nucleo comunista internazionalista
note




Napoli 24 ottobre:

NO TRIDENT JUNCTURE 2015

La manifestazione del 24 ottobre a Napoli contro l’esercitazione Trident Juncture 2015 è stata una iniziativa utile. Fa bene il Manifesto del giorno dopo a ricordare che la proposta di scendere in piazza contro la mega-esercitazione militare della NATO (e in generale contro le guerre scatenate dall’Occidente) è stata assunta dal padre comboniano Alex Zanotelli, come anche ad annotare le altre sigle del pacifismo cattolico di base presenti all’iniziativa. A maggior ragione riteniamo significativi i contenuti dell’appello – qui pubblicato a seguire – che, anche se non totalmente coincidenti con le nostre posizioni, segnano un passo considerevole per la ripresa della lotta contro l’imperialismo.

Un positivo segnale in controtendenza rispetto alla scomparsa del movimento contro la guerra registratasi negli ultimi anni, segnati dal riflusso a zero della grande partecipazione del primi anni 2000. A questo esito ha contribuito la micidiale defaillance di molte forze della “sinistra rivoluzionaria”, che, accreditando maldestramente le “rivolte popolari” se non addirittura le “rivoluzioni” in Libia e in Siria contro “i dittatori” Gheddafi e Assad, hanno concorso del tutto colpevolmente a spuntare preventivamente le armi della denuncia e ad azzerare ogni potenzialità di lotta contro l’imperialismo, che ha invece misurato per il verso giusto le “rivolte/rivoluzioni” di cui sopra e – richiesto – è andato in soccorso delle stesse scatenando la devastazione di quei paesi. Quale mobilitazione contro la guerra poteva darsi se il manifesto, quotidiano comunista, commentava i bombardamenti occidentali sulla Libia con articoli titolati “Benedetta Nato”, mentre un nugolo di ridicole “forze rivoluzionarie” plaudivano alla “comune di Bengasi” e ai “soviet rivoluzionari” in Siria ?!?!

Beninteso le voci stonate nelle mobilitazioni degli anni passati non mancavano affatto, né mancheranno in avvenire. Coloro i quali intendono denunciare la guerra restando equidistanti tra l’imperialismo che bombarda e il “paese canaglia” sotto tiro, che non si schierano contro il proprio imperialismo e al fianco delle popolazioni aggredite, che anzi concordano che il “dittatore” vada piegato ma che lo si debba fare con tutt’altri e “politici” mezzi, questa genia di “amanti della pace” e “oppositori delle guerre” è sempre esistita. I comunisti rivoluzionari hanno sempre dato battaglia nel movimento contro costoro, perché le loro vuote “invocazioni di pace” a conti fatti giustificano l’aggressione dell’imperialismo (cui si rimprovera il mezzo, sposandone tutto il resto), e impediscono al movimento di rafforzarsi e radicalizzarsi su un terreno solido che è quello della lotta contro il capitalismo imperialista e le sue guerre criminali scatenate per piegare intere popolazioni (non solo i “dittatori”) alla propria super-dittatura. Costoro vorrebbero che “dittatori” recalcitranti e relative popolazioni fossero ricondotti con “le buone”, senza bombardamenti, a sottomettersi agli interessi occidentali; i comunisti vogliono scardinare l’oppressione e la spoliazione – in pace e in guerra – dell’imperialismo ai danni delle masse lavoratrici dei paesi dominati e tendono a unificare le forze di classe in Occidente e nei paesi aggrediti per un’unica battaglia contro il capitalismo imperialista. Dunque la necessità di una incessante battaglia per isolare e auspicabilmente espungere dal movimento le posizioni di una pacifismo imperialista che, se storce il naso (non sempre, peraltro) di fronte al mezzo estremo della guerra, lo fa prodigandosi in consigli ai governi occidentali su come altrimenti si dovrebbe fare per mettere fuori gioco i super-demonizzati “tiranni”.

