nucleo comunista internazionalista
materiali teorici



"meme" Amadeo 

MUSICA PER LE NOSTRE ORECCHIE

Diamo qui conto di due documenti che affrontano le questioni che i movimenti di piazza italiani contro la feroce offensiva del Moloch (offensiva che è in corso a scala internazionale su tutti i teatri della guerra di classe) sollevano per l’intervento dei rivoluzionari. (A proposito del Moloch, vedi nota)

Il primo sono “gli appunti” fatti dai compagni de Il Rovescio a cui facendo un click rimandiamo.

Il secondo è “uno sfogo”, un lucidissimo e puntualissimo “sfogo”, del compagno Bob inteso a rispondere allo… “scetticismo” per non dir di peggio con cui la stragrande maggioranza del cosiddetto “movimento antagonista di classe” valuta il movimento sociale che, sabato dopo sabato, scende in piazza per contrastare la spietata e terrificante manovra annunciata in Italia da Draghi il 22 luglio.

Il Nucleo Comunista Internazionalista sottoscrive parola per parola le considerazioni svolte da entrambi.

In particolare ci teniamo a sottolineare che lo scritto del compagno Bob corrisponde in pieno allo spirito e al senso concreto dell’intervento comunista rivoluzionario nei movimenti reali per come si danno nella società, secondo quanto il compagno Paolo Turco ha sempre cercato di trasmetterci. Pubblichiamo in calce proprio alcuni passaggi di un “antico” testo di Paolo che, almeno a noi sembra, sono particolarmente attuali e concreti per l’azione dei comunisti.



Sulla mobilitazione contro il lasciapassare primi appunti

https://ilrovescio.info/2021/08/01/sulla-mobilitazione-contro-il-lasciapassare-primi-appunti/


10 – 100 – 1000 di questi… “sfoghi”

... Ma veniamo ad alcuni degli argomenti capziosi usati da tanti attivisti della sinistra estrema (per disertare la lotta politica e pratica nelle piazze, ndr)


1. “Si tratta di un settore piccolo borghese che si mette in movimento”:

A parte il fatto che io non me la sentirei, per quel poco che ho visto fino ad ora, di dire che si tratta solo di piccola borghesia. Ma, quand’anche fosse così mi verrebbe da rispondere: embé? Quale sarebbe lo scandalo, quale sarebbe la ragione per cui li dovremmo guardare con la puzza sotto il naso. Non avevamo sempre detto che l’estensione del dominio reale del capitale avrebbe portato ad una generalizzazione ed estensione dell’oppressione sulla stragrande maggioranza della società? Non ci avevano parlato, soprattutto i teorici della biopolitica, di un controllo fin dentro i nostri corpi finalizzato alla riproduzione dei meccanismi di accumulazione?

Allora perché si pretende di fare l’analisi preventiva del sangue di chi scende in piazza per capire se possiamo stare dalla loro parte e provare a dare il nostro contributo per far maturare un odio irrecuperabile contro le istituzioni borghesi, perché dovremmo rinunciare batterci, come parte interna e non come grilli parlanti ai bordi del movimento oppure, come fa la maggioranza della ex estrema sinistra, vederli come dei nemici potenziali e reali…

Il povero Lenin spesso citato a sproposito secondo le convenienze, aveva scritto nel che fare, e non solo, che ciò che distingue i comunisti dagli operaisti, o come si diceva all’epoca dagli economicisti e laburisti, è il fatto che essi sono in prima fila a denunciare e combattere contro ogni tipo di oppressione che colpisce qualsiasi settore sociale da parte del potere, (quest’attitudine, sia detto per le anguille, non dipendeva dal fatto che quei comunisti operavano nell’ambito di una società dove dominava l’autocrazia, ma bensì alle conseguenze del dominio capitalistico sotto tutti i cieli e valida fino alla sua soppressione (anzi veramente oggi è ancora più attuale e necessaria). Quindi di cosa stiamo parlando?


