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Spalanchiamo le finestre
e prendiamoci una boccata d’aria pura

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Vorremmo quasi dire: prendiamoci, semplicemente, una boccata d’aria pura riproponendo questa pagina datata 1920. Non vogliamo parlare della commedia parlamentare del 1920 per paragonarla o sovrapporla a quella attuale, anno di grazia 2008. Tempi, uomini, situazioni sono ben diversi e non equiparabili. Quello che invece ci preme è portare in evidenza e alla riflessione di tutti i compagni i caratteri di fondo, i punti di principio che nell’articolo sono tracciati e che per noi sono di vivissima attualità oltre che essere alla base di ogni formazione comunista degna di questo nome: la necessità della demolizione rivoluzionaria del sistema capitalistico, l’evidenza che le tribune parlamentari sono per i comunisti inutilizzabili non solo per “favorire dall’interno” una tale opera ma il loro svuotamento anche per un impossibile “avanzamento graduale” delle istanze di classe dentro il sistema.

“Il Soviet”, organo della frazione comunista astensionista del Partito Socialista che di lì a qualche mese doveva con esso rompere e fondare a Livorno il PCd’I, in questo articolo alza lo staffile in particolare contro gli sconclusionati massimalisti del PSI.

Non c’è equiparazione che tenga. Oggi l’attuale “sinistra radicale” arcobaleno che si dibatte e annaspa nei parlamenti non è nemmeno una copia slavata di quei massimalisti ma sta di molto sotto, da ogni punto di vista, allo stesso riformismo “onesto” di un Filippo Turati.

Oggi, è la massa dei compagni che deve scuotersi, deve uscire dalla mentalità che “quello che conta alla fine sono le schede elettorali e che tutto si decide al parlamento”.

I colpi d’una crisi economica drammatica bussano alla nostra porta, nuovi teatri di guerra si delineano a noi vicinissimi: non facciamoci inghiottire dalle sabbie mobili dei parlamenti, né rintronare dalle “battaglie” che vi si svolgono fra la destra e la sinistra borghesi.

Una boccata d’aria pura, semplicemente, allora.

29 gennaio 2008


LA COMMEDIA PARLAMENTARE

(da“Il Soviet”, nr 14 del 16/5/1920)


Non scriviamo per commentare la caduta di un altro ministero, minimo indizio della insanabile crisi borghese; né per impegolarci nella equivoca alchimia delle combinazioni montecitoriali. Ci preme solo segnare obiettivamente un’altra tappa degenerativa del massimalismo parlamentare.

Sostenemmo al Congresso di Bologna che la partecipazione dei socialisti al parlamento borghese nel periodo attuale in cui il regime si dissolve ed il proletariato affaccia audacemente il proposito di instaurare colla violenza rivoluzionaria i suoi nuovi istituti, seppellendo la carogna della democrazia parlamentare, equivale a collaborare colla borghesia e a fare il suo giuoco.

Se in periodo normale, quando ancora il capitalismo internazionale mostrava di avere vita storica dinnanzi a sé, il metodo della intransigente lotta di classe poteva essere garantito dal rifiuto a collaborare politicamente coi partiti di sinistra della borghesia, nella odierna fase risolutiva, invece, non può comprendersi intransigenza che al di fuori del terreno delle istituzioni rappresentative borghesi.

I fatti vengono oggi a confermare questa nostra tesi. Già nel 1912 il Partito a cui ancora apparteniamo trovava la forza di condannare ed eliminare coloro che appoggiavano i ministeri borghesi.

Nel 1919, dopo la guerra mondiale, dopo l’affermazione trionfale del metodo rivoluzionario comunista, lo stesso Partito, mentre formalmente condanna l’illusione socialdemocratica che il parlamentarismo costituisca solo una via per la conquista del potere, conserva tutte le vecchie forme, i vecchi metodi, i vecchi uomini del parlamentarismo stesso.

Con ciò il Partito non solo si è rivelato impotente a passare dalla fase della critica intransigente a quella della demolizione rivoluzionaria, ma ha decampato dal terreno medesimo della intransigenza tradizionale.

Se ieri era colpa votare apertamente per un ministero, oggi non lo è votargli contro dopo aver gesuisticamente lavorato a procurargli la maggioranza, non è colpa né ragione di incompatibilità darsi alle più coccodrillesche contorsioni dopo aver dovuto, per rispettare il minimum della decenza, contribuire alla caduta di un governo Nitti.

Non è nostro proposito scendere nei disgustosi retroscena delle manovre del gruppo parlamentare, che lo stesso Avanti! ha dovuto denunciare e bollare.

Il gruppo... massimalista affonda fino alla gola nelle sabbie mobili del parlamento, che fu mandato a demolire.

Il sabotaggio della istituzione di cui si cianciò a Bologna e durante i saturnali demagogici della campagna elettorale, questa assurda utopia, cede il posto alla realtà delle transazioni e dei compromessi.

Il parlamento italiano con i centocinquantasei socialisti serve mirabilmente al suo logico compito di maschera della dittatura borghese, di diversivo al diretto assalto proletario.

L’Avanti! non vede alcuna contraddizione col programma “antiparlamentare” di Bologna nel gonfiare i discorsi del democratico Modiglioni per il funzionamento della Camera durante la crisi, intestandoli compiaciuto: “I Socialisti per la sovranità del Parlamento”.

Ecco l’obiettivo dei socialisti: la sovranità del Parlamento! che equivale alla sovranità della guardia regia nelle piazze d’Italia, che è la condizione del potere e dell’arbitrio dello Stato borghese.

Il rivoluzionarismo del Partito Socialista non supera ormai quello dello Statuto albertino del 1848. In questo Partito che non trova la forza di reagire a tali degenerazioni vergognose non vi è assolutamente più, per i comunisti, nulla da fare.

Articolo ripreso dalla “Storia della Sinistra Comunista” vol. II "– anni 1919-20 Ed. Il Programma Comunista