Abbiamo ricordato come la Libia fosse e sia ancora per il capitalismo italiano “il giardino di casa”. Uno “spazio vitale” su cui mantenere e difendere la propria sfera di influenza e potere pena, per lo Stato di Roma, guai serissimi ad ogni livello dentro i suoi confini nazionali.
Tutte le ramificazioni politiche al servizio della borghesia italiana riflettono e avvertono quanto sia delicata e vitale per “la Patria” cioè per il capitalismo tricolore l’impresa da briganti di difendere la fetta di torta libica insidiata da una serie di altri briganti “alleati”-concorrenti, vecchi e nuovi.
Qui vediamo brevemente come ciò si rifletta nell’ambiente, nell’area politica “sovranista”, “veramente patriottica” nella quale superando gli steccati di destra/sinistra si agitano, allo stato ancora larvale, un sacco di forze e tendenze politiche tutte propaggini e serve della borghesia italiana.
Tale area ha indubbiamente registrato un successo politico con la manifestazione di piazza a Roma del 12 ottobre, dove i vari patrioti si sono ritrovati insieme dietro l’insegna “Liberiamo l’Italia”. Rompendo fisicamente in piazza la fittizia divisione destra/sinistra. Quindi tutti insieme appassionatamente per “liberare l’Italia” dai “venduti allo straniero” dai Badoglio di ogni risma: attorno ai propulsori del “Campo Antimperialista” la raccolta di tutta la masnada “veramente patriottica”. Da Vox del “filosofo marxista” Diego Fusaro (Red Terror Doctor abbi pietà di noi che permettiamo impunemente che simili patenti possano essere attribuite), al buon Giulietto Chiesa, al viscerale antimperialista Fulvio Grimaldi (che pur condividendo il senso della manifestazione del 12 non vi ha partecipato fisicamente con la singolare motivazione che pur essendo d’accordo con quanto dice ad esempio un Fusaro, non tollera che queste stesse cose egli, Fusaro, le scriva sulla stampa di Casapound! Davvero “singolare” questo “mantenimento delle distanze” dal classico neofascismo). Fino ai “superpartigiani” dei Carc, presenti anch’essi in piazza ben decisi a “salvare l’Italia” e senz’altro a “costruirvi il socialismo” in questa specie di nuovo CLN – comitato di liberazione nazionale – insieme ai neofascisti. Non ha partecipato invece alla manifestazione del 12, il PC di Marco Rizzo che avrebbe dovuto e potuto essere tranquillamente della partita poiché anche questa specie di “comunisti”-nazionali si propone come forza “veramente patriottica”, aspira anch’essa a “liberare l’Italia” e farla “grande e prospera” come tutta l’altra masnada. (Ammettiamo noi del Nucleo di essere caduti come polli nel bluff giocato dal Rizzo con la sua … “oceanica” manifestazione di Roma del 5 ottobre che pretendeva di essere “la più grande opposizione di classe” al governo di merda attuale. E’ vero: siamo stati dei polli. Abbiamo commesso un grave errore, che ci ha impedito fra l’altro, date le infime disponibilità di cui disponiamo al momento, di partecipare come avremmo voluto e dovuto all’unica vera e autentica manifestazione di classe che si è data, quella promossa dai compagni del “Fronte anticapitalista” tenuta sempre a Roma il 21 di ottobre).
Scusandoci per il ritardo con il compagno che ha dovuto sorbirsi la manifestazione patriottica del 12, pubblichiamo qui in calce la sua cronaca politica di quell’avvenimento (che è importante per il suo significato in prospettiva, al di là “dei numeri” messi in campo il 12…), contributo inviatoci e che colpevolmente abbiamo tenuto nel cassetto. Ci riserviamo di ritornare “sul tema” come si deve.
Ma arriviamo là dove il dente duole anche per questa gente, per questa masnada di “autentici patrioti” servi della borghesia. Dove il dente duole, cioè alla difesa della spazio vitale libico.
