nucleo comunista internazionalista
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IL “CASO” MASSIMO FINI


In un numero del Fatto quotidiano abbiamo letto un sottoscrivibilissmo articolo di Massimo Fini contro la censura preventiva orwelliana nei confronti del cosiddetto “negazionismo” che l’attuale governo, di buona intesa con l’“opposizione”, vorrebbe sottoporre ai rigori della legge con l’accusa di “falso” (per definizione) ed “incitamento all’odio razziale”. Una libera ricerca sui fatti reali della storia non può essere, in effetti, affrontata che coi mezzi di un’altrettanto libera controricerca. Non ci serve altro, qualsiasi cosa noi pensiamo dei prodotti più o meno scientifici dei “negazionisti”. Noi, per dirla semplicemente, non ci sogneremmo mai di proporre il reato di “negazionismo” per certi tardo-stalinisti (vedi un nostro intervento sui deliri alla Lo Surdo) per quanto, evidentemente, questi ci suscitino il massimo ribrezzo in quanto vilipendio del marxismo e insulto ai cadaveri del fior fiore del bolscevismo sterminato da papà Stalin. I conti li si fa su tutt’altro terreno.

Al povero Fini, di lì a poco, è capitato di essere sottoposto agli stessi metodi orwelliani di cui sopra in occasione dell’uscita del suo libro sul mullah Omar. Alla rappresentante di Israele in Italia, ed al governo, Fiamma Nirenstein non è parso vero di poter anticipare gli effetti della legge “antinegazionista” in gestazione col ricorso alla denunzia alle autorità competenti rispetto al fuorilegge Fini ed in ciò ha trovato l’appoggio di varie firme di “personalità” arabe ben inserite nel nostrano “sistema di valori” (giudeo-cristiani).

Cosa ha scritto Fini nel suo libro? Semplicemente che esiste una lotta afghana contro l’intervento “democratico e liberatore” dell’Occidente (tutti qui d’accordo, a cominciare dal buon Napolitano sotto egida ONU-NATO). E’ davvero un’eresia? Non ci sembra proprio. Sono i fatti stessi a parlare.

Naturalmente noi non ci troviamo d’accordo con l’analisi prospettica di Fini, basata sull’idea che ogni popolo abbia un “suo” diritto ad autogestirsi indipendentemente dal quadro internazionale in cui si trova coinvolto. Non esiste alcuna possibilità, e ove esistesse sarebbe reazionaria, di una affermazione di una presunta propria cultura “autonoma” da parte di un popolo afgano separato dal resto del mondo a difesa di una propria dignitosa arretratezza e l’“anti-eurocentrismo” svolge qui un pessimo gioco rispetto al nostro “ideale” di un netto superamento dei retaggi “tribali” da “buoni selvaggi” entro cui sono tuttora avviluppati i nostri fratelli afghani. In Afghanistan, come dappertutto nel mondo, s’impone un programma di liberazione da pesanti fardelli storicamente arretrati che la stessa diffusione internazionale del capitalismo impone e permette di superare. Beninteso, però, e qui siamo pienamente d’accordo col nostro, attraverso una lotta di emancipazione in proprio, che per affermarsi deve preventivamente e/o contestualmente, battersi contro l’“importazione di democrazia” occidentale.

Il mullah Omar che a questa lotta chiama è il benvenuto, purché noi non gli affidiamo il compito di “preservare” un presunto territorio afgano “vergine” e separato dal corso di uno scontro di classe per sua definizione internazionale. Qui sta la nostra inequivoca linea di separazione con le posizioni di Fini (e di molti altri, con lui, fautori di una ipotetica “autonomia” extrastorica dei varii “popoli” di un mondo supposto “pluralista” e “multiculturale”). Ma, detto questo, ben vengano gli schiaffi assestati da Fini alla vergognosa propaganda bellica occidentale mirante al soggiogamento imperialista di questi stessi popoli. Il resto spetta a noi, comunisti internazionalisti, qui e – nei limiti del possibile – a reali avanguardie emancipatrici nello stesso Afghanistan.

Ci denunzi pure la Fiamma interventista e ci bacchettino pure PD e Napolitano.

30 aprile 2011