Con le più recenti vicende libiche e siriana (la distruzione della Libia da parte dei bombardieri occidentali alleati agli insorti anti-Gheddafi e la riedizione del medesimo copione in Siria) al cancro del pacifismo imperialista si è aggiunto qualcosa di diverso e di peggio. Non solo nella redazione (“pluralistica”?) del quotidiano comunista più d’uno, seguendo l’esempio di Barenghi , ha rotto la precedente equidistanza e ha “benedetto la NATO” per i bombardamenti risolutivi “contro il tiranno Gheddafi”, perché molto più a sinistra non si contano le piccole e meno piccole organizzazioni che si sono sentite in dovere di accreditare del tutto a sproposito le rivolte esplose in Libia e in Siria contro i rispettivi governi, di avvalorarne il carattere di insorgenza di masse diseredate e proletarie e finanche di “vittoriosa rivoluzione” in quel di Libia. Non che Gheddafi e Assad non meritassero e non meritino di essere disarcionati da una vera mobilitazione delle classi sfruttate, e una mobilitazione di tal fatta avrebbe dovuto ricevere (e per quanto ci riguarda avrebbe ricevuto) la solidarietà e il supporto incondizionati della sinistra di classe in Europa e ovunque nel mondo. Ma disgraziatamente non di questo si è trattato, le pretese “rivoluzioni” libica e siriana hanno invocato l’intervento dell’imperialismo occidentale, e gli avvoltoi, che mai sarebbero andati in soccorso di autentiche rivolte di classe contro i poteri borghesi locali, sono planati in volo per distruggere quei paesi con il supporto di “rivoltosi” in loco subito iscritti a libro paga dell’Occidente.

Il cancro del pacifismo imperialista è storicamente noto e i comunisti hanno affinato le armi della propria battaglia per contendergli spazio nelle masse che si mobilitano contro le escalation belliche. Se però una cospicua fetta di comunisti già correttamente in campo nelle passate mobilitazioni si sono ritrovati a inneggiare ai “rivoluzionari” libici e siriani e a fare il tifo per sbirillare “i dittatori”, quando dei primi non ce n’era l’ombra e lo sbirillamento dei secondi è avvenuto in Libia (con tanto di infame caccia alla volpe) e avverrebbe in Siria ad opera di mute di cani che operano sotto il segno, con equipaggiamento e con il supporto diretto degli imperialisti, tutto questo, diciamolo francamente, ha disorientato il campo delle forze che avrebbero potuto (e dovuto) mobilitarsi, azzerando la possibilità di una risposta di piazza di un qualche ponderabile peso contro le aggressioni imperialiste alla Libia e alla Siria.

Da qui nondimeno già si riparte. Abbiamo avuto modo di annotare positivamente la piccola manifestazione dello scorso 2 giugno a Roma. L’iniziativa del 24 ottobre a Napoli è un altro piccolo passo in questa direzione. Ben venga che le componenti del cattolicesimo di base puntualmente richiamate dal Manifesto abbiano condiviso un appello non general-generico, ma che mette i piedi nel piatto e denuncia le potenze occidentali e la NATO che hanno seminato morte e distruzione “dalla ex-Jugoslavia all’Afghanistan, dall’Iraq alla Libia, passando per il sostegno ai cosiddetti ’rivoltosi’ di Ucraina e Siria”.