Detto che l’attuale caporione del “sovranismo” e del “patriottismo” cioè il pirla Salvini si è scoperto essere nient’altro che un servo del “vero patriota Usa” Trump cioè del super-imperialismo americano, come noi l’avevamo qualificato sin dall’inizio della sua fenomenale ascesa (rassegnatevi “sovranisti” di ogni specie: non potete essere che dei servi di questo o quel blocco di potere super-capitalistico poiché la borghesia italiana e il suo Stato non ha alcun margine di sovranità, l’unica “libertà” che gli è concessa è quella di barcamenarsi e di sistemarsi sotto l’ala di questo o quel campo imperialista) e che in molti dentro la Lega non aspettano altro che uno scivolone nei consensi elettorali del “capitano” per fargli la festa, la variopinta masnada di cui sopra si propone di rodere il consenso che sta scivolando dalle dita del caporione leghista. E di approntare un nuovo contenitore politico, necessario alla borghesia per mantenere il controllo sulla società in vista della burrasca in arrivo e che si abbatterà duramente sull’Italia. Molto duramente.
Ora, prego attenzione compagni, riportiamo un passaggio sintomatico relativo alla questione vitale di Libia tratto da una delle disparate forze “veramente patriottiche”:
«Ma il silenzio – sia quello del governo che quello di un finto sovranismo che non sa neppure riconoscere i veri interessi nazionali – diventa ancora più significativo se si passa ad esaminare la grave situazione libica. Il governo Conte (ma su questo neppure Salvini ha qualcosa da eccepire) ha di fatto abbandonato la Libia al suo destino. Eppure, nel 2016, l’Italia aveva concorso ad insediare Serraj a capo del governo di Tripoli. In questo modo le truppe del generale Haftar, dietro alle quali c’è il sostegno militare ed economico del blocco Arabia Saudia Emirati Egitto Israele nonché quello della Francia, puntano dalla primavera scorsa alla conquista di Tripoli per poi spartirsi, a beneficio dei protettori di cui sopra, le risorse energetiche del paese. Adesso, dopo mesi di assedio alla capitale da parte di questa compagnia di ventura basata in Cirenaica, ci si scandalizza dell’intervento della Turchia a sostegno del governo Serraj! Come antimperialisti siamo innanzitutto a difesa dell’indipendenza della Libia. (“antimperialisti” di ‘sto cazzo: voi siete preoccupati “dell’indipendenza della Libia” in quanto avvertite che gli interessi della borghesia italiana ivi sono insidiati da altri briganti! Ndr) E sarà persa a tutto vantaggio delle forze più reazionarie della regione. Quelle schierate al 100% con gli Usa ed Israele. Come si vede la situazione è complessa e pericolosa, tanto in Medio Oriente che nel Nord Africa. E’ una situazione che coinvolge in vari modi anche l’Italia, mettendo in luce sia le conseguenze dell’appartenenza alla Nato, sia quelle di essere membri di una Unione Europea che certo non può andare contro agli interessi francesi in Libia. Per riconquistare la sovranità nazionale si dovrà dunque uscire sia dal Patto atlantico che dall’UE, facendo dell’Italia un paese neutrale, capace di sviluppare relazioni amichevoli con i paesi del Medio Oriente, per la libertà dei popoli e l’indipendenza delle nazioni di quella regione». (da: Comunicato n. 1/2020 del Comitato Centrale di Programma 101)
Questo genere di schifoso “antimperialismo” non è altro che il rivestimento, la copertura degli interessi nazionali della borghesia italiana, e la proposta di salvezza per la baracca dello Stato di Roma di cui questa masnada di “veri patrioti” avverte il sinistro scricchiolio. Non è altro che il tentativo di ingannare il proletariato d’Italia e di tenerlo incatenato nella sua attuale condizione di impotenza, separato dai suoi scopi e interessi di classe deprivato della sua organizzazione politica indipendente di classe.
Attorno alla questione di Libia, forse più chiaramente che su ogni altra, si scoprono le carte.