2. “Questi settori si mettono in movimento ma non fanno una vera critica al capitalismo”

Mentre è risaputo e acclarato da una storia oramai plurisecolare che quando i proletari si mettono in moto per difendere i loro interessi immediati lo fanno preventivamente armati di una coscienza diffusa, di un anticapitalismo radicato che li rende già antagonisti a questo sistema. Quello che io ho imparato dalla storia del movimento operaio e dall’esperienza personale è che i proletari in genere si mettono in moto per diminuire il peso dello sfruttamento, per richiedere una parte maggiore di quella ricchezza sociale che essi contribuiscono a produrre (come viene percepito sotto il dominio dell’ideologia borghese anche da parte proletaria e non come è nelle nostre analisi e nei nostri proclami). Insomma per migliorare le proprie condizioni di vita e di lavoro all’interno di questo consesso sociale di cui si sentono comunque parte. Quindi ancora una volta perché dovremmo pretendere che questi settori sociali, per altro completamente disabituati a scendere in piazza per difendere i loro interessi, ancor più dei lavoratori, dovrebbero scendere in campo con una chiara critica del capitalismo, e persino delle prospettive programmatiche di dove vogliono andare? Misteri della fede 2.


3. “Chi scende in piazza in quanto ceto medio denota un incredibile vulnus di individualismo piccolo borghese perché si appella alla libertà di circolazione”

A questo proposito si potrebbe obiettare che forse si farebbe meglio ad ascoltare gli umori e le vere rivendicazioni della piazza prima di sputare sentenze intrise di disprezzo. Io ho ascoltato una denuncia di questi vaccini, non in generale contro tutti i vaccini, anche perché si ha la consapevolezza che questi ultimi non sono tali, ma farmaci che vengono sperimentati sulla generalità della specie umana di cui non si conoscono gli effetti collaterali di lungo periodo, mentre si conoscono bene, per verifica diretta ed indiretta, gli effetti collaterali immediati che arrivano, oltre che a pericolose patologie, anche alla morte.

Di fronte alla percezione (fondata o no? pronunciarsi su questo e non fare le anguille) dei pericoli per la propria vita e quella dei propri cari si scende in campo perché non si vuole delegare a nessuno la scelta di sottoporsi a questa vera e propria lotteria o, peggio ancore subirlo come obbligo. Come lo dovevano fare queste persone? Invocare prima la difesa collettiva della specie umana e solo in seguito scendere con i loro corpi in piazza a dire io non ci sto? È individualismo questo? Certo, ma in compenso è puro idealismo quello che crede possibile che la presa di consapevolezza della propria condizione di individuo, di classe e a questo punto persino di specie sia preventiva ad una scesa in campo e non sia, potenzialmente, il punto di arrivo acquisito nel corso dell’esperienza maturata con il proprio protagonismo nella lotta, dalla verifica della vera natura delle istituzioni che sono abituati a guardare come qualcosa che ci rappresenta tutti e non solo le classi dominanti.

Ripeto: forse che i proletari scendono in campo in genere con una consapevolezza diversa? O forse dobbiamo rispolverare gli insegnamenti della sinistra comunista che dovrebbero essere il nostro ABC contro la prospettiva culturalista, ordinovista e lavorista di un secolo fa? Cosa c’è di male , di limitativo e/o di corporativo ed individualistico ad opporsi a dei provvedimenti liberticidi che pretendono di stabilire (per il nostro bene si intende…) dei limiti alla possibilità di muoversi, di frequentare e di socializzare con chi vogliamo. Si potrebbe obiettare che quotidianamente siamo condizionati dalla cultura dominante, dai media mainstream nel nostro agire quotidiano, il che è vero, ma vorrà pur dire qualcosa se questi decidono che da ora in poi lo si farà attraverso strumenti normativi con inevitabile contorno di strumenti repressivi. Forse è nel corso della lotta che, guarda caso è per definizione collettiva altrimenti non è tale, che si può imparare che ci si può opporre solo collettivamente, come comunità e non come individui. (…)


4. In ultimo (…) si sfugge sempre al problema principale. Siamo al terzo giro di dichiarazione dello stato di emergenza, cresce un clima di repressione sempre più diffuso, siamo bombardati quotidianamente dalla necessità di vaccinarsi e dall’utilizzo del green pass come strumento di costrizione al vaccino, chi non si accoda a questa nuova union sacrèe viene presentato come un untore e nemico della comunità nazionale. Questo elemento dovrebbe bastare da solo a far insorgere chi si sente comunista e scendere in campo contro questa odiosa campagna foriera di ben più gravi provvedimenti contro chi dissente contro la difesa degli interessi del capitale. Ma la stragrande maggioranza continua a menare il can per l’aia.

