Venti di guerra soffiano sempre più impetuosi sulla Corea del Nord: la Bestia, l'imperialismo numero uno, gli USA, con il codazzo dei suoi satelliti locali, continua a mettere in atto pesanti provocazioni, usando sempre lo stesso schema operativo attuato altrove (basti ricordare le operazioni militari Nato ai confini russi!).
Le recenti manovre navali guidate dagli USA, la installazione del sistema missilistico " di difesa" THAAD in Corea del Sud (sistema di difesa che, giustamente, viene percepito dalla Cina come sistema di spionaggio e che può essere convertito, in men che non si dica, in sistema offensivo) rappresentano delle provocazioni crescenti nei confronti della Corea del Nord che, ovviamente, cerca di difendersi come può contro il super-imperialismo USA.
Ma, ricordiamolo, questa non è una novità della presidenza Trump: già sotto la presidenza Obama era iniziato il ridispiegamento delle forze militari USA verso il Pacifico ("pivot to Asia"), mentre la focalizzazione degli interessi strategico-politici degli Stati Uniti sulla penisola coreana – vista la sua posizione geografica attigua a Cina e Russia – si è sviluppata fin dal termine della seconda guerra mondiale quando il paese – liberato dalla dominazione giapponese – ha visto la sua spartizione nelle due zone di influenza USA-URSS, sulla traccia dei due poli d'opposizione formatisi sotto la dominazione giapponese: uno filo USA ed uno nazionalpopolare (Associazione per la riedificazione della Patria), guidato da Kim il Sung.
Con l'esplosione della guerra fredda e del conflitto coreano, agli inizi degli anni '50, si giunge alla definitiva spartizione della penisola a livello del 38° parallelo: la Corea del Nord, sovvenzionata dall'URSS, si ripiega in un autarchico "socialismo" basato sul "juchè" (fiducia in se stessi), mentre il Sud si avvia ad una marcata industrializzazione sotto un regime militar-poliziesco legato al Pentagono, attuando uno scambio tra sviluppo industriale e conversione del paese in una base USA in funzione anti Cina ed anti URSS.
Alternando momenti di netta contrapposizione a manovre distensive, le due Coree si spingono – nel 1991-92 – sino a "prove" di mutuo riconoscimento, cui i coreani del nord e del sud erano pronti, distruggendo così una barriera artificiale tra uno stesso popolo posta dallo scontro inter-imperialistico. Come già ricordato nel "che fare" n°53 (cui si rimanda) la Corea del Nord, dopo la caduta dell'URSS, si è trovata in grosse difficoltà a causa di una miseria generalizzata, mancanza di pezzi di ricambio per le industrie, inondazioni, siccità, etc. e solo l'aiuto "fraterno" (ma anche "peloso" quanto quello sovietico!) della Cina (che fin da allora, giustamente avvertiva l'aggressione alla Corea come una aggressione a se stessa) ha permesso alla Corea del Nord di spuntarla. Ci furono anche proposte di "aiuti" alimentari "disinteressati" (le ONG sono sempre pronte ad aiutare certi paesi per spianare la strada alla penetrazione imperialistica!). Nonostante questa situazione, la Corea del Nord ha implementato un programma di autonomia energetica ricorrendo al nucleare ed il suo uso militare è ora evidente e pienamente giustificato/bile per un paese che è sotto attacco da parte dell'imperialismo. I precedenti esempi di Saddam Hussein, che si era prestato nella guerra Iran-Iraq degli anni 80 a fare il gioco sporco dell'Occidente contro l'Iran in ribellione e di Gheddafi, che si era indebolito a fronte delle richieste occidentali hanno senz'altro fatto rizzare le antenne all'orgoglioso regime nazional-borghese della Corea del Nord.
Certo l'unificazione delle due Coree offrirebbe grandi opportunità, facendo incontrare l'eccedenza di manodopera del Nord con la marcata industrializzazione del Sud. Ed anche la Cina e la Russia ne sarebbero avvantaggiate, sia dal punto di vista economico che strategico, non avendo una base "americana" sotto casa. Ma ciò contrasta con i piani imperialisti statunitensi, per i quali il vero boccone è la Cina, ma è un boccone troppo grosso per essere ingoiato tutto in blocco, per cui si cerca di attuare una strategia di accerchiamento (dalla interessata difesa dei diritti civili degli Uiguri, a quella della autodeterminazione del Tibet e di quel santuomo rappresentato dal Dalai Lama, che già anni fa un giornale tedesco aveva dichiarato essere sul libri paga della CIA (Süddeutsche Zeitung “Heiliger Schein”, Santa apparenza, Intervista a John Kennet Knaus, 09.06.2012 http://www.ilsecoloxix.it/p/mondo/2012/ – 06/09/AP6mIZgC-tramava_dalai_lama.shtml).
Il giornale tedesco scrive che la Cia “addestrò i guerriglieri tibetani, rifornendoli con tonnellate di armi per la lotta contro il nemico comune, la Cina comunista”, versando annualmente 180 mila dollari come “aiuti finanziari al Dalai Lama”.
La popolazione della Corea del Sud ha avvertito il pericolo di
essere usata come carne da cannone e ci sono state molte manifestazioni
popolari contro la installazione del sistema missilistico THAAD, anche
se poi i ripetuti lanci missilistici ad opera della Corea del Nord ne
hanno scemato l'importanza, ed hanno dato la stura ad una sorte di
unione "nazionale", allargata ad altri paesi dell'area, come il
Giappone, che da anni, si sta rimilitarizzando sotto la guida di
governi nazionalisti, indubbiamente impulsati dagli USA. Purtroppo,
anche le manifestazioni sindacali che a più riprese si sono
avute nella Corea del Sud ad opera del KCTU, pur avendo portato al
riconoscimento della necessità di un Partito che si facesse
veramente carico della difesa intransigente degli interessi operai,
sono rimaste chiuse nell'ambito nazionale, senza che si sia potuto
creare un legame con manifestazioni che si sono avute in altri paesi
dell'area (come ad es. in Indonesia a fine anni 90) (che fare
n°46), mentre anche i tentativi di riunificazione delle due
Coree, che avrebbe giocato alla fin fine un ruolo difensivo nei
confronti dell'imperialismo, è stato ostacolato. Un primo
passo difensivo verso la sempre più pressante penetrazione USA
nella regione potrebbe essere una alleanza antioccidentale dei paesi
della zona, alleanza che però deve fondarsi sulla lotta delle
masse lavoratrici. Ma qui sta il punto. Le borghesie locali possono
sì opporsi allo strapotere dell'imperialismo Usa, cercando di
ritagliarsi una certa "autonomia", e ciò anche basandosi sulla
mobilitazione popolare, ma tenendo ben presente che, dal loro punto di
vista, questa va "incanalata", perché, qualora non si fermasse
all'obiettivo della conquista di una autonomia borghese, ma si
proiettasse verso un proprio riscatto sociale e politico, le stesse
borghesie locali rischierebbero di essere spazzate via. Ma il
proletariato di quest'area non può essere lasciato solo...
solo l'intervento dei fratelli di classe metropolitani può
dare una spinta positiva in questo senso: e questo è e
sarà possibile solo se il proletariato metropolitano
saprà scindere i suoi interessi di classe da quelli della
propria borghesia, lottare contro il " nemico principale" che
è in casa propria e unirsi alla lotta dei fratelli sfruttati
di queste aree. In questo senso è indirizzata l'azione delle
poche forze del nostro nucleo, fermo nel mantenere la bussola orientata
allo zenit della rivoluzione.
20 ottobre 2017