Non servono molte parole per capire il senso dell’agitazione e della campagna di cui è strumento Alexei Navalny, eletto da lor signori padroni del vapore nel nostro mondo libero e democratico a campione della “lotta alla corruzione” e dei “diritti umani” orribilmente calpestati in Russia. “Eroe”, come scritto sulle pagine del Corriere della Sera (sua firma di punta Aldo Cazzullo, CdS del 27/1/21). Oppositore della “dittatura di Putin” e perseguitato “dai gangster di Putin” come scrivono taluni “trotzkisti” sia russi che italiani degni del miglior “SoCIAlismo rivoluzionario” (SoCIAlismo, come si scriveva nel nostro giornale d’un tempo Che fare il nome di un raggruppamento “trotzkista” ora sparito dalla scena) cioè degni di un cosiddetto “antagonismo” prostituito ai valori e agli interessi materiali dell’imperialismo democratico occidentale.
Non servono molte parole e nemmeno nostre, bastano e avanzano le loro: “Gli obiettivi che abbiamo nei confronti della Russia sono molto grandi. Non vogliamo niente di meno che un cambio di regime in Russia che è molto difficile da ottenere con la pressione economica”. Parola del prestigioso economista e consigliere del governo tedesco Gabriel Felbermayr ai microfoni della radio nazionale Deutschlandfunk . (cfr. “Europa allein kann nicht so viel ausrichten“ 11.02.21) “Niente di meno”! dice Herr Felbermayr in nome di tutta la borghesia filo-atlantica europea la quale vorrebbe il cambio di regime in Russia e allo stesso tempo il gas ed il pacifico e proficuo business con la Russia stessa. La botte piena e la moglie ubriaca. Alla romana si potrebbe rispondere ai borghesi tipo Herr Felbermayr: nun t’allargà. Nun t’allargà troppo…
Questi chiari ed esplicitamente dichiarati intendimenti hanno ricevuto un forte e rinnovato impulso dalla nuova amministrazione americana, faro del mondo libero e guida della crociata anti-totalitaria di cui effettivamente i democratic snakes sono i più consoni e titolati strumenti. Volete mettere “il carisma” di una Harris (donna!) o di un Obama (nero!) rispetto al rozzo energumeno Trump (la cui linea differiva e differisce sui tempi, sulle forme della crociata cioè sui tempi di preparazione alla guerra imperialista, non nella sostanza strategica)? Quanto poi siamo effettivamente vicini alla verifica nei fatti e sul campo degli intendimenti dichiarati, ciò si vedrà.
Si vedrà, alla prima raffica di kalashnikov bene assestata da parte russa, quale è davvero il regime a rischiare seriamente di finire zampe all’aria, se quello “dei gangster di Putin” ovvero quello dei borghesi liberal-democratici nostri signori e padroni qui nel mondo libero. In questa lotta mortale la nostra Rivoluzione si prefigge e punta a farli saltare per aria entrambi. Noi affermiamo che nel suo processo un passaggio positivo è che, intanto, i borghesi più o meno Capitan Fracassa specie tedeschi ed europei, sbattano la testa e si rompano la dentiera contro il muro russo (e, forse, lo stiamo per verificare sul campo di battaglia del Donbass di cui prossimamente parleremo).
Ad ogni modo è per noi evidente che l’agitazione attorno “all’eroe” Navalny fa parte di una campagna più generale che l’imperialismo democratico, il cui cuore materiale e pulsante risiede nel potere di Wall Street, deve condurre per la sua sopravvivenza la quale necessita, reclama,impone lo scardinamento del sistema di potere russo, per strappare influenza politica, spazio vitale, terra, ad un centro di potere capitalistico tremendamente ingombrante e concorrente.
Il succo della vicenda Navalny è tutto qui. Tuttavia, dato che ovviamente non di pura e semplice manovra di Quinta Colonna si tratta ma di agitazione che si basa per i suoi scopi anti-proletari e contro-rivoluzionari su contrasti e contraddizioni di classe interni al capitalismo russo, è necessario da parte nostra mettere alcuni puntini sugli “i” a partire dal presente specifico “caso Navalny”.
