Il bracciante Soumaila Sacko, giovane africano del Mali di 29 anni, attivista sindacale dell’USB è stato assassinato nella zona di Rosarno colpito dai proiettili di un cecchino appostato alla distanza di un centinaio di metri. Altri due braccianti immigrati sono stati feriti dalla serie di colpi. E’ un altro, ennesimo, episodio criminale perpetrato ai danni e sul corpo del proletariato immigrato sulla cui forza-lavoro supersfruttata si reggono i margini competitivi delle produzioni agricole di quell’area.
Rosarno, ancora una volta Rosarno, a dieci anni dalla rivolta! A dieci o non sappiamo quanti anni dalla celebrazione nazionale del 1° maggio, un rito che si mise in scena proprio lì a Rosarno in seguito alla rivolta da Cgil-Cisl-Uil affinché nulla cambi. Abbiamo cercato – bene o male – di spiegare il motivo di una tale atroce situazione, di una tale atroce beffa ricordando la morte di una proletaria nigeriana avvenuta, sempre in quella piana, nel febbraio di quest’anno. (vedi: “Braccianti immigrati: a otto anni dalla rivolta di Rosarno nulla è cambiato”)
Esprimiamo la nostra vicinanza e solidarietà di classe ai compagni dell’USB e attraverso loro a tutti i proletari immigrati schiacciati dalla violenza capitalistica la quale si esercita non solo attraverso l’attacco armato, la spedizione squadristica contro i braccianti ma che si esprime quotidianamente, anche senza l’aperto spargimento di sangue proletario, nelle “normali”, e perfettamente legali, condizioni di vita e di lavoro cui essi sono costretti e sottoposti.
Noi sentiamo l’atroce condizione cui sono costretti i braccianti immigrati come una ferita aperta, come una vergogna nostra e di tutto il proletariato d’Italia. Una condizione da cui si può e si deve uscire solo attraverso la messa in campo e l’organizzazione di una reale lotta di classe, incombenza che non può essere lasciata sulle spalle delle strutture e dei militanti locali in un confronto di classe ad armi impari contro l’insieme degli apparati, legali ed extralegali, dello Stato borghese italiano. Ad armi impari, sino a quando non vi sia coinvolto l’insieme del proletariato d’Italia.
In questo senso e in questa direzione, nella direzione cioè della messa in campo di una campagna a scala nazionale “nella prospettiva politica e pratica di un nuovo movimento operaio e proletario dove gli immigrati sono parte decisiva e qualificante della lotta di classe del XXI° secolo” sottoscriviamo e pubblichiamo l’appello (“Basta violenza e terrorismo contro i braccianti stranieri”) diffuso dalla Rete dei Comunisti/Contropiano.
Ci preme, come compito di massima urgenza, di dire le cose che seguono, in tutta franchezza di fronte al movimento che intende reagire – e reagirà – contro la bestiale condizione in cui versano i proletari immigrati. Lo facciamo come possiamo, al solito forse in maniera schematica: chiediamo ai compagni di andare al fondo delle questioni, oltre le forme più o meno imprecise ed altri difetti che dovremo correggere, senz’altro. Veniamo al dunque.
L’azione armata che ha ammazzato un militante della nostra classe e ne ha feriti altri due, avviene nella torbida fase di una crisi politico-istituzionale aperta dall’esito elettorale del 4 marzo, che dopo lo sfacciato pronunciamento presidenziale della domenica 27 maggio ha messo capo alla soluzione provvisoria del Governo che sappiamo. Governo di una abborracciata coalizione di destra nazional-popolare che si rivendica “sovranista”, “patriottica” e che intende giocare sino in fino in fondo le carte della demagogia sociale che ha in mano e che, del resto, sono proprie di tutte le destre. Intanto che, e prima di che il capitalismo italiano trovi altre, più presentabili, “responsabili” e autorevoli – e soprattutto: più autoritarie! – combinazioni politiche a cui affidare la gestione del potere. Niente affatto esclusa, quando e qualora le piazze cominciassero a ribollire, la scesa in campo delle FF.AA. magari chiamate dalle mammolette “progressiste” a ripristinare un ordine sociale e una “legalità costituzionale” nel frattempo perturbati dai “fascisti” Salvini/Di Maio. Per intanto un generale dei Carabinieri, in quota 5 stelle, piantona dal suo interno lo sgangherato esecutivo borghese “nazional-patriottico”.
