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Il "caso Sabani (& Co.)" oltre la facciata della cronaca

INCITAMENTO E SFRUTTAMENTO
DELLA PROSTITUZIONE?
NON UN REATO, MA LA REGOLA
DELLA SOCIETA’ PRESENTE

Le cronache estive ci hanno deliziato con lo scoop -si fa per dire! – dell’immondezzaio che sta dietro le quinte del mondo dello spettacolo e della politica. Gigi Sabani ed altri "artisti" del calibro di Merola, con la complicità, a quanto pare, di alcuni innominati politici, sono stati indiziati per incitamento e sfruttamento della prostituzione ai danni di giovanissime e ben fornite aspiranti "artiste" e si è subito scatenato un putiferio.

Noi, da marxisti, crediamo di avere molto da dire in merito a questa questione, andando ben al di là dei nudi dati della cronaca e degli opposti schieramenti di colpevolisti ed innocentisti (gli uni più fetidi degli altri).

Il fatto spicciolo richiama una ben altra somma di problemi, e diciamo pure che non è marxista chi si fermi ad esso secondo la logica dell’"attualità" e dello schieramento sull’uno o l’altro fronte di giudizio, entrambi rispondenti ad un’unica corrente ideologica borghese.

La straripante fogna degli innocentisti, da Sgarbi e al "progressista" Costanzo, accorso ad abbracciare e baciare Sabani (un "collega" in tutti i sensi!), porta questo argomento: l’attività sessuale degli individui è un libero fatto privato su cui non è lecita l’intromissione pubblica. Il "celodurismo" di questi bei campioni e le gratificazioni da esso conseguite non si toccano, è proprietà privata. Quelle che ci sono state lo hanno fatto, del pari, per libera scelta (una scelta di vita, ha avuto il coraggio di grufolare il primo dei verri scesi a difesa del branco).

I colpevolisti guardano all’ipotesi di una illecita pressione sulle presunte vittime, quale potrebbe risultare solo da un fatto di violenza diretta su di esse, lasciando intendere che, in caso contrario, resteremmo negli argini della libera consensualità, impunibile ed... impunita. Ci dicono che sul Manifesto si sia sostenuta anche una tesi complementare: quella di una pari responsabilità morale da parte dei divi e delle aspiranti divette. Gli uni la chiedono, le altre la danno: tutto ciò è poco edificante, ma come linea di condotta individuale da espungere, altrettanto individualmente, dai "propri" comportamenti. Teniamo le mutande a posto!, questo l’imperativo, degno di una scuola clericale, cui sanno attingere i moralisti progressisti (che, per conto loro, si sono già abbondantemente dati all’ideologia borghese in un numero di posizioni infinito, degno di far concorrenza al Kamasutra).

La questione va, per noi, riportata alle sue reali dimensioni, che non esitiamo a definire sociali e, quindi, storiche.

Qui ci troviamo di fronte non ad un fatto eccezionale ed abnorme, ma alla regola di fondo della società presente, che, di per sé, è tutta un’immensa casa di tolleranza. La stessa pedofilia – ultimo argomento "esploso" sul tema sesso – non è una perversione a sé, ma un anello di una catena tutta perversa. Nel riquadro che riportiamo qui di fianco Marx parte, come si deve, dalla generale e collettiva alienazione legata al sistema del lavoro salariato e della proprietà privata (che ne è la traduzione) per dimostrare come, in questo sistema, tutte le facoltà umane ne risultino snaturate, imbestialite sotto il segno del possesso (e del complementare spossessamento), cioè della riduzione di ognuna di esse (dal sesso all’intelligenza) a merce "liberamente" (il che significa: coattivamente, al massimo) venduta e comprata dietro contante.