La nostra consegna di comunisti internazionalisti deve essere chiara, netta, inequivocabile:
STATO DI ROMA, BRIGANTE IMPERIALISTA, FUORI DALLA
LIBIA!
14 gennaio 2020
La manifestazione del 12 Ottobre è stata una rappresentazione di come le forze del capitale, o meglio le contraddizioni oggettive del capitale suscitate dalla sui crisi globale, vanno a tracciare il solco di potenziali schieramenti di classe borghese futuri.
Non è una specificità del solo capitalismo italiano (e tantomeno solo di quelli che seguono da fanalino di coda i paesi imperialisti più pesanti) quello di sterzare verso una sovrastruttura del tutto autoritaria, ma con la necessità – al tempo stesso – di rappresentarsi come una tendenza “sociale”. Nella quale poter in maniera marziale irregimentare buona parte del corpo proletario, cui chiedere di imbracciare fucile e moschetto per difendere se stesso nell’insieme degli interessi della patria.
Niente di nuovo sotto il sole, soprattutto per il capitalismo italiano, le cui difficoltà a seguire il passo dei più attrezzati finanziariamente ma anche socialmente USA, Germania, Francia e Inghilterra (alleati d’Occidente di lunga oggettiva interconnessione) sono evidenti.
La manifestazione del 12 Ottobre è stata preparata da un lungo percorso avviato da molto tempo tra diverse forze veramente eterogenee tra di loro. Da un lato un certo Troskysmo (povero Trosky) dapprima sempre più mutato in posizioni “anti imperialiste” e frontiste con le peggiori tendenze di resistenza all’imperialismo (una cosa è denunciare l’aggressione dell’imperialismo e sostenere incondizionatamente le risposte e le resistenze delle masse aggredite che da quei paesi si rivoltano, cui i comunisti internazionalisti, essenzialmente per la battaglia contro il proprio imperialismo ne sostengono la legittimità contrastando gli effetti materiali e sovrastrutturali del riformismo sul proletariato che lo mantengono distante, indifferente o addirittura “schierato” a fianco del proprio capitale. Dall’altro lato mai i comunisti internazionalisti hanno cessato una battaglia indipendente contro l’inconseguenza delle direzioni “borghesi” dei paesi aggrediti, invocando politicamente che la sollevazione delle masse aggredite si estenda e si affasci con quelle di tutte le masse sfruttate dell’area per una prospettiva d’area ed internazionalista – cui però mancando il proletariato di qui può al massimo talvolta abbozzarne tentativi potenziali in questa direzione). Successivamente questa formazione di stampo “antiperialista” blocchista (o campista come essi stessi si auto definivano, quasi come se volessero notare una loro “novità”), sempre più conclude proprio verso la sua destinazione di arrivo predestinata. Via l’antimperialismo e non rimane altro che il blocchismo nazionale del proprio capitalismo, cui aggiungere semmai il blocco tra “Stati” alternativi.
Da questo punto di vista non stupisce come a questa percorso che ha portato alla manifestazione del 12 Ottobre si siano aggregati settori di vecchio stalinismo e neo-stalinismo pro Putin (Giulietto Chiesa, Grimaldi, ex stalinisti di questa risma e stalinisti ancora convinti quali i CARC), più settori eretici della nuova destra nazionale ed internazionalista (VOX) richiamantesi al “marxismo”. Già l’anticolonialismo stalinista e quello del PCI togliattiano si caratterizzava in ultima analisi come “blocco” sociale del capitalismo italiano dislocato – pro domo sua e pro domo sociale – in un diverso schieramento internazionale “capitalista” e del tutto imperialista. Quindi, non stupisce che gli uni e gli altri, sospinti delle forze oggettive della polarizzazione all’interno delle acuite necessità del capitale – facciano un percorso politico insieme e di mobilitazione.