La discussione e l’iniziativa devono proseguire riconfermando i punti positivi già tracciati e la ripresa di una più ampia mobilitazione dovrà trovarci pronti a ribattere su questi chiodi. Giammai la denuncia di un “dittatore” locale può essere condivisa con l’imperialismo. Giammai la sua caduta può giustificare i massacri e le distruzioni dei “nostri” governi o attenuare e confondere la nostra denuncia contro di essi. Noi siamo schierati al fianco della masse dei paesi che soffrono della doppia oppressione dell’imperialismo e delle proprie fetide borghesie e sosteniamo la sacrosanta ribellione di massa e di classe contro l’uno e contro le altre. Ma non può essere indifferente se a buttare giù “il dittatore” sia una vera insorgenza su basi e contenuti di classe, oppure se a farlo sia l’imperialismo chiamato in campo da manutengoli che gli offrono la distruzione del proprio paese per conseguire i propri fini. Questo giammai significa mettersi dalla parte dei Ghedddafi o Assad, ai quali non facciamo alcuno sconto, ma i motivi per i quali l’imperialismo li fa fuori a suon di devastanti guerre non hanno nulla a che vedere con i crimini da costoro commessi contro i proletari e gli oppressi. Inneggiare alla caduta del tiranno quando è in corso l’aggressione militare dell’Occidente che lo ha condannato a morte e sta eseguendo la sentenza significa con ogni evidenza portare acqua al mulino dell’aggressione imperialista. La mobilitazione contro le guerre dell’imperialismo necessita di una coerente posizione di schieramento che chiuda ogni varco alla propaganda imperialista, che con mille manovre e argomenti punta a depotenziare la mobilitazione, a svilirla, a trionfare sulla nostra denuncia per dimostrare, grazie anche alle giaculatorie dei “pacifinti” o ai colpevoli colpi di sole di certi “ultra-rivoluzionari”, che la propria azione è in fin dei conti giusta, necessaria, inevitabile.

Bene ha fatto quindi il corteo del 24 ottobre ad allontanare quanti pretendevano di sfilare distribuendo volantini sottoscritti da “Comitati per la Rivoluzione Siriana” mischiando le richieste di smantellamento della NATO con quelle di “destituzione e abbattimento del regime di Bashar al-Assad in Siria”. Come se non fosse in corso il tentativo di abbattere Assad ad opera dell’Occidente. Come se le manovre Trident Juncture 2015 non fossero volte a rendere più penetranti e aggressivi gli attacchi occidentali che puntano a “destituire e abbattere” qualsiasi ostacolo al proprio dominio (governi non totalmente succubi, ma soprattutto le masse oppresse di quei paesi costrette a riprendere la dura via della lotta, come accade in questi giorni in Palestina – e nessun governo occidentale muoverà un solo dito per “destituire e abbattere” il boia israeliano –). Come se non fosse vero che l’aggressività militare dell’Occidente punta a sottrarre terreno e ad accerchiare anche militarmente la Russia e la Cina, potenze capitalistiche in grado di contrastare il dominio dell’Occidente nel mondo: un accerchiamento da denunciare e contrastare in quanto fomenta l’escalation verso aggressioni di ancor più vasta portata, senza che le forze proletarie possano illudersi neanche un istante che questi “competitori globali” possano rappresentare una sponda per la propria battaglia contro l’oppressione e lo sfruttamento.

Si prenda quindi buona nota che non è possibile stare credibilmente in piazza contro la guerra imperialista lasciando spazio alla provocazione di chi vi si presenta per inneggiare alla “rivoluzione siriana” e alla “destituzione di Assad”. Discusso e stilato l’appello, è doveroso garantire che quei contenuti vivano nella piazza e non siano stravolti da chi dietro mentite spoglie “rivoluzionarie” viene a propinare tutt’altre minestre.

Registrate le positive acquisizioni del 24 ottobre partenopeo, non consideriamo affatto recuperati gli arretramenti dovuti a lunghi anni di paralisi della mobilitazione. Non a caso la manifestazione del 24 ottobre ha tributato il suo abbraccio al sindaco De Magistris, accolto nelle prime file del corteo a rendere le sue dichiarazioni a favore della denuclearizzazione del porto di Napoli. Ciò significa che c’è ancora molta strada da fare per connotare realmente le iniziative contro la guerra con contenuti di autentica battaglia contro il capitalismo e contro il “proprio“ imperialismo. Quando questo venisse fatto, con la forza e i coefficienti necessari per esprimersi a questi livelli, il sindaco De Magistris, ultimo scampolo dell’Italia dei Valori rimasto in piedi come ricorda Crozza in televisione, se ne terrebbe alla larga. Affinché sia possibile ricostituire questa forza noi consigliamo di non indebolire la denuncia di piazza con la ricerca di agganci istituzionali. La battaglia contro le guerre imperialiste cui l’Italia partecipa non è una battaglia che possa illudersi di trovare alleati nei rappresentanti istituzionali, “progressisti” e/o locali, e il ponte che si lancia in queste direzioni è il segno di un’illusione e di una visione che tuttora resta al di qua del giusto e necessario attrezzaggio per lo scontro che l’imperialismo impone a quanti non vogliono seguirne la criminale scia di devastazione e di morte.

