nucleo comunista internazionalista
note




FRONT UNI DE GAUCHE – FRONT POURRI DEBAUCHE

Sarà il caso di intervenire successivamente sull’intervento francese in Mali. Ci basta, per intanto, confermare un semplice dato di fatto che a nessuno può sfuggire (fatte salve tutte le capriole propagandistiche sul carattere “umanitario” di quest’intervento): si tratta di un’operazione squisitamente neo-coloniale da parte della France Impériale Eternelle con l’abituale supporto dei suoi alleati/concorrenti europei ed americani interessati al bottino africano. La minaccia cui reagire non è tanto quella dell’“islamismo radicale” (su cui sia pur detto tutto il male possibile), ma da un lato quella di una ripresa di movimenti nazionalistici endogeni di liberazione dalla tutela/oppressione del Grande Fratello occidentale, dall’altra “la necessità di contrastare l’espansionismo economico della Cina in Africa” (Il Manifesto, 17 gennaio).

In un bell’articolo a firma di Marco Boccitto sul Manifesto (“Non tutti gli islamismi sono da bombardare”, vedi sopra) – evviva gli “irregolari” di questo giornale! – tutti i tasselli della questione sono messi al posto giusto, a parte la strana considerazione che “qui non è in discussione l’eventuale (altro che eventuale!, n.n.) nobiltà della causa, quanto i metodi utilizzati per farla prevalere” (ci si ricade sempre!, n.n.). Citiamo di stralcio: “Viene da chiedersi cosa distingue gli islamismi «cattivi» che Parigi bombarda in Mali da quelli «buoni» che sempre Parigi (non sola in questo, n.n.) arma e addestra in Siria (la patria di una vera rivoluzione proletaria, o quasi, secondo certi compagnucci, n.n.). Si temeva che i primi arrivassero a Bamako e si trascura l’eventualità che i secondi arrivino a Damasco. Per non parlare della Libia il cui recente riassetto è strettamente imparentato con la guerra maliana: qui le potenze NATO, Francia in testa, hanno spianato la strada ai soliti islamismi, e sempre a forza di bombe. (...) Per inquadrare meglio la crisi in cui il Mali è precipitato nell’ultimo anno è difficile non valutare il retaggio coloniale e i fantasmi sempre vivi della Françafrique, né è possibile ignorare la promessa di ingenti risorse naturali conservata dal sottosuolo di queste terre riarse” nonché le frizioni geopolitiche tra fratelli/coltelli imperialisti Francia-USA e la sopra richiamata lotta all’invadenza cinese. Piccolo particolare esplicativo: la Francia “da quest’area estrae l’uranio indispensabile al funzionamento delle sue centrali nucleari”. Dopo di che il “socialista” Hollande assicura: non abbiamo interessi materiali in Africa!

Sempre dal Manifesto (rievviva!) segnaliamo dei brillanti articoli a firma Anna Maria Merlo. Andate a ripescarli.

Quello che qui ci interessa, per il momento, sottolineare, sempre pescando dal Manifesto (e non si dica poi che ci limitiamo a sputargli addosso!), è che il cosiddetto Front Uni de Gauche, versione estrema dell’hollandismo – come qui in Italia i frontisti locali lo sono del bersanismo – è quello tra i più sparati in senso interventista: “Secondo un primo sondaggio il 63% dei francesi approva l’intervento. Sono a favore il 77% degli elettori socialisti, il 63% di quelli dell’UMP”, a petto del “solo” 53% di quelli del Front National lepenista, “e, sorprendentemente, il 68% di quelli del Front de Gauche”.

Citiamo testualmente da un articolo della Merlo (sempre del 17 gennaio): “Il deputato François Asensi, del Front de Gauche, ha giustificato l’azione, perché «abbandonare il popolo del Mali alla barbarie dei fanatici sarebbe un errore politico e una colpa mortale». Come Hollande, Asensi ha fatto riferimento al «carattere mafioso» (?!) dei ribelli”. Resterebbero delle riserve, prima fra tutte quella della “mancata consultazione parlamentare”, che avrebbe permesso al FDG di offrire il proprio imprimatur all’operazione in corso “a norma di legge”. Inoltre c’è quest’altra preoccupazione: “Che la Francia agisca da sola è preoccupante”; ma non perché agisca male, ma perché le manca un appoggio globale da parte dei partner europei colpevoli di “indifferenza generale”. Gauche o débauche?

