nucleo comunista internazionalista
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Dopo la vittoria elettorale della destra social-nazionalista, due piazze si fronteggiano

DOVE VA LA POLONIA?

Torna alla ribalta la Polonia. “Improvvisamente” questo vasto paese di 40 milioni di abitanti, pienamente integrato, come da suggestiva definizione degli esperti alle dipendenze di Sua Maestà il Capitale, “alla catena del valore” dell’industria e della finanza occidentali e per di più situato nella immediata periferia del “mondo libero”, cade nelle spire del disordine politico ed istituzionale. “Catena del valore” e “mondo libero”, quale binomio più perfetto! L’espressione “mondo libero” riferita alla Polonia come antemurale del “totalitarismo” russo (in altri tempi qualcuno parlava di ....orde euroasiatiche, il senso è lo stesso) la prendiamo da portavoce esemplari della nostra democrazia cioè della democrazia imperialista (La Repubblica, 18/12/15: Varsavia, prove di golpe) i quali, lividi, così descrivono le nubi che si addensano minacciose nel cielo sopra Varsavia: “Natale triste nella terra di Wojtyla e Walesa: un Termidoro nero scende sulla Polonia, L’Europa assiste al Sacco di Varsavia”.

Cosa accade dunque “improvvisamente” in questo grande paese così importante e delicato per gli equilibri dell’ordine borghese mondiale e per i destini della Rivoluzione del Proletariato Internazionale? Accade che il malessere profondo covato nel seno di larghe fasce popolari e proletarie polacche e le conseguenti rivendicazioni per una più equa ripartizione della ricchezza nazionale si sono riflesse e sono state intercettate dalla destra social-nazionale del PiS (Diritto e Giustizia), in un movimento di riflesso ed intercettazione analogo a quanto avvenuto con Orban in Ungheria, all’ascesa del Front National francese e con quanto del resto sta maturando in Italia ed altrove. Il PiS ha piazzato un uno-due elettorale in faccia ai borghesi-liberals del PO (Piattaforma Civica) di Donald Tusk, dal 2007 fidati gestori del potere in terra polacca per conto della cupola di Bruxelles e della Nato. Prima, in maggio, nelle elezioni presidenziali poi in ottobre in quelle politiche, i borghesi social-nazionali del PiS si sono largamente imposti sfiorando il 40% dei consensi elettorali (la sinistra borghese del SLD – lontana e pallida erede del Poup il partito guida negli anni “del socialismo” e i cui uomini sono stati alla gestione del potere in più riprese fino ai primi anni di questo secolo – è spazzata via dagli scranni parlamentari. Nel 2011 era ancora al 7%!) (1) sulla base però di una astensione dal voto che ha sfiorato la metà del parco gli aventi diritto. Stavamo quasi per dire ...la metà del parco buoi. Forte del successo, Jaroslaw Kaczynski capo del PiS è, come l’elefante nella cristalleria, passato all’azione incalzante sul piano della ripulitura e dell’epurazione nell’ambito delle strutture istituzionali dello Stato (Corte suprema, potere giudiziario) e degli apparati dei mass-media. Via dagli apparati dello Stato inclusi quelli dell’informazione/propaganda il personale di servizio “asservito allo straniero” (nemico principale: Il Tedesco. Effettivamente “buona parte dei giornali sono di proprietà di gruppi editoriali tedeschi” si lascia scappare il Manifesto-quotidiano “comunista” che, alla coda dell’alta borghesia, strilla al “golpe strisciante” e alla “lesa democrazia”). Dentro il personale fedele al partito che incarna i “veri e sacri” valori di una Patria polacca che i demagoghi social-nazionali vorrebbero liberare dall’attuale posizione di un indefinito servaggio neo-coloniale . Fuori un cornuto, dentro un altro cornuto! Si dice in una battuta de Il bello, il brutto e il cattivo, western alla Sergio Leone.