Un ultima notazione per noi sugli argomenti da approfondire nel prossimo futuro. Forse sarebbe il caso di riprendere le riflessioni di Marx sullo stato borghese, contenute soprattutto nei suoi scritti politici per cercare di definire meglio il ruolo degli apparati statali e del potere politico. Questi in più di un’occasione vengono giustamente definiti come strumenti per la difesa degli interessi delle classi dominanti, ma in diversi passaggi si accenna (soprattutto nei passaggi di crisi sistemica delle società) come essi finiscano per diventare dei corpi separati che vivono e si riproducono alle spalle dell’intera società. Da qualche parte egli paragona (negli scritti sulla Comune 1871, cfr. La guerra civile in Francia, ndr) il crescere mostruoso di tali apparati e del loro potere (sempre esercitato in nome e per conto del capitale) alle spire di un boa costrictor che avvolge e stritola l’intera società. Se c’è qualche cosa che ci sfugge effettivamente nella dinamica di questa crisi provocata dalla pandemia va indagata a mio avviso soprattutto su questo versante. Ovviamente dobbiamo sapere che il marxista purista ed “ortodosso” ci spiegherebbe che stiamo prendendo una “deriva anarchicheggiante” perché ci concentriamo sul potere invece che sulla struttura che lo sottende…. Ma vista l’aria che tira questa sarebbe ancora una critica benevola.

Non è tutto ovviamente sono solo spraz zi di argomentazione che mi vengono in mente di getto leggendo tutte le castronerie che mi capita di vedere in giro…

Prendetele soprattutto come uno sfogo.

Lezioni antiche che la nostra memoria non dimentica:

Paolo Turco: “Verso la rivoluzione di domani”, 1987 (documento interno OCI, pubblicato per intero nel nostro opuscoletto per i 100 anni da Livorno ‘21):

… In realtà, il nostro ciclo storico sarà contrassegnato da esplosioni, come spiegato ad inizio, rispetto alle quali resteranno inevitabilmente indietro quanti si saranno dati a costruirsi il partito “in proprio” sdegnando i preliminari di queste esplosioni. Né vale sperare che ci entreremo direttamente dentro quando esse si daranno loro sponte. Non vale perché la spontaneità anche massima va studiata, accompagnata e “guidata” ab intus a cominciare dalle fasi di stanca ed a quelle di riflusso successive alle esplosioni (che non saranno mai unica, definitiva Esplosione); perché va ricostruita una linea continua nella massa e per la massa (non, ovviamente, sul piano della stabilità e crescita rettilinea di “strutture organizzate”). Questo metodo serve a noi prima che alla massa stessa: se non impariamo, come diceva Lenin, a fonderci con la massa (e qui parla l’autore di “Che Fare?”!), non saremo mai capaci di produrre programmi ed organizzazione. Rottura del movimento operaio? No, rottura nel movimento operaio e sua ricomposizione al livello più alto. Con le quasi inesistenti risorse umane di cui oggi disponiamo? Sì, anche a partire dai quattro gatti perché un’attività bene impostata anche dai quattro gatti tanto verso l’“avanguardia” che verso la massa si salderà, sarà saldata dai fatti ad “eventi sorprendenti”. Non ci è ignoto il caso di anche un solo compagno chiamato a guidare ed illuminare la lotta di masse, “all’improvviso” e “senza che nulla lo facesse prima presagire”. Noi ci prepariamo a questi eventi necessari, stando bene attenti, anche quando saremo issati sul palco dalle masse, a distinguere (per legare) i due piani diversi, partito e massa.

