Intanto i fatti richiamati dal titolo che ci azzardiamo a collegare e a mettere in una, drammatica, prospettiva.
Il 17 di settembre una serie di attacchi aerei della coalizione a guida USA colpiscono le postazioni dell’esercito siriano attestate nella città di Deir Ez-Zor (200.000 abitanti, nel sud est del Paese non lontana dal confine iracheno) da lungo tempo contesa ed assediata dalle milizie islamiste. Le ondate dei raid, durati oltre un’ora, provocano decine di morti fra i soldati fedeli ad Assad, centinaia sono quelli feriti. Finito il lavoro dei jet le fanterie islamiste riprendono immediatamente gli assalti alle difese della città. (Mentre scriviamo apprendiamo di ulteriori attacchi aerei USA volti a mettere fuori uso i ponti sul fiume Eufrate che scorre adiacente alla martoriata Deir Ez-Zor...)
Il segretario di Stato Kerry, fresco dell’intesa di tregua e di “reciproco coordinamento” siglata col suo omologo russo Lavrov (9 settembre), parla di “incidente” porgendo le scuse per lo spiacevole equivoco. In tutta evidenza di nessun “incidente”, di nessun equivoco si è trattato. Con l’azione armata del 17 di settembre si è voluto, proditoriamente e deliberatamente, far saltare in aria ogni tipo di gentlemen agreement così tanto faticosamente raggiunto dalla diplomazia russa con ...i partners americani.
“Partners”! Il sostantivo non è una forzatura nostra, è proprio la qualifica usata abitualmente e normalmente dalla diplomazia, dai vertici militari e politici del potere russo il quale effettivamente chiede (chiederebbe) “niente di più” che di poter trattare alla pari, come appunto partner-socio d’affari con l’imperialismo egemone. Il fatto è che questo borghese “niente di più” risulta essere materia indigesta per la frazione portante della borghesia americana annidata a Wall Street e al Pentagono poiché esso – borghese “niente di più” – significa in realtà la ridefinizione delle sfere di influenza. Significa una nuova spartizione del potere a scala globale sulla base di rapporti di forza che la supporti e la giustifichi. Per l’egemone America imperialista si tratta, con l’escalation in atto, di dimostrare con una “verifica sul campo” (e il confronto militare è solo un aspetto di questa verifica sul campo, l’ultima ratio se vogliamo) che i reali e generali rapporti di forza non permettono al partner-concorrente di azzardare alcuna pretesa di ridefinizione di poteri. Nessun “multipolarismo” è tollerato o meglio: nessun “mondo multipolare” passerà per via pacifica. Il blocco di potere russo perciò è come un osso acuminato piantato nella trachea dell’imperialismo egemone. Una materia, una concentrazione di forza non assimilabile ma che ha da essere distrutta ed espulsa.
Qui, prima ancora di finire di ricapitolare i fatti secondo la nostra chiave di giudizio, poggiamo da subito una pietra d’angolo. Le diverse e antagoniste concentrazioni e blocchi di potere capitalistico possono trovare una reale unità d’intenti e d’azione solo quando l’istinto della borghesia fiuti il supremo pericolo per la conservazione del suo proprio universale potere. Come per gli eserciti nemici franco-prussiani unificati contro l’insorgenza della Comune di Parigi. Come per le potenze democratiche e imperialiste alleate dello zarismo per soffocare in culla l’Ottobre cioè la vittoria in Russia del Proletariato Internazionale e della sua Rivoluzione. Come per l’azione di tenaglia congiunta degli “alleati” (“Partners”!) sul proletariato tedesco e cioè sul possibile fulcro di una temutissima – tanto a New York che a Mosca – rivoluzione proletaria in Europa a seguito dei disastri e dei macelli della seconda guerra imperialistica mondiale. Questo dato storico, questo principio ha oggi per noi la seguente traduzione: nella maniera più risoluta noi chiamiamo allo schieramento contro l’imperialismo democratico, contro le sue trame e macchinazioni, contro le sue basi militari e le sue Alleanze di guerra, contro la scia di devastazioni e sangue che esso semina. Imperialismo democratico di cui la più micidiale, temibile e dominante articolazione è senz’altro la Bestia USA. Ma questo schieramento contro i criminali del Pentagono e di Wall Street non si pone affatto come obiettivo un “riassetto di poteri” fra Stati e blocchi di potere borghesi. Non ha per obiettivo la conquista di un mondo – ora e sempre capitalista – “più equilibrato” o come si usa dire “multipolare” che le sirene dell’”antimperialismo” nazionalista e borghese usano presentare come “possibile mondo di pace” ... e di proficui affari “per tutti”, per gli schiavi salariati così come per i loro padroni “multipolari”.
