nucleo comunista internazionalista
note



LA RUSSIA IN SIRIA:
CHI AGGREDISCE CHI?

Dobbiamo sempre e per forza ripeterci, e pazienza!

Noi non stiamo in alcun modo “dalla parte di Assad” di cui possiamo solo “consigliare” i nostri fratelli di classe siriani di farne a meno purché compiendo un passo in avanti verso l’orizzonte socialista (non confinabile alla sola Siria, va da sé, e qui entrano in campo altri proletari da richiamare ai propri impegni). Meno che mai blateriamo di una sorta di “socialismo siriano” in atto, lasciandone l’incarico a delle teste matte alla Grimaldi (che ci resta comunque simpatico per aver ben individuato dove sta la Bestia numero uno e tentare di battersi contro di essa invece di distribuire patenti primaveril-rivoluzionarie – com’è capitato a certi “marxisti ortodossi” – a presunti “ribelli proletari” pagati dall’imperialismo coi classici trenta denari). Altrettanto sicuro è che non rilasciamo a Putin alcuna patente di sentimenti internazionalistici simil-socialisti di cui egli è il primo a dichiararsi estraneo. Detto ciò sulla faccenda Siria e dintorni non ci ritagliamo il ruolo di semplici spettatori disinteressati, ma – atleticamente, se pur malconci – parte in causa.

In breve, Assad si limita a difendere la propria trincea nazional-borghese dall’attacco imperialista occidentale, USA capintesta coi varii Hollande al seguito, guardandosi bene dal sollecitare od anche solo permettere l’irruzione di un movimento di classe capace di fare i conti con esso. Ma proprio qui sta il punto: quest’aggressione imperialista va combattuta e sta ai proletari siriani mettersi in prima fila in questo compito. Gliene mancano attualmente le forze? Trotzkij diceva: di fronte all’aggressione imperialista noi stiamo dalla parte del Negus (lo avrebbe detto anche per Gheddafi), che ci ripromettiamo di scalzare, noi non ci asteniamo affatto. Sull’intervento russo in appoggio ad Assad, pur con ipotesi di “transizione” possibile a conti fatti, la Russia si gioca una sua ovvia e necessaria partita geopolitica a difesa dei propri spazi contro un’evidente manovra antirussa occidentale che non ha nulla a che fare con la nostra prospettiva, ma di cui possiamo godere in quanto oggettivo cuneo piantato contro lo strapotere criminale di USA & soci. Ogni e qualsiasi risultato in questo senso ci sta bene a patto di rimanere noi sulle nostre posizioni comuniste internazionaliste di sempre. Nessuna equazione Russia = USA è comunque possibile in proposito e non si può assolutamente dire che, nella faccenda, la Russia miri, allo stadio attuale, alla stessa operazione neocoloniale dei suoi avversari, limitandosi a proteggere la (relativa) autonomia nazional-borghese siriana sia pure allo scopo, evidentemente non nostro, di coprirsi le proprie spalle parimenti nazional-borghesi, assai più robuste di quelle siriane che ne costituiscono una semplice pedina.

La lotta all’ISIS, sulla carta, sembrerebbe propagandisticamente costituire un “obiettivo comune” ad Occidente e Russia, ma, in primo luogo, si dimentica quale è il gioco attraverso il quale l’emergere dell’ISIS è stato favorito dal blocco delle potenze occidentali e da quelle regionali ad esso collegate per ripartirsi l’area in questione mettendo KO uno stato di argine contro di esso come quello siriano (e così prima quello iracheno) con tanto di supporto militare, indiretto o diretto (vedi Turchia ed Arabia Saudita, due autentiche bestie nere che ci auguriamo di veder collassate). Non stupisce perciò che la vantata potenza di fuoco occidentale e soci contro l’ISIS si sia sin qui dimostrata nulla, mentre, guarda caso!, si lascia alla Turchia il compito di accanirsi contro i curdi (di cui stranamente quasi non si parla più mentre sino all’altro giorno tutti stavano di stanza a Kobane) e ci si limita a lasciare all’ISIS il ruolo “sotto controllo” di fattore devastante in Siria in funzione anti-Assad.