All’apparenza l’iniziativa può sembrare poca cosa ed esclusivamente folkloristica. Il pericolo vero viene dalla destra vera, quella con tanto di bandiera nera, saluto al duce e che scende in piazza insieme alle forze che contano Lega, Forza Italia, Fratelli d’Italia, Casa Pound (quindi già in parte accolta e coccolata da una parte dei poteri forti che sostengono queste forze politiche): così dice sgomento il sostenitore di una certa sinistra.
L’impressione avuta durante la mia “perlustrazione” il 12 Ottobre, non è così. La sensazione che l’iniziativa del 12 Ottobre rappresenti un serio pericolo e che alla lunga – magari non quest’area che comunque si presenta organizzata, ma un’altra formazione “equivalente” – abbia più filo da tessere dei “sovranisti” in camicia nera alla Casa Pound.
Il corteo – come richiesto dagli organizzatori – era un mare di bandiere tricolore, anche delle più disparate partecipato da circa 5000 militanti. Non elevata la presenza dei giovani, l’età media era composta di cinquantenni. Ma attenzione, cinquantenni con alle spalle parecchi anni di militanza. Quindi vi erano in piazza 5000 e più militanti veri, compatti, ordinati, combattivi e determinati.
Questa determinazione la si vedeva non solo dalla presenza enorme di bandiere tricolori e striscioni tricolori (anche il CARC sebbene sfilasse alla coda del corteo con uno striscione incolore con su scritto RIVOLUZIONE: SOCIALISMO NAZIONALE, aveva dismesso il rosso in cambio del tricolore), ma da tutti i dettagli della mobilitazione: servizio d’ordine ai lati con fascia tricolore al braccio. Sfilare in maniera ordinata e combatta, senza mai far sfilacciare il corteo. Slogan pro Italia gridati in maniera convinta. Comizi durante il corto e Inno di Mameli suonato e ritmato al battito di mani da parte dei partecipanti.
A differenza dell’iniziativa del 5 Ottobre del PC di Rizzo – la cui unica nota positiva era la predominanza di molti giovani (sebbene non fossero in totale un migliaio scarso) e il rimandare allo sciopero generale dei sindacati di base del 25 Ottobre – il 12 Ottobre ho assistito non solo ad una partecipazione militante, ma una capacità politica di affrontare tutti i problemi che scottano. L’iniziativa del PC di Rizzo è stata un solo sterile richiamarsi alle gloriose tradizioni del socialismo stalinista, qui e lì in Russia, senza mai affrontare temi e questioni dell’oggi. Insomma, una retorica che non offre agli stessi giovani che erano una indicazione di schieramento e di battaglia politica nella società e verso il proletariato (poi spiegherò il perché di questa “superficialità”, qual’è il reale impasse di questa forza politica). In somma una riedizione del blocchismo tra Stati “anti capitalisti” o “rossi” fuori dal tempo.
La manifestazione del 12 Ottobre, oltre ad essere stata una chiamata militante a serrare i ranghi, ha offerto temi e parole d’ordine di battaglia concreta dalla piazza. Cos’è che accomuna il popolo e i settori più impoveriti del popolo (attenzione, raramente sono stati nominati i lavoratori, se non nell’intervento di Fabio Frati – noto a Roma come uno dei rappresentanti del sindacalismo di Base degli operai aeroportuali prima e poi delle varie esperienze di base): la battaglia contro le banche europee e la supremazia finanziaria dell’asse Franco-Tedesco e USA. Cosa bisogna fare: riprendersi la sovranità monetaria per poter fare una politica monetaria sovrana, che conceda il credito ai piccoli imprenditori, commercianti ed artigiani. Politica monetaria sovrana che possa ridurre gli oneri sociali sul costo del lavoro, che quindi faccia riprendere l’economia ma anche la possibilità di riconoscere i diritti.
E cosa fare riguardo il problema dell’ambiente e della distruzione ambientale (altro tema che la settimana prima i comunisti di Rizzo non sono stati capaci di affrontare se non con la semplice affermazione che non vi è lotta contro la distruzione ambientale senza la lotta di classe – cosa per altro vera). Anche qui, dalla piazza è stato offerto un segnale di battaglia. Sostenere la produzione agricola locale strangolata dalle regole mercantili della EU, che se da un lato impoverisce gli agricoltori produttori diretti, dall’altro li costringe – perché costretti dalla concorrenza – a coltivare in maniera non sana, dunque avvelenando la terra.