Gli sconfitti liberals col sostegno dei loro padrini euro-stellati chiamano “il popolo” alla risposta di piazza contro un governo che con il 20% dell’effettivo consenso elettorale intende prendersi tutti i posti di comando e di direzione del paese, facendo strame di prassi e norme costituzionali. Lesa democrazia, lesa carta costituzionale insomma. E le piazze in tante città polacche si riempiono di tanta gente che agitando bandiere nazionali ed euro-stellate (la bandiera stellata per eccellenza non si agita da nessuna parte, per il momento) è effettivamente preoccupata per la piega presa dalle cose. E’ costituito un comitato per “la difesa della Costituzione” che prende in mano l’organizzazione delle agitazioni a cui senz’altro aderiscono i rottami della sinistra. Appunto: cornuti e mazziati. A questa piazza, risponde il PiS convocando la sua, altrettanto numerosa e determinata. I due fronti si ringhiano addosso, chi “difende veramente gli interessi del popolo della patria polacchi?” e: chi si vende a chi? Il vecchio arnese Walesa che pendeva dal lato “dei patrioti” di Kaczynski prima di rispondere al richiamo della foresta, evidentemente irresistibile, dei poteri forti d’Occidente e posizionarsi al fianco dei democratici liberals parla di rischio guerra civile. La piazza liberal-costituzionale invoca l’intervento delle istituzioni europee, qualcuno pensa a come disarcionare il governo neoeletto fresco d’investitura. Da ultimo siamo informati che l’anatema più terribile viene da questa parte lanciato agli avversari: siete al soldo di Putin! Possiamo solo immaginare il travaso di bile di Kaczynski e dei suoi di fronte ad una tale accusa lanciata dalle piazze. La parte social-nazionale replica rabbiosa: “i nostri nemici sono comunisti e ladri, hanno nel codice genetico il tradimento della Patria”...

Bruxelles è estremamente preoccupata per questa ulteriore brutta gatta da pelare, muove il mastino tedesco Martin Schulz che minaccia sanzioni verso un governo che esce dalle righe dello spartito della libera Europa cioè quello dettato – o meglio: dittato!  – del grande capitale industriale e finanziario. Da Bruxelles ricordano la grande quantità di fondi e stanziamenti che si sono riversati e che si riversano verso la Polonia, si paventa la chiusura dei rubinetti se il nuovo governo non abbassa la cresta e rientra, dopo il fuoco e le fiamme iniziali, nei ranghi (come del resto è avvenuto per lo straccio greco Tzipras). Già: ma se è vero che da quei rubinetti è scorso e scorre copioso il capitale verso la terra polacca, altrettanto è che esso ritorna sotto forma di alti e irrinunciabili profitti al cuore capitalistico composto da una formidabile rete di aziende industriali, commerciali, finanziarie per le quali la terra polacca è, più di ogni altra in Europa, vero e proprio Spazio Vitale. Devono stare attenti perciò a Bruxelles e altrove gli alti manovratori del grande capitale a brandire con cura ricatti e minacce contro un governo riottoso e forse poco presentabile nei cocktayls party dell’alta borghesia ma che in verità non vuole per nulla far saltare quel sacro flusso di capitale sul quale peraltro i “patrioti” social-nazionali vivono e vegetano. Dura ma accorta contrattazione fra poteri borghesi di peso e stazza senz’altro diversi, in questo si riduce in sintesi estrema, il braccio di ferro fra Bruxelles/Berlino e Varsavia nelle intenzioni dei soci in affari contrattanti. Alla cupola dell’alta borghesia i mandatari locali, nelle vesti di borghesia “patriottica”, richiedono una tangente più alta rispetto a quella, irrisoria, fino ad ora riconosciuta ai fedeli cagnolini alla Tusk e company, di modo che dal tavolo qualche osso in più possa essere gettato anche al proletariato polacco, sul quale poggia tutta l’infame tratta.

