nucleo comunista internazionalista
note





Attacco all’Europa e guerra di classe

Romania: le masse entrano in campo
Germania: dal suo centro nevralgico
l’Europa borghese batte, finalmente, un colpo


Abbiamo nel precedente intervento detto del tracciato essenziale su cui muovono gli avvenimenti in corso, in incalzante e forse drammatica evoluzione. Si incrociano la dichiarazione (congiunta, da entrambe le sponde dell’Atlantico) di guerra di classe e l’attacco all’Europa più esattamente al suo centro nevralgico: la Germania. L’iniziativa dell’attacco viene da quel campo di potenza capitalistica concentrata che si muove sull’asse Wall Street-City londinese. Sotto il pungolo della crisi e prima che l’incendio gli divampi incontrollabile in casa, quella potenza capitalistica concentrata sfrutta e usa a fondo, finché è in tempo, la sua ancora perdurante supremazia per scompaginare l’assetto dell’”alleata”-concorrente potenza europea, ancora vaso di coccio dal punto di vista politico e militare. L’asse anglosassone è in grado di manovrare in cosiddette “operazioni speculative” flussi finanziari capaci di una forza d’urto impressionante. L’effetto è quello di una manovra di mezzi cingolati rombanti sull’uscio della delicata cristalleria europea. Un asse che conta, nelle sue manovre, numerosi punti d’appoggio e altrettante (e variamente mimetizzate dal punto di vista politico) quinte colonne sul suolo europeo, autentici reparti di guastatori. L’uso dell’arma finanziaria è d’altronde solo una parte di una più complessiva manovra volta a scompaginare il teatro economico, sociale e politico europeo. E in Italia, paese per eccellenza dei Badoglio e dove i torbidi politici continuano a susseguirsi uno dopo l’altro, dovremmo saperne qualcosa. O dobbiamo aspettare che siano i borghesi de La Padania ad indicare, per esempio, come dietro le uscite di un Fini (che è solo uno dei Badoglio in circolazione) ci siano dei precisi stimoli, degli input lanciati dagli alleati atlantici? E, anticipiamo di qualche giorno o settimana gli eventi, la devastante carta, l’aut-aut che Marchionne per la Fiat sta per srotolare davanti agli sbigottiti sindacalisti, siamo sicuri che corrisponda solo e sia determinato solo dalle leggi della spasmodica competizione capitalistica sui mercati? Illazioni più o meno astruse si potrà dire. Rispondiamo: detto che un movimento di classe non è un’appendice di nessun centro di potere borghese, mira e dichiara apertamente anzi di volerli tutti contrastare ed abbattere, tanto quelli di Washington che di Roma o di Berlino di qualunque veste “sociale” o “antiplutocratica” essi possano ammantarsi, cominciamo, banalmente se volete, a vedere e capire bene quello che, dietro spesse cortine fumogene, ci scorre sotto il naso. Per non essere presi per il naso, messi nel sacco e finire per fare da forza di complemento, più o meno involontaria, di questo e quel campo di interessi borghesi.

Ma torniamo al tema.

Guerra di classe contro il proletariato / Romania: le masse
entrano in campo

In brevissime righe abbiamo ricordato come in Romania si traducesse, ancora precedentemente al varo dello “scudo di protezione europeo”, la dichiarazione di guerra di classe: letterale strangolamento di una vastissima fetta di popolazione. Altro non si può definire una manovra governativa che vorrebbe tagliare salari, indennità e pensioni che a stento arrivano, per la massa dei salariati e quando va bene, ad un equivalente di 500 euro (con un livello di prezzi per il necessario pressoché uguale al nostro).

Ebbene: prendiamo atto, informiamo e salutiamo (nel silenzio o nel disinteresse semi-totale, per quanto minimo e risibile sia il nostro punto di ri-trasmissione) che dopo la Grecia anche la piazza proletaria di Romania ha risposto, sta rispondendo con energia alla feroce provocazione.

In decine e decine di migliaia hanno manifestato a Bucarest, costringendo i più che pavidi dirigenti sindacali ad annunciare uno sciopero ad oltranza per il 31 di maggio se un governo infame ed inetto (fra l’altro se non ricordiamo male da poco insediato e di tendenza detta di “centro-destra”, ma le cose non cambierebbero di una virgola se fosse di “centro-sinistra”) non ritirerà la manovra.

Crediamo di aver scorto, di aver carpito – da quel pochissimo che passa il convento della libera informazione in regime democratico-imperialista – dalle poche frasi e dai volti dei proletari in piazza a Bucarest una fortissima determinazione, diremmo una disperata determinazione nella lotta ingaggiata. Quella che si dà quando si è spinti ad agire a re-agire, per la vita o per la morte, dai morsi allo stomaco. Non sarà facile per la borghesia imbelle e stracciona di Romania, prostrata e prostituita innanzi al FMI e/o al Capitale europeo, passare sopra il profondissimo malcontento e la collera popolare. Sarà, come se non più che in Grecia, molto ma molto difficile passare ad affamare le masse.

