A brevissimo pubblicheremo un compiuto intervento come esigono l’importanza e il profondo significato della sollevazione dei braccianti neri di Rosarno e della piana di Gioia Tauro, un episodio di autentica e vera lotta di classe.
La loro fiammata di violenza ha, fra gli altri, il merito di stracciare, almeno per un momento, la mascheratura, l’ipocrisia di cui è impastata la presente società che è, fino a prova contraria, società borghese moderna, democratica e costituzionale. Ove vige, fino a prova contraria, l’articolo 1 della Costituzione che recita la, per noi, insulsa formula che sappiamo.
Che da lunga data e sotto governi di diverso colore vigesse e che viga il più bestiale caporalato e lo schiavismo nei campi, nelle serre (e non solo nel meridione) come nell’inestricabile rete dei sub–appalti dell’edilizia, come nel lavoro domestico delle badanti, TUTTI lo sapevano, TUTTI lo sanno. Anche dalle parti di quella “sinistra”, “estrema” compresa, e di quel sindacato che ora si “indigna” e “gliene canta quattro” (parole del Manifesto 9/1: ma fateci il piacere pagliacci!) al ministro dell’Interno ed al governo.
Il lavoro salariato a 25 euro per una giornata di lavoro nei campi di 10 e passa ore, evidentemente fa comodo a tanti, e non solo nei territori in cui lo “Stato parallelo”–organizzazione mafiosa del posto esercita il suo controllo in funzione complementare con lo Stato di Roma. Ramificata e diffusa è la rete degli “utilizzatori finali” del lavoro degli schiavi.
La stragrande maggioranza della parte sana in Calabria e nel paese intero, sinceramente indignata e toccata dal grado di sfruttamento e oppressione cui sono sottoposti quei proletari neri, ritiene al fondo che ciò si debba ad una disfunzione più o meno congenita dello Stato italiano. Un calabrese scrive: “Io sono stato in Francia negli anni settanta e ho fatto un mese la vendemmia: sono stato assunto tramite ufficio del lavoro, con paga sindacale, vitto e alloggio. Contratto sindacale. Quanti lavoratori stanno in queste condizioni nel 2010 a Rosarno?”
Il fatto è che anche solo per conquistare una tale vagheggiata “situazione normale” in Calabria e nel Sud (che a parole e sulla carta è l’orizzonte per tutti i borghesi tanto quelli di governo che dell’opposizione in Parlamento e quelli fuori pure) che in sé non ha ovviamente nulla di sovversivo occorrerebbe andare a smuovere un equilibrio sociale (per quanto straccio di equilibrio sociale esso oggi sia) a cui tutti sono legati, perfino consistenti fasce di popolo ridotte al ruolo di cliente. Occorrerebbe mettere in campo una reale lotta di classe che non è esattamente l’opera della Caritas o del volontariato della “società civile”, cosa che, diciamo pure a nessuno, passa per la testa. Ma allontanata e temuta come la peste dai bianchi, essa –lotta di classe– bussa alle porte delle nostre case attraverso l’azione del proletariato nero.
Abbiamo letto e riportiamo parole che esprimono anche il nostro sentimento: “E’ dalla parte dei braccianti neri che occorre stare, senza se e senza ma. Essi si sono autorganizzati per dare una lezione a gente che è stata silente davanti alle aggressioni subite, a gente che li emargina e li calpesta come esseri umani, che li tratta come cani randagi. Bene hanno fatto a ribellarsi, dimostrando che se essi sono esseri umani gli altri sono solo dei maiali”. Non ci stupiremmo fra l’altro che in mezzo a questa marmaglia bianca, a questi autentici straccioni bianchi, ci fossero anche di quegli strani braccianti che tali risultano solo all’Inps (braccianti fasulli, buoni solo per l’incasso delle varie indennità) che certamente così credono “di fregare lo Stato” e intanto danno la caccia ai braccianti neri che sputano sangue nel duro lavoro della terra.
Riportiamo ancora e sottoscriviamo: “Prendersela con chi, oltre che più povero, vive in condizioni spaventose e , lontano sai suoi affetti e dalla sua terra natia, si guadagna il pane col sudore della fronte, merita non solo il più deciso disprezzo, merita un sacco di legnate. Poiché le legnate, contrariamente a quanto pensano certi pacifisti, hanno e come! un indiscutibile valore pedagogico”.
I brani citati sono del Campo Antimperialista (rif. “Cristo si è fermato a ...Rosarno”) dalle cui posizioni siamo peraltro molto distanti anche nel merito di questo particolare ed importante episodio di lotta di classe. Secondo il Campo “siamo in presenza di un fenomeno terribile quanto completamente nuovo che obbliga a riadeguare analisi sociale, paradigmi interpretativi, nonché il nostro stesso vocabolario sociale e politico”, per dire e andare a parare probabilmente sul fatto che il proletariato bianco–occidentale non ha e non potrà avere alcuna valenza in quanto soggetto rivoluzionario (ciò del resto coerentemente col terzomondismo proprio di questi compagni).
Noi non la pensiamo affatto così, ma su questa ed altre questioni che la lotta dei proletari neri di Rosarno ci pone davanti abbiamo l’impegno di ritornare compiutamente.
Scrive ancora il Campo e anche noi per il momento qui finiamo:
“Ci volevano uomini della Sierra Leone, del Ghana o della Nigeria a ricordarci che
questa società è uno schifo, che il sistema è fradicio, che il capitalismo è criminogeno, che le
istituzioni sono allo sbando e che la legge è pur sempre quella del più forte. Ci volevano loro a
ricordarci che esistono la schiavitù malamente salariata e la lotta di classe. Non possiamo che dire
loro grazie! Grazie per la vostra lezione politica e morale.”
9 gennaio 2010