(Ovviamente non di pura e semplice… : nessuna Quinta Colonna dell’imperialismo agisce staccata e nel vuoto di classe all’interno del suo proprio paese in cui opera, ma esprime interessi di settori e frazioni della borghesia nazionale a cui, altrettanto ovviamente, essa cerca di collegare i più larghi strati sociali possibili. Nemmeno un Guaidò agiva e agisce “nel vuoto” privo e staccato da una base sociale interna “alla Patria”, nemmeno il quisling più famoso di tutti i tempi cioè Vidkun Quisling in persona agiva nel vuoto o grazie soltanto alle baionette tedesche.)
A tal proposito prendiamo spunto da un documento che abbiamo ricevuto e letto, un vergognoso documento dei sopracitati “trotzkisti” russi diffuso dai loro compagni italiani (cfr. “Le masse in piazza” dal sito www.rivoluzione.red). Intendiamoci: vergognoso in quanto fatto da gente che si richiama a Trotzky per stravolgerne il pensiero. Screditando l’opera e piccozzando la memoria del rivoluzionario assassinato nel 1940. Ci soffermiamo su di esso perché ci sembra esemplare di un (s)ragionamento piuttosto diffuso in tutto l’attuale cosiddetto “campo degli antagonisti” in Russia e fuori.
Non si tratta infatti solo delle “opinioni” di qualche imbelle “trotzkista”, se è vero che lo stesso PC “ufficiale” di Zjuganov si è spaccato fra un’ala lealista a Putin (leggi: lealista verso gli interessi di Santa Madre Russia) ed una cosiddetta “leninista” la quale lo considera se non “un fascista” senz’altro un dittatore che “invece del dialogo calpesta i diritti delle persone” (“delle persone”! “La persona” Navalny poverina, e “le persone” suoi simili di classe poverine) ed arriva addirittura a trattare con il povero perseguitato Navalny per costituire un “Blocco unitario anti-Putin”. E costoro sarebbero “i leninisti” russi! Lenin come si sa ha scritto del destino dei rivoluzionari di finire trasformati in “icone inoffensive”, ma qui si tratta di trasformare Lenin e la politica leninista in straccio puzzolente più che in “icona inoffensiva”.
I soci italiani premettono allo scritto degli omologhi “antagonisti” russi che “non nutrono alcuna illusione nei liberali come Navalny”. Meno male che non ne nutrono. Altrimenti rischierebbero di essere confusi con il Corriere della Sera e gli Aldo Cazzullo sopra citati, secondo i quali Navalny è sì “un eroe” ma “non un Santo, molte sue idee sono discutibili. E’ un democratico ma è anche un nazionalista”.
Prima di vedere un poco cosa dicono gli svitati “trotzkisti” russi in questione – leggermente fuori dal seminato se nel loro documento scrivono, fra l’altro, di Putin e della “sua cricca”: “responsabili della povertà, della repressione e del saccheggio del paese”. La “cricca di Putin” responsabile del saccheggio del paese??? Semmai il borghese Putin ha tratto dal baratro il capitalismo russo, ha posto un argine al saccheggio operato nei terribili, per il popolo russo, anni ’90! Ma lasciamo stare – prima di proseguire con tali svitati, dicevamo, dobbiamo però fissare un postulato. Un nostro postulato.
Una delle rivendicazioni portanti di Navalny e soci è la “lotta alla corruzione”, un leit-motiv classico dei demagoghi ad ogni latitudine. Quale motivo di più facile presa agitabile sulla massa dei cittadini comuni, della gente semplice che effettivamente, in Russia come ovunque, fatica terribilmente a far quadrare i conti di fine mese e che dal basso della sua dura fatica di vivere osserva (e paga dalle sue tasche) gli scempi, le prevaricazioni, le malversazioni di ogni genere in cui nuota chi sta in alto nella presente società-fogna borghese, chi ne detiene, in Russia come ovunque, le leve del potere? Quale motivo di più facile agitazione demagogica e di inganno per gli imbonitori di turno delle masse lavoratrici della cosiddetta “lotta alla corruzione”?
