nucleo comunista internazionalista
note




fronte democratico


    2010 SENZA BERLUSCONI:
    MANUALE PER L’USO





Presentiamo subito le nostre credenziali: siamo di quelli che non “si augurerebbero”, ma si battono per un 2010 senza più Berlusconi al governo. Aggiungendo subito: e senza succedanei, magari di “quasi sinistra”, non sostanzialmente diversi ed, anzi, per certi versi –vedi politica internazionale– peggiori di esso. Non scriviamo lettere a Gesù Bambino per vedere esauditi i nostri desideri, tipo l’ineffabile Di Pietro che, su questa strada, sembra aver incontrato molti omologhi. Se Berlusconi ha da cadere, cada in forza della lotta di classe anticapitalista; se no, la cosa non ci interessa e,come abbiamo scritto più volte, considereremmo un eventuale trionfo dell’antiberlusconismo come il peggior prodotto del berlusconismo stesso. Col che trasmettiamo subito un invito a tanti presunti “compagni”: stateci alla larga.

Come, dunque, arrivare ad un 2010 libero da Berlusconi?

Primo strumento: la lotta di piazza, extraparlamentare, visto che i numeri “legali” ci sono avversi e che, in base a libere elezioni, Berlusconi ha tutto il diritto a governare per tutta la legislatura che ci rimane da sorbire (garante, ineccepibile da un punto di vista borghese, Napolitano). Sembrerebbe (ai cretini) che questa via venga imboccata dai dipietristi, dietro i quali si sono subito accodati i rimasugli di “estrema sinistra”. Si manifesti in piazza la “voce del popolo” (una piccola frazione del “popolo”, per quanto si vogliano moltiplicare le cifre della “gente” in piazza)! Un milione di gente sulla carta non si nega a nessuno, come da consueta bufala alla Manifesto sulla massiccia presenza del “popolo” (certamente superiore alle stime della Questura, ma abbondantemente al di qua della moltiplicazione dei pani e dei pesci di cui i nostri millantatori sono esperti).

Ma di che presenza,in ogni caso, si tratta? Quella di una miscellanea interclassista di “uomini per bene” che pretenderebbero il ristabilimento della...Costituzione violata, delle “normali” regole del capitalismo “per bene”, che, per definizione, è onesto, non ruba, non prevarica. Mille “diversità” in campo in nome di un rinnovato... CLN (proprio così!). Ma mai e poi mai la classe, grande assente cancellata dai “media” antiberlusconiani. Sì, c’è anche qualche drappello di operai che sentono minacciato il proprio posto di lavoro e confusamente sentono che c’è un qualcosa di cui Berlusconi è il rappresentante governativo che andrebbe combattuto. Magari, poi, si tratta dei metalmeccanici di Termini Imerese che la FIAT si appresta a mettere sul lastrico. Peccato però: si tratta di quella stessa FIAT cui gli organizzatori di queste sceneggiate piazzaiole guarda come interlocutore privilegiato in funzione antiberlusconiana, a cominciare dagli infiniti appelli a Luca Cordero di Montezemolo a “scendere in campo” in politica o la “tessera numero uno” del PD De Benedetti, già a suo tempo desertificatore dell’Olivetti. Il grosso della classe sta fuori dalla partita in quanto non chiamato ad una vera lotta generale per sé dai “propri” partiti (quali?) o dal “proprio” sindacato e, magari, consegnati ai provvidenziali interventi di solidarietà corporativa di tipo leghista. Ai proletari si indica da qui la via dei tetti da cui protestare ed invocare solidarietà di istituzioni, vescovi e, alla fin fine, governo.

