Pubblichiamo il volantino fatto e distribuito alla manifestazione di Udine da un giovane compagno, nostro amico e lettore. Dopo ben 8 anni di “silenzio”, gli studenti, in 1.500, hanno attraversato in corteo la città esprimendo con ciò un senso di grande gioia e “liberazione” collettiva per aver spezzato, almeno per un momento, la situazione di apatia e passività nella quale si trovano (trovavano?) da lunghissimo tempo piombati. (Vedi qui al riguardo la ns precedente “corrispondenza”)
Le nuove disposizioni scolastiche e i tagli all’istruzione stabiliti dal governo contro cui si è manifestato sono state il pretesto che una parte della gioventù studentesca ha colto al volo per esprimere, con la fisica scesa in piazza, la coscienza di essere stati tenuti e “allevati” dentro ad una cappa o recinto e la necessità, il bisogno vitale, di uscire da questa situazione avvilente e umiliante. “Riconquistando” la piazza questa parte studentesca ha voluto dire ed ha esplicitamente detto, come per uno sfogo liberatorio: “ci è pesata e ci pesa la condizione di soggetti passivi nella quale siamo cresciuti e viviamo tuttora ma non vogliamo essere e non siamo un gregge di pecore”.
A partire da questa presa di coscienza, tutto evidentemente resta “da conquistare”. I giovani scesi in piazza hanno detto, quasi urlato con rabbia: “vogliamo e dobbiamo dire la nostra su tutto, su tutti i temi che riguardano la nostra vita nella scuola e fuori”. Bene, benissimo! Per dire, su tutti i temi della vita sociale e non solo scolastica, che cosa? per tracciare quale futuro alla partecipazione attiva alla vita sociale? per prendere quale parte dentro all’antagonismo ed alla lotta di classe che si svolge dentro la società? Questo è un quaderno bianco tutto da scrivere davanti alle giovani generazioni ed alla loro ritrovata e sacrosanta “tensione partecipativa”. Il volantino diffuso dal “nucleo studentesco” ha inteso da subito, cioè fin dal primo passo di ripresa, indicare con semplicità una prima risposta di ordine generale a queste domande che stanno davanti al rinnovato “bisogno di partecipazione” espresso dagli studenti, tracciando in modo chiaro e preciso il nostro indirizzo di classe.
Di grande interesse (di carattere generale e non solo parziale e locale, a nostro avviso) è vedere come si è arrivati al passo del 22 febbraio, come “improvvisamente” si è arrivati a spezzare la lastra di ghiaccio in cui sono stati ibernati gli studenti italiani. L’impulso è partito dall’iniziativa di un gruppo studentesco torinese (legato al Fronte della Gioventù Comunista, organismo giovanile del PC di Marco Rizzo) che ha chiamato alla mobilitazione contro le misure governative imposte agli studenti. La scintilla partita dal gruppo di Torino ha attizzato il fuoco di una vasta prateria estesa fra gli studenti di tutta Italia. Il panorama, ad una visione immediata e superficiale, appariva secco e sterile ed ogni iniziativa sembrava dover cadere nel vuoto, senza reale eco e seguito di massa. Questa volta invece le scintille, scaturite da qualche parte, hanno preso “improvvisamente” ad attizzare (ci viene il paragone con l’”improvviso” ed imprevisto incendio dei gilet francesi). Non possiamo assolutamente dire se il 22 febbraio degli studenti italiani sia soltanto una fiammata oppure l’inizio di un vero e proprio incendio. Resta il dato di fatto, della scintilla e della prateria secca e sterile che prende – improvvisamente – a bruciare diventando così potenziale terreno fertile e vitale, trascinando cioè una massa sociale prima inerte dentro l’agone della lotta sociale e politica.
Vediamo la cosa dallo spicchio di provincia italiana che abbiamo potuto seguire. Primo carattere: il movimento si è costruito in maniera assolutamente spontanea. A differenza di quanto avveniva nelle passate e lontane “mobilitazioni”, i giovani si sono costruiti e organizzati la scadenza del 22 senza avere “le spalle coperte” da alcuna parrocchia di partito o sindacato. Un iniziale e maldestro tentativo di “ingerenza” da parte del Blocco studentesco è stato rigettato dagli organizzatori (il Blocco studentesco è l’organizzazione studentesca di Casapound ed è l’unica forza politica presente in città ad intervenire con una certa frequenza nelle scuole. Costoro, che vantano strepitosi successi nelle elezioni scolastiche, non si sono fatti letteralmente vedere in piazza il 22. Il che, ovviamente, non significa che siano spariti e soprattutto che le loro tematiche “riformiste” e di conservazione borghese di cui sono portatori siano, magicamente, evaporate. Ovviamente e purtroppo non è così!). Secondo carattere: volere tenersi fuori da qualsiasi “ingerenza politica” nell’intento di garantire la massima unità al movimento e di respingere l’intrusione “degli adulti” nello stesso, nel momento in cui, finalmente e dopo lunghissimo tempo, ci si riprende la piazza e “il diritto di parola”.