Ben si comprende la massima preoccupazione dei vertici della borghesia europea e il livore dei suoi apparati di informazione/propaganda (“termidoro nero”, “sacco di Varsavia”!) posta di fronte al cambio di gestione non di una pompa di benzina qualsiasi ma della grande e vitale pompa di plusvalore e profitto installata in terra polacca. Il quale cambio di gestione viene ad aggiungersi alla sedizione “antiplutocratica” della piccola Ungheria per non dire dell’atroce conflitto per il momento congelato in Ucraina (congelato fino a quando?), dove non è affatto congelata la più dura guerra di classe contro quella sezione del Proletariato Internazionale. Sostanze infiammabili insomma si spargono copiose e ormai impregnano tutti i territori dell’Europa orientale che avrebbero dovuto essere di libera, incontrastata e pacifica razzia e sorgente rigenerativa per il capitalismo occidentale: facciamo che dal presente infame ordine borghese non si esca versando il sangue in guerre fratricide fra proletari! Ricordiamo l’appello, cento e uno anni fa, degli internazionalisti – piccoli manipoli “staccati dalle masse” – riuniti a Zimmerwald mentre infuriava la prima guerra imperialista mondiale! Riappropriamoci della nostra storia, la storia del movimento proletario e socialista come arma per le battaglie a cui la nostra classe è trascinata!

E’ da notare che il grande guardiano del “mondo libero” di oltreoceano se ne sta, per il momento, ben acquattato a seguire gli eventi in silenzio. Il che è il segnale dell’imbarazzo in cui è colto dalle vicende che si sviluppano sulle sponde della Vistola. Sarebbe davvero il colmo se una mossa incauta dell’imperialismo marca Wall Street-Pentagono-Hollywood gettasse fra le braccia di Putin i più feroci Capitan Fracassa antirussi polacchi che nelle intenzioni delle cerchie criminali del potere americano dovrebbero essere invece utilizzati come prima linea e carne da macello nell’attacco a Mosca.

Prima di entrare, come dobbiamo fare, più precisamente nel merito dello scontro politico che spacca oggi in due le piazze polacche, una ulteriore notazione. Tanto incalzante ed irruenta è stata l’azione del governo PiS sul piano dell’occupazione delle leve di comando del potere interno, così al contrario è stata cauta, traccheggiante e dilatoria sul piano della messa in opera della serie di misure volte a “tagliare le unghie” o per meglio dire a limare le unghie al capitale “straniero” (aumento della tassazione ai grandi gruppi esteri ed altro): la tangente in più che si vorrebbe rivendicare alla cupola di cui sopra. E così pure cauti e coi piedi di piombo sul piano della messa in opera delle promesse riforme sociali che hanno attirato al PiS un così ampio consenso elettorale popolare e proletario (aumenti diretti ed indiretti dei livelli salariali, revisione della normativa pensionistica che i governi liberals hanno introdotto molto simile alla nostra famigerata Monti-Fornero). Qui, su questi piani dell’azione di governo, i Capitan Fracassa social-nazionali, i lupi che sbraitano “contro i comunisti e i traditori della Patria” si scoprono, guarda caso, animali molto più trattabili e mansueti.