18) Tutto quanto scritto qui sopra non si riferisce, come s’è detto, al solo aspetto “sindacale”. Anzi: il fattore scatenante di una ripresa che resta più che mai, in ultima analisi, proletaria può benissimo verificarsi altrove. Non è una novità, del resto: vedi quel che dice Lenin di determinate “crisi politiche nelle istituzioni” (citando il caso Dreyfuss) rispetto alla mobilitazione rivoluzionaria delle masse (spontanea ed organizzata, dall’interno e dall’esterno). Questo punto diventa oggi di ancor maggiore evidenza. Perché? Perché se da un lato la situazione economica del proletariato è estremamente debole, essa sta in diretto rapporto con tutti i problemi della società; perché più che mai tutto quello che matura nella società (nucleare, guerra ad es.) affonda le sue radici nel rapporto lavoro salariato-capitale; perché la somma di questi problemi che sempre più riguardano “l’insieme della società umana” trova le sue radici, e quindi la legittimazione della guida alla loro soluzione da parte del proletariato, nel rapporto di cui sopra. Non è un mistero né un accidente sconveniente che la bandiera di certi problemi sia presa all’immediato da parte di altri settori della società, in particolare dalla piccola-borghesia, in quanto anch’essi direttamente toccati “in quanto esseri umani” da questi problemi. Ma l’essenziale è che anche prima che il proletariato vi intervenga come forza attiva essi sono, per loro natura, suscettibili di essere rapportati alla loro fonte prima, nel movimento e, con azione di rimando, verso il proletariato stesso. Ed è il “piccolo” lavoro specifico cui noi ci dedichiamo, ben lontani dal pensare a “scegliere” due o tre temi “popolari” di separazione dal riformismo. (…)

19) La situazione attuale è caratterizzata da un’apparente (o reale, all’immediato) separatezza tra le “singole” questioni. C’è chi si occupa del verde, chi del nucleare, chi della guerra, chi dei rapporti tra le pareti domestiche, chi delle puttane ottimiste e sinistre, dei gays etc. etc.

Avendo annegato il proletariato nel popolo non si è potuto fare però a meno di resuscitare le questioni che coinvolgono il proletariato in quanto forza storica antagonista attraverso il popolo, “gli uomini”. Il riformismo si assume (“inconseguentemente” ed in quanto frammenti separati) tutte queste questioni, e si fa teorizzatore anzi della loro soluzione “specifica”. Solo che lo specifico tende naturalmente al generale, la fronda richiama alla radice. Nel dossier sul PCI mi pare sottolineassimo come indicativo il fatto della “specializzazione” della FGCI “per temi” (una, dieci, cento FGCI, a seconda che si parli di verde, nucleare, gays...). Questo, però, è il preludio della necessaria ricomposizione, reazionaria o rivoluzionaria, dei problemi in un tutt’uno inscindibile. Sopra tutti i problemi quello della guerra, compendio esemplare di essi.

Dunque: noi stiamo sempre e soltanto nel movimento del proletariato, ma ciò non significa che ci limitiamo all’immediatismo operaistico (all’aziendalismo). Noi stiamo col proletariato anche e proprio quando affrontiamo spinte e movimenti all’immediato capitalizzati da altri strati e classi. Non siamo di quelli che dicono: ci astraiamo da questi movimenti o saremo disposti a starci solo quando saranno “egemonizzati” dal proletariato, perché l’egemonia proletaria non è un prius, ma una conseguenza di questo movimento reale.


Nota

Ci è stato chiesto che diavolo sia questa “figura” del Moloch che ricorre in molti nostri interventi. Questa tremenda e disumana “entità” o per meglio dire: questa tremenda e disumana Forza materiale non è frutto della nostra fantasia, per quanto fervida o (a giudizio di qualcuno) bacata. Essa è in Marx, e non è altro che la Forza impersonale che domina la società. Alla quale tutti, padroni e servi, debbono corrispondere in quanto “ingranaggi umani” della società di classe, della società borghese.

Ad esempio, nel libro III del Capitale (cap. XXIV°) Marx scrive: “… Nella sua qualità di capitale produttivo di interesse, appartiene al capitale tutta la ricchezza che può in genere essere prodotta, e tutto ciò che esso ha ricevuto sinora è soltanto un acconto sulla sua voracità ‘all engrossing’. In base alle sue leggi intrinseche gli appartiene tutto il plusvalore che il genere umano potrà ancora produrre. Moloch.”

Per dire del carattere impersonale del dominio capitalistico, Marx ancora per esempio scrive: “Abbiamo visto che un aumento dell’accumulazione comporta una maggiore concentrazione di capitale. Così s’accresce il potere del capitale, si rimarca ancora più la personificazione nel capitalista delle condizioni sociali di produzione nei riguardi del vero e proprio produttore. Il capitale appare vieppiù come una potenza sociale, di cui il capitalista è il funzionario, che non conserva più alcun rapporto proporzionale con quanto è in grado di produrre un singolo individuo, ma come una potenza sociale estranea, indipendente, che si contrappone alla società come entità materiale e come potere esercitato dai capitalisti tramite questa entità materiale.” (Il Capitale, libro III, cap. XV°)amadeo