29 ottobre 2015




NO TRIDENT

OPPONIAMOCI ALL’ESERCITAZIONE TRIDENT JUNCTURE 2015
NO ALLA NATO, ALLE AGGRESSIONI IMPERIALISTE
E ALLE SPINTE VERSO UN NUOVO SCONTRO MONDIALE

Le contraddizioni causate dal dominio capitalistico ancora una volta stanno producendo crisi economica, rafforzamento della competizione tra le grandi potenze, aggressioni dirette ed indirette ai popoli dei Paesi più deboli e rafforzamento del militarismo. Ancora una volta si stanno creando le condizioni per un nuovo conflitto mondiale che tutte le classi dirigenti dicono di non volere ma che rafforzano ogni giorno di più con le loro scelte economiche, politiche e militari.

Le potenze occidentali, con capofila gli USA, per quanto in competizione anche tra di loro, perseguono al momento una politica unitaria nei confronti delle potenze emergenti di Russia e Cina ma soprattutto nella manomissione e aggressione verso i Paesi più deboli. Di tale politica unitaria la NATO è il dispositivo principale: uno strumento di convergenza e di coordinamento degli interessi dominanti dell’imperialismo euro-atlantico, uno strumento offensivo al servizio delle mire espansionistiche ed interventistiche delle grandi potenze occidentali, a scala planetaria, che tanti disastri stanno provocando in giro per il mondo. Dalla ex Jugoslavia all’Afghanistan, dall’Iraq alla Libia, passando per il sostegno ai cosiddetti “rivoltosi” di Ucraina e Siria, la Nato ha seminato morte e distruzione contro popolazioni e Paesi che non rappresentavano nessuna minaccia per l’Europa e per gli USA.

Ma il crescente militarismo, la corsa agli armamenti da esso indotto e la militarizzazione dei territori degli stessi Paesi facenti parte della NATO si rivela essere un potente strumento in mano ai governanti e alle classi dirigenti per disciplinare anche le proprie popolazioni, per imporre una gestione sempre più autoritaria delle istituzioni, per ridurre le possibilità di ribellarsi alle conseguenze della crisi ed alle politiche che l’accompagnano a difesa dei grandi poteri economici finanziari ed industriali.

Per tale motivo la lotta contro la NATO rappresenta uno dei nodi principali per contrastare il crescente militarismo, la politica di aggressione e le spinte verso una Terza guerra mondiale.

Dal 3 ottobre fino al 6 novembre si svolgerà in Italia, Spagna e Portogallo la «Trident Juncture 2015» (TJ15), definita dallo U.S. Army Europe «la più grande esercitazione Nato dalla caduta del Muro di Berlino». Con 36 mila uomini, oltre 60 navi e 200 aerei da guerra di 33 paesi (28 Nato più 5 alleati), questa esercitazione servirà a testare la forza di rapido intervento – Nato Response Force (NRF) – (circa 40mila effettivi) e soprattutto il suo corpo d’élite (5mila effettivi), la Very High Readiness Joint Task Force (VJTF), enfaticamente soprannominata “Spearhead” (punta di lancia), in grado di essere schierata in meno di 48 ore per rispondere “alle sfide alla sicurezza sui nostri fianchi meridionale e orientale”. In altre parole ad intervenire rapidamente, portando la “guerra preventiva”, ovunque si ritengono minacciati gli interessi occidentali estendendo, quindi, l’azione della Nato ad ogni angolo del mondo. La TJ15 sarà guidata dal Joint Force Command Brunssum (Olanda).