Ma i sovranisti non hanno esplicitato che non sarà anche per la sola colpa dell’EU che padroni e padroncini della terra italiani impongono condizioni di neo-schiavismo ai braccianti italiani e soprattutto immigrati, quindi non lo farebbero perché gliene viene in tasca qualcosa, ma solo perché costretti. Difficile da coniugare le due cose ed affasciare i padroni agricoltori con gli operai della terra nel sol popolo (ma le “armi” politiche e vere arriveranno a tal scopo). In sostanza, poco folclore, molto tricolore e molta comunicazione.
Al momento ho potuto registrare – dai pochi commenti dei passanti – che questa tendenza non abbia attirato settori sociali veri. Ma che essa è stata capace di farsi “ascoltare”. Correttamente – non potendo coniugare la lotta per la “sovranità nazionale” con la denuncia delle politiche della EU, dei governi italiani precendenti ed attuali riguardanti gli immigrati – il tema immigrazione non è stato toccato (sebbene avesse aderito e presente al corteo Mohamed Koranè, sostenitore della necessità di un risorgente pan africanismo anti coloniale e contro la Francia – alla maniera di Lumumba – e al tempo stesso sostenitore della necessità di chiudere le frontiere ed i porti).
A quante manifestazioni abbiamo partecipato e notato l’indifferenza dei passanti oppure la loro ostilità per via del disagio provocato alla circolazione. Mentre il corteo sfilava, molti passanti mostravano curiosità. Chi sono questi con tutte queste bandiere tricolore? Da chi dobbiamo liberare l’Italia, da quelli che ci invadono con i barconi? Ma sono “casa pound” camuffati?
Altro che camuffamento. Questi qui del 12 Ottobre, lo sdoganamento rosso brunista l’hanno compiuto, mettendo da parte anche tutto il retaggio “anti fascista” di certo stalinismo, ma in perfetta continuità storica con esso.
Non è un caso che il richiamo fosse verso la costituzione del 1948 e non alla “gloriosa” lotta partigiana (cosa per la quale gli internazionalisti dell’epoca tentarono di evitare che le timide riprese di lotta operaia sul finire della guerra finissero in questa deriva). Tant’è che qualche vecchietto che li ha scambiati – correttamente direi io – per sostenitori tricolore del vero “fascio”, li ha salutati al grido vivo il Duce e con tanto di saluto fascista, mentre compatti i manifestanti procedevano. Il corteo? Beh il corteo ha sorriso benevolmente al vecchietto in questione, lo stesso CARC non si è scomposte tantomeno imbarazzato di essere salutato in questa maniera. Insomma, dal rosso al tricolore (o rosso bruno), dal pugno chiuso al saluto fascista, il passaggio è stato compiuto senza imbarazzi.
E qui vorrei aggiungere un’altra nota. L’inno di Mameli è stato suonato per due volte: a metà corteo e a fine corteo a Piazza Venezia. Il commento martellante del Pasquinelli era “l’Italia se è desta”, apriamo una breccia, il popolo patriota italiano deve prendere nelle sue mani il destino dell’Italia. Non è solo retorica vetero fascista. Attenzione è proprio retorica rosso brunista democratica, che all’oggi non gode né l’attenzione dei media (oddio, questo non è nemmeno del tutto vero, ma quel losco figuro di Fusaro leader di VOX un giorno si ed uno pure è in televisione), tantomeno da parte dei poteri forti della borghesia. Ma questa tendenza sembra possa avere maggior filo da tessere della semplice riedizione del neo-fascismo alla casa pound. Questi ultimi hanno fatto un po’ di tutto nel “camuffarsi”, ma alla fine il proprio retaggio ed ancoraggio al passato, li rende poco fruibili. La stessa Mara Carfagna ha espresso perplessità nello stare insieme in pizza con Salvini e Casa Pound. Perché? Perché sono fascisti o creano imbarazzo?