Ci è capitato di leggere un comunicato di uno dei tanti gruppi (M–L questo) che hanno aderito alla chiamata alle armi dipietriste. Costoro affermano “ortodossamente” che la strada della riscossa non può essere perseguita per via istituzionale, ma si tratta di “partire” da questa “occasione” (tanti polli tanta pappa potenziale!) per “costruire un vero movimento di lotta” extraparlamentare e per il socialismo, alla cui direzione essi si sentono sin d’ora pronti. E cosa c’è di più istituzionale di questa buffonata che si propone di far “democraticamente” sentire la “voce del popolo” (a chi e come?). E dove sta l’”alternativa” da essi promossa, se non nel presentarsi surrettiziamente come gli “interpreti” della “vera” volontà popolare? Dove si legge un loro affondo contro la concezione e la prassi del dipietrismo in questione? La conosciamo bene la funzione delle mosche cocchiere, ma le mosche aduse a razzolare nella merda non pretendano poi di passarcela per miele.

Da tempo sono in auge la teorizzazione e la pratica della mobilitazione delle “mille diversità”, tutte, è d’obbligo, rigorosamente “autonome”, dai salariati (in coda) ai gay, dagli immigrati ai trans etc. etc. Tutti insieme appassionatamente in nome di “autonomi diritti” separati; salva la cancellazione dell’unico diritto che ci interessa: quello di cancellare il capitalismo (peggio se “buono”, alla fascista o new–deal, fate voi!). Questo non significa, ripetiamolo, che i tanti che protestano in questo modo contro Berlusconi non abbiano le loro ottime ragioni e persino che il dipietrismo non “colmi un vuoto” sinistra (coi suoi contenitori supersvuotati o, francamente, rovesciati, dal nostro punto di vista di classe), solo che... E lasciamo qui lo spazio da riempire.

Secondo stratagemma: i prossimi appuntamenti elettorali. Non subito, per carità, o altrimenti ne usciamo con le ossa rotte, ma da preparare pazientemente. E come? Attraverso il solito CLN di cui sopra, cui possano aderire (e dettar legge) tutti, ma proprio tutti, gli antiberlusconiani imbarcabili nell’operazione. Quello che sino a ieri veniva definito come il “criptofascista” Fini ci va benissimo (“per fortuna che Fini c’è”, ha inneggiato l’ex–umorista Vauro, quello dei “gattocomunisti”, ovvero dei comunisti del cazzo). E benvenuto Casini, il figlioccio di Forlani, indispensabile per vincere come ieri lo erano i trangughi dal fascismo della DC “resistenziale”, necessari al post–fascismo (sempre da noi considerato peggiorativamente rispetto all’originale di partenza). La banda dei trombati dell’”ultrasinistra”, già protagonista dell’affossamento del centrosinistra “debole ed incoerente” di Prodi in nome di un tardivo e ridicolo sussulto di “coerenza classista”, ci sta in pieno, pur sempre con gli opportuni distinguo d’”opinione”. E se non bastasse, andrebbe bene anche una riedizione del classico milazzismo siciliano d’altri tempi. Ci sarà pure, nel frammezzo, l’inciampo di certe “immotivate” esclusioni, tipo quella di Vladimir Vendola, in nome dell’”unità vincente”, ma tutto si supera, come dal ’43 in poi si sono ingoiati ben altri rospi pur di far trionfare l’”antifascismo” a guida, all’interno, del capitale che aveva inneggiato e foraggiato la guerra fascistissima “anti–demoplutocratica” e, all’esterno, del capitale angloamericano che prima avrebbe sfruttato la mobilitazione antifascista degli operai per poi ricacciarla nel ghetto, nelle carceri e negli obitori (raccolte dell’Unità del tempo disponibili). Gli ultra–ultra–sinistri ancora in giro non arrivano a tanto, ma, nel frattempo, si prestano come massa di manovra per le operazioni piazzaiole dei confezionatori di simili CLN tenendoci solo a dire che intendono salvarsi l’anima in nome dei propri postribolizzati “incorrotti ideali”. Le barricate attorno a Vendola, ad esempio, potrebbero persino avere un senso se con esse si mettesse in causa l’impianto delle manovre generali in atto da parte del Quartier Generale,ma così non è. Mai più diserzioni a sinistra, come eloquentemente scrive la Rinascita della Sinistra. Scelte “radicali”? Sì: la Bonino, ad esempio, come suggerisce Il Manifesto giunto al capolinea.

