nucleo comunista internazionalista
note





NASCE (?) “SINISTRA ITALIANA”:
COSMOPOLITICA O COSMICOMICHE?

Si sono appena chiuse, sotto l’insegna di Cosmopolitica, le assisi prefondative di quella che sembrerebbe doversi chiamare Sinistra Italiana. A porne la prima pietra sono stati in primo luogo SEL ed una pattuglia di ex-PD più qualche cane eternamente sciolto e in cerca di cuccia e certi eredi di precedenti fallimenti edilizi tipo Luciana Castellina. Il tutto preceduto da larghi dibattiti sul Manifesto che ben segnalano il senso dell’operazione.

Cerchiamo di sintetizzarne i punti salienti.

Primo: il “nuovo soggetto” deve innanzitutto evitare i logori schemi ottocenteschi del conflitto lavoro salariato-capitale, socialismo-capitalismo; se si continua a mettere in avanscena gli operai (riprendiamo da un articolo firmato Salinari) siamo fottuti in partenza. Nuovo significa questione ecologica, questione di generi (il più possibile aperti e variegati), bisogni individuali per cui ci sia il debito mercato etc. etc. Secondo: conseguentemente non deve assolutamente riproporsi un modello, ormai finito nel reparto spazzatura non riciclabile, di partito vecchio stampo; ad esso va contrapposta una libera associazione di movimenti ed individualità per definizione”eguali” e “sovrani”, ognuno entro la propria sfera. Vi si aderisce, perciò, come singoli e non in base a precedenti strutture organizzate. Terzo: l’ambizione di SI è quella di proporsi come forza di governo. Non potendo neppur lontanamente sognarsi di farlo in prima ed esclusiva persona è logico che ci si propone di far da traino ad alleanze utili un tantino spostate a “sinistra” rispetto a centri e destre. Come ammoniva un articolo del Manifesto sulla Spagna: bene Podemos purché non faccia troppe bizze estremiste e concorra a varare una coalizione col PSOE; in caso contrario ci si ridurrebbe alla pura, sterile “testimonianza ideologica” e, voi lo sapete, dove mancano le poltrone c’è solo il vuoto.

Inutile tornare su questa zavorra che altro non è se non il frutto di un percorso pluridecennale di smantellamento delle basi stesse di un reale movimento operaio ad opera proprio ed anche degli attuali personaggi di SI. Il punto tre rappresenta semplicemente la cartina di tornasole dell’insieme di riferimento. Sarà bene ripensare un attimo alla storia di quello che per un certo periodo ed anche per molti sinceri militanti sordo-ciechi nonché muti ha rappresentato una sorta di SI ante-litteram a caratteri meno indecorosi alla superficie: Rifondazione Comunista. Quel partito nasceva in risposta alla liquidazione del PCI (di cui era banale imputare ad un Occhetto la colpa collettiva) con l’intento espresso di rivendicarne l’eredità. La cosa parve funzionare “nel piccolo” grazie ad una conseguita sotto-rappresentanza nelle istituzioni rispetto al vecchio PCI sulla sua stessa base consociativa in concomitanza con una (residua) presenza sul terreno delle lotte sociali entro una stretta cornice riformista. La sbandierata rivendicazione “comunista” non poteva che concludersi in accordi di governo centro-sinistri entro cui “rappresentare” la voce delle “masse” in via di liquefazione dando ad esse occasione di soddisfazione e disimpegno rispetto a passi alternativi di ben diverso impegno. Alla riprova dei fatti nel momento delle decisioni di fondo per il riassetto del sistema il piatto offerto dal governo al cagnolino rifondarolo in cambio dei suoi servizi doveva risultare francamente indigesto. Rifondazione fu costretta a ritrarsene senza trarre da quest’esperienza alcuna lezione fondamentale, ma semplicemente in attesa di occasioni migliori entro lo stesso quadro. E già qui una prima spaccatura coi “cossuttiani” riottosi alla rottura delle necessarie “alleanze” in linea con la lezione togliattiana (e poi, in discesa, berlingueriana). Neppure la guerra scatenata contro la Jugoslavia è sufficiente a distogliere i cossuttiani col loro impronunciabile neo-partitino dalla collaborazione con gli armigeri “demoprogressivi”. Rifondazione si assottiglia, ma resiste ancora per un po’, dopo di che sono gli stessi bertinottiani a dichiarare forfait in assenza di risultati tangibili in sede parlamentare. Da dove ripartire? Dal superamento – e ci siamo! – dei “vecchi steccati ottocenteschi” in nome del Nuovo, dell’Inedito tutto da definire. La baracca formalmente resta tuttora in piedi, persino assumendo toni “movimentistici” (a movimenti assenti o spompati) verbalmente estremistici, ma a questo punto Vendola ed il suo non commendevole seguito s’incaricano di tirare le somme: se il vecchio è da buttare lo si butti sul serio e ci si appresti ad essere “dentro alle cose” (cioè al sistema) sino in fondo. Una sorta di post-cossuttismo senza più l’onere di dover sventolare sbiadite bandierine rosse. Se proprio non si riesce, per il momento, a stare al governo con un PD rifatto a nuovo da cima a fondo e (onore a Renzi per questo!) non in vena di regalie ai moscerini alla sua sinistra, resta il compito di recuperare le premesse per arrivarci centrosinistramente e, all’uopo, si parte dalle “realtà locali”. Le famose primarie “aperte” permettono a SEL addirittura di piazzare qualcuno dei suoi al posto di comando locale, come nel caso di Pisapia, e questa sarà salutata come una “rivoluzione” a correzione del renzismo più spinto. Se non bastasse, siccome al Peggio non c’è mai fine, c’è sempre un Migliore in grado di andare ancora un tantino più in là: se si sta assieme a Milano ad eseguire comunemente i compiti dettati dal capitale non c’è ragione per non stare assieme a Roma. Logica impeccabile.