Postulato nostro, postulato dei comunisti autentici, è il seguente: occorre non solo diffidare di chi agita (in Russia come ovunque) questo leit-motiv assai facilmente orecchiabile dalle masse ma starne alla larga. Il fine di questa facile e subdola agitazione non è solo quello di stornare l’indignazione e la collera popolare verso bersagli secondari (e personali) dal cuore del problema ossia il meccanismo capitalistico, la macchina di profitto e di affari che è per sua natura oliata… dal “malaffare” e lo genera. Non è solo quello di evitare che la indignazione e la collera della massa che si guadagna duramente il pane ogni santo giorno si traduca in organizzazione e lotta di classe contro il sistema borghese (il caso italiano del movimento grillino è esemplare in questo senso) e nei paesi sotto il giogo imperialista per stornare e depotenziare la carica vitale anti-imperialista delle masse (si pensi al senso e ai manovratori delle proteste “anticorruzione” in paesi come Bolivia, Venezuela, Iran ecc.). Ma è, nella stragrande maggioranza dei casi e in tutta evidenza “il caso Navalny” rientra in questi, operazione orchestrata e manovrata da centri di potere borghese interni-esterni per scalzare concorrenti centri di potere o frazioni borghesi ostili.
Al 90 se non al 99% dei casi l’agitazione da parte di forze politiche (ammantate di qualsiasi colore) “contro la corruzione” se disgiunta, come di norma avviene, dall’appello alla lotta e all’organizzazione di classe contro il sistema della Merce, del Profitto e del Denaro, se disgiunta dall’appello alla lotta anti-imperialista, è il sicuro contrassegno non solo del ciarlatano populista ma dell’autentico mestatore contro-rivoluzionario. Perciò diciamo ai proletari e al popolo lavoratore: antenne dritte quando sentite qualcuno parlarvi di “lotta alla corruzione” e, per così dire, mano alla fondina! (Sia chiaro che il discorso vale per l’utilizzo della stessa arma demagogica fatto da qualsiasi Stato compreso evidentemente lo Stato russo che sapientemente manovra lo stesso motivo populistico attraverso i suoi, assai spregiudicati, strumenti di propaganda molto più efficaci di quelli in vecchio “stile sovietico”, basti dare un occhio ai canali Sputnik o Russia Today per intendere l’estrema intelligenza con cui lo Stato di Mosca rende la pariglia ai “partner” d’occidente.)
Questo il nostro postulato. Vale per le vicende di Mosca, quanto di Roma e di dovunque.
E veniamo al discorso emblematico degli svitati “antagonisti-trotzkisi” russi. Anche per costoro “Navalny non rappresenta in alcun modo la sinistra politica”. Bene e buono a sapersi (vedi sopra), costui è “un oppositore liberale perseguitato dalle autorità, non per eventuali furti e truffe da lui commessi ma per ragioni politiche”. Può starci, giusto. Ma quali sono queste “ragioni politiche”? Vediamo, cari “compagni”, di non prenderci per il naso: non interessa nulla sapere della fedina penale di Navalny per sapere e per dire apertamente da comunisti rivoluzionari e di fronte ai pochi o ai tanti proletari (ai pochi in realtà al contrario delle fanfaronate sparate dagli “antagonisti”) e alla massa più o meno consistente di gente semplice scesa in piazza giustamente in collera per l’andazzo delle cose, che costui e i suoi accoliti sono arnesi anti-rivoluzionari e anti-proletari della peggior specie proprio in quanto borghesi liberal. Un arnese, Navalny, curato, coccolato, gonfiato e sostenuto dall’imperialismo occidentale (o no? cari “compagni” russi) proprio in quanto borghese liberal. Perseguitato politico? E sia. Ma che trattamento pretendete sia riservato agli oppositori di un sistema di potere i cui “partner” occidentali dichiarano apertamente di voler rovesciare anche grazie all’azione di queste tali colombelle liberal-democratiche? I “trotzkisti” e i “leninisti” russi e i loro compagni italiani starnazzano contro “il dittatore”, “il gangster” Putin che in aggiunta dovrebbe essere pure fesso da lasciar “democraticamente” fare alle quinte colonne. Dovrebbe democraticamente “aprire al dialogo” cioè lasciarsi rosolare a fuoco lento e aprire il paese all’effettivo saccheggio e al suo sventramento in stile Jugoslavia come è nei piani (e nelle oggettive necessità) dell’imperialismo occidentale.