Sappiamo che questo atteggiamento racchiude un sentimento positivo ed al tempo stesso uno negativo. E’ positivo in quanto esprime la istintiva e spontanea ripulsa verso la “politica tradizionale” o meglio verso le forme tradizionali in cui si presenta (i partiti e le organizzazioni politiche “ufficiali”). E’ negativo in quanto la spontaneità di massa respinge (giustamente) le forme credendo ingenuamente con ciò di respingere il contenuto o, per dire più precisamente, illudendosi di potere non fare i conti col contenuto necessariamente politico della protesta e del rinnovato bisogno di protagonismo più in generale. Il quale contenuto necessariamente può prendere due strade: quella della “riforma” e della conservazione borghese (dei molteplici tipi di “riforma”. Per esempio, nello specifico caso friulano quella di una lotta, di un rinnovata partecipazione attiva sociale volta a una “regionalizzazione del sistema scolastico”, come suggeriscono dall’esterno del movimento i “cattivi maestri” autonomisti locali. E si tratta spesso di ex sessantottini, “gloriosi compagni” come questi personaggi si facevano chiamare ai tempi in cui erano ancora persi fra i fumi “della rivoluzione culturale proletaria”…), oppure quella della rottura col presente stato di cose ed in questo caso entrando in collegamento con il generale piano di lotta da parte proletaria per il sovvertimento delle regole capitalistiche e borghesi.
Emblematico (del bene e del male) è il piccolo episodio verificatosi nel concentramento udinese da cui è partito il corteo. Qualcuno fra gli organizzatori ha tentato di impedire il volantinaggio al compagno del nucleo: “non si fa politica” per non turbare “l’unità del movimento”! (Pronta ed energica la risposta da parte del compagno stesso che ha difeso ed imposto la sua presenza dentro al movimento ed ha diffuso ampiamente ed in tutta tranquillità l’unico volantino presente sulla piazza, prima di prendere la parola nel comizio finale in cui hanno parlato decine di studenti).
Altresì emblematico è che il “mondo ufficiale e istituzionale” ha subito fiutato il vento nuovo che ha preso a spirare fra gli studenti. Tutte le varie parti istituzionali e borghesi si stanno prontamente adeguando, ognuna improvvisamente “scoprendo” il “disagio giovanile” ed ognuna avanzando la propria “soluzione” (di “riforma”) e la propria apertura alle istanze del movimento. Tenuta fuori dalla porta, la “grande politica” entra così inevitabilmente dalle finestre.
Due considerazioni finali. Il “microfono aperto” lasciato agli studenti come conclusione della manifestazione si è rilevato un momento di vera e propria “confessione e liberazione” collettiva nella quale i giovani (ed in particolare le giovani donne) hanno espresso il bisogno, quasi la necessità fisica, di partecipazione attiva alla vita sociale e che la giornata del 22 debba essere solo il primo passo in questa direzione. Chiare ed esplicite denunce della opprimente situazione studentesca e giovanile in generale sono venute a galla nella pubblica piazza, come quando uno studente dell’Istituto tecnico-industriale ha parlato della scuola come “catena di montaggio in cui si insegna a diventare ingranaggi del sistema”. Notevoli lampi di coscienza del tutto spontanea hanno trasmesso il senso dell’insopportabilità dello stato di cose presenti e il senso del bisogno di reazione collettiva per, in qualche modo, uscirne fuori.
Per ultimo: il volantino del nucleo, da tutti letto e meditato e da nessuno gettato per terra. Cosa banale si dirà, ma non da poco tenendo presente che le giovani generazioni sono letteralmente disabituate alla semplice lettura del materiale politico, essendo cresciute nel mondo della “comunicazione digitale” e nella diseducazione politica indotta. In esso si è voluto non per caso mettere le dita nel piatto a proposito di una questione particolarmente sentita fra i giovani: il flagello della diffusione delle droghe.
Dobbiamo rilevare anche nel nostro territorio una recrudescenza del fenomeno (ultimo il caso recente in città di una giovanissima ragazza stroncata da overdose). Una crescente massa (non solo giovanile) è indotta a cercare nelle droghe un illusorio “rifugio” nel contesto di una atomizzazione sociale in cui gli individui devono affrontare le asprezze di una vita sottomessa alle ragioni della vita del Capitale. Come si denuncia nel volantino, il fatto che un potenziale di ribellione sociale sia debilitato nel corpo e nella mente è funzionale alle ragioni del comando di classe sulla società che inoltre, cogliendo due piccioni con una fava, moltiplica il controllo poliziesco sulla società stessa (in diverse occasioni la polizia è entrata nelle scuole, fin dentro le aule per le “operazioni antidroga”). Le forze dell’ordine, dell’ordine dello Stato capitalistico e borghese, pretendono di colpire la diffusione del flagello-droga quando esso può essere tagliato alla radice solo ribaltando l’ordine della presente società di classe, capitalistica e borghese.