Parteciperanno all’esercitazione, oltre ad alcune tra le maggiori organizzazioni internazionali e governative, anche varie associazioni cosiddette umanitarie e diverse ONG, a dimostrazione della funzione collaterale alle politiche interventiste delle grandi potenze che molte di esse svolgono. Soprattutto vi parteciperanno le industrie militari di 15 paesi pronte a fare altri profitti fornendo le nuove armi di cui la Nato avrà bisogno.

Sebbene rappresenti un appuntamento decisivo per certificare le nuove strategie interventiste, Trident Juncture 2015 non è la sola grande esercitazione militare messa in campo dalla Nato.

Dall’“esplosione” della crisi ucraina le esercitazioni a ridosso dei confini russi sono più che raddoppiate. Decine di migliaia di uomini e centinaia di mezzi hanno partecipato alle manovre aereo-navali nel mar Nero, al largo delle coste sia di Romania e Bulgaria che della Georgia, nel mar Baltico, al largo della Norvegia e delle Repubbliche baltiche, rafforzando di fatto la presenza navale Nato. E ancora, esercitazioni terrestri in Polonia, Repubblica Ceca, Ungheria e nei Paesi baltici cui si sta accompagnando un crescente processo di riarmo con il trasferimento in questi Paesi di centinaia di carri armati, pezzi di artiglieria ed altri mezzi militari e l’avvio del programma di dispiegamento della cosiddetta “Difesa antimissile” in Polonia.

Una provocatoria stretta militare sulla Russia che, insieme alle pressioni sulla Cina con il dispiegarsi di mezzi militari nel Mar Cinese, aumenta il rischio di uno scontro diretto tra grandi potenze, portandoci dritti ad un nuovo conflitto militare internazionale.

Ma l’esercitazione è anche una prova di forza diretta a quei Paesi o pezzi di Paesi (ormai) riluttanti ad accettare supinamente il dominio dell’imperialismo. E’ di appena qualche giorno fa il minaccioso appello che i principali membri della Nato, Italia in primis, hanno indirizzato “a tutte le fazioni libiche” perché arrivino ad un “governo di concordia nazionale che, in cooperazione con la comunità internazionale, possa garantire la sicurezza al Paese (alias agli affari dei “nostri” imprenditori, al “nostro” petrolio, alle “nostre” coste) contro i gruppi di estremisti violenti che cercano di destabilizzarlo”.

Un pretesto, quello del terrorismo e dell’ISIS, che, insieme alla lotta contro i trafficanti di esseri umani, serve a legittimare le guerre e le occupazioni militari in corso in alcuni Paesi e le nuove aggressioni, al Medio e Vicino Oriente come ai Paesi dell’Africa Nord e sub-sahariana. Il via libera alla missione navale EuNavForMed con cinque navi militari, due sottomarini, l’uso dei droni, tre elicotteri e un migliaio di soldati per bloccare la partenza dei migranti dalle coste libiche, è solo la fase preparatoria di un nuovo intervento in Libia di cui l’Italia si candida ad essere capofila. Così come l’annuncio da parte di Francia e Gran Bretagna dell’invio di aerei in Siria per bombardare ufficialmente le postazioni dell’ISIS, ma di fatto l’esercito siriano, è un salto di qualità in direzione di un’aggressione diretta alla Siria.

Come al solito le diplomazie dei governi occidentali si vestono da (presunti) pompieri dopo che hanno provveduto essi stessi ad appiccare l’incendio. Così ora si crea un allarme per l’arrivo di tanti immigrati come se le politiche di strozzinaggio e di rapina prima e di aggressione militare diretta ed indiretta poi, di cui sono stati artefici, non fossero la causa scatenante di questo enorme afflusso di immigrati. Così l’emergenza immigrati viene strumentalizzata per giustificare un ulteriore livello di militarizzazione e per creare consenso alle politiche interventiste facendo leva sulla più bieca propaganda razzista di cui in Italia è capofila la Lega di Salvini. Le orribili scene di morte, che, data la presenza dei barconi, l’esercitazione nel Mediterraneo rischia di moltiplicare, e la repressione di questi giorni verso chi fugge da guerra, fame e devastazione ambientale rendono ancora più doveroso uno schieramento netto al fianco degli immigrati ed una mobilitazione forte contro queste odiose campagne xenofobe.