Non diciamo affatto che la maschera social-riformista della destra sia destinata immediatamente a svelarsi o possa essere del tutto disattesa, ciò segnerebbe il suo rapido sgonfiamento ed il suo suicidio politico. L’esempio ungherese dei governi Orban che “hanno mantenuto le promesse in favore del popolo” a cui guardano Kaczynski ed i suoi (e sono fiore all’occhiello per tutta la galassia nera e rosso-bruna europea) sembra dimostrare che uno spazio di manovra social-riformista esista, e possa essere intrapreso dalla destra sociale. Vi è però almeno un “piccolo” particolare non replicabile, soprattutto non pacificamente replicabile: il “peso specifico” della Polonia all’interno del capitalismo europeo e nel quadro degli equilibri dei poteri internazionali è di gran lunga superiore a quello della piccola Ungheria che in forza di una fruttuosa intesa sul piano economico con la Russia di Putin ha potuto avere le spalle coperte nella sua aspra contrattazione con i vertici capitalisti europei. No, l’esempio del borghese Orban non potrà essere esteso altrove, perlomeno non senza uno sconvolgimento traumatico del presente ordine capitalistico. La bagarre in atto a Varsavia è quindi solo l’antipasto di uno scontro e di una crisi politica di ampia portata e di enormi implicazioni internazionali che oggi possiamo solo intravvedere. Tanto più se il proletariato polacco – ovunque sia provvisoriamente collocato il suo consenso elettorale – accentuasse la pressione per conquistare realmente gli obiettivi immediati di cui necessita e che gli sono stati fatti balenare davanti agli occhi, i quali obiettivi immediati non sono certo “chiedere la luna” ma una “semplice” attuazione di un riformismo sociale minimamente tangibile e concreto. Ed ancora tanto più importante che nella presente bagarre, seppure nello stato semiconfusionale o confusionale tout court del movimento di classe si enucleino degli organismi d’avanguardia, ristretti certamente quanto si vuole, i quali sappiano fondare la loro azione e la loro prospettiva attorno al fulcro esiziale: autonomia, indipendenza di classe da ogni fronte borghese.

Affermare recisamente come abbiamo fatto che l’orchestrazione delle contrapposte piazze è tutta, in smaccata evidenza, nelle mani di fazioni borghesi l’una più bestia dell’altra, non significa per noi però disertare la piazza. La battuta sui cornuti e sui mazziati, la quale esprime una profonda verità, significa che non ci si deve accodare dietro alcuno di quei carri. Esattamente il contrario di quel che si è immediatamente fiondata a fare la sinistra SLD e, c’è da giurarlo, il grosso della sinistra “alternativa” polacca. Non rifuggiamo dalla lotta politica, assumiamo anzi in pieno, con il nostro criterio e con i nostri principi, i temi e i problemi sollevati nella prova di forza in atto. A maggior ragione quando accade, come purtroppo è, che entrambe le piazze siano animate da un sacco di gente nostra, di sano e onesto popolo minuto di classe lavoratrice insomma.

La piazza “euro-stellata” democratica e “progressista” in cui predomina l’elemento di una piccola borghesia cittadina ferocemente attaccata agli standard di vita, ai gusti, ai valori di una western way of life finalmente acquisita solleva certamente nella sua agitazione problematiche e preoccupazioni serie e reali che la forza politica autonoma ed indipendente di classe non ha esitazione a prendere per le corna. Il fatto che una forza minoritaria tanto più insidiosa quanto il suo carattere anti-proletario è mascherato dalla demagogia sociale, largamente minoritaria nella società se si assume il criterio del pallottoliere elettorale, pretenda per sé tutti i posti di comando, minacci gli spazi di agibilità politica, intenda impadronirsi del sistema massmediatico di manipolazione e propaganda, questo certamente è una preoccupazione legittima e seria.

Intanto occorrerebbe affrontare la radice del problema del consenso popolare raccolto dalla destra social-nazionale che non sta affatto in questioni di “mancanza di cultura della massa bruta” che si tratterebbe di elevare (rimanendo essa “massa bruta” a pancia vuota) come pretende la mentalità liberal e “progressista” del blocco democratico scopertamente anti-proletario e filo imperialista. Ma veniamo alla questione che tanto scandalizza della minoranza PiS acchiappa tutto. Abbiamo qui sotto gli occhi solo l’ultimo esempio di come perfino una forza borghese squisitamente legalitaria non abbia la minima esitazione, qualora lo ritenga opportuno per i suoi interessi e quando le circostanze lo impongano, a farsi beffe del mucchio di norme, codici, articoli costituzionali e quant’altro di materia avvocatesca e leguleia. La borghesia si fa beffe insomma, quando le conviene o quando ne è costretta, della sua stessa “sacra” legalità. Ebbene, questa è forse una novità, uno scandalo dell’”irresponsabile estremismo” del PiS? Senza farla troppo lunga e per restare all’attualità: erano forse degli elementi scalmanati o non piuttosto dei moderati e responsabilissimi rappresentanti dell’alta borghesia europea quelli che si sono fatti beffe del referendum in Grecia cioè di quella che dovrebbe essere la “massima espressione della volontà popolare”? E non è stata forse la democratica Europa, insieme alla democratica America a buttare giù due anni orsono con la violenza organizzata un governo “legittimamente eletto” in Ucraina? La borghesia polacca al proposito e soprattutto i liberals ne dovrebbe sapere qualcosa, o no? Quegli stessi liberals e quegli stessi “progressisti” che nelle piazze strillano al golpe strisciante di Kaczynski forse si scordano che ne hanno appena supportato uno di golpe vero e sanguinoso. Oppure ci si vuole dire che “c’è golpe e golpe”, golpe piazzati per il verso giusto ed altri no, ma allora è un altro paio di maniche. Entriamo allora, e noi ci stiamo, non nelle sabbie mobili del rispetto della sacra legalità e delle intangibili Costituzioni bensì sul terreno reale, effettivo dei RAPPORTI DI FORZA FRA GLI STATI E FRA LE CLASSI.