Terzo e definitivo strumento d’uso: sarebbe sperabile che “qualcuno” (non Gesù Bambino, supponiamo) s’incaricasse di “far fuori” Berlusconi strictu sensu. Simile desìo è largamente diffuso e trova in Internet i suoi fan. Gli spalti (di “sinistra” o meno) sono pieni di simili tifosi in attesa che il cannoniere di turno metta KO l’avversario. Poi arriva un Tartaglia che ci prova e, di fronte al gioco (democraticamente) irregolare, questi stessi tifosi non hanno nemmeno il coraggio di rivendicarne appieno l’azione (anche, o soprattutto, perché andata storta e sanzionata dall’arbitro, Napoletano e guardialinee concordi). Si dirà allora: che c’entriamo noi se uno spettatore è sceso in campo ed ha segnato un goal irregolare? Si tratta di uno “psicolabile”, dimentichiamo il fatto increscioso (improduttivo). In questo caso la differenza tra lo “psicolabile” ed i “normali” è che il primo ha preso sul serio l’azione cui è stato chiamato, i secondi se ne lavano le mani (in attesa che il buon colpo vada segno). Sul Manifesto abbiamo letto alcune lettere veramente esemplari da parte di questo tipo di fan con la condizionale.

Uno scrive: che volete che sia una ferita a Berlusconi quando ogni giorno migliaia di persone muoiono di fame nel mondo? Una considerazione del genere potrebbe valere anche in casi che direttamente ci riguardano: cosa contano un morto a Genova e decine di manifestanti massacrati dalla polizia (costituzionale) o la triste fine di un povero Cucchi di fronte a tanti morti di fame? Un altro scrive: si trattava di uno psicolabile che, come tale, andava semplicemente curato, quindi la colpa è dei tagli berlusconiani alla sanità. Non si sa se ridere o piangere. Anche l’attentatore di Togliatti era uno psicolabile, quindi la colpa era di De Gasperi che non aveva provveduto a curarlo a tempo. Nell’occasione ci fu una mezza insurrezione proletaria aliena da rivendicazioni sanitarie, et pour cause(se bene intendiamo il contrasto reale di classe sottostante all’episodio). Ed anche in quell’occasione ci fu chi si propose come “partito dell’amore”: Togliatti nella fattispecie. Terza letterina. Gli ematomi di Silvio sono stati riassorbiti troppo in fretta. Non ci sarà sotto un trucco? Insomma: Berlusconi se l’è cercata e addirittura inventata. Vauro e Staino hanno trovato degli ottimi imitatori e rivali!

Questo l’edificante quadretto del 2010 che si vorrebbe deberlusconizzato. Ci mancava solo la prospettiva di Sant’Elena di quel bel tomo di De Magistris!

Noi, stando così le cose, non nutriamo soverchie speranze quanto a questo obiettivo o addirittura temiamo che quand’anche ci si arrivasse non sarebbe che per precipitare più a fondo. Non rinunciamo con ciò –proprio il contrario!– a lavorare per deberlusconizzare e decapitalistizzare l’Italia (e dintorni, molto più estesi). Lo facciamo richiamandoci ai presupposti fondamentali di un lavoro del genere: rompere decisamente nel “giro dei compagni” (e degli incazzati di ogni colore e specie) coi miraggi ciellenistici badoglisti (o finiani); ricostruire e ricompattare nuclei di compagni realmente legati al marxismo in grado, in forza di ciò, di “legarsi alle situazioni conflittuali” quale elemento dirigente e non codista (alla moda dei “movimentisti” senza movimento). Non siamo alla fase dei pesci che nuotano in acque abbondanti e non ci affidiamo ai pantani per surrogarne l’assenza: semmai vediamo di dotarci di buoni polmoni, e poi si vedrà.

9 gennaio 2010