Al contrario di simili “antagonisti”, i comunisti rivoluzionari dichiarano e rivendicano apertamente la necessità per il proletariato di stroncare l’agitazione delle correnti sociali e politiche borghesi liberal non delegandone il compito agli apparati repressivi dello Stato. Non invocando una “sterzata d’ordine” alla borghesia nazionale incarnata da Putin (come richiedono sempre più insistentemente le correnti social nazionali-patriottiche al “centrista” Putin) ma promuovendo al massimo possibile l’attività e il protagonismo proletario contro arnesi alla Navalny e il suo seguito, borghesi della peggior specie.
“Siamo convinti che la lotta per una vera democrazia sia la lotta per il socialismo” scrivono costoro. “Vera democrazia”: borghese? proletaria? Non si sa, boh. “Vera Democrazia” tanto basta, anche se fra le loro rivendicazioni campeggia quella per una “democrazia operaia per la maggioranza assoluta della popolazione”. Formula insulsa e falsa qualora voglia dare ad intendere che il proletariato una volta instaurato il suo potere sulla società possa lasciare campo libero “alle opinioni della maggioranza” cioè in pratica che non sia necessaria la dittatura di classe proprio per togliere e schiacciare “la libertà” dei borghesi. Ma la formula insulsa usata in questo caso serve ad uno scopo ancora più miserabile e spicciolo: semplicemente a rivestire di una fraseologia da fasulla “sinistra radicale” una posizione politica che in realtà, nella sua vera sostanza e nella sua traduzione pratica, è un intruglio liberale e filo-imperialista.
Siamo al colmo della provocatoria insulsaggine per chi osa riferirsi all’autore di Terrorismo e Comunismo. Se Navalny e soci sono degli arnesi liberal, gli “antagonisti” della emblematica specie di cui stiamo dicendo sono nient’altro che code “estremiste” del liberalismo borghese.
Il punto cruciale del discorso su cui si ciurla nel manico e sul quale, per finire, ci soffermiamo è il seguente: “Pur non offrendo una briciola di solidarietà con le opinioni e le posizioni politiche ed economiche dei liberali (in realtà nella sostanza, fuffa a parte, è esattamente il contrario come abbiamo appena detto, ndr), ci opponiamo categoricamente alla repressione politica portata avanti dalla dittatura di Putin, poiché comprendiamo che alla fine la macchina della persecuzione politica colpirà nella maniera più dura di tutte la classe operaia e gli attivisti di sinistra”. Ora, è senza dubbio vero che “alla fine” lo Stato borghese di cui Putin è alla testa colpirà duramente il proletariato, cosa che “alla fine” lo Stato gestito da qualsiasi frazione borghese deve fare (semmai al potere la borghesia liberal-democratica provvederebbe implacabilmente, peggio forse “del dittatore” Putin, a questa inesorabile funzione) ed è per questo che i comunisti chiamano il proletariato a gettare il suo peso nella mischia, a non essere indifferente e a non “lasciar fare” allo Stato il compito di stangare i Navalny e codazzi vari.
I comunisti chiamano il proletariato ad aver fiducia in sé stesso, solo in sé stesso. E a non riporre alcuna fiducia in nessuna frazione borghese. Non nella frazione “centrista” di Putin che indubbiamente ha sollevato il paese dalla devastazione sociale seguita al crollo dell’Urss. Non nelle frazioni patriottiche social-nazionali le quali come abbiamo accennato reclamano una sterzata non solo contro la piazza liberal piccolo-borghese ma una sterzata “sociale” ossia rivolta contro la rete dei “liberal-liberisti” ben inserita nei principali gangli economico-finanziari del paese (rete sociale che non è affatto una semplice Quinta Colonna degli occidentali ma è espressione del capitalismo russo e che il “centrista” Putin si guarda bene dal recidere) dalle cui politiche “liberiste” appunto dipenderebbero, secondo i social-patrioti, le pene sofferte “dal popolo”. Né tantomeno sulla marmaglia liberal-democratica.
I vergognosi “trotzkisti” russi scrivono
– con un certo orrore – che fra i
partecipanti alle dimostrazioni di piazza vi erano “settari
di sinistra che gridavano questa non è la nostra protesta”:
ottimo segnale! Ottimo segnale per la fiducia con
cui guardiamo alla sezione russa del proletariato internazionale.
25 febbraio 2021