Bordiga batte e ribatte il chiodo, perché entri nella testa dei militanti rivoluzionari: “’Il capitalista’ è nominato cento volte da Marx. D’altra parte la parola ‘capitale’ viene da caput che significa testa, e quindi tradizionalmente è capitale ogni ricchezza legata, intestata, ad una singola persona titolare. Eppure resta vera la tesi che l’analisi marxista del capitalismo non ha come elemento necessario la persona del padrone di azienda. (…) Vi regaliamo la citazione promessa (tratta da don Carlo, come Amadeo chiama Marx): ‘Il capitalista, col trasformare il denaro in merci che servono come elementi materiali di un nuovo prodotti, coll’incorporare poi la forza del lavoro vivente, trasforma il valore del lavoro passato, morto, diventato cosa, in capitale, in valore gravido di valore, mostro animato che si pone ‘a lavorare’ come se avesse il diavolo in corpo’. Il capitale va preso per queste corna”. (Sul filo del tempo n. 81: “Dottrina del diavolo in corpo” da Battaglia Comunista n. 21 novembre 1951)

Tutte queste chiacchere (per rispondere a quanto richiestoci) sono del tutto fuori dal tema in oggetto trattato dai due lodevolissimi documenti presentati, direte voi. Un momento, un momento…

Quale è infatti, almeno per noi comunisti, la potenza disumana che detta le azioni al personale di servizio governativo, ai poteri che gli stanno dietro più o meno nell’ombra anch’essi funzionari di quella potenza disumana che arriva oggi a colpire così in profondità l’essere umano, se non il Moloch, Sua Maestà-Das Kapital? Le spaventose sperimentazioni praticate sulla pelle delle masse (crudelmente ora persino nel Libero Occidente) per noi confermano concretamente l’assunto marxista di sempre cioè che il grande nemico del Capitale è l’Uomo, l’essere umano.

E come spiegare le scaturigini profonde dell’operazione terroristica in corso a scala mondiale e la sua sadica determinazione a colpire perfino i bambini se non nel fatto materiale che esso Moloch, esso Potenza Disumana è lacerato a morte nella sua essenza, nella sua ragione di vita vale a dire si contorce in una situazione di impotenza oggettiva del meccanismo capitalistico a generare un adeguato livello di valore in più, di plusvalore (che scaturisce solo dal lavoro vivo e non dalle macchine, non dai robot) necessario per la sua sopravvivenza. E che quindi deve ad ogni costo intraprendere una folle “riorganizzazione del mondo” che sconvolge, ormai si può dire giorno dopo giorno, ogni struttura della società ed ogni aspetto della vita.

Non importa un fico secco che di queste cose vi sia “coscienza” fra le masse vittime e bersaglio della spietata “riorganizzazione capitalistica” del mondo. La cosa importante e decisiva è che –  sia come sia  – esse lottino e che il massimo di opposizione fisica sia applicato nella lotta di contrasto alla selvaggia determinazione del Moloch. Quindi, torniamo sempre lì: No obbligo vax! No green-pass!

Ma, alla domanda postaci circa il Moloch rispondiamo per finire con le parole ancora di Bordiga il quale descrive precisamente la terrificante “entità” che noi riconosciamo muovere le sue incarnazioni umane (i Draghi, i Macron, gli “uomini” dell’Inclusive Capitalism ecc.). Egli, commentando alcuni passaggi ad altissima tensione dei Grundrisse di Marx, così la descrive:

«Chi si appropria il capitale prodotto dal lavoro vivente (plusvalore) non viene presentato (da Marx, ndr) come una persona umana né come classe umana: è il Mostro, il Lavoro oggettivato, il Capitale fisso, monopolio e fortilizio della Forma Capitale in se stessa, Bestia senza anima e perfino senza vita, ma che divora ed uccide il lavoro vivo, il lavoro dei vivi ed i vivi». ( “Traiettoria e catastrofe della forma capitalistica”, 1957).

Solo la Rivoluzione proletaria, la Rivoluzione dell’umanità proletarizzata può spaccare e tagliare la testa a questo Mostro. E gliela taglierà! No, non vi sarà alcuna “Norimberga” alla fine del presente orrore per la lunghissima fila dei suoi funzionari e dei suoi lacchè.

5 agosto 2021