Noi siamo perché la macchina da guerra democratico-imperialista americana trovi innanzi alla sua marcia criminale l’ostacolo più arduo, perché la stangata più dura gli sia assestata, siamo per la sua sconfitta. Allo stesso tempo gli schiavi salariati non ripongono, non possono riporre le proprie istanze “per una pace vera”, “per una giustizia vera fra gli uomini”, “per una fratellanza vera fra i popoli” – istanze che si riassumono nella lotta di liberazione dalla dittatura del Capitale – nelle mani di alcun ...Partner. Nessun Baffone è venuto dopo il 1945, nessun Baffone addavenì oggi e nessun Baffone verrà mai domani. Né gli schiavi salariati ripongono o possono riporre le proprie istanze di pace autentica e di liberazione confidando e mettendosi a rimorchio di frazioni borghesi nazionali europee le quali abbiano l’ardore di sottrarsi al ricatto/vassallaggio imposto da Oltreoceano.
Poggiata questa nostra rozza pietra di riferimento, proseguiamo nella nostra cronaca che abbiamo interrotto.
Altro fatto, non irrilevante, da mettere senz’altro in fila: quattro giorni dopo l’intesa Kerry/Lavrov e quattro giorni prima il siluramento ufficiale della stessa ci aveva pensato anche Israele a dire la sua. Al suo modo. Il 13 di settembre, per l’ennesima volta, caccia israeliani entravano in azione sul Golan siriano e fino a Damasco, ancora una volta in barba agli S300/S400 cioè ai mezzi contraerei dispiegati dai russi in Siria che, assicurano i comandi militari di Mosca, sono in grado di buttar giù qualsiasi insetto penetri lo spazio aereo siriano (salvo, fino ad ora, non entrare in azione in difesa delle postazioni di Hezbollah e dell’esercito lealista ad Assad più volte bersagliate dall’aviazione israeliana). Qualcosa di diverso però rispetto al solito tiro al bersaglio deve essere successo nell’azione del 13 di settembre: l’agenzia di stampa ufficiale siriana vanta l’abbattimento di un caccia sul Golan e di un drone svolazzante sopra Damasco. Israele naturalmente smentisce le perdite, definisce però i tiri dell’antiaerea siriana come “episodio atipico”...
La risposta di Mosca al brutale affronto incassato il 17 di settembre non può farsi attendere e va al di là della dura denuncia in tutte le sedi possibili, compreso il Consiglio di sicurezza dell’Onu, sulla “inaffidabilità” del ...partner. Marina Zakharova, portavoce del ministro degli esteri russo, dichiara: “Se in precedenza abbiamo avuto solo sospetti, dopo gli attacchi di oggi all’esercito siriano, siamo arrivati ad una conclusione sconvolgente per il mondo intero: la Casa Bianca protegge il Daesh”. La tregua d’armi che bene o male per qualche giorno aveva tenuto ed aveva permesso alle milizie islamiste di riorganizzare le fila nella parte di Aleppo ancora nelle loro mani, non esiste più. Riprendono intensi i combattimenti per la completa liberazione della seconda più importante città siriana.
