appoggio critico a LO e, per via indiretta, alla “gauche” (PCF in prima linea), questo poteva essere
un primo passo, e noi l’abbiamo valutato come tale, ma avvertendo che nulla valeva fare il passo se
si imboccava un’altra strada sbagliata. Cosa giustificava il fronte anti-elettorale? La “coscienza”
dell’im-praticabilità della tattica elettorale indiretta di appoggio a forze come LO, la “coscienza”
della necessità per la rivoluzione di passare sul cadavere del parlamentarismo, la “coscienza”
dell’intrinseca opposizione tra lotte operaie anticapitaliste e quadro elettorale borghese, l’idea di
poter costruire a partire da ciò un’anticamera dell’unificazione dei rivoluzionari “coscienti” da
provvedere al proletariato orfano etc. etc. Non mancammo di rilevare subito l’incongruenza di una
posizione del genere e di farla presente ai compagni. Né il blocco anti-elettorale sarebbe stato in
grado di coagulare delle forze rilevabili attorno ad un progetto politico (inesistente o confuso e
disperso in mille rivoli divergenti tra loro) né avrebbe dato luogo ad una unificazione di forze
“cementate” dal “comune” terreno anti-elettoralesco.
Com’era largamente prevedibile, il dopo-elezioni portò allo spappolamento di un’unità
fittizia. Si veda la discussione UTCL-CC in “Contre le Courant” n° 3.
UTCL: questa era “un’azione puntuale”, che “s’integrava per noi in una lotta più generale
per l’unità alla base dei lavoratori rivoluzionari. E’ per questa ragione che abbiamo indirizzato
simbolicamente (!) il nostro appello a tutte le componenti di estrema-sinistra…”. Tutto sbagliato,
dalla A alla Z. Si confonde l’unità alla base dei lavoratori (sul terreno anti-elettorale?) con “tutte le
componenti dell’estrema-sinistra”, il movimento sociale con l’organizzazione politica; la questione
dell’astensionismo sfugge ad ogni connotazione politica distinta per diventare un’“azione
puntuale” di una “lotta più generale” non per un programma ed un’organizzazione , ma per...
l’unità. Dall’unità parziale all’unità generale: la filosofia è sempre quella.
CC: era miope pensare ad un’incidenza dell’azione a questa scala; “noi potevamo al
massimo tentar di tracciare delle linee di riferimento contro corrente, in una situazione sfavorevole
di rinculo delle lotte, per innalzare una bandiera attorno alla quale un pugno di lavoratori combattivi
potesse raggrupparsi”. Attorno alla bandiera del non-voto come “azione puntuale” o attorno ad un
programma comprendente il non-voto come sua conseguenza? Difficile la seconda via partendo da
un utilizzo dell’“azione” per sostituire il programma o coprirne di divergenti sotto un’unica pentola.
Après coup CC denunciava la natura anti-marxista dell’UTLC, arrivando ad una
caratterizzazione di essa d’estrema importanza: ad onta di tanto astensionismo “l’UTLC nutre
profonde illusioni sulla democrazia borghese ed è parte attiva di tutta una serie di pseudo-battaglie
condotte dall’estrema-sinistra per chiedere allo Stato borghese di democratizzarsi”. Esattissimo: il
cretinismo anti parlamentare e la mentalità riformista borghese possono benissimo convivere.
Una sola domanda: come si poteva, a partire da ciò, pensare ad “una politica di unità
sistematica dei lavoratori (!) dell’estrema-sinistra combattivi (passando o no per le organizzazioni?,
n.n.) di fronte alla burocrazia padronale ed al sindacato”?
L’esperienza fatta è valsa a qualcosa, noi crediamo, anche perché c’è stato chi ha fatto in
anticipo una critica dei presupposti da cui muoveva una tale ipotesi. Se un risultato politico ed
organizzativo insieme si è conseguito è perché si è combattuta un’impostazione “unitaria” sbagliata;
paradosso dialettico: gli anti-unitari par nostro hanno contribuito, contro le unità fittizie, a
promuovere un’unità reale, teorico-programmatico-politica.
5) Il parlamentarismo così come antiparlamentarismo non sono categorie astratte, ma (per i
marxisti) scelte tattiche che derivano, leninisticamente, dalla considerazione complessiva del
movimento sociale e politico, dei rapporti di forze tra le classi, dei mutamenti anche “umorali”,
psicologici, all’interno delle classi, dei rapporti tra 1’avanguardia rivoluzionaria e le altre forze
“operaie” etc. etc. Bordiga protestò al II° Congresso che non si trattava di fare dell’astensionismo di
principio, ma di operare la giusta scelta tattica corrispondente alla situazione dell’Occidente
secondo la stessa linea prospettica di Lenin. Coerentemente non accettò di far blocco con altri
astensionisti, neppure in funzione “tattica” di far pesare di più la sua posizione all’interno dell’IC.
“La storia non perdona un solo errore teorico” (Trotzkij), e questo blocco sarebbe stato un errore
teorico ad immediate conseguenze politiche. Ci voleva il cervello ed il fegataccio di un marxista per