La Russia, col suo attuale intervento, ha dimostrato come si può fare molto di “meglio” in funzione anti-ISIS (se mai questo fosse per gli occidentali e compagnia sporca l’obiettivo primario). Ma proprio da qui nascono i problemi per i nostri presunti “antiterroristi”. Ed allora giù con le balle stratosferiche di cui la propaganda imperialista è capace. La Russia lambisce lo spazio aereo turco: i turchi lecitamente spadroneggiano sugli spazi aerei e terrestri di Siria ed Iraq. Addirittura un jet USA ha rischiato i scontrarsi coi caccia russi mentre stava tranquillamente sorvolando per conto di Washington la Siria, che notoriamente fa parte dello spazio aereo yankee. La Russia non colpisce l’ISIS (!!), ma si limita a proteggere Assad. Anzi, colpisce la popolazione civile come “testimoniato” di certe ONG guarda caso statunitensi postate in loco e pronte alla bisogna su comando, che ne conteggiano prontamente le vittime prima ancora che gli aerei russi si alzino in volo (divertente questo dopo l’episodio afgano del bombardamento dell’ospedale dei Medici Senza Frontiere – ma con qualche bella frontiera a copertura del proprio ruolo di non limpidissima assistenza! –). Mc Cain si è subito affrettato a chiarire la cosa: i russi, egli ha testualmente dichiarato, colpiscono “i (nostri) ribelli armati ed addestrati dalla CIA”! Preziosa rivendicazione, anche perché certi compagnucci avevano tentato di dimostrarci che i ribelli in questione, proletari per definizione, mai e poi mai avrebbero accettato armi e tutele esterne (e non se ne vergognano ancora!). In sovrappiù si accusa la Russia di incrementare il numero dei profughi che verranno a chiedere asilo in casa nostra dimenticando che l’attuale marea di esuli (sulla cui connotazione sociale e politica andrebbe svolta un’indagine ad evitare che se ne parli genericamente e globalmente quali “proletari” e “vittime”) è precisamente il frutto dei disastri “armati ed addestrati” da chi li scaraventa addosso alla “solidale” (per non dire correa) Europa, scaricandone su di essa il costo, come si conviene ad alleati-concorrenti imperialisti. L’intervento russo, semmai potesse andare sino in fondo (cosa di cui dubitiamo visti i compromessi cui anche Putin sarà costretto e la natura dei suoi stessi interessi), giocherebbe proprio in senso contrario: una Siria liberata da ISIS e “ribelli” della risma di cui sopra potrebbe tranquillamente riassorbire una buona massa degli attuali fuggiaschi lasciandocene solo una certa quota di ascari collaborazionisti con la “buona causa della nostra democrazia” da istruire, armare e nutrire amorevolmente..

Resta a questo punto il nodo centrale: qual è il compito della nostra classe (tuttora silente) e del suo partito (tuttora inesistente)? Date le nostre forze quasi a zero non possiamo che dare ai nostri fratelli di classe siriani (e dintorni) la consegna di prendere nelle proprie mani il compito di combattere direttamente contro l’invasione imperialista scavalcando Assad ed anche l’“aiuto”, non disinteressato e men che mai conseguente, russo. E qui in Occidente: mobilitarsi contro il “nostro” interventismo aggressore rimettendo in campo non le stinte bandiere pacifiste, ma quelle rosse della guerra interna di classe, a cominciare dalle imminenti nuove escalation militari che già ci ripromettono sull’Iraq e che addirittura si richiama a gran voce per la Libia in nome della proditoria bandiera della “lotta al terrorismo”. Una cosa alquanto diversa dalla rivendicazione di “discussioni parlamentari” per deciderne tempi e modalità all’insegna di una “legittima e democratica azione comune” già sottoscritta di fatto da tutte le bande parlamentari in causa. E mai come oggi soffiano qui da noi i venti di una propaganda bellicista (al massimo impostata su ipotesi di fronte diversi) che sembra tranquillamente scivolare nell’indifferenza generale.

Ancora una volta una voce nel deserto? In mancanza d’altro ci basta non rimanere afoni e complici.
8 ottobre 2015