Nel frattempo si deve registrare una prima risposta “esplosiva” della “mafia” islamista con la tragedia consumatasi in Algeria, paese in cui, in nome della lotta al fondamentalismo islamico, si stanno consumando le ultime tracce della passata, gloriosa, lotta di liberazione nazionale antifrancese (severamente stigmatizzata, ricordiamolo, dal PCF). Non occorre stare a fianco dei – pessimi – fondamentalisti in questione per godere del fatto che l’azione neo-colonialista franco-occidentale cominci a pagare dei pesanti scotti. Non sappiamo attraverso quali travagli un reale movimento antineocolonialista potrà riaffermarsi in Africa per reissare la bandiera dei Lumumba – l’Africa agli africani! –; la via di questo riscatto sarà certamente tanto più difficile a misura che qui, nelle metropoli d’Occidente, non si alzerà una voce comunista di unità con essa nella prospettiva di una saldatura tra movimenti indigeni di liberazione nazionali ed una lotta unitaria del proletariato metropolitano e dei popoli dominati dall’imperialismo per l’emancipazione comunista internazionale dalle catene del capitalismo.

Per intanto, salutiamo il FDG francese, e i suoi simili italiani, con l’epiteto di Cambronne che essi si meritano: Merde!



UN UTILE RICHIAMO STORICO

Stralciamo qui di seguito dei passaggi significativi quanto alla questione nazional-coloniale africana da due interventi del capo del PCF Thorez, il primo dal rapporto al IX Congresso del partito nel ’37, il secondo da un discorso pronunciato ad Algeri nel ’39.


A) “Un altro problema molto importante della nostra politica consiste nell’attitudine del Fronte Popolare rispetto alle rivendicazioni legittime dei popoli coloniali. Bisogna dar soddisfazione ai popoli coloniali, in primo luogo nell’interesse delle stesse popolazioni sfortunate dell’Africa del Nord, della Siria, del Libano, dell’Indocina. E nello stesso interesse del fronte Popolare che deve meritarsi le speranze, attualmente raffreddatesi, che le colonie avevano riposto in esso.

Ed occorre ciò nell’interesse della Francia, per non lasciare più al fascismo gli argomenti demagogici coi quali cerca di sollevare certi strati delle popolazioni indigene contro di noi. (...)

La rivendicazione fondamentale del nostro partito rispetto ai popoli coloniali resta la libera disposizione, il diritto all’indipendenza.

Richiamando una formula di Lenin, noi abbiamo già detto ai compagni tunisini, che ci hanno approvati, che il diritto al divorzio non significa l’obbligo di divorziare. Se la questione decisiva del momento è la lotta vittoriosa contro il fascismo, l’interesse dei popoli coloniali sta nella loro unione col popolo di Francia e non in un’attitudine che potrebbe favorire le manovre del fascismo...”


B) “Unire tutti gli uomini che vogliono vivere liberi, senza distinzione di razze o religioni, tutti i francesi di Francia e tutti i francesi d’Algeria. Quando dico francesi d’Algeria intendo tutti i qui presenti, voi francesi di origine, gli ebrei, ed anche voi mussulmani arabi e berberi, tutti figli, se non di sangue di cuore della grande rivoluzione francese, che non faceva alcuna distinzione di razza e religione quando affermava che la repubblica francese era “una ed indivisibile”...

Noi vogliamo una unione libera tra i popoli di Francia ed Algeria. L’unione libera significa certamente il diritto al divorzio, ma non il suo obbligo. Aggiungo anche che, nelle condizioni storiche del momento, questo diritto si accompagna per l’Algeria al dovere di unirsi più strettamente ancora alla democrazia francese...

C’è una nazione algerina che si costituisce storicamente e la cui evoluzione può essere facilitata dallo sforzo della repubblica francese. (...)” (Successivamente Thorez passa in rassegna le varie componenti – a suo dire – del popolo algerino, come mescolanza di varie stirpi, per terminare così.)

“Tutti costoro si sono mescolati sulla vostra terra d’Algeria, ai quali si sono aggiunti dei greci, dei maltesi, degli spagnoli, degli italiani e dei francesi. E quali francesi! I francesi di tutte le nostre provincie, ma in particolare i francesi delle terre francesi di Corsica e Savoia, quelli della terra francese d’Alsazia venuti a noi nel 1871 per non essere prussiani. C’è una nazione algerina che si costituisce, anch’essa, attraverso la mescolanza di venti razze. Procediamo avanti, calmi, tranquilli. La nostra causa, la causa della Libertà, la causa della Pace e della Francia trionferà attraverso l’unità. Viva l’unità!”

Piccolissima coda. Nei nostri archivi abbiamo scovato un volantino del PCI del secondo dopoguerra, successivo alla rottura dell’unità nazionale e dell’avvio della guerra fredda. In esso si confrontano le posizioni belliciste USA e quelle pacifiste dell’URSS. E, a dimostrazione di queste ultime, si sottolinea come la “patria del socialismo” fosse a favore del mantenimento della sovranità italiana sulle ex-colonie dell’AOI (!) strappateci dagli “imperialisti”. Chi ne abbia l’uzzo vada pure a rivedersi certi interventi parlamentari sul tema sia di Togliatti che di Nenni. Ne vedrà delle belle!

Il “fronte di sinistra” è, per sua natura invariante, nel tempo e nello spazio. Vive la France, Vive l’Italie! E, soprattutto, viva il nostro nazional-capitalismo!

23 gennaio 2013