Non possiamo certo sapere se corrisponde al vero quanto affermato dalla rete informativa di parte russa (vedi agenzia Sputnik, FortRuss ed altri) o se volete della sua propaganda (che di sicuro però è più attendibile del cumulo di menzogne spacciate dagli apparati mediatici del “mondo libero e democratico” in puro stile Orwell 1984) e cioè di una risposta missilistica russa che mercoledì 21 settembre avrebbe colpito “un centro di coordinamento operativo fra la guerriglia islamista ed ufficiali stranieri” situato nelle caverne della regione di Dar er-Iza ad ovest di Aleppo, eliminando una trentina di “diversi ufficiali di Stati Uniti, Turchia, Arabia Saudita, Qatar, Regno Unito e israeliani”. Di sicuro è che, sempre il 21 settembre, la portaerei Admiral Kuznetsov unitamente ad una flottiglia di appoggio ha ricevuto l’ordine di salpare dai porti russi per raggiungere e dispiegarsi davanti alle coste siriane. Da quel giorno, silenzio assoluto e totale da una parte e dall’altra sul posizionamento attuale della Kuznetsov stessa, il che indica l’ansia con cui i comandi dell’imperialismo egemone monitorano minuto per minuto la rotta seguita da una tale imponente potenza di fuoco in movimento. Se e quando la Kuznetsov e la flottiglia di appoggio arriveranno davvero al posto dove devono stare cioè al largo delle coste siriane (e israeliane) allora vedremo chi fra “i partners”, l’uno di fronte all’altro armati, abbasserà lo sguardo.
Intanto, dal 17 settembre in poi, si alza assordante il baccano ed i rulli di tamburi della propaganda imperialista-democratica, della intossicazione mediatica antirussa. Si tratta di preparare e cucinare a puntino “l’opinione pubblica” occidentale in vista della prova di forza che si approssima contro i “poteri barbarici” (così – testuale – sono definiti non tanto “il tiranno” Assad quanto il bersaglio grosso Putin, “nuovo Zar” “nuovo Hitler” e via delirando) i quali “poteri barbarici” naturalmente come da copione non esitano a far strage di “convogli umanitari”, di vecchi, donne e bambini nell’assediata Aleppo ed altrove. Una inaudita campagna di livore antirusso è in pieno svolgimento. Una isterica diplomatica americana, Samantha Power, arriva a proporre in sede Onu di “cacciare la Russia dal Consiglio di sicurezza”, spalleggiata da Gran Bretagna e Francia! E, a una tale campagna in atto sono tenute ad allinearsi tutte le articolazioni, da Ban Ki Moon fino al singolo “intellettuale” o pennivendolo, della macchina democratico-imperialista. Per restare ad esempio in Badogliolandia cioè in Italia, dove persino l’”estremissima sinistra” è rimbambita attorno alla “questione vitale” del Si o No al Referendum sulla Costituzione, leggiamo la densa prosa di un Adriano Sofri intrisa di commozione umanitaria scagliarsi contro “i pacifisti a tripla mandata” ai quali l’ex leader di Lotta Continua (ora di Lotta Continua per l’imperialismo) così si rivolge: “amate così ad occhi chiusi la ’pace’ di non volere l’uso della forza per fermare il massacro”. (cfr. Il Foglio 28/9/16)
Diciamo Badogliolandia per significare di una borghesia italiana al massimo grado servile e viscida verso l’imperialismo egemone ma al tempo stesso infida ed accorta, capace sempre di tenersi pronta al momento propizio di “accorrere in aiuto al vincitore”. Essa avverte, fiuta quello che si muove nella società, per ora underground o ai margini. L’agitarsi e il crescere cioè di una tendenza politica “per il neutralismo”, per la “sovranità nazionale” la quale non può essere semplicemente ignorata o soppressa ma alla quale è utile lasciare un piccolo, per ora piccolissimo, margine di sfogo e di azione. E, possiamo solo immaginare quale sarà l’effetto, una volta che la prova di forza in atto arrivasse al punto di rottura, su di una società del tutto impreparata a sostenere un vero urto traumatico con “la forza barbarica” di cui sopra. La spinta spontanea e di massa sarà probabilmente, anzi certamente quella di un poderoso ...”teniamoci fuori dalla mischia”! Inoltre, e diremmo soprattutto!, elemento decisivo per i nostri servili ma accorti Badoglio-borghesi: siamo proprio sicuri che a cedere o crollare nella prova di forza in arrivo sia la potenza Russa?