La libera compravendita in oggetto non riguarda i soli organi genitali, ma, per l’appunto, tutti gli attributi umani "consumabili". Quella dell’intelligenza, e "persino" dell’arte, non è per noi meno ributtante, al contrario, ma l’onesto borghese, soprattutto se in veste progressista, si guarderà bene dal toccare questo tasto: esperto in "marchette" quanto mai, egli rivendica a sé il diritto di battere convenientemente su questo marciapiede e guai a contestargli un simile diritto! L’aspetto della compravendita sessuale, soprattutto in quanto mascherata dalla libera contrattualità tra i soggetti, non è che quello più "immediato" (nel senso usato da Marx) ed evidente, in quanto "il rapporto tra il maschio e la donna è il più naturale dei rapporti tra essere umano ed essere umano" ed in esso si mostra fino a qual punto il comportamento in materia sia umano o meno. Nella società borghese: disumano al massimo.

Marx arriva a dire che "la prostituzione non è che un aspetto particolare della generale prostituzione dell’operaio". Dietro salario l’operaio è costretto a vendere, col proprio lavoro, sé stesso, la propria umanità alienatagli. Da questo punto di vista, anche egli "cala le mutande". La differenza sta, quando ci sta, nel fatto che a questa dura coazione "naturale", "spontanea", legale (e... morale, come da insegnamenti di Santa Madre Chiesa e Chiese Progressiste varie), il proletario può rispondere reagendo collettivamente a ciò, prendendone coscienza, organizzandosi teoricamente e politicamente per abolire il presente stato di cose. Individualmente non può che vendersi "liberamente"; collettivamente può riscattarsi.

Per quanto paradossale possa sembrare a chi sta con la testa affondato nell’ideologia corrente, anche laddove si atteggi a "progressista", noi diciamo che proprio e solo questo movimento reale della classe è in grado di spezzare l’insieme del sistema generalizzato di prostituzione che emana dalla società borghese, risolvendo in sé anche la questione derivata (ma non secondaria) della mercificazione del sesso.

Merola dixit: ci stavano con me perché sono bello, attraente e ben dotato per giunta; non solo ci stavano di propria spontanea volontà, ma erano esse a prendere l’iniziativa (io, al massimo, mi limitavo a registrarla in filmini che posso portare a prova di discarico). Agnelli potrebbe dire: non sono io ad obbligare gli operai a concedersi alla FIAT; sono essi che mi si offrono e mi tentano (e porto a riprova i contratti di lavoro da essi liberamente sottoscritti).

Chi non capisce il nesso tra i due casi non ha capito nulla di marxismo: l’attuale libertà è solo coazione a vendersi. Non sta qui la differenza tra proletariato e girls: essa sta nel fatto che il proletariato, in quanto classe – e non somma di individualità singole – è il solo "soggetto" posto nella condizione di poter materialmente infrangere il meccanismo della generale alienazione della società, della generale prostituzione sociale che poggia sulla sua espropriazione di umanità, sul suo sfruttamento. Le girls non sono una classe, non producono ricchezza, ma servono a consumare nella dissoluzione parte della ricchezza prodotta dal proletario. Sono merce per il consumo di lusso. Il loro orizzonte "teorico" e politico è quello di essere ben pagate per questo (l’accedere alle luci della ribalta diventando "artiste" non è che la traduzione in altri termini di questo bruto fatto mercantile). Se si ribellano, è perché ritengono che il contratto non sia stato rispettato; sulla loro bandiera non sta scritto "abolizione del sistema della prostituzione", ma "una giusta prostituzione".

Un partito del proletariato potrà fare ben altro. "Casi" come questi non servirebbero ad esso per dibattere sguaiatamente sulla colpevolezza o meno dei vari Sabani, ma per mostrare come questo particolare – e preteso come "anomalo" – caso di letamaio sia la regola generale della società presente che, dovunque e comunque, incita alla prostituzione e la sfrutta. (Non sono, forse, esempi da casa di tolleranza le copertine ed i servizi di riviste che si pretendono serie e di sinistra come L’Espresso, gli spot televisivi che per venderti il gelato ti mimano una fellatio, i concorsi di Miss Casa Chiusa Italia e, insomma, tutta l’educazione al proporsi ed al vendersi oggi massmediata?)

