Tanto per cominciare dal ridicolo. Giornale radio del primo mattino di giovedì 28 settembre: bordata dal potere centrale di Madrid: “i separatisti catalani riescono ad utilizzare i loro siti per realizzare il loro referendum illegale grazie all’aiuto degli hacker russi”….. contro-tuonata dalla Generalitad di Barcellona: “il centralismo madrileno è paragonabile al regime nordcoreano”….
Allegria ragazzi, 1 a 1 e palla in centro!
Questo divertente scambio incrociato di fuochi d’artificio fra centralisti “autoritari e mezzo fascisti” da una parte e separatisti democratici e progressisti “mezzo libertari” dall’altra (tale è l’immaginazione deforme che si danno o si rinfacciano a vicenda) rende da solo la misura di che di pasta siano fatti i fronti in contrasto. Di pasta borghese, della peggior e tossica specie. E il fatto che le ramblas siano effettivamente invase da una marea di popolo – fette, quanto larghe non sappiamo, di proletariato catalano incluse – non sposta di una virgola il giudizio sulla natura del braccio di ferro in atto. Come non lo sposterebbe e non lo sposta l’amara constatazione di fette di proletariato spagnolo o castigliano – chiamatelo come volete - le quali, per reazione, si accodassero o si accodino alle forze borghesi “nazional-unitariste” reclamanti il ripristino dell’ordine e lo schiacciamento della sedizione separatista magari con maniere molto più spicce e drastiche di quelle sino ad ora utilizzate dal debole ed incerto attuale governo del paese il quale, senza ombra di dubbio alcuno, si muove al 100% all’interno delle normative istituzionali e democratiche che regolano il potere del capitale in terra iberica.
Il vento che spira oggi sulle ramblas e che gonfia le vele del separatismo catalano ha la stessa intima scaturigine di quello che ieri, ad esempio, spazzava a Lubiana e Zagabria e che cova del resto, per restare a casa nostra, nella pianura padana. Evidentemente con giustificato motivo dal suo punto di vista un fogliaccio della più becera reazione nostrana come “ La Verità ” titola (30/09) a piena pagina: “ Dalla Catalogna a Lombardia e Veneto rivolta contro le capitali succhiasoldi”. Il che è, detta proprio in soldoni, … la verità. La borghesia catalana, fatti i conti delle entrate e delle uscite di cassa, ritiene di essere zavorrata dal “centralismo madrileno” e che esso diventi un peso sempre più insostenibile per restare agganciata ai centri motore capitalistici. Si tratta di una tensione oggettiva sprigionata dai meccanismi capitalistici, tanto più forte quanto è profonda e acuta la crisi degli stessi.
Volgarizzata la cosa e data in pasto al popolo: vogliamo farci gli affari nostri! svincolati dal ceppo centralista li potremo fare al meglio e con beneficio per tutti i catalani. Questo il succo, questa “la verità” borghese urlata dalla piazza separatista-democratica di Barcellona.
Ammettiamo che la cosiddetta “sinistra anticapitalista” catalana riunita intorno alla CUP (candidatura di Unità Popolare) sia piuttosto abile nel menare il can per l’aia (cfr. l’intervista ad un suo alto dirigente riportata dagli omologhi italiani, “sovranisti di sinistra” di Contropiano/Rete dei comunisti) cioè a presentare il succo borghese della faccenda separatista per qualcosa di diverso di quello che è, colto al volo invece dai nostri reazionari alla Belpietro de “ la Verità ”. Sentiamo: “ il referendum e un processo costituente dentro lo Stato (costoro, ed è caratteristica piuttosto diffusa fra i secessionisti, non affermano mai chiaramente di volere la separazione della Catalogna dalla Spagna, lo fanno invece per vie contorte e subdole, ndr) potrebbe aprire scenari di trasformazione radicale in senso democratico e progressista”… “Certamente la borghesia catalana ha avuto e continua ad avere un ruolo da protagonista nel processo verso il referendum, ma il corso degli eventi sta permettendo alla sinistra anticapitalista riunita intorno alla CUP di guadagnarsi sempre più una posizione centrale nel dibattito popolare sull’indipendenza (mai e poi mai sugli interessi di classe del proletariato, nominato nemmeno per sbaglio da questa specie di “anticapitalisti”, ndr) Questa creativa ed efficace formazione politica basa le sue proposte politiche sulla partecipazione dal basso e sul potere popolare, rivendicando l’autogoverno del popolo catalano come opportunità di democratizzazione dello Stato”. Si contribuisce a seminare oggettivamente motivi di ostilità, di divisione se non di odio rispetto al proletariato spagnolo/castigliano ma si afferma il contrario, pretendendo anzi che il processo di separazione inneschi … “la democratizzazione dello Stato”. Si mena il can per l’aia appunto, si inganna il proletariato di Catalogna e della Spagna intera.
Una massa imponente di ceto medio, di gioventù intontita che ruota, come gli ignavi attorno alla bandiera bianca, attorno alla rivendicazione “della democrazia”, “della democrazia violata” e simili vuotaggini, una simile massa si agita come le mosche sugli escrementi attorno alla rivendicazione separatista pensando di trarne chissà quale succoso dolce nettare. Una parte di proletariato catalano - prostrato e profondamente sfiduciato sulla sua propria forza qualora essa sia messa in campo, senza alcuna forza organizzata che richiami alla necessità di un’azione indipendente di classe e di unità di classe – una parte del proletariato catalano stesso cade nella trappola.