Non ce ne voglia il buon Giulietto Chiesa, che portiamo in evidenza solo come portabandiera di una fra le tante correnti politiche in movimento, da destra e da sinistra, nel calderone delle tendenze “neutraliste” –"nazional-sovraniste” e che peraltro volentieri seguiamo nelle sue denuncie contro le nefandezze dell’imperialismo egemone e del servitorame che gli ruota intorno, ma i piccoli spiragli che la borghesia offre alla sua “voce alternativa” (i canali berlusconiani in particolare) sono, per i nostri Badoglio-borghesi, il rodaggio di una ruota scorta utile e necessaria. Tanto più quando si tratterà di tenere sotto controllo e dominare futuri movimenti di massa indotti per forza di cose dai terribili urti che stiamo descrivendo.
La borghesia italiana insomma risponde prontamente all’appello di guerra comandato da Washington, ma lo fa procurando di tenersi aperta una uscita di sicurezza, in continuità del resto con la sua gloriosa storia di alleanze ribaltate, di piedi in due staffe e di 8 settembre 1943.
Lo stesso motivo di fondo vale per le altre borghesie europee, tutte da Oltreoceano chiamate a rapporto e al serrate-le-fila. Con particolare acutezza vale per il cuore decisivo dell’Europa ossia per la Germania dove anzi l’emersione e la crescita di movimenti di “alternativa nazionale”, di contestazione al “vincolo di vassallaggio” americano è fenomeno politico evidente e non più di trascurabile marginalità. Nel pieno della campagna antirussa, accade così che i media tedeschi possano lanciare e dare risalto ad interviste come quella del giornalista Jurgen Todenhoefer con uno dei capi della guerriglia islamista in Aleppo dove fra l’altro costui afferma: “.. Quando siamo finiti sotto assedio, funzionari turchi, del Qatar, sauditi, americani e israeliani sono corsi in nostro aiuto. Esperti nell’uso di satelliti, dei missili e nel riconoscimento termico dei bersagli” e, papale papale, un franco: “Gli USA sono al nostro fianco”! (1) Cioè: la borghesia tedesca o una sua consistente frazione ha ritenuto in questo frangente di dar risalto e presentare i fatti e le posizioni della guerra siriana da una angolatura assai distorta e assai spiacevole per l’alleato americano.
Siamo a venerdì 30 di settembre, siamo alla Borsa valori di Francoforte termometro della società capitalistica. Gli operatori che ivi si agitano con ogni probabilità nulla sanno di una città siriana dal nome di Deir ez-Zor né di quello che è capitato il 17 di settembre. Quello che sanno molto bene è che il colosso bancario-finanziario Deutsche Bank è nei guai. Da tempo lo è, come del resto lo è tutto il sistema finanziario mondiale sommerso da montagne di debiti “da gestire”. Ma quello che però capita dall’apertura della seduta va ben al di là non solo dell’ordinaria e anche della straordinaria gestione. Fioccano gli ordini di vendita, il titolo Deutsche Bank prende a precipitare incontrollato. L’attacco in verità era stato aperto nella notte dalla Borsa di Tokio dove i fondi speculativi americani si sono scatenati con massicci ordinativi di vendita sul titolo tedesco. In tarda mattinata siamo al – 9%! Il che vuol dire essere molto vicini al panico, al punto che il governo tedesco ventila e fa trapelare l’ipotesi della nazionalizzazione (come fatto da Bush nel 2008). Vuol dire essere molto vicini allo scatenarsi di un autentico terremoto finanziario e politico per intanto, dalle conseguenze assolutamente imprevedibili. Si tratta, noi lo interpretiamo così, di un pesantissimo avvertimento e schiaffo in faccia alla borghesia tedesca che fa il paio con il sanguinario schiaffo sferrato alla Russia col proditorio attacco del 17 di settembre in Siria.