In uno storico numero dell’Unità all’indomani della morte di Moana Pozzi si dedicò una pagina intera alla commemorazione commossa dell’"artista". Si scrisse: era una persona di grande dignità, che aveva abbracciato questo mestiere per libera scelta, persino come ideale morale (sia pure "particolare"). Sgarbi quotidiani ante litteram.

In queste poche parole è riassunta una integrale apologia del capitalismo e vi è un chiaro, se pur indiretto, messaggio ai proletari: il sistema della produzione di merci e di riduzione del proprio stesso corpo a merce per la soddisfazione del consumatore solvente è la libera scelta, l’ideale morale che vi compete e da cui non vi è lecito uscire neppure nella testa; il comunismo, il "sogno di una cosa" umana, ceda alla immonda cosa realizzata del capitalismo. Convincetevi: se la Moana ramazza il pavimento con una scopa infilata nel sedere, o la Marina Frajese si accoppia con degli animali, la loro è una personale, volontaria "vocazione" ed altrettanto dev’essere del vostro lavoro; continuate a produrre e consumare merci, a desiderare (se mai vi sarà possibile) di poterne un giorno consumare anche voi di più "raffinate", come sarebbero i coca-party, gli scambi di coppia a pagamento, le squillo di lusso... Come individuo il singolo proletario non esce da quest’orizzonte, è anch’esso un consumatore, rappresenta un mercato, anche se alla scala squattrinata dei lettori del Tromba, dello spettatore dei filmetti hard core e dell’accoppiamento, se la va bene, con qualche battona economica. L’importante è che resti entro questi limiti, non si organizzi in classe, non prenda coscienza di sé, della propria universale miseria...

Noi, che indichiamo il letamaio per quello che è, diciamo: c’è invece un modo per uscirne. Il sessantotto tentò una critica di esso, con denunzie talora assai pertinenti. Cadde nella incapacità di sollevarsi dagli effetti alla causa ed avanzare una proposta risolutrice. Il suo meschino orizzonte protestatario piccolo-borghese si riassumeva in questo: la soluzione sta nell’individuo, nel suo cervello, nella sua etica personali. "Il corpo è mio e lo gestisco io". Noi marxisti diciamo: no, anche il corpo è un dato sociale e la sua "gestione" (brutta parola, che già sa di libero mercato) potrà essere umana solo a patto di un rivolgimento collettivo, sociale. Noi non chiediamo alle ragazze di essere assennate con le proprie mutande, ma di combattere contro questa società, le sue "idealità", le sue violenze; di non essere in alcun modo "consensuali" col sistema. Di unirsi, in una parola, al proletariato, al partito. Ed avremo, allora, ben altro che un Sabani da evirare e distruggere!



GOETHE, SHAKESPEARE, MARX E... GLI APPETIBILI DIVI

Così Goethe nel Faust dipinge la forza del danaro:

"Eh, diavolo! Certamente mani e piedi, testa e sedere, sono tuoi! Ma tutto quello che mi posso godere allegramente non è forse meno mio? Se posso pagarmi sei stalloni, le loro forze non sono le mie? Io ci corro su: e sono perfettamente a mio agio come se avessi ventiquattro gambe".

E Shakespeare nel Timone di Atene:

"Oro! ... Esso è tanto potente da fare bianco il nero, bello il brutto, giusto l’ingiusto, nobile il volgare, giovane il vecchio, coraggioso ogni codardo... Questo giallo schiavo unisce ed infrange le fedi sacre, benedice i maledetti, rende amabile la lebbra stessa, onora i ladri e dà loro croci d’onore... O metallo maledetto, prostituta oscena degli uomini... Dio visibile, che leghi strettamente le cose impossibili a conciliarsi, e le costringi a baciarsi contro natura..."