Opporsi alle esercitazioni per dire no alla politica di aggressione della Nato ed alla politica militarista del nostro governo è necessario.

Non possiamo essere complici della politica imperialista di distruzione e sfruttamento. Non possiamo più accettare che mentre ci chiedono continui sacrifici per “uscire dalla crisi economica”, mentre tagliano salari e pensioni, la sanità, la scuola, i trasporti, rendendo precaria la nostra stessa sopravvivenza, continuano a spendere miliardi per le spese militari che hanno ormai raggiunto cifre spaventose (la spesa militare italiana, secondo il SIPRI, nel 2014, è stata di circa 30 miliardi di dollari).

Non possiamo permettere che mentre si strozzano Paesi come la Grecia e si spendono centinaia di milioni per impedire l’ arrivo dei migranti o per tenerli in lager come i CIE, ogni minuto si spendono nel mondo, con scopi militari, 3,4 milioni di dollari, 204 milioni ogni ora, 4,9 miliardi al giorno con il solo obiettivo di accrescere i profitti e difendere i privilegi delle classi dominanti.

L’esercitazione Trident Juncture 2015 vedrà il ruolo strategico del Jfc Naples, comando Nato (con quartier generale a Lago Patria, Napoli) agli ordini dell’ammiraglio USA Ferguson, che è a capo delle Forze navali USA in Europa e delle Forze navali del Comando Africa. Non è occasionale: il Jfc Naples, infatti, si alternerà annualmente con Brunssum (Olanda) nel comando operativo della Nato Response Force, confermando il ruolo decisivo di Napoli nelle strategie dei comandi militari.

E’ per questo che, a partire dalla Sicilia (dove il governo tenta d’imporre l’entrata in funzione del micidiale Muos a Niscemi), dalla Sardegna, da Poggio Renatico (Ferrara), da Pratica di Mare e Pisa, tutti coinvolti nell’esercitazione, proponiamo di costruire insieme una forte mobilitazione contro la Trident Juncture, la militarizzazione dei territori e le politiche di guerra, su tutto il territorio nazionale da far confluire in una manifestazione nazionale a Napoli il 24 ottobre.

Anche negli altri Paesi coinvolti dall’esercitazione – ad es., a Saragoza e Barbate, in Spagna – gli attivisti antimilitaristi hanno avviato una campagna di opposizione alle manovre Nato e stanno preparando mobilitazioni.

Lavoriamo sin da ora a coordinare le tante opposizioni che si daranno dentro e fuori dall’Italia per allargare e dare continuità ad un movimento contro la Nato e la guerra.

Napoli 24 ottobre 2015 Manifestazione Nazionale per dire:

No all’esercitazione militare NATO “Trident Juncture 2015”

No alle aggressioni militari e a qualsiasi ingerenza e manomissione portata avanti dalle potenze imperialiste

No alla militarizzazione dei territori, alle servitù militari e alla devastazione ambientale

No alle campagne razziste e xenofobe

Si al diritto d’asilo europeo per tutti i profughi ed al diritto alla libera circolazione per tutti gli immigrati;

Si al taglio delle spese militari e l’incremento delle spese sociali per: casa, lavoro, servizi sociali, reddito garantito,

     provvedimenti a difesa del territorio e dell’ambiente...

Napoli 26/09/15

Per info, adesioni e contatti: assembleanowar.na@gmail.com
Promotori:
Alex Zanotelli Padre missionario comboniano
Comitato napoletano “Pace e disarmo”
Rete Napoli No War