Ma, come d’incanto, la furia che ha spazzato le istituzioni borghesi tedesche si placa. Nel primo pomeriggio il titolo Deutsche Bank prende a recuperare per andare a chiudere con un fantastico +6%. Cosa è intervenuto in questi frangenti per trasformare furibondi venti di tempesta in lievi brezze marine? Registriamo due fatti. Il primo è che l’esoso esattore americano il quale aveva notificato una multa alla Deutsche Bank per la discreta sommetta di 14 miliardi di dollari (per le truffe perpetrate coi mutui subprime) lascia ora intendere che per chiudere la pratica ne potranno forse bastare 5 di miliardi. Il secondo, per noi ancora più significativo, è una stringata dichiarazione che la signora Merkel rilascia alle agenzie: “Come il presidente Obama denunciamo il barbarico assedio di Aleppo”. Presa per le orecchie anche la signora Merkel ha pronunciato la parola chiave: barbarico. Barbarico il comportamento dei russi in Siria.
Traduciamo ancora meglio i fatti del 30 settembre col nostro criterio e mettiamoli nella nostra lingua da scolari di prima elementare. Alla borghesia tedesca è stato svolto dall’alleato americano questo genere di discorso: “Cari amici di Germania, allineati al nostro fianco avete potuto costruire le vostre fortune, avete fatto affari proficui e profittevoli. Li abbiamo fatti entrambi marciando insieme ed ancora senz’altro potrete continuare a farne. Questa è alla fin fine la nostra mission comune. Ma, la libertà e la prosperità che avete raggiunto e di cui godete hanno un prezzo da pagare e soprattutto vanno difese. Noi abbiamo garantito e siamo determinati a difendere questi nostri comuni valori. Solo la forza che noi possediamo può proteggerLi, può proteggerVi. Cara borghesia tedesca, ti abbiamo dimostrato che abbiamo nelle nostre mani il potere di polverizzare i tuoi attivi nel giro di qualche ora. Poi potrà seguire il disordine politico e sociale persino all’interno del tuo florido paese. Ricorda infine, cara Germania, che disertando la nostra chiamata alle armi o lavorando sotterraneamente al suo sabotaggio potrai finire tu stessa per essere trascinata sul bancone dei reprobi, dei ’popoli maledetti’, come già ti è capitato”.
La tempesta furiosa, d’incanto tramutatasi in brezza, del 30 settembre è stata una prova di forza americana, una di quelle “verifiche sul campo” di cui dicevamo sopra: senza dover sparare un colpo di carabina, un paese – e che paese! – è stato messo in riga grazie al dominio sulle leve finanziarie a scala mondiale. Qualche borghese di Germania e d’Europa in fregola di “autonomismo”, di “neutralismo” ha qualcosa da eccepire forse? Bene, si faccia avanti e sappia cosa gli aspetta.
Al contrario di quello che può pensare un ingenuo spirito “pacifista” e di quanto una molto meno ingenua corrente “antimperialista” nazional-borghese fa credere, l’applicazione della Forza, nella sua accezione piena e complessiva, (2) non è caratteristica propria del rozzo imperialismo del cowboy, un imperialismo “insensato”, “brutale”, guidato da menti folli che pretendono “dichiarare guerra al resto del mondo” (espressioni che traiamo dal lessico caro ai “neutralisti”). Cari amici, esiste forse un altro tipo di imperialismo o addirittura, vigendo la legge del Capitale, potrebbe NON ESISTERE l’imperialismo? Non stiamo certo a rimandarvi a un certo libricino redatto da Lenin nel 1916. Anzi no, rimandiamo invece a quel testo di non tantissime pagine di Lenin tutti coloro i quali maledicendo la Bestia Usa e battendosi contro di essa, credono sinceramente in una possibile “alternativa di pace” sfuggendo, anzi contrastando, la nostra postazione di classe, internazionalista e per la rivoluzione degli schiavi salariati. Ossia il contrario del “blocco” fra Stati (e classi) intenzionati a forzare l’egemonia americana, il contrario della “Pace” di cui i propugnatori di un mondo “multipolare” pretendono – mentendo – essere portatori.
