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elettorali, cui esso è doverosamente interessato, come ad ogni fatto della vita politica che lo riguardi, es-
so non cessa di esprimere, in qualche modo, questa contraddizione, ed è su ciò che va svolto il nostro la-
voro. Per arrivare al capo della catena conviene afferrarsi all’anello superiore più vicino. Ed è quel che
facciamo.
L'unica via marxista al socialismo: rivoluzione, dittatura proletaria.
Il fulcro centrale della posizione marxista sulla questione elettorale-parlamentare consi-
ste, sin dagli esordi, nella smentita della democrazia borghese (e, in senso proprio, della democrazia
tout court dal momento che l’abusato termine di "democrazia di classe", "democrazia socialista", o si
presenta come un -opinabile- surrogato agitatorio del termine nostro esatto -dittatura proletaria-,
o si riduce a un non senso che vorrebbe trasportare entro il campo dell’azione collettiva di classe
nella fase transitoria dell’esercizio collettivo di classe del potere sino al socialismo e all’estinzione
dello stato, le categorie borghesi dell’eguaglianza giuridica, dei diritti individuali di rappresentanza
d’interessi e di potere).
Fin dagli esordi, dunque, l’eguale diritto democratico-parlamentare è per i comunisti un
inganno in quanto prospettiva d’emancipazione; ogni "via elettorale-parlamentare" al potere è nega-
ta da Marx sin dal 1848, e per sempre. Non ne consegue, però, al contrario!, l’esclusione di una lotta
per l’allargamento degli spazi elettorali e parlamentari per tutta una lunga fase (quella che, grosso
modo, si conclude -per quel che concerne le metropoli- con la prima guerra mondiale). Sbaglia
l’anarchico che, riferendosi allo stesso principio antiparlamentare dei marxisti, ne desume una posi-
zione astensionista. Sbaglia perché la lotta per allargare la sfera dell’esercizio del voto, per conquista-
re regole più democratiche di rappresentanza, per strappare più seggi parlamentari, s’inscrive in una
fase ascendente o di consolidamento del sistema borghese in cui l’arena parlamentare è ancora un
terreno percorribile per strappare delle riforme e l’esercizio di questa battaglia è tuttora un fattore di
mobilitazione, educazione, organizzazione delle masse. Di ripulitura dell’ambiente sociale e politico
dai resti preborghesi e di attrezzaggio al futuro assalto contro la stessa società borghese "compiuta".
Sul finire dell’Ottocento, Engels, in un documento che si tentò di sfruttare come prova di
una "svolta" riformista, si esprime in questi precisi termini: il partito sta registrando degli enormi
passi in avanti contrassegnati da un imponente progresso in termini di voti e rappresentanza parla-
mentare; preserviamo e portiamo oltre questi risultati. Non, però, perché ci si spiani dinanzi la via
del trapasso democratico, graduale, al potere, ma perché attraverso questa strada allarghiamo e ce-
mentiamo le nostre forze, superiamo la fase precedente di piccolo gruppo "giacobino", e, con ciò, ci
predisponiamo al meglio per l’azione rivoluzionaria di massa a venire. Scaviamo come si deve le op-
portune trincee per lo scontro che ci dovrà essere, non ci sogniamo affatto di esorcizzarlo con stupi-
de chiacchiere sulla conquista progressiva di "contropoteri" e "casematte" all’interno del sistema
borghese. Nessun luciomagrismo, per carità di dio...
La neonata Internazionale Comunista, ponendosi al suo 2° congresso (1920) la questione
parlamentare, registrava la venuta a esaurimento di questa prima fase.
Nelle tesi di Lenin (che, con stretta coerenza, non s’intitolano "sulla tattica", ma "sui par-
titi comunisti e il parlamentarismo") si legge:
"La posizione della Terza Internazionale verso il parlamentarismo non è determinata da
una pura e semplice nuova teoria, ma dal mutamento avvenuto nel ruolo del parlamento.
Nell’epoca passata, il parlamento, come strumento del capitalismo in ascesa, svolgeva, in una certa
misura, un’opera storicamente progressiva". Per questo "la partecipazione al parlamento era consi-
derata (dai marxisti, n,) dal punto di vista dello sviluppo della coscienza di classe, cioè del risveglio
nel proletariato dell’odio di classe contro la classe dominante"; quindi, come "sfruttamento dei par-
lamenti borghesi a fini di agitazione" (e giammai, neppure allora, di cammino comune con altre
classi sulla via del riformismo organico, che è altra cosa dalla lotta per strappare riforme utili
all’esercito di classe in vista dell’obiettivo rivoluzionario).
Quale, da allora, il cambiamento di ruolo del parlamento e, in corrispondenza di ciò, del
tipo d’intervento dei comunisti?
"Nelle condizioni attuali di imperialismo sfrenato (..) le riforme parlamentari, private di
ogni sistematicità, organicità e consistenza, perdono ogni importanza pratica per le masse lavoratri-
ci. Come l’intera società borghese, così il parlamentarismo perde la sua stabilità. Il brusco passaggio
dall’epoca organica all’epoca critica (della società borghese, n.) crea le basi per la nuova tattica del
proletariato in campo parlamentare (..) Oggi, per i comunisti, il parlamento non può essere in nes-