Se non ci inganniamo, ci pare di scorgere, di intravvedere in questa prima dimostrazione di forza messa in campo a Bucarest, una determinazione ed una compattezza se possibile ancora superiori a quelle dimostrate sinora dal proletariato ellenico, il che avviene, può sembrare paradossale, su una base di totale smantellamento e disarmo di ogni e qualsiasi anche remota istanza politica di classe. Non c’è, per intenderci, a Bucarest e in Romania alcun KKE, alcun organismo politico “di classe” con una minima influenza, che – nel bene e nel male – guidi o possa guidare, che incanali o possa incanalare la lotta di classe del proletariato rumeno.

La lotta è qui ingaggiata da una base di partenza che sta enormemente più in basso rispetto al teatro di scontro in Grecia dal punto di vista politico, della immediata coscienza ed organizzazione “di classe” presente sul campo. Abbiamo notato, piccolo esempio, come la collera dei manifestanti si scagliasse, nelle parole e nei cartelli di protesta, unicamente contro il governo, quasi a lasciare totalmente, a quanto pare e abbastanza incredibilmente, fuori dal mirino l’FMI ossia la potenza capitalistica che mena la danza sul paese. E forse, fra le masse in piazza a Bucarest, aleggia ancora una speranza sulla “integrazione all’Europa”, su una possibile mano di soccorso che dall’UE si spera sia tesa verso lo sventurato paese.

Abbiamo inoltre anche potuto brevemente vedere il grugno suino del capo negoziazione americano del FMI, e sentire le sue laconiche risposte: “E’ il governo che ha imposto i tagli, non l’FMI”, “noi non vogliamo prendere per la gola la gente. Noi siamo duttili, se il governo non ce la fa a tagliare i salari, le pensioni ecc. provveda, tagli da qualche altra parte...” Altrimenti? Altrimenti, se la forza imperialista che detta i tempi al FMI deciderà di non allentare il cappio, niente nuovi prestiti (che servono a pagare gli interessi di quelli precedenti oltre che evitare, provvisoriamente, il fallimento dello Stato rumeno) e allora, senza un provvidenziale intervento ennesimo del capitale europeo in salvezza NON “DELLA ROMANIA” MA DEI SUOI FORZIERI si andrebbe dritti verso un default forse catastrofico non tanto per, il marginale in sé, Stato rumeno quanto per il centro dell’Europa borghese che dovrebbe a quel punto fronteggiare la detonante onda d’urto di ulteriori crediti inesigibili, di ulteriori svalutazioni nei bilanci delle sue banche.

Attacco all’Europa / Dalla Germania, finalmente, si batte un colpo

Posto spalle al muro, il governo tedesco con a ruota per il momento solo l’Austria ha reagito varando unilateralmente una serie di misure “anti-speculazione”. Principalmente il divieto entro i confini della sua piazza di talune operazioni finanziarie, come le vendite allo scoperto (*), in cui una massa di capitale – che non trova più modo e non trova più margine utile in altro impiego “veramente produttivo” né alcuna legge umana o divina può costringervela – realizza “dal niente” immensi guadagni e provoca altrettanto colossali perdite. (Una enorme massa di Capitale, impotente a valorizzarsi sul terreno della produzione – e la “colpa” è di NESSUNO “gira su di sé” come impazzito e pervertito. Crede di trovare pace ossia reale accrescimento e valorizzazione in questo tipo di realizzi e guadagni che sono solo invece sollievo provvisorio all’impotenza reale, iniezioni di droga. Di cui il capitalismo però ormai non ne può fare a meno.)

Non si tratta di misure “contro la speculazione” in generale cioè contro la prassi ordinaria e normale cui è costretto il Capitale, ripetiamo: nessuna forza umana o divina può impedirgli di ricorrervi ossia, a scala generale, non c’è alcun “impiego produttivo” ormai possibile per dargli vita, per appagare la sua sete di plusvalore. I centri capitalisti e imperialisti, tutti, forse non speculano normalmente e quotidianamente persino sulla terra, sul cibo, sul pane di larga parte dell’umanità? E qualcuno, a parte il Papa a ritorni ciclici e talune anime candide – ma fa parte anche questo del gioco – ha forse a lamentarsene quando il giuoco rimane profittevole? E per dirla tutta e fino in fondo, e togliere ogni alone di recriminazione etica e sentimentale alla nostra contestazione e critica del capitalismo, non abbiamo profittato anche “noi”, non ha profittato, certo indirettamente, anche il proletariato in quanto classe in sé legata al carro degli interessi della propria borghesia del sordido gioco che avviene quotidianamente nelle Borse, sui mercati?