Marx, nei Manoscritti, così chiosa

"Shakespeare pone soprattutto il rilievo due caratteri del danaro. 1) E’ la divinità invisibile che trasforma tutti i caratteri umani e naturali nel loro opposto... 2) E’ la meretrice universale, l’universale ruffiano degli uomini e dei popoli... Il danaro è il potere alienato dell’umanità"... Ciò che mediante il danaro è a mia disposizione, ciò che io posso pagare, ciò che il danaro può comprare quello sono io stesso, io, il possessore del danaro medesimo. Quanto grande è il potere del danaro, tanto grande è il mio potere. Le caratteristiche del danaro sono le mie stesse caratteristiche... Ciò che io sono e posso non è quindi affatto determinato dalla mia individualità. Io sono brutto, ma posso comprarmi la più bella delle donne. E quindi io non sono brutto, perché l’effetto della mia bruttezza, la sua forza repulsiva, è annullata dal danaro... Io sono stupido, ma il danaro è la vera intelligenza di tutte le cose; ed allora come potrebbe essere stupido chi lo possiede? Inoltre costui potrà sempre comprarsi le persone intelligenti, e chi ha potere sulle persone intelligenti non ha più intelligenza di un uomo intelligente?"

L’analisi del capitale, come s’intuisce facilmente da questi passaggi, comprende necessariamente, l’analisi della questione sessuale come si pone sotto il dominio del capitale, cioè in quanto forma particolare della generale alienazione bestiale dell’essere umano.

"Nel rapporto (del maschio) con la donna, serva e preda della voluttà, si trova espressa la infinita degradazione in cui l’uomo vive lui stesso (nella società attuale, n.)...Il rapporto tra il maschio e la donna è il più naturale dei rapporti tra essere umano ed essere umano. In quel rapporto dunque si mostra fino a qual punto il comportamento naturale dell’uomo sia divenuto umano, e fino a qual punto l’essere umano sia divenuto il suo modo di essere naturale, fino a qual punto la natura umana sia divenuta la sua propria natura... Si dimostra egualmente in quel rapporto (nella storica evoluzione del rapporto tra i due sessi, annota Bordiga, n.) fino a qual punto il bisogno dell’uomo è diventato bisogno umano: fino a qual punto l’altro uomo, in quanto uomo, è dunque diventato un bisogno per lui; fino a qual punto la sua esistenza, anche nelle sue manifestazioni più individuali (quelle fisiologiche, n.) sia divenuta l’esistere stesso della comunità"... Ponete l’uomo in quanto uomo e il suo rapporto col mondo come un rapporto umano, e voi non potrete che scambiare amore con amore, fiducia con fiducia..."

Il capitalismo scambia "amore" con danaro; lo stesso bisogno di "amore" è bisogno mascherato di danaro, di possesso privato, di spoliazione della "proprietà" umana dell’altro.

Proposizione positiva: il comunismo come realizzazione della comunità sociale umana (e non semplice cambio della guardia ai vertici proprietari):

"Il comunismo, positiva abolizione di quella estraniazione dell’uomo da sé stesso che è la proprietà privata, quindi effettiva conquista dell’essenza umana da parte dell’uomo e per l’uomo; quindi ritorno completo, cosciente, raggiunto attraverso la intera ricchezza dello sviluppo passato, dell’uomo per sé quale uomo sociale, ossia quale uomo umano".

La pratica, l’ideologia e la morale del capitalismo comporta una doppia infamia: quella "di chi si prostituisce come di chi prostituisce". I vari Sabani, Merola etc. e le loro "conquiste" s’inscrivono in questo registro, perfettamente consono a tutta la società attuale. Non essi sono, di per sé, in quanto "individualità", dei mostri: mostruoso è l’insieme di questa società, i cui protagonisti alla ribalta non sono che delle maschere, delle personificazioni sceniche dell’"universale ruffiano" capitale.



(Che fare N.40, settembre – ottobre 1996)