Per paradosso dovremmo invece imparare la lezione che anche gli exploits dei borghesi social-nazionali polacchi dimostra: come l’azione risoluta, determinata di una forza politica anche minoritaria che sappia appellarsi alla forza della piazza riesca a trascinare a sé grazie a questa energia le più vaste masse. Ossia che se la classe lavoratrice dovesse, pallottoliere elettorale alla mano, sperare non diciamo nella sua liberazione dalla dittatura del Capitale ma semplicemente in margini di progresso e migliore vivibilità contando sulla conquista del fatidico (e fasullo) 50% + 1 finirebbe sistematicamente beffata: schiavi siamo e schiavi resteremmo.

E che dire dell’altra pietra dello scandalo per le verginelle democratiche e “progressiste”, quella del brusco ricambio del personale di servizio addetto alla gestione dell’apparato massmediatico? Potremmo rispondere sottoscrivendo l’osservazione, invero assai realistica, fatta da chi sente puzza di bruciato in questa “improvvisa” agitazione polacca cioè sente puzza di “rivoluzione colorata”: “Cosa ha fatto di diverso il governo polacco rispetto a quelli italiani dal pentapartito in poi? Nulla, ha lottizzato l’informazione pubblica ma almeno ha avuto la decenza di fare una legge al riguardo mentre qui da noi i giornalisti e i capistruttura di viale Mazzini si pongono proni al potente di turno per loro scelta e senza bisogno di imposizioni”. (cfr. Mauro Bottarelli: UE e poteri forti stanno preparando una Maidan 2.0? da Rischiocalcolato.it) E potremmo inoltre semplicemente rimandare a quanto ci dice Paul Craig in merito agli addetti della “libera informazione” nel “mondo libero” (grande stampa, grandi catene televisive tipo CNN, Fox ecc) a cui si rifanno e da cui si abbeverano le verginelle: presstituti! Ossia i prostituti della “libera informazione”. Il buon Paul Craig è un americano, ex alto funzionario di governo Usa (del governo Reagan!) il quale evidentemente disgustato dagli ambienti criminali che pur aveva frequentato è diventato un implacabile fustigatore del potere americano (e non è affatto l’unico caso di funzionario dell’imperialismo Usa fulminato sulla via di Damasco). Semmai vi fosse qualche genuino “spirito libero” fra le fila delle vergini polacche impari almeno a mettersi all’altezza, non di un rivoluzionario marxista, ma di un sincero democratico ex funzionario dello staff reaganiano invece di offrirsi e farsi penetrare davanti e didietro nel bordello del “mondo libero”.