La tendenza al “sovranismo” non è solo l’espressione della necessità dell’imperialismo italiano di non fare il vaso di coccio alla coda dei vasi di ferro. Ma esso è – in Italia ma anche negli USA – il tentativo autoritario e davvero sociale anche di sciogliere nel popolo il proletariato o almeno una parte consistente di esso. Quello che appare difficile – da qui gli imbarazzi di Mara Carfagna ma anche di certi settori più “popolari” della Lega la Nord – è che quanto Benito riuscì a fare, ossia anche ad affasciare una parte del proletariato anche di quello organizzato nella prospettiva della lotta del posto al sole, oggi – proprio perché la storia non si può ripetere uguale due volte e per le condizioni più profonde della crisi – non può avvenire attraverso la semplice riedizione del fascismo. L’esatta riedizione “fascista” non è all’oggi materialisticamente praticabile, manca dei numeri oggettivi per influenzare decisivamente il proletariato o ostacolarne la ripresa di lotta e di organizzazione autonoma di classe. Non vi è al momento alcun “Fabio Frati” tra i Casa Pound, che possa parlare della necessità dei lavoratori di sottrarsi dalle grinfie del capitale ma lottando per una economia nazionale e sovrana. Questo vuol dire che il riemergere crescente di correnti politiche e sociali neo fasciste sia fuori dalla storia? Assolutamente no.
E’ altresì probabile, che pezzi di Casa Pound e delle tendenze neo fasciste debbano rimuovere i loro attuali imbarazzi e retaggi del passato, per ulteriormente fondersi e condizionarsi a vicenda con questo settore militante del 12 Ottobre. Già episodi sporadici di iniziative in comune nel passato e di assemblee con Giulietto Chiesa sulle questioni internazionali e Russe ci sono state.
A questa stregua e come agente polarizzatore di questa più ampia ed efficace tendenza (ossia dal carattere nazional democratico) l’area del 12 Ottobre si è messa in marcia, avendo di suo sdoganato del tutto e rimosso gran parte di quanto del loro “retaggio” divide o possa dividere il “popolo” (per esempio il rosso e la lotta partigiana). Agli altri, il compito di compiere questo passo in avanti.
E’ interessante ascoltare su You Tube gli interventi di Pasquinelli in preparazione della manifestazione. Accenna alle esperienze patriottiche in senso democratico e rivoluzionario: pre-risorgimentali, posto risorgimentali e del 1948 (fascismo e anti-fascismo, questo cancro diciamo noi non viene accennato).
Dicevo della manifestazione della settimana prima del PC di
Rizzo (che ha visto una partecipazione di un migliaio scarso). I comizi
sono stati di una superficialità inaudita. Mai è
stata citata la questione dell’immigrazione. Il giorno prima
– in continuità con i governi precedenti di
centro sinistra e di centro destra – è
stato varato il decreto attuativo, che secondo le disposizioni in
materia di Sicurezza di Salvini, ha stilato la lista dei paesi di
provenienza dai quali l’Italia può riconoscere
legittima la richiesta di asilo. Niente, zero di tutto. Tutti gli
sforzi della piazza e degli interventi erano contro PD e contro la
votazione al parlamento europeo della mozione che equipara i
“crimini” del comunismo e dello stalinismo con
quelli del nazi fascismo.
E’ solo incapacità politica di articolare un
ragionamento, di parlare ai lavoratori e di fare battaglia politica
nella società e in sostanza di agire? E’
l’impasse del sotto riformismo ai giorni nostri, cui gli
spazi di manovra sono tagliati proprio dalle contraddizioni del
capitalismo. Agire nel solco di un certo
“sovranismo” tinto di rosso, non è dato
possibile. Sempre più sei costretto a sdoganare
conseguentemente. Quindi? Totale immobilità, con il rischio di
disperdere le energie dei giovani che comunque erano presenti il 5
ottobre.