nucleo comunista internazionalista



L’esplosione di classe nei paesi arabi. E noi?

rivolte arabe

Pubblichiamo la raccolta degli articoli postati sul nostro sito in merito alle rivolte esplose nei paesi arabi dagli ultimi scorci del 2010 in poi.

Pur inquadrandole nel medesimo scenario, segnato dalla crisi del capitalismo (tornata prepotentemente in scena con i crolli dell’autunno 2008) e dal tentativo delle metropoli occidentali di scaricarne gli effetti sui paesi della periferia, il nostro nucleo non accomuna le rivolte esplose nei diversi paesi (dalla Tunisia fino alla Siria, e oltre vedremo) secondo un’univoca chiave di lettura dei settori sociali che si sono messi in movimento, delle istanze prese in carico, dei programmi assurti a generale indirizzo, delle alleanze costruite sui piani interno e internazionale.

I nostri articoli, per chi avrà la pazienza di leggerli (come riteniamo necessario in generale, in questi tempi di penoso affievolirsi del discernimento e anche del mero istinto di classe), ribadiscono le tesi sulle quali i comunisti fondano da sempre il proprio interventismo rivoluzionario nelle lotte ingaggiate dalle masse sfruttate e oppresse dall’imperialismo. 

Un generale metro di giudizio che giammai significa voltare le spalle o sputare sul movimento in atto, posto che esso non sia dato come sollevazione proletaria pura e senz’ombra di contaminazione (tra l’altro in paesi dominati dall’imperialismo).



Chi li leggerà potrà vedere che giammai abbiamo messo in secondo piano l’estesa mobilitazione di piazza in Tunisia ed Egitto, gli scioperi dei lavoratori (soprattutto in Egitto), la partecipazione delle donne, la sanguinosa repressione subita nelle strade e nelle fabbriche, i licenziamenti e i mille episodi di autentico eroismo di quanti in questi due paesi si sono battuti contro un apparato assassino e contro l’imperialismo.

Si vedrà che nella presa in carico e nell’ incondizionato sostegno alle sollevazioni che hanno defenestrato i Ben Alì e i Mubarak non c’è proprio nulla che possa essere inteso come minimizzazione o tiepida presa in carico di "svolte storiche" suppostamente incomprese.

Al tempo stesso ci siamo guardati bene dal travisare il senso generale della mobilitazione per come essa si è data. Il nostro intervento ne valorizza i passaggi di avanzamento e i punti di forza reali, evidenziando al tempo stesso i limiti (quando di questo si tratta) da prendersi in carico dalle forze di classe nella nostra prospettiva, dichiarata per intero e mai taciuta.

Quando invece non di questo si tratta, come è per la Libia e la Siria, il nostro intervento consiste nel demarcare la posizione contro una ribellione che assume tutt’altro segno, e contro l’imperialismo che, invocato dai ribelli, scatena ancora la sua aggressione infinita.

A fronte di siffatti sviluppi l’enfasi di una indistinta "Intifada", che con mille contorsionismi accredita sul medesimo piano della generale ripresa di lotta le piazze popolari (e a tratti anche proletarie) di Tunisia ed Egitto e le campagne dei rivoltosi libici e di quelli siriani anti-Assad alleatisi ai tagliagole d’Occidente, ci riempie di indignazione, soprattutto quando siamo costretti a vedere che è un’enfasi presa in carico anche dalla sinistra che si professa rivoluzionaria.

Noi neghiamo nel modo più netto che nella contingenza data l’alternativa sarebbe tra il generale indifferentismo verso le sollevazioni nel mondo arabo (con la variante campista che volterebbe le spalle alle rivolte libica e siriana in quanto esplose in paesi-canaglia nel mirino dei capibastone im­perialisti), e una posizione che all’opposto esagera largamente i contenuti di classe delle rivolte come trampolino di lancio per un sostegno acritico che non si ferma neanche in presenza di solle ­vazioni che di proletario hanno ben poco (come conferma il fatto che finiscono in braccio all’ "alle­ato" imperialista).

Noi ripudiamo questa pretesa alternativa e, chiedendo ai nostri lettori di andare a fondo nella comprensione dei problemi, riaffermiamo con forza ciò che è evidente, e cioè che, per non restare tiepidi di fronte ai reali positivi passaggi in avanti – da registrare a dovere – nelle rivolte arabe del 2011-2012, non è affatto necessario scambiare lucciole per lanterne in Libia, in Siria e ovunque altrove.