Da parte nostra dobbiamo a questo aggiungere che dal sistema informativo/propagandistico del passato vecchio regime a capitalismo di stato che si muoveva entro i limiti tracciati dall’asservimento del paese a Mosca – dove gli aumenti degli indici di produzione erano spacciati per “realizzazioni del socialismo” e le rivolte proletarie contro gli aumenti dei prezzi dei beni essenziali erano presentate come opera di “provocatori esterni” – si è passati, con tanto di epurazioni, all’occupazione militare dei crani e al lavaggio del cervello operati dall’imperialismo occidentale il quale con un implacabile bombardamento massmediatico a tappeto, 24 ore al giorno, ha imposto a 360° “i valori” della rosea western way of life. In primo luogo “il valore” del sempiterno nazionalismo a partire da una incessante e talora perfino grottesca alimentazione dello spirito antirusso. Gli attuali patrioti “ultra-nazionalisti” al governo contro cui si scagliano i democratici e i “progressisti” polacchi sortiscono da questo grembo, non da altro.

Abbiamo messo più volte le virgolette all’avverbio improvvisamente dicendo dell’attuale crisi politico-istituzionale nella quale è precipitato il paese. Vuole significare che essa è il riflesso di una crisi sociale a lungo incubata e che matura tutt’ora underground dietro i vanti del “miracolo polacco” d’inizio secolo. I vampiri del Capitale presentavano la terra polacca, il “modello polacco”, come “a golden opportunity”, parola dell’Economist. E tutt’ora la presentano come tale, decisi a difendere con le unghie e con i denti quelle opportunità dorate ora più che mai vitali per la borghesia. Il flusso massiccio del capitale investito in terra polacca ha potuto e può tutt’ora essere fecondato da una forza-lavoro messa all’opera ed integrata alla “catena del valore” con un livello salariale di circa 1/3 rispetto alla media europea, generando ritmi di crescita vicini al 4% in tutti questi anni di margini asfittici o di vera e propria stagnazione. Il paese, sotto ogni profilo (infrastrutture, servizi ecc.) ha potuto rapidamente “modernizzarsi” ed allinearsi agli standard occidentali. Un vasto strato di piccola borghesia è cresciuto e si è pasciuto all’ombra di questo miracolo, altrettanto deciso a difendere – con le unghie e con i denti – il suo status e le sue aspirazioni da qualunque perturbazione venga a turbare il milk and honey della modernità e del progresso borghesi. Non diciamo affatto che lo stesso proletariato polacco sia in assoluto restato al palo o sia addirittura arretrato nelle sue condizioni sociali rispetto “ai bei tempi del socialismo”. Diciamo invece che dell’enorme ricchezza generata dal suo duro lavoro e sfruttamento esso ne partecipa di briciole e relegato ai margini della “società civile”. Il fossato, in questo senso, fra polo della ricchezza e polo della miseria proletaria è andato, in tutti questi anni di miracoli capitalistici, ampliandosi e non diminuendo.

Le golden opportunity per i borghesi sono il dolce nettare generato dallo sfruttamento e dal sangue del proletariato. A Tychy, la fabbrica modello di Marchionne in terra polacca è chiamata “campo di lavoro” dai salariati che lì vi guadagnano il pane e che La Forza del Capitale mette in competizione con altri salariati “più privilegiati” come quelli di Pomigliano o Mirafiori. Sindacalisti tutt’altro che radicali così si esprimevano durante un periodo di agitazione nella fabbrica (estate 2010) per strappare una briciola di salario al Capitale: “E’ una rapina, ci trattano come schiavi. Noi vogliamo solo produrre e lavorare!”. (2) Tychy è solo un esempio, un modello appunto!, di come sia generato il “miracolo polacco”. Quanto al sangue versato dalla classe proletaria, noi comunisti internazionalisti ricordiamo (ed è solo un episodio) e vogliamo ricordare agli smemorati la fine tragica di tanti lavoratori polacchi selvaggiamente sfruttati nelle campagne del nostro mezzogiorno prima di sparire nel nulla. Letteralmente sparire! Un vero e proprio martirologio proletario che noi ricordammo a suo tempo (3) e di cui si occuparono quelli dell’ambasciata polacca di Roma e qualcun’altro in Vaticano. Prima di sbrigarsi ad archiviare la pratica essendo in ben altre faccende affaccendati. Senza mai dimenticare inoltre, parlando di miracoli e di opportunità dorate, il flusso ininterrotto di emigranti dal paese, liberi di dover andare. Gian Antonio Stella sulle pagine del Corriere della Sera rimproverava (settembre 2015) ai polacchi “un egoismo da bottega” per la ritrosia manifesta all’accoglienza dei profughi e la scarsa o nulla gratitudine e riconoscenza verso l’Europa che ha contribuito a liberarli dal “giogo russo” e ad integrarli nel “mondo libero” ricordando quell’”1/6 dei polacchi che dopo l’89 si è sparpagliato per l’Europa”.

