petizione per una
diversa
religione, un diverso tipo di associazione collettiva. Ma, al di là delle
rappresentazioni ideologiche, quale ne sarà il contenuto materiale? Qui sta il punto, qui s’incardina
la nostra azione per far sì che le spinte profonde rompano il muro immobilizzante delle vecchie e
sempre risorgenti ubbie di “falsa coscienza”. Corollario: la rivoluzione si farà con questo dato
materiale umano, e la liberazione dalla religione verrà dopo, e persino molto dopo, la rivoluzione (e
non dalla previa conversione delle masse al, mal definito, “ateismo” marxista, che, però, resta
d’obbligo per i marxisti come base della propria azione).
In aggiunta, e di conseguenza: non s’intenda mai che la religione “di per sé” costituisca un
freno ad un certo tipo di rivoluzione (salvo quella comunista). Autentiche rivoluzioni si sono
storicamente date sub specie religiosa, come si può desumere a piene mani dalla letteratura
marxista. C’è un nesso preciso tra sconvolgimenti “religiosi” sul piano sovrastrutturale e
sconvolgimenti nella base. Dico questo sino al passaggio alla rivoluzione socialista che se ne libera
(a livello di coscienza ed azione di partito, di classe; non a quello delle masse). Oltre al
cristianesimo, si pensi all’Islam. L’errore sarebbe nel dire oggi che l’Islam, ad es., è il motore di una
rivoluzione, o quantomeno dell’anti-imperialismo, come mi sembra di aver anche sentito tra noi.
Dovremmo piuttosto parlare di un dato Islam, storicamente determinato, in cui si riassume a livello
ideologico un’istanza materiale che, insieme, si raccoglie attorno ad una specifica re-interpretazione
dell’Islam “in generale” e vi inietta i semi di una serie di contrasti di classe, per quanto duri a
definirsi, che mirano ad una sua ridefinizione storica, materiale che va nel senso del suo
scioglimento rivoluzionario autentico.
Poste queste premesse, vengo al tema più a noi immediatamente vicino, quello del
cristianesimo, e in particolare del cattolicesimo.
Ciò che noi abbiamo sotto gli occhi è la presenza di una massa di giovani che in qualche
modo troviamo accanto a noi e persino, sotto certi aspetti, con noi in determinate battaglie. E’ un
mondo che noi, come collettivo organizzato, non conosciamo affatto. Non sappiamo nulla o quasi
della loro vita associativa, della letteratura cui si riferiscono, delle loro idee ed aspettative. C’è,
anche tra noi, un senso abbastanza pronunciato del fatto che dobbiamo fare i conti col “problema
cattolico”, ma, quasi sempre, il tema è bellamente rimandato alle “lotte concrete” che dovrebbero
dirimere tutte le questioni per noi ostiche o a qualche sortita “tattica” (come parlare ai cattolici per...
scattolicizzarli). Portarli su un “altro” terreno o “mediare” con essi in rapporto al “concreto”. La
cosa è assai più complicata. Per portarli sul nostro terreno, stando ben fermi sulle nostre gambe,
occorre una ricognizione attentissima del terreno “ideologico” loro, con tutte le contraddizioni che
in esso si determinano (sì, per ora, anche senza di noi come fattore agente, se crediamo un tantino
all’oggettivismo).
Non è un mistero che i cattolici vivono una loro vita associativa, comunitaria, che, guarda a
caso, il movimento operaio tradizionale ha smarrito (ragione principe per cui non può darsi,
all’immediato, un’alternativa comunitaria catalizzatrice in carne ed ossa). Questa vita associativa
non è, oggi, la stessa di sempre, o solo di un secolo fa. Per quanto lasciata ad essi pressoché in
esclusiva
, col ritiro in buon ordine del partito di classe onnilaterale, centro magnetico, questa
nondimeno risente del cambiamento sociale e politico, delle contraddizioni che si agitano nel
profondo della società. Già la Rerum Novarum era una risposta (reazionaria) al socialismo ed una
presa in carico di problemi sociali nuovi e non eludibili tali da doversene fare carico a suo modo.
Questa tendenza è oggi molto più accentuata e pone le premesse di uno sconvolgimento all’interno
della Chiesa e della società cui dobbiamo molto attentamente guardare. Azzardo un’ipotesi (credo
ben fondata): nella società presente, in cui esponenzialmente, né la borghesia né il
proletariato
possono vivere come prima, neppure la Chiesa storicamente determinata può farlo; la tendenza di
fondo va nel senso di una rottura, una neo-Riforma (non più pro-borghese, come al tempo del
protestantesimo, ma rispetto all’insostenibilità del sistema borghese attuale) tra anima
conservatrice-reazionaria ed anima “rinnovatrice” di un “altro mondo possibile” (da disinchiodare
dal punto di partenza per quel che ci riguarda). Segnali di questa tendenza si avvertono già nel ’68
cattolico
–
di cui nessuno tra noi sa quasi nulla, ma, guarda caso, intimamente legato a quello