E’ alquanto incredibile che questo tema, cioè il tema della lotta contro la diffusione delle droghe CHE EQUIVALE, SE PRESO IN CARICO REALMENTE E FINO IN FONDO, ALLA LOTTA CONTRO LA STRATEGIA DI CONTROLLO E COMANDO MESSA IN ATTO DAL SISTEMA DI POTERE BORGHESE, sia ignorato del tutto o quasi dall’estrema sinistra stessa. Si finge di non vedere, si infila la testa nella sabbia trattenuti forse dal fatto ben conosciuto che molto spesso l’ultimissimo anello della catena vede coinvolta, nella funzione del piccolo spaccio, una umanità di immigrati lasciati marcire ai margini della “società civile” (imbottita di sostanze stupefacenti).
Onore al nostro giovane amico e lettore che ci ha tenuto, nel
piccolo episodio di lotta collettiva di cui è stato
protagonista, a non infilare la testa dentro la sabbia, chiamando i
suoi coetanei scesi in piazza a fare altrettanto.
26 febbraio 2019
Le nuove disposizioni del Sig. Ministro stabiliscono che l’esame di maturità si farà in un certo modo piuttosto che nell’altro precedente.
Con tanto di ridicole buste nr. 1, 2 e 3 che noi dovremmo scegliere, alla maniera degli idioti quiz televisivi. Ancora prima di giudicare se questo nuovo sistema vada bene o vada male, se sia peggio o sia meglio (e noi pensiamo che sia peggio), c’è il metodo usato da chi ci governa che dobbiamo contrastare. Il metodo di chi decide sulle nostre teste, sbattendosene del nostro parere, senza nemmeno avere bisogno di qualche finta consultazione messa in scena giusto per salvare la faccia “democratica” di un sistema in cui noi siamo semplici soggetti passivi. Come un gregge per dirigere il quale non serve nemmeno il cane pastore. A quanto pare al ministero (e al governo) ci considerano appunto alla stregua di un gregge addomesticato e manovrabile a piacere. Davvero valiamo così poco? NO! E questa giornata di lotta deve essere il primo passo per uscire dal recinto “spensierato” in cui ci vogliono tenere.
Domanda che dovremmo porci e che ci poniamo: per caso (per caso eh!) non è che i molteplici strumenti di distrazione di cui “godiamo” (per es. gli strumenti digitali di cui tutti siamo dotati e su cui consumiamo ore della nostra vita, oppure le varie droghe – persino idolatrate dalla musica-merda che ci viene data in pasto – la cui diffusione e consumo fa molto comodo a chi detiene il comando della società) servono appunto a tenerci in stato di passività sociale, servono a rincoglionirci e ridurci allo stato di gregge impotente? Riflettiamoci su. E rispondiamoci.
In particolare, a proposito della micidiale diffusione delle droghe non vogliamo fare discorsi da moralisti (dentro ad una società marcia fradicia!) MA RICORDARE E SAPERE, come esempio emblematico della nostra situazione presente!, che la gioventù nera degli USA negli anni ’70 ha dovuto lottare a morte contro l’eroina e le altre droghe diffuse nei ghetti. Esse erano vere e proprie armi usate dal potere per debilitare il corpo e la mente del proletariato giovanile nero (e non solo nero) sollevatosi in lotta in quegli anni. Non è un storia passata e “di altri”: parla anche della nostra condizione, oggi e qui. Impariamo queste lezioni di storia viva che certo (e non per caso) non si insegna e non c’è nei programmi scolastici.
E’ ora di smettere di essere imboccati, nella scuola e fuori, dalle storie e dalle “verità” ufficiali!
Il sistema scolastico ha lo scopo (e non può averne un altro) di formarci ad essere delle rotelle funzionali al presente stato delle cose. Di formare e di insegnare a come farsi largo e “realizzarsi” dentro la presente (marcia fradicia) società che ha un preciso nome e cognome. Si chiama: società capitalistica. Ed ha delle precise e ferree leggi dalle quali non si scappa: le leggi del mercato, del profitto, del Dio Denaro dentro cui – ci dicono e ci insegnano;– possiamo trovare la nostra (individuale) soddisfazione e “realizzazione”.
Ragazzi, guardiamoci intorno. Guardiamo alla realtà delle cose in Italia e nel mondo intero.
Il presente sistema nel quale dovremmo inserirci e “realizzarci” (sempre individualmente) galleggia sullo sfruttamento del proletariato, sulla oppressione esercitata da alcuni (pochi) paesi “civili e democratici” sopra i paesi e i popoli della periferia del mondo. Un sistema dove le leggi di mercato e la concorrenza universale schiacciano i salariati messi gli uni contro gli altri (oggi in competizione “economica” domani come carne da cannone per la guerra come è stato nel 1914-18 e nel 1939-45). Un sistema dove, persino nelle sue metropoli “ricche ed opulente” come è l’Italia, oggi vediamo grandeggiare la precarietà diffusa e la difficoltà estrema ad arrivare a fine mese per le famiglie proletarie oltre che la miseria vera e propria.
Non è questa la società in cui vogliamo “inserirci” e “realizzarci”. Il futuro non deve essere, e non sarà!, alle dipendenze di Sua Maestà il Capitale! Come dicono con energia e vigore i giovani proletari di Francia: “Viviamo per marciare sulla testa dei Re”!
Nucleo studentesco-Udine