Ci inoltriamo nel torbido periodo di una lotta tra frazioni e campi di forza e di interessi borghesi, sul piano interno collegato a quello internazionale in cui si fronteggiano, senza esclusioni di colpi, borghesi euro-atlantisti “globalisti” da una parte, e borghesi “patrioti”, nazionalisti-identitari, “sovranisti” di varia natura, dall’altra. Più che Bruxelles/Francoforte contro Roma come può apparire, forse si tratta del maturare di una linea di frattura fra Wall Street contro Berlino, nella quale anche il nostro paese diviene campo di battaglia. In ogni caso: quello che qui ci interessa è che questa lotta fra frazioni borghesi si gioca sulla nostra pelle, sulla pelle – e col sangue – della classe lavoratrice , disarmata di ogni sua organizzazione politica prima ancora che “sindacale” di classe, nella sua larga maggioranza, tanto al Sud come al Nord, agganciata al carro della demagogia sociale di codeste frazioni borghesi, massimamente di quelle destre, “popolari e patriottiche”.
Dove vogliamo andare a parare tracciando questo scenario nel quale collochiamo l’azione armata antiproletaria di Rosarno?
Andiamo a parare nel dato concreto della assoluta necessità di tracciare un inequivocabile confine di classe alla necessaria mobilitazione, alla necessaria campagna di lotta contro il presente esecutivo “nazional-patriottico” uscito dal cilindro borghese. Il pericolo micidiale che ci pare nitidamente di intravvedere è che – in difetto di un chiaro e inequivocabile schieramento di classe – la frazione borghese avversa al governo di destra, le mammolette “progressiste” di cui sopra, possano riuscire ad utilizzare per i loro sporchi scopi (e per quelli della centrale imperialista di cui sono servi) i movimenti di contestazione che si debbono dare e che si daranno. A cominciare dalla risposta da dare, e che si darà, al vigliacco assassinio perpetrato e più in generale sulla, spinosa quanto mai, questione della gestione dell’immigrazione.
Il Signor ministro dell’interno che oggi occupa lo scranno che fu, fra gli altri, di Kossiga, di Scelba e prima ancora di Palmiro Togliatti, opera in continuità col suo immediato predecessore Sig. Minniti . Costui non era e non è “un fascista”, egli era ed è un borghese democratico e “progressista”, così come il suo successore Sig. Salvini è un borghese, un fanfarone “nazional-patriota” borghese. Non equipariamo il “progressista” globalista all’attuale ministro patriota vero o presunto (e certo non lo contestiamo per “non essere un sovranista conseguente”, come capita di dover sentire). Li denunciamo e li combattiamo in quanto borghesi e servitori dello Stato capitalistico italiano. Così come i rivoluzionari internazionalisti denunciarono e combatterono a suo tempo il fedele servitore dello Stato, ministro dell’Interno e onorevole Palmiro Togliatti senza dover per questo equiparare il nazional-stalinista al democristiano Scelba né, ovviamente tantomeno, all’attuale ministro fanfarone ex-padanista.
Contrastiamo e combattiamo l’On. Salvini e il suo governo “nazional-patriottico” giacché, in quanto fedeli servitori dello Stato capitalistico italiano, si guarderanno bene dallo scalfire realmente il giogo del caporalato nelle campagne (così come il ministro del lavoro, On. Di Maio, si guarderà bene dallo scalfire il micidiale giogo dei subappalti nei cantieri) poiché su tale giogo si basano i profitti e la tenuta competitiva di larghe parti dell’industria agricola capitalistica italiana. Lo contrastiamo e combattiamo in quanto portatore di una politica che dietro alla maschera “sociale” e demagogica di presunto contrasto “ai poteri forti globali”, “alle multinazionali” ecc. in realtà incessantemente fomenta i motivi di divisione dentro la classe lavoratrice.
