comunista). La cosa si riproduce anche in altri ambiti, persino “interni” a noi: vedila necessità per Epifani di farla finita con l’anomalia di una FIOM “minoritaria” che pretende, “antidemocraticamente”, di mettere dei bastoni tra le ruote della maggioranza legittima confederale (buon esempio di veltronismo).

Solo che il famoso leader che decide “da sé”, in nome di “tutti”, una volta investito del suo ruolo, è tutt’altro che un protagonista in proprio. Egli è soltanto il portavoce, ove gli riesca bene, delle superiori ed impersonali leggi del capitale che l’ha creato in vitro come suo rappresentante esecutivo.

Da dove sbuca fuori, infatti, Veltroni? Dall’alambicco di quel PD in gestazione che è il risultato finale dell’incrocio (obbligato) tra gli eredi di un “movimento operaio” dapprima stalinista puro, poi nazional–stalinista, poi progressista democratico (più che mai nazional–capitalista in effetti) e quelli del vecchio centrismo democristiano (toto corde borghese per definizione). Questo mostruoso fanticello riassume, quindi, in sé un corso politico che, partendo da lati diversi e persino contrapposti sull’immediato, era destinato a convergere in un unico blocco d’ordine al servizio del capitale. L’analista borghese intelligente non parla mai della leadership di Tizio o di Caio, di questo o quel partito, ma (come nel titolo di un eloquente libro di Luttwak) dell’anonima dittatura del capitale, di cui tanto i Bush che i Clinton, il PD o la CDL sono semplici notai chiamati a registrarne gli ordini.

Ora, dall’alto dell’apparato del PD vien fuori il fantoccio Veltroni quale carta da giocare per essere chiamato a tale ruolo. Giovane, creativo, venditore di figurine Panini, cinefilo made in USA, organizzatore di ludi et circenses, decisionista... Tutti gli ingredienti utili alla bisogna. La “massa” è chiamata ad applaudire e sottoscrivere entusiasta. Finalmente un Sarkozy italiano! Senza “interdizioni” da parte di pezzenti d’ultrasinistra sindacale e politica, per una “vera politica di riforme” (l’ultima, ma solo per ora!, recluta in questo campo risulterebbe essere il manager–FIAT Marchionne, “vero riformista”, a sentir dire Fassino). Poi, una volta insediatosi al potere, potrebbe benissimo un Veltroni fare quello che in Francia ha fatto Sarkozy: offrire dei buoni posti a chi, anche da quella parte, se la senta di “assumersi con competenza responsabilità di governo”. Ce n’è per tutti (salvo che per noi proletari).

Su queste basi si cerca di conquistare “la massa”, anche quella potenzialmente antagonista, presentandosi in vesti “pluraliste” (purché la musica s’intoni nel coro della voce del padrone), “aperte”. Riuscirà il gioco? L’antiberlusconismo (sia esso sempre lodato!) di massa potrebbe anche, se incapace di trovare un proprio sbocco, cadere nella trappola faute de mieux, anche se noi pensiamo che il PD che si va confezionando rappresenti un acquitrino pieno di veleni pronti ad esplodere da parte di mille consorterie divise su tutto, ed ai più bassi livelli, e che il presunto sex–appeal di Veltroni tra le “masse”, i giovani soprattutto, si stia già esaurendo e già debba ricorrere a frequenti interventi di chirurgia plastica, da far impallidire Cher e Demi Moore.

Ma quel che importa, al di là di quest’esito elettoralesco immediato, è vedere e, da parte nostra, denunziare in anticipo quel che è sotto gli occhi di tutti, e cioè su quale strada s’incammina con Veltroni il nascente PD. Ed è quella della chiamata a raccolta di tutte le grandi forze capitalistiche che contano, di tutti gli appetiti borghesi più spinti.

 Le parole (ed i fatti) che pesano sono: mercato, meritocrazia, federalismo spinto alla leghista (non per “dividere il paese”, ma per concentrare localmente al massimo il potenziale capitalista complessivo), museruola al conflitto, potenziamento dello Stato (la “legalità”!), welfare mirato all’inserimento nel “libero” mercato, “accoglienza” per gli immigrati in quanto utili schiavi da tutelare in nome dei superiori interessi della nostra macchina produttiva, ruolo attivo dell’Italia nel mondo (armi comprese e più efficienti di quelle attuali), etc. etc.

E tutto questo viene tranquillamente inghiottito dalla stessa “ultrasinistra” di governo, costretta ad adattarsi essa stessa ai contenuti del “veltronismo” (salvo a rifare la faccia feroce una volta ricevuta la lettera di licenziamento). E veramente noi non avremmo nulla da dire, di fronte a tutto ciò, con la scusa che se no torna Berlusconi? Il berlusconismo ed il leghismo sono qui già ritornati in pieno, e doppiamente da vincitori. Su questa strada, semmai, altro che Berlusconi! Quello che sta dietro l’angolo è qualcosa di ben più stringente ed oppressivo per noi: la strada delle “riforme” annunciate non si ferma qui, siamo solo al primo passo di esse. Dopo, in assenza di una risposta nostra, sia che vinca Veltroni, sia che torni al governo la CDL, sia che si profili (come tutto fa intendere) un nuovo blocco d’ordine borghese “senza interdizione alcuna”, assisteremo ad esiti assai peggiori.

Una parte della grande borghesia, già passata all’incasso con Berlusconi, pare sensibile di nuovo, come nel caso Prodi, al “veltronismo”, da cui incassa in anticipo, confidando che questa sinistra/destra sia in grado di assicurare ad essa un differenziale in più di profitti derivante dalla capacità di questa di assicurare un ovino “consenso sociale” alla tosatura prevista. Ma, per essa, si tratta di uno schieramento condizionato ed a termine: la “pace sociale” è l’anticamera dell’”ordine sociale di ferro”, che è precisamente ciò che sta dietro l’angolo.

Noi osiamo credere che una minoranza crescente di proletari sia già in grado di uscire dal ricatto dell’antiberlusconismo “purchessia” e di indirizzarsi verso un proprio orizzonte di classe. Alla FIAT ed altrove il PRC “araldo del proletariato” è stato vigorosamente svillaneggiato come portavoce di interessi padronali e delle lotte “di base”, prive di remore immobilizzanti progovernative, si stanno dando ovunque a scala allargata. Il “veltronismo” sottoscritto da padroni, parassiti sociali, intellettuali d’infima categoria, ha già perso in anticipo per essa il proprio fascino indiscreto. Avanti su questa strada, senza indecisioni!

15 ottobre 2007