Il malessere profondo del proletariato polacco e la sua necessità di strappare al Capitale una parte, per quanto infinitesima, della ricchezza che esso genera, maturato negli anni “del miracolo” si è via via manifestato in concreta predisposizione alla lotta sociale. Nel settembre 2013 massicce manifestazioni di lavoratori, convocati in piazza unitariamente da tutte le centrali sindacali, reclamavano decisamente migliorie salariali e contro la “riforma” pensionistica. Nel gennaio 2014 erano i minatori dalla loro roccaforte slesiana, dove ancora in 100.000 sono concentrati nonostante le pesanti ristrutturazioni del settore, ad ingaggiare una aspra lotta contro le reiterate minacce di nuove ed ulteriori chiusure dei pozzi. Su questo sotterraneo e crescente magma di malessere e rivendicazioni sociali ha potuto la destra social-nazionale basare i suoi successi elettorali, tentando di incapsulare e dirigere “il disagio popolare” sugli infami binari che sappiamo.

Questa crisi polacca dunque è aperta su un terreno letteralmente minato. Tanto per l’importanza sotto il profilo economico del controllo di uno “spazio vitale” così denso di profitto, che per il controllo politico-strategico dello stesso da parte dell’imperialismo occidentale. La lotta politica fra campi di forza borghesi diventerà incandescente e potrà riservarci una serie di sorprese, anche clamorose. E di rinnovate insidie crescenti per un polo di classe indipendente, proletario ed internazionalista che ardentemente ci aspettiamo veder risorgere in terra polacca. Un esempio bruciante per tutti: l’atteggiamento della Polonia verso l’Ucraina o per meglio dire: verso il disastro ucraino. E’ noto come la borghesia polacca, serva e pedina dell’imperialismo euro-atlantico, abbia fornito tutto il supporto necessario alla destabilizzazione dello stato-cuscinetto ucraino. Meno noto è che anche in una atmosfera di totale ostracismo ufficiale si siano manifestate nel paese delle piccole, ultraminoritarie forme di opposizione alla politica filo-atlantica sotto il segno della solidarietà alla resistenza del Donbass ed in nome di una fantomatica comune “fratellanza slava”. Quando poi è diventato evidente che a crollare non era il Donbass (e Mosca dietro ad esso) bensì è il potere dei Quisling di Kiev a traballare paurosamente, allora ecco che alcuni giornali (cioè una parte della borghesia polacca) hanno scoperto e cominciato a parlare del “pericolo fascista” annidato al governo di Kiev... Che la borghesia polacca o una frazione di essa stia forse pensando, dato il pauroso disastro ucraino, di riannettere alla madre patria Leopoli e i territori galiziani? E che dunque “Il Nemico” non sia più, almeno per il momento, il barbaro-totalitario moscovita quanto invece è L’Ucraino continuatore delle imprese del filonazista Bandera. E, se questo frullasse nella testa di una parte della borghesia polacca, cosa ne penserebbero quelli Nato, il padrino di Berlino e quello di Washington?