Di quel libricino di Lenin 1916 vogliamo solo ricordare la citazione che egli trae dall’imperialista britannico Cecil Rhodes che suonava così (citiamo il concetto, scusate non abbiamo il testo sottomano): “Non possiamo non fare una politica imperialista, siamo costretti ad esercitare una politica imperialista all’esterno dei nostri confini SE VOGLIAMO LA CONSERVAZIONE DELL’ORDINE SOCIALE E DELLA PACE AL NOSTRO INTERNO”. Questa pietra d’angolo del 1916, vale anche per l’oggi, vale anche per il turbo capitalismo americano. Lo diciamo in faccia ai mentitori “antimperialisti” nazional-borghesi i quali pretendono spacciare che la brutalità e la spudoratezza della politica imperialista Usa derivi in fondo da una oscura manipolazione del potere ordita da ristrette élites (e qualcuno, seguendo questa china, ci aggiungerà: giudaiche!) accecate da una folle brama di “dominio sul mondo”.
Far valere il rapporto di forza, avere il coltello dalla parte del manico ed adoperarlo, è invece il metodo necessariamente proprio della politica di ogni Stato dentro la presente società capitalistica e di classe. NON è l’accezione Usa del capitalismo imperialista. E’ il pane comune vigente nei rapporti sociali dentro tutti gli Stati e nella competizione fra gli Stati. Quando un qualsiasi funzionario del Capitale, un qualsiasi Marchionne, pone davanti agli operai di uno stabilimento l’aut-aut: o maggiore livello di sfruttamento o chiusura/trasferimento dell’attività, che altro metodo esercita se non quello del rapporto di forza/coltello dalla parte del manico. E, cosa può opporre lo schiavo salariato all’aut-aut del Capitale se non la messa in campo di una forza uguale e contraria, cioè la sua forza di classe? Può chiedere di ... non essere ”abbandonato dallo Stato” come in effetti accade generalmente in questi tempi disgraziati per la nostra classe. Un “vero Stato sociale” ha potuto e potrà lenire la più acuta contraddizione sociale al proprio interno ma diventando necessariamente più aggressivo al proprio esterno, caricando di forza esplosiva la sua politica imperialistica. E’ la storia del New Deal del progressista Roosevelt, della politica sociale del fascismo e del nazional-socialismo. Siamo andati fuori tema? A noi pare proprio di no.
Tiriamo le fila del discorso. Avveriamo, come altri – non moltissimi peraltro – l’approssimarsi della paurosa “verifica sul campo”, della ridefinizione dei rapporti di forza fra l’imperialismo USA e chi, la potenza borghese russa, osa contestarne l’egemonia non potendo diversamente fare, pena il suo proprio sgretolamento.
In questo urto pauroso che si delinea non vi sono possibili “oasi di pace e neutralità” in cui rintanarsi aspettando che la bufera si plachi. Non ci sarà nessuna Svizzera dove poter continuare a fare i propri affari. Una massa di uomini tanto imponente quanto acuta sarà anche “improvvisamente” avvertita la minaccia dovranno scendere in campo “per la pace” o più prosaicamente ...per tentare di pararsi il culo (nessun giudizio spocchioso in ciò, il dato di fatto è questo. Punto).
Ribadiamo la nostra posizione: noi stiamo perché l’imperialismo Usa e dei governi ad esso
asserviti subisca lo scacco più pesante possibile poiché l’incrinarsi, verificato sul campo, del potere
dell’imperialismo egemone, lungi dall’aprire il corso ad una fase di distensione fra gli Stati e dentro gli Stati,
porterà al contrario con sé altri terremoti in serie – a cominciare dalle Borse e dagli altri
santuari finanziari del Capitale mondiale – porterà con sé il violento esacerbarsi delle contraddizioni
interne alle secolari roccaforti del capitalismo, Stati Uniti d’America in
testa.
6 ottobre 2016