L’opposizione e il contrasto che in tema di
immigrati e immigrazione il “nuovo movimento operaio e
proletario” (per usare l’espressione della Rete dei
Comunisti), si propone di mettere in campo contro le politiche del
nuovo esecutivo “sovranista”, deve
inequivocabilmente separarsi
dall’“antirazzismo” ufficiale ed
istituzionale, dai principi pseudo umanitari della “open
society” cari a Soros e alle ONG iscritte a libro paga di un
tal “filantropo”. L’opposizione e la
lotta contro il nuovo governo di destra non può essere fatta
insieme ai “progressisti” della sinistra borghese.
Le Bonino, le Boldrini, i Grasso, i Bersani, i Del Rio e i Renzi sono
certamente antirazzisti e sinceri democratici (e feroci anticomunisti)
quanto portatori di politiche letali per il proletariato. Non
dobbiamo finire per essere massa di manovra di alcuna frazione
borghese: stiamo in guardia!
6 giugno 2018
Soumaila Sacko, un ragazzo di 29 anni, immigrato originario del Mali, è stato assassinato mentre assieme ad altri due fratelli immigrati cercava alcune lamiere – nell'area Ex Fornace nella zona di San Calogero (Reggio Calabria) – per costruirsi una baracca di fortuna dopo una giornata trascorsa a spaccarsi la schiena di lavoro nei campi.
Non è la prima volta che in Calabria – ma è capitato anche altrove – che personaggi border/line tra i clan malavitosi e l'universo dei padroni delle terre si divertono al “tiro al bersaglio” contro gli immigrati.
Spesso, quando non muore qualcuno o non ci sono feriti, questi atti criminali non vengono neanche denunciati ma raggiungono ugualmente il loro obiettivo che è quello di annichilire e terrorizzare gli immigrati per renderli docili allo schiavismo imperante nei campi e nelle bidonville che nascono in queste zone.
Ieri – purtroppo – è morto Sacko e sono rimasti feriti Madiheri Drame e Madoufoune Fofana allungando il lungo elenco di giovani immigrati che versano il sangue nelle campagne del Sud Italia, nelle diversificate filiere dell'agro/alimentare e che insieme alle migliaia di operai immigrati che faticano nelle industrie del Nord e alle decine di migliaia di badanti che integrano per pochi Euro il Welfare familiare contribuiscono alla crescita e l'affermazione del “made in Italy”.
Ancora una volta, solo per pochi giorni, assisteremo all'ipocrita esecrazione di quanti urleranno (...alla luna!) contro la violenza ma – come sempre è accaduto;– non cambieranno di un millimetro le condizioni di sopravvivenza e di dignità dei giovani immigrati che tanto contribuiscono ai profitti delle aziende del settore e agli indici di produttività e di benessere della nostra “civiltà occidentale”.
Non è questo il momento di discutere, ulteriormente, delle questioni inerenti l'Immigrazione ed il corollario di snodi teorici, politici e culturali afferenti questa fenomenologia del capitalismo e della sua forma imperialistica.
Avremo altre sedi ed altri tempi per approfondire queste discussioni.
Ora è il momento di esprimere il nostro sdegno e la nostra rabbia contro questo ennesimo omicidio di un nostro fratello.
Bene, quindi, ha fatto l'Unione Sindacale di Base ad indire lo Sciopero dei braccianti per stigmatizzare questo episodio e per rinnovare i vincoli di solidarietà, di orientamento programmatico e di lotta in questa martoriata categoria.
Fermare il lavoro nelle campagne, rivendicare diritti, salario e dignità nelle nostre terre, opporsi al terrorismo contro gli immigrati e richiedere Verità e Giustizia per Sacko è la linea di condotta e l'impegno militante dei prossimi giorni.
In questo contesto di mobilitazione e proteste l'annunciata Manifestazione a Roma, del prossimo 16 giugno, è un altra tappa per ricostruire uno schieramento sociale e popolare contro l'azione liberticida del governo, contro la canea razzista e i pogrom contro gli immigrati.
La Rete dei Comunisti esprime la solidarietà
umana e politica a tutta la comunità immigrata di Gioia Tauro
e rafforza l'impegno dei suoi militanti per rilanciare la prospettiva
politica e pratica di un nuovo movimento operaio e proletario dove gli
immigrati sono parte decisiva e qualificante della lotta di classe del
XXI° Secolo.
3 giugno, 2018