Ed ancora: l’ultima tornata elettorale è stata l’occasione in cui sono affiorate alla superficie (con scarsi esiti immediati) tendenze e forze politiche dalle caratteristiche social-nazionali molto più nette e radicali di quelle del PiS, grettamente reazionario e oscurantista. Una tendenza che qui definiremmo rosso-bruna si è coagulata intorno alle insegne di “Pace-Lavoro-Patria”, marchiata a fuoco dal mondo ufficiale borghese come “quinta colonna di Putin”. Quale la traduzione di “Pace-Lavoro-Patria”? E’ la seguente: gli interessi autentici della Patria polacca, le aspirazioni e le necessità materiali del popolo polacco possono trovare una vera realizzazione non già sotto l’ombrello del capitalismo liberalista e selvaggio di un Occidente la cui decomposizione culturale e spirituale minaccia di travolgere i Valori e la Tradizione del popolo e della Patria bensì in accordo alla Grande Madre Russia che si vuole presentare come portatrice di una sorta di società diversa, non omologabile e assimilabile al tritacarne e schiaccianime mostro degenere capitalistico di marca occidentale. Un capitalismo insomma, quello che si spaccia portato da Mosca come continuatrice della “tradizione slava”, ancora “sano”, popolare, attento e rispettoso delle istanze del Lavoro e non dominato da un pugno di plutocrati senza anima e senza patria. Come si vede, la musica che ha preso a circolare sottotraccia anche a Varsavia è assai insidiosa (e certamente non nuova, anzi vecchia e datatissima per le nostre orecchie).

La strada davanti all’imporsi sul campo di una postazione organizzata di classe, autonoma ed indipendente del proletariato polacco è quanto mai irta di difficoltà le quali possono apparire, data la penosa situazione presente del proletariato internazionale e delle sue avanguardie, quasi insormontabili. Sia come sia, attorno ad una ben chiara e netta linea di forza storica ci atteniamo e ci attestiamo, irrisoria che sia nel presente la Forza organizzata del Proletariato Internazionale. Essa, parlando della terra e del popolo di Polonia, dice così: il popolo ed il proletariato polacchi, per la travagliata storia del paese, sono forse quanti altri mai attaccati alla loro terra, alla loro cultura, alle loro radici, alle loro credenze religiose. I comunisti internazionalisti non osservano sprezzanti né tantomeno irridono questi sentimenti di cui è pregna la classe lavoratrice polacca. Pongono “soltanto” innanzi ad essa una domanda: dove si trova, dove può trovarsi l’autentico spazio di una reale, autentica libertà per il popolo polacco che non sia asservimento a una o all’altra delle grandi potenze del mondo borghese? In quale ambito, in quale spazio potrà esprimere la sua vitalità, la sua natura particolare e feconda senza essere oppresso e senza partecipare all’oppressione di alcun altro popolo? Dove, come e quando esso popolo polacco cesserà di essere giocato come una pedina nelle mani della borghesia interna e di quella internazionale? Per noi non vi è altra risposta che non sia di illusione, di vuota demagogia, di menzogna che un tale spazio di reale ed autentica libertà può essere solo ed interamente conquistato dentro alla lotta per la rivoluzione di classe, per la Comune universale dei proletari, per il Socialismo.

Dentro il presente così torbido e oscuro, è attraverso questa luce che seguiamo la passione del proletariato polacco.

31/01/2016




Note

  1. Sotto governi a guida socialdemocratica è avvenuta nel 1999 l’adesione della Polonia alla Nato e l’entrata del paese nel 2004 nella UE.
  2. Dal sito www.dirittiglobali.it “Clima caldo anche a Tychy” giugno 2010 Da notare che pur in tali circostanze difficilissime, un pugno di avanguardie proletarie polacche fece giungere “ai colleghi di Pomigliano” la loro solidarietà. Purtroppo quella flebile voce non ebbe risposta. (cfr. Lettera dei lavoratori fiat polacchi ai colleghi di Pomigliano http://libcom.org/news/letter-fiat-14062010).
  3. Di questo martirologio proletario parlammo nel ns intervento del 4/6/2008. In queste pagine vedi “Con l’esito elettorale del 13-14 aprile è saltato il tappo. A ritmi incalzanti la 'crisi italiana' viene al dunque”.