Il testo che qui ripubblichiamo è quello di una conferenza di Amadeo Bordiga, fondatore del PCd’I, tenuta nel ’21 di fronte ad un pubblico proletario sulla concezione marxista del comunismo e dei passaggi storicamente necessari ad esso. Un pubblico “popolare”, ed anche l’esposizione, in qualche modo, lo è, trattandosi di delineare gli aspetti “generali”, ma fondamentali!, delle questioni in oggetto, in maniera molto semplice, ma, al tempo stesso, assai precisa quanto agli assi fondanti. Un quadro “schematico” (se volete) d’insieme, che poi potrà agevolmente complicarsi e completarsi, come occorre, ma una volta afferrato il filo su cui si regge. Ed è, per noi, “interessante” notare come quel “pubblico”, certamente “rozzo” e “non esperto” intellettualmente, stando a certe considerazioni attuali quanto ai diritti dell’intellighentzija di dettar legge in materia di “conoscenza”, fosse straordinariamente protagonista di una reale conoscenza dei fatti materiali che, proprio esso, lo “spossessato intellettuale”, era in grado di affermare attraverso la propria lotta per il comunismo, che non è un’Idea, ma la risultante di un processo materiale di scontro antagonista tra le classi. Gli “intellettuali” borghesi (o radical–sinistri, il che fa lo stesso) di oggi non sono in grado di cogliere la sostanza “popolarizzata” dei temi qui posti, da cui li distanzia precisamente una diversa ed opposta collocazione di classe.
I giovani compagni che tendono a riallacciarsi alla materialità dell’antagonismo di classe e, conseguentemente, al comunismo, ne traggano l’opportuna lezione.
Non abbiamo ulteriori “commenti” da fare al testo, al di fuori della raccomandazione a fermarsi sulla fondamentale distinzione del comunismo da tutte le ricorrenti pseudo–teorie “rivoluzionarie”: prima, quella del socialismo come “statalismo proprietario” incapace di uscire dal circuito mercantile (per noi, per Marx, sinonimo stesso di capitalismo); seconda, quella del socialismo come appropriazione “sociale” su base territoriale, locale, individuale infine, come “autogestione” dal basso necessariamente rifluente sullo stesso terreno mercantile. La socializzazione cui miriamo è per noi un’amministrazione globale di cose cui tutti partecipano in quanto “tutto”, in quanto insieme umano, e non in quanto “singoli”. L’“individuo” socialista è un essere sociale e non una individualità separata. In questo senso vi è già in questa conferenza la condanna anticipata del “socialismo reale”, allora inipotizzabile, e di tutte le successive varianti real–socialiste di nuovo tipo che tuttora trovano credito nel “movimento”, sino alla più recenti buffonate da “socialismo del XXI secolo” (riedizioni, al massimo, di vecchie ubbie riformiste “operaio”–borghesi).
L’internazionalismo proletario ne è la logica conseguenza, non potendosi, per noi marxisti, concepire la questione del socialismo quale liberazione “separata” di questa o quella “nazione” (o di questo o quello... stato): il socialismo sarà, o non sarà, in quanto fatto umano mondiale, senza di che ogni e qualsiasi conato “anticapitalista” ed “anti–imperialista” è destinato a riprodurre nel “proprio” ambito le leggi generali del capitalismo cui esso necessariamente soggiace, sia pure mettendo (provvisoriamente) a segno dei margini di “contrattazione” ed anche e persino (sempre in via provvisoria) delle ricadute welfariste a favore del “popolo”.
Questo il succo che nella
conferenza qui riprodotta veniva trasmesso, senza alcuna pretesa di
“completezza”. Questa verrà dopo, una volta tenutisi fermi sugli assi
essenziali, di dottrina e di scontro reale. Si tratta, per l’appunto, di una
prima
“volgarizzazione” del tema in oggetto, sulla
quale, chi ci legge, non avrà difficoltà a trovare gli “sviluppi” (necessari)
ulteriori, ma a patto di aver afferrato decisamente il nodo delle questioni in
oggetto. E tanto basterà a segnare l’abisso
che separa la nostra concezione
marxista del socialismo e del suo passaggio ad esso sulla base dell’attuale
antagonismo di classe da tutte le correnti concezioni
liberal–democratiche
“estreme”,
magari sotto vesti presentate come “comuniste”.
gennaio 2008