Oggi, trattandosi di delineare il programma di SI, proprio questo nodo affiora prepotentemente. D’accordo con la critica al renzismo; tutti lo dicono. Ma l’“alternativa” al renzismo deve essere rottura col blocco portante di quella che è la sinistra nella società o suo tallonamento e, se del caso, collaborazione con esso spostandolo un tantino più in nostra direzione? E le varianti locali segnano proprio lo spartiacque tra l’uno e l’altro indirizzo. Se SI dev’essere libera in tutte le sue articolazioni è ovvio, si sostiene da parte dei “migliori” di SEL, che vadano colte tutte le utili variabili locali per non recidere il filo con “l’altra sinistra” e... le poltrone. Alle primarie organizzate dal PD, ma primarie “di coalizione”, occorre quindi stare assieme e se passa Sala dopo che la candidata proposta da SEL ha perso la partita anche un Sala va bene, a meno che non si riesca nel frattempo a rabberciare una soluzione alternativa – ma sino e non oltre il ballottaggio –.

Su questo punto la discussione è stata accesa e si è persino dovuto sentire un Fassina di freschissimo sbarco dal PD obiettare: ma allora che ci stiamo a fare, visto che l’“alternativa” ripropone paro paro la concertazione? (Noi diremmo a Fassina: attento anche tu a non fare il passo – verbale – più lungo della gamba perché vorremo vedere cosa farai davvero ai ballottaggi; ovvio: lì non si farà altro che rilanciare in extremis il “migliorismo” secondo la consolidata tradizione di quest’area a favore del “meno peggio” a scala sia nazionale che generale, come s’è visto lo schieramento pro-Hollande o addirittura pro-Sarkozy in funzione “antifascista” di stampo CLN)

Tanto accesa questa discussione che, al fondo, verte sul nulla che, come argutamente scrive il Manifesto, si è rischiata addirittura una rottura che è stata scongiurata solo perché... non si era ancora uniti! Suggeriamo alla redazione del Manifesto, sempre in cerca di titoli “spiritosi” da sbattere in prima pagina, questa semplice epigrafe per il varo di SI: L’unione fa la farsa.

Cogliamo il fatto che non tutti i potenziali “convocati” per il varo di questa ennesima messinscena residual-sinistra all’estremo ribasso ci stanno. Se ne sta fuori, sembra, Civati col suo “Possibile” di cui, per altro, si sono già esaurite tutte le possibilità, differenziandosene proprio sul tema del mix messo in capo tra “alternativa” e concertazione. Se ne sta fuori anche quel che resta di Rifondazione che pur si dichiarava pronta a tuffarsi nell’impresa “comune e plurale” per aggiungere il proprio succo al cocktail, ma rifiutando di renderlo idrosolubile; il che, francamente, non è tanto...

Nel frattempo c’è chi ha fatto un passettino in più: i compagni di Falce e Martello, dopo tanti anni di apprendistato entrista nel PRC come ala sinistra rivoluzionaria di una sinistra riformista di appoggio ad una (centro)sinistra governativa, si sono decisi allo strappo con la casa-madre. Il loro documento di analisi sul PRC è ineccepibile, anche se a tempi scaduti e del tutto assente è l’autoanalisi relativa al proprio percorso al suo interno. Vanno anche bene nella loro generalità le attuali dichiarazioni d’intenti programmatici salvo una velata promessa “fronteunitaria” rispetto a tutte le “vere” sinistre in campo che, ci sembra, lascia aperto il varco a futuri nuovi giri di valzer (già sperimentati con Tsipras in opposizione agli... estremisti). Sarebbe davvero un peccato sprecare inutilmente altre preziose energie!

Altre formazioni richiamantisi al comunismo e da sempre indipendenti, almeno formalmente, dai giochetti parlamentari e dai bassi sottotraffici con il PD o SEL e loro precedenti sono sulla nostra stessa strada quanto allo svergognamento dell’attuale pateracchio della SI. Benissimo. Ma, disgraziatamente, allo stato attuale, manca tra le (micro)forze in campo che si richiamano al marxismo un anche minimo – e innanzitutto non rituale – momento di effettivo incontro, discussione e coordinamento di forze per uscire dalla fase di esistenza microbica. Noi, ipermicrobi, continuiamo a farci sentire, a promuovere la discussione, ma sembra che il flusso sia solo in andata e i contatti via web continuano a rimanere puramente virtuali: ci si legge, si commenta nel proprio foro interiore (d’accordo sì, d’accordo no “su questo pezzo”), e poi ciascuno per la propria strada a far sentire la propria voce nel deserto.

E non lo diciamo per lamentarci a nostro uso e consumo, ma per indicare una strada capace di portarci fuori dall’attuale pantano. Possiamo ben irridere delle “cosmopolitiche” fallimentari altrui, ma non crediamoci, per quel che ci riguarda, fuori dal... cosmo.

Sveglia, compagni!

12 marzo 2016