La cosiddetta “speculazione” è manovra perfettamente legittima e funzionale, lo ammettano apertamente e ce lo ricordano numerosi borghesi. Guarda caso quelli che, nell’attuale circostanza, tengono bordone – stando sul libro paga “degli alleati” o forse inconsapevolmente – a questo particolare “attacco speculativo” contro l’Europa ed il suo cuore tedesco. Ed è a questo particolare attacco che il governo tedesco ha inteso, finalmente, rispondere.

Le misure di protezione e contenimento varate dal governo Merkel non hanno in sé nulla di sconvolgente, sono in effetti limitate e parziali e difficilmente metteranno al riparo Berlino dalla tempesta atlantica soprattutto se attorno ad esse non si raccoglieranno, per potenziarle e renderle davvero efficaci, le forze decisive delle altre borghesie europee. Esse però segnalano che il tempo è venuto, per il centro della borghesia europea, di opporre all’influenza e alla potenza di una certa concentrazione di interessi capitalistici, altrettanta forza capitalistica concentrata, sul piano della finanza della politica e a seguire necessariamente su quello militare. Pena l’abbandono di qualsiasi velleità di potenza borghese agente per i suoi interessi nel quadro internazionale e l’accettazione di essere sostanzialmente forza di servizio e marginale e terreno di scorribande per l’imperialismo egemone.

Dalla City di Londra intanto hanno fatto immediatamente presente: “i divieti non hanno rilevanza legale per le filiali inglesi di banche tedesche”e qualche demente ha preso a strillare contro “le misure sovietiche” del governo Merkel. C’è da scommettere che il vento anti-tedesco prenda, o meglio riprenda, a soffiare impetuoso massima negli ambienti di una certa “sinistra” ed “estrema sinistra” che potranno pensare “di rifare la resistenza” mentre si mettono soltanto in affitto al campo della libertà ossia al tandem Wall Street-Pentagono.

22 maggio 2010


(*) Scrive Fabio Pavesi sul il Sole/24Ore, 15/5:
“I big di Wall Street muovono derivati per 24mila miliardi”. “E’ come una battaglia. Feroce e senza quartiere. E in questa disfida, che si combatte sul lato Sud dell’Europa per spezzare in due il vecchio continente, le truppe sono spesso impari. I governi Ue hanno organizzato nei giorni scorsi un cordone sanitario da 750 miliardi a difesa dell’eurozona. Per qualche giorno ha retto, ora di novo l’attacco in grande stile. E a guidare l’assalto un ruolo ce l’hanno di sicuro anche i derivati (il cui mercato è controllato da 5 grandi banche americane)... Del resto cosa puoi fare contro un esercito che può muovere 600.000  miliardi di dollari in tutto il mondo, dieci volte il Pil globale

Francesco Forte dalle colonne de Il Giornale, 20/5 (l’unico, guarda caso, che in Italia si è subito schierato apertamente col governo tedesco) entra nel dettaglio “tecnico” della razzia compiuta “dalla speculazione”; ovvio che per questi borghesi “antiplutocratici” la molla e lo scopo della denuncia è il fatto che la razzia avviene ai danni del proprio centro di interesse capitalistico, ben sarebbero felici di essere essi manovratori di capitali e razziatori ai danni altrui:
“Il solo pilastro di coerenza e rigore che rimane è la Germania. Per evitare che il mercato dei titoli pubblici europei degeneri con grandi operatori che li vendono allo scoperto e la Bce che li compra, in volumi eccessivi, è necessario adottare regole del gioco ispirate a coerenza finanziaria. E sino ad ora, esse, prospettate dalla Germania con il consenso della maggioranza degli stati membri del’Eurozona trovano l’opposizione del Regno Unito, in cui risiedono alcuni dei giganti finanziari che fanno le operazioni di vendita allo scoperto sui titoli del debito degli stati considerati di volta in volta “a rischio”. ... A volte i prestiti (con cui si finanziano i fondi speculativi, ndr) arrivano sino al 90-95% del loro patrimonio. Se il capitale proprio è il 5% e il resto è preso a prestito, un utile dell’1% sul patrimonio globale si traduce in un utile di 20 volte sulla quota di capitale proprio. E una operazione speculativa che dà un guadagno dello 0,5% genera per i detentori del capitale sociale un guadagno del 10%.
D’altra parte con Banche centrali che prestano il denaro allo 0,5 o al massimo all’1%, questi fondi possono finanziare a bassissimo costo le loro operazioni speculative. Londra non accetta la nuova regolamentazione perché teme – a ragione – che ne derivi una limitazione alle operazioni allo scoperto sui titoli dell’Eurozona su cui gli operatori finanziari nella City e quelli inglesi possono guadagnare.”