Facciamo certamente nostre le parole e il pensiero rivoluzionario vivo di un Trotskij - gennaio 1931 (1) – il quale ci insegna a considerare che “ il separatismo degli operai e dei contadini è l’involucro della loro indignazione sociale ” e che “ bisogna fare una rigorosa distinzione tra questi due tipi di separatismo ” (quello della borghesia e quello dei proletari, ndr). Egli, alla data 1931, considerava ancora il nazionalismo catalano come un fattore rivoluzionario progressista. Se ne poteva discutere, se ne discusse e ci si scornò già allora nel campo dei rivoluzionari internazionalisti. Oggi, anno 2017, il compito dei comunisti è di negare nella maniera più assoluta e recisa un qualsiasi fattore rivoluzionario e persino “progressista” al fattore separatista. Al contrario esso rappresenta una “ arma di distrazione di massa” come l’ha definito molto efficacemente …la regista (catalana!) Coixet. Un’arma nelle mani della borghesia, una delle sue carte utilizzata grazie agli uffici del cosiddetto “campo progressista” e persino dell’estrema sinistra, in Spagna e fuori, i quali operano a rinsaldare con bulloni e lamiere d’acciaio quell’involucro di cui sopra in cui è serrato il corpo del proletariato.
Possono avere certamente ragione i nostri “sovranisti di sinistra” (cfr. ancora Contropiano) quando scrivono nel loro comunicato di solidarietà con il popolo catalano che: “ nell’attuale contesto continentale, la rivendicazione del popolo catalano si pone in oggettiva rottura non solo con le classi dirigenti e l’oligarchia spagnola ma anche con la stessa Unione Europea. Un processo di rottura politica e sociale in Catalogna rafforza oggi le ipotesi di opposizione e rottura dei popoli europei nei confronti dei propri governi e della gabbia dell’Unione Europea, il che non può lasciarci indifferenti”. Ma la loro ragione e coerenza si pone tutta sul terreno borghese “degli interessi dei popoli”, delle combinazioni di alleanze fra Stati, in antitesi alla prospettiva di classe. Se il criterio e il motivo di fondo è “la rottura della gabbia EU”, e di questo in effetti e fondamentalmente si tratta, allora il miraggio di una “Catalogna libera” può essere certamente utile alla “causa sovranista” tanto quanto quello di una “Padania libera” o di un “Sud ribelle libero”….
Le similitudini fra la piazza secessionista di Zagabria o Lubiana 1991 e quella odierna di Barcellona sono notevoli. Balza all’occhio il prevalente materiale umano gettato in prima fila nella “lotta per la libertà”. Era, ieri a Zagabria e Lubiana come oggi sulle ramblas, la gioventù piccolo-borghese “simil-anarcoide” la parte più scalmanata. Zagabria e Lubiana avevano però dietro alle spalle potenze del calibro di Germania e Vaticano in prima battuta, appoggio che la borghesia catalana non sembra poter “vantare”. Essa, che sbavava la sua adesione “ai valori europei” rivolta ai potentati capitalistici dell’EU, si è vista chiudere la porta in faccia. Ecco allora spuntare sui palazzi di Barcellona gli striscioni di “shame on you Europe ”.
La grande borghesia catalana non può che prenderne atto. Si tratta allora per essa di procedere nel trovare un nuovo equilibrio con Madrid da una posizione di forza comunque acquisita, garantita dalla massa popolare in piazza. Il punto di mediazione fra poteri borghesi sarà di nuovo trovato certamente sotto gli auspici dei vertici del capitalismo europeo.
Noi comunisti internazionalisti non restiamo indifferenti ai blindati e ai reparti di polizia mandati a Barcellona a presidio della legalità e della democrazia della Spagna e dell’Europa borghese. Diciamo “solo” che sì! il proletariato catalano deve scendere in campo contro questa dimostrazione di forza, non facendosi usare come massa di manovra della “sua” borghesia ma sotto le sue insegne di sempre: unità e non divisione della classe lavoratrice di Spagna!
Battiamo queste righe prima della “fatidica” giornata del 1 ottobre presumendo di intravederne l’esito e le prevedibili conseguenze. La prova di forza (o di reciproca debolezza a ben vedere) fra le due frazioni borghesi in lizza darà modo a ciascuno dei contendenti di rivendicare in qualche modo “la vittoria”. Madrid, grazie ad un uso accorto e limitato della forza, potrà dimostrare il fallimento del referendum. Barcellona dall’altra parte potrà far valere la notevole massa popolare mobilitata “per la libertà e la democrazia”.
E’ ben possibile che per placare i bollori della piazza separatista e dare ad essa una soddisfazione “tangibile” sul piano politico sia in seguito sacrificata la testa di Rajoy, il cattivo di turno. Nel 1931 il capitalismo spagnolo sacrificò il Re per garantire il suo potere sotto la veste repubblicana e di sinistra, contenendo e deviando con quella manovra una formidabile serie di sollevazioni sociali e di classe.
NO AL NAZIONALISMO DI MADRID! NO AL SEPARATISMO DI BARCELLONA! PER L’UNITA’ DI CLASSE DEL PROLETARIATO IBERICO!
(1) Rimandiamo i compagni al testo basilare di Trotskij: “La
rivoluzione spagnola e compiti dei comunisti” scritto dall’esilio di
Prinkipo nel gennaio 1931. Il testo venne pubblicato anche sulle
colonne di Prometeo, giornale della frazione della sinistra del PCd’I
redatto dai compagni in esilio organizzati soprattutto in Francia e
Belgio. La pubblicazione del testo aprì subito la discussione e la
divergenza fra la Frazione e Trotskij